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domenica 15 dicembre 2024

Confessione

 


Ogni tanto, quando siamo seduti uno di fianco all'altra, Maria Luisa fa con me un gesto che mi riempie di grande tenerezza. Allunga la sua mano sopra la mia e mi fa una delicata carezza, talvolta senza motivo apparente, spesso in segno di approvazione o attestazione di conferma in seguito a quel che poteva aver detto l'oratore del momento.

È capitato anche questa mattina e così non ho potuto fare a meno di pensare che forse un po' sto riuscendo a dimostrare di saper amare una donna.

Chi ha letto il libro, dovrebbe ricordare che durante la malattia di Santina desideravo che le fosse risparmiata la vita per poterle dimostrare di essere un marito migliore per altrettanti anni, tredici, quanti era durato fino ad allora il nostro matrimonio.

Durante la vedovanza chiesi a Dio, se io la felicità non l'avevo già goduta tutta, di poter incontrare un'altra donna e così dimostrare che, amando questa seconda moglie, sarei davvero stato in grado di fare lo stesso anche con la prima.

E ora che Maria Luisa e io ci apprestiamo a congedare quest'anno in cui gli anniversari del nostro matrimonio sono ormai diciassette, mi domando se l'obiettivo è stato raggiunto, senza per questo ritenere di dover tirare i remi in barca e crogiolarmi sugli allori.

Nostalghia

 


Il titolo di questo scritto trae origine dal film di Tarkovskij che ebbi a vedere nel lontano 1983 a Salerno o a Napoli, non ricordo bene, durante il servizio militare. Un amico commilitone, che si era laureato a Brera, aveva tanto insistito con me affinché lo accompagnassi al cinema per vedere insieme questa pellicola uscita di recente. Anche se non ero per nulla interessato a questo genere di proiezione, cedetti infine all'invito e lo accontentai.

Il tipo di nostalgia a cui vorrei fare accenno ora non credo sia troppo legata alla trama di questa pellicola. Fonda le sue radici in un melanconico sentimento dell'anima che al fugace ricordo di qualche momento di vita famigliare, soprattutto con mio padre, vorrebbe ora, come per magia, rivivere qualcuno dei tanti momenti di vita trascorsa insieme nell'ultimo periodo.

E rivivendoli, non vorrei che mi fosse data la possibilità di cambiare qualcosa o di proferire una parola diversa. Vorrei soltanto la grazia di poter ripetere quegli istanti esattamente come sono avvenuti, ma certamente, questo sì, con la chiara consapevolezza di averli già attraversati. E come si resta sorpresi di ritrovare in un piatto, o una vivanda, un sapore che credevamo perduto per sempre, così resterei sospeso per un istante a godere tutto il bello di quel momento, quasi a volerlo congelare in un fermo immagine, solo si potesse premere il tasto "pause" o riavvolgere più e più volte il nastro fino a renderlo irrimediabilmente logoro.


domenica 8 dicembre 2024

I puntini

 


Ho letto su Facebook questo post di un amico molto arguto che appone spesso interessanti riflessioni. 

La vita, in fondo, è prima di tutto unire i puntini. Il problema è che non è così semplice come su La Settimana Enigmistica, perché non tutti i puntini sono ugualmente evidenti e nessuno di essi è numerato.

E così gli ho scritto questo commento. 

E se invece la vita fosse "Annerire gli spazi dove ci sono i puntini"? Così da rivelare la figura solo alla fine della colorazione? Mi sa che entrambe le metafore si adattano bene per illustrare la situazione, solo che la prima spreca meno inchiostro.

Che poi è forse il motivo per cui, ad un certo punto, ho smesso di cogliere l'invito a colorare completamente le aree e a limitarmi a contornarle soltanto. Ero già indirizzato verso i giochi eco-sostenibili? Chi può dirlo.

Poi ad un certo punto mi sono stancato di qualsiasi gioco. Forse perché scrivere codice software rappresenta per me il miglior passatempo e quando "giochi" per 8 ore di fila poi hai bisogno di smettere.

venerdì 22 novembre 2024

Domanda o risposta

 

Questa frase merita un minimo di spiegazione. L'ho sognata un attimo fa. Non ricordo già più il contesto in cui l'ho sentita pronunciare, ma era la citazione di una persona il cui nome non sono riuscito a ritenere e che in ultima analisi non ha importanza ricordare perché frutto della mia fantasia onirica. Probabilmente si riallaccia a quanto letto ieri nel post fatto da una giovane vedova che riportava la frase del marito.

Alessandro una volta ha scritto: 

"La vita è roccia dura;

roccia da scalare con calma 

per arrivare in cima,

trovare il nulla!!

O decine di altre rocce

da scalare."

Alessandro è arrivato in cima ed ha trovato il nulla... 

Io ringrazio con tutto il cuore tutti quelli che con affetto ed amicizia hanno accompagnato mio marito nel suo ultimo viaggio verso il nulla. Lui lo avrebbe apprezzato.

Vi ringrazio per essermi stati vicini in questi giorni difficili, vi ringrazio per la vostra presenza, il vostro aiuto, le vostre parole, i vostri pensieri. Grazie.


sabato 26 ottobre 2024

Un micio vicino al focolare

 


Trascorso il periodo estivo caratterizzato da un insolito fervore creativo in cui ero riuscito a prodigarmi più volte nella stesura di numerosi capitoletti, ora nel periodo autunnale sentivo venir meno qualsiasi spunto di riflessione. È probabile che questo sia dovuto alla ripresa del lavoro con annessa intensa attività di scrittura, non solo righe di codice, ma anche documentazione tecnica di vario genere.

Non che non ci avessi più pensato. Ogni tanto mi soffermavo un attimo a riflettere di cosa mi sarei potuto occupare, ma nulla sembrava affiorare con la connotazione di un argomento importante su cui potesse valere la pena spendere due parole. E neppure mi sembrava così irresistibile lo spunto ricevuto leggendo su Facebook il commento di un conoscente.

In pratica questo amico analizzava lo stato della sua esistenza e rivolgeva un sentito ringraziamento ai pochi che aveva avuto veramente vicini nel fluire delle ultime decadi, tralasciando i contatti con altre persone che riteneva non avessero inciso in maniera altrettanto significativa, ma che ora costituiscono soltanto uno sbiadito ricordo di relazioni legate all'infanzia in cui per lo più si coltiva una idea di amicizia che, alla prova dei fatti, risulta poi abbastanza sfilacciata e frammentaria. 

E partendo da questo spunto, con il titolo di "Non necessariamente", avrei voluto argomentare come la trama di conoscenze che abbiamo tessuto in gioventù potrebbe costiture qualcosa di florido e saldo soltanto nella nostra mente, mentre in realtà la scarsa frequentazione successiva dà modo di sciogliere quei legami che parevano indissolubili e sicuri. 

Anche se ho fatto un accenno ora, non credo di volere andare a fondo su questo argomento. E neppure mi voglio cimentare adesso in un prolungato ricordo per la improvvisa morte di Alessandro, come feci invece a suo tempo con Piero, altro ex collega prematuramente scomparso. La notizia data ieri l'altro nel gruppo WhatsApp della vecchia azienda ha lasciato un po' tutti noi sbigottiti ed increduli. Come non far scappare una lacrima leggendo inoltre che da appena un mese era nato suo figlio? E posso pure comprendere il grande strazio e carico di sofferenza della moglie che improvvisamente sveste i panni di una madre felice per indossare quelli gravosi e mesti di una giovane vedova, con un piccolino da crescere da sola e inoltre ricoprire in qualche modo il ruolo di un padre che ora manca. 

E così, con questi sentimenti caratterizzati da diffusa tristezza ben coadiuvata da un clima esterno notevolmente uggioso, sono uscito stamattina per espletare alcune incombenze. Terminata l'ultima, mentre mi apprestavo a rincasare, vedo venirmi incontro una conoscente che potrei definire "diversamente giovane", senza che la definizione risulti inappropriata, pur se lei ha raggiunto ormai i novantuno anni, come di li a poco liberamente mi confiderà. 

Sebbene lo spirito sia esattamente come l'ho definito, il suo fisico qualche acciacco lo lascia trapelare dato che procede in maniera claudicante e, tutta curva da un lato com'è, sembra reggere a fatica l'ombrello e la sporta che tiene nell'altra mano. 

Non sono mai stato un boy scout, ma con identico spirito, dopo averla salutata, anche se sto procedendo in direzione opposta, le offro il mio aiuto per accompagnarla fino a casa portando per lei la borsa della spesa. Dapprima rifiuta con decisione negando il bisogno, ma visto il rinnovo del mio invito, alla fine accetta e mi alluga volentieri il suo carico che in realtà si rivela oltremodo leggero in quanto conteneva soltanto un capo di abbigliamento che era andata a ritirare in tintoria.

Le offro braccetto e, mentre muovo i primi passi, capisco che devo ulteriormente calare l'andatura perché il suo incedere è decisamente lento. Il che non mi dispiace perché in questo modo la nostra conversazione sarà un po' più prolungata. Mi dice che ha l'auto in riparazione e così è dovuta uscire a piedi. Mi fa piacere sentire questo e immagino allora che possa godere ancora di una buona autonomia, nonostante per le faccende del vivere quotidiano debba avvalersi dell'aiuto di qualcuno.

Strada facendo mi racconta che è lei ad occuparsi di scrivere email all'amministratore del condominio perché è l'unica in grado di farlo. Da mesi hanno problemi con la luce nelle cantine e le toccherà inviare una nuova missiva mettendo in chiaro che se qualcuno nel frattempo si farà male, sarà ben evidente a chi attribuire la colpa avendo le prove di ripetute sollecitazioni per un intervento di riparazione che difetta da un lungo periodo.

Pian pianino, distratto da altre piacevoli confidenze che pacatamente scambiamo l'un l'altra, eccoci giunti davanti alla porta di casa. Declino l'invito a bere un caffè offerto come compensazione per il tempo che teme di avermi sottratto, ma che in realtà mi ha donato in abbondanza permettendomi di trascorrere qualche momento in compagnia. 

Buona domenica, mi dice lei mentre apre la borsa per afferrare le chiavi, aggiungendo che ormai manca poco. Ciao Lisa, dico io di rimando, mentre già sono lontano da lei di qualche passo. La tua voce cristallina e gentile allieterà ancora a lungo la mia mente per il resto della giornata. 

giovedì 12 settembre 2024

Etologia

Questa mattina stavo scorrendo un po' svogliatamente, per lo più meccanicamente, le pagine di Facebook. Ad un certo punto la mia attenzione è stata calamitata su un filmato ornitologico in cui era inquadrato un nido di uccelli sul cui bordo facevano corona i due genitori mentre all'interno si agitavano quattro piccini. Il maschio portava nel becco un mazzo, se così si può dire, di vermicelli che provvedeva ad infilare, con l'aiuto della più esile femmina, nelle bocche spalancate degli uccellini stando bene attenti entrambi che ciascuno ricevesse la sua parte.

Terminata la distribuzione, i grandi restavano li a fissare, oserei dire con un certo compiacimento, la prole appena nutrita. Pochi secondi dopo, molto probabilmente a causa di qualcosa che era entrato da una parte, qualcos'altro stava per fuoriuscire dall'altra. Uno dopo l'altro i nudi pennuti alzavano il posteriore e da esso fuoriusciva una specie di palloncino biancastro dalla chiara consistenza di un marshmallow che prontamente il padre afferrava col becco e trangugiava voracemente.

Rimasto un attimo sbigottito, ed in verità anche un tantino schifato, ho immaginato che questa cosa non fosse altro che una mirabile trovata di madre natura. Se dapprima avevo considerato come un amorevole sacrificio il tornare al nido col becco pieno di succulenti vermetti e doversene privare per alimentare la prole, con le candide fatte dei loro piccolini scoprivo una sorta di golosa compensazione che fungeva da gradita leva per il proseguimento delle cure parentali.

Non sono un etologo e quindi non ho la certezza che le cose stiano davvero come le ho immaginate, ma a me piace pensare che tutto questo faccia parte di un disegno precostituito che il solo caso non basta a giustificare.

venerdì 9 agosto 2024

Voltare pagina


Ormai ci siamo. Sta per arrivare un'altra volta la resa dei conti e presto mi toccherà voltare pagina, come tante altre volte è successo, con grande dispiacere per le cose belle che finiscono. Ma senza un termine non ci sarebbe la possibilità di nuovi inizi e quindi è bene che si possa concludere un ciclo per dare corso ad uno nuovo.

Che poi, pensandoci bene, raramente mi è capitato di desiderare una conclusione anticipata di un periodo di ferie. A dirla tutta non dovrebbe mai succedere, ma talvolta, nostro malgrado, siamo coinvolti in situazioni non pienamente rilassanti difficilmente recuperabili per quel che attiene la nostra volontà. In tali circostanze realizziamo con chiara evidenza di non poter fare altro che pazientare nell'attesa di eventi o situazioni migliori, anche se dentro resta l'amaro per qualcosa che abbiamo patito, che ha recato sofferenza, mentre le premesse iniziali potevano essere di tutt'altro auspicio.

Sono appena uscito dall'acqua. Il mare oggi sembra particolarmente pulito, morbido sulla pelle. Una gradevole carezza per il corpo che lascio piacevolmente cullare a galla da un quasi impercettibile moto ondoso che solo a riva si fa più spumeggiante e rumoroso con l'interminabile risacca il cui ritmico suono ha fatto da sottofondo assieme al vociare della gente e qualche sparuto trillio di cellulare mentre ci abbandonavamo alla scrittura o alla lettura sotto l'ombrellone.

Con questo capitoletto raggiungo quest'anno una specie di record personale. Ho sciorinato parole, imbrigliato pensieri, quasi con cadenza giornaliera in questo soggiorno ligure, raccogliendo così a distanza l'invito di qualche lettore che m'invitava a continuare a scrivere. Chissà, un domani, un altro libro potrà nascere da sé e forse più il periodare che dipingere potrà costituire la mia principale attività sopraggiunto il momento del ritiro dalla vita attiva lavorativa.

Ho sempre amato scrivere, chiaramente quando avevo in animo di farlo, senza per questo sentire questa attività come la vocazione della mia vita. Talvolta mi esprimo in maniera legnosa, leziosa, densa di fin troppi dettagli e particolari. Me ne rendo conto quando torno a rileggere quei capoversi dopo momenti di congruo distacco. La lettura non è più così automatica. Le parole non escono più dalla testa, quasi rimandate a memoria. Leggendo, le riassaporo quasi fossero concetti nuovi, una riga dopo l'altra e così individuo errori che neppure un'attenta revisione prima della pubblicazione era stata in grado di scovare.

Ma non importa. Ormai non mi scompongo più. Certamente  più corretto è quanto scrivo, più fluida è la comunicazione del mio pensiero che tiene alta la concentrazione del lettore non distratto da imperfezioni varie. Quel che più conta è per me riuscire a stendere qualcosa che non mi faccia mai provar vergogna per averla proferita. Anche se scrivo soprattutto per me stesso, mi piace pensare che ciò costituisca qualcosa di gradevole e utile anche per altri.

Troppe parole sprecate innondano la nostra vita. Stiamo diventando fin troppo abituati al trash e al volgare che con difficoltà pensiamo vi sia ancora spazio per la poesia, per un pensiero profondo che possa travalicare i confini della catena con una immagine del 'Buongiorno' da cui tutti ormai siamo costantemente bombardati. 


giovedì 8 agosto 2024

Il gusto del tatto


Casi simili si erano già manifestati anche in passato. Deplorevoli nascite di bambini sordo-ciechi se n'erano già viste ed udite, ma quel che principió nell'area intorno ai Campi Flegrei assunse subito i connotati di una vera pandemia. I nuovi nati erano tutti sprovvisti di occhi e orecchie e pertanto irrimediabilmente incapaci di vedere e udire: nessun intervento chirurgico poteva porvi rimedio.

Siccome tutti in quel luogo nascevano affetti dalla medesima malformazione congenita, si pensò dapprima che questo fosse favorito da un incremento dell'attività radioattiva del luogo. Poi, quando altri casi cominciarono a manifestarsi anche in altre regioni dell'Italia, si prese ad abbandonare la teoria del fattore ambientale in favore di quello epidemiologico. Anche perchè dapprima in maniera sporadica, ma poi sempre più diffusa, la cosa stava inspiegabilmente capitando, a macchia di leopardo, un po' in tutto il mondo.

Incredibile, ma vero, non riusciva a venire al mondo nessuna nuova creatura umana se non affetta da tale grave malformazione. Tanti gridarono al complotto. Numerosi furono quelli che attribuirono alle vaccinazioni per il Covid l'origine di questa piaga. Ma l'accusa non stava in piedi dal momento che ne erano colpite anche famiglie che si erano sempre tenute lontane da quel genere di vaccini.

Qualche essere, in verità in numero e frequenza più elevata del normale, fu soppresso ben prima di giungere al limite di gestazione per poter intraprendere questa scelta. I più, facendo buon viso a cattivo gioco, accoglievano i nuovi nati con tutto l'amore possibile e, del resto, cosa si poteva fare di diverso?

Questi figli, a parte il fatto che non vedevano, né udivano e di conseguenza non parlavano, crescevano del tutto normali. Anzi, sembrava che, come una sorta di compensazione, godessero tutti di ottima salute e raramente si ammalavano, come invece era stato normale per le altre generazioni. I nuovi nati erano connotati dall'avere un fiuto ed una sensibilità tattile particolarmente sviluppati.

Le nuove tecnologie erano in grado, man mano che essi crescevano, di garantire loro una certa autonomia ed indipendenza. Potevano circolare senza restare vittime di pericoli banali che un normodotato avrebbe potuto invece individuare facilmente e con un certo anticipo.

Ma ormai era chiaro per tutti che quello sarebbe stato il destino dell'intera umanità, visto che da decenni non si vedeva, né si sentiva parlare di un infante venuto al mondo con occhi e orecchie.

Quelli che erano stati per lungo tempo i grandi peccati capitali dell'umanità in modo quasi naturale cominciarono a dileguarsi. Si capiva bene che in un mondo popolato soltanto da esseri menomati e per ovvie ragioni in numero inferiore rispetto ai decenni precedenti dove la popolazione mondiale non aveva fatto altro che aumentare, adesso le cose erano decisamente mutate e si era imposto un ordinamento differente che non era difficile da mantenere perché era la ragione fondante di un vivere più fluido lontano da inutili orpelli.

Impossibilitati nel distinguere appieno le diversità e varietà della specie umana, tanti conflitti vennero meno. Le guerre ormai erano cessate da tempo perché non si vedeva più il motivo di alimentarle, né si sentiva la necessità di intraprenderne di nuove. La fiorente industria bellica, che aveva ampiamente prosperato fino alla metà del XXI secolo, di necessità fu convertita nella produzione di ausilii per la sicurezza della persona. Sicurezza in senso fisico per prevenire potenziali pericoli ambientali e non per fronteggiare insidie perpetrate da altri esseri umani perché non se ne vedeva proprio la ragione, né si sentiva il bisogno di intraprendere l'illecito in siffatto genere di condizione.

Gli avi non avrebbero potuto immaginare quel tipo di umanità sorta come una maledizione, ma evolutasi poi come una benedizione. La cultura del passato, basata soprattutto sulle immagini e sui suoni, venne spazzata via da diffusi allestimenti per esperienze sensoriali di tipo tattile. Per i nuovi nati le carezze e gli abbracci erano i soli modi di educare alla vita. Non vi erano colori, né rumori nei loro sogni e, non conoscendo la differenza, non agognavano il luminoso passato dei loro padri. 


mercoledì 7 agosto 2024

Baia del silenzio


Ed anche per oggi due bracciate a rana e a dorso le ho inanellate. Ieri sera abbiamo fatto una passeggiata fino a Sestri e così ci siamo resi contro che Cavi Borgo è tutto un altro tipo di vacanza al mare. Inizialmente tutto quel brulichio di gente e soprattutto il lungomare da non contendere alla ferrovia mi son sembrati quanto di più desiderabile. Poi, dopo una breve sosta contemplativa proprio nel centro della Baia del Silenzio e a seguire breve seduta su una panchina circolare che interrompe una trafficata via pedonale, mentre lentamente rientravamo verso la nostra temporanea residenza, sono arrivato alla convinzione che la nostra vacanza riservi un quid che si differenzia da un soggiorno che, senza nulla togliere al bellissimo e frequentato litorale adiacente, in realtà contituisce un modo di vivere un tantino usuale e stereotipato, visto tante altre volte e che forse, sempre immersi in un frenetico tran-tran, non consente un vero distacco dal turbinio di vita che quotidianamente trascorriamo a casa.

Nonostante non lo sia, la vera baia del silenzio mi sembra di trovarla più qui che al centro di quella perla della villeggiatura ligure in cui è effettivamente incastonata. Ma non voglio passare per la volpe che disdegna l'uva solo perché fuori portata. Probabilmente in questo mio giudizio entra in ballo anche l'età meno giovanile ed un mancato desiderio di esibirmi in passerelle ed andirivieni che non hanno soluzione di continuità con quelle vissute il resto dell'anno in tanti centri cittadini.

Che poi non sarei proprio il tipo perennemente immerso nella tranquillità e nel placido fluire della vita, sempre padrone del mio tempo, e connotato da una congrua aura meditativa. Sono insomma perennemente dibattuto fra due posizioni antitetiche, quella più calma e placida di mio padre e quella più frenetica ed energica di mia madre e, anche se in modalità totalmente differenti, è a lei che somiglia molto la mia attività lavorativa.

Rientrando dal lavoro mi capitava spesso di anticipare la telefonata quotidiana a papà, rimasto ormai vedovo. Mi succedeva di raccontargli che avevo fatto più tardi del solito per essermi fermato ancora un po' in ufficio, per risolvere un problema oppure portare uno sviluppo software ad uno stadio di compiutezza maggiore, se proprio non era davvero possibile concluderlo entro sera. E dopo avermi ascoltato, mio padre sentenziava in maniera incontrovertibile che per il lavoro era buono anche il giorno dopo.

Mentre mia madre spesso faceva tardi e le sue giustificazioni riguardo al fatto che c'era da fare, si smontavano di fronte a quanto ribatteva poi suo marito: "Se non le lasci lì, ce ne sono sempre di cose da fare". E per una madre di famiglia e donna di casa, questo è terribilmente sempre vero.

Ma il lavoro per mamma era anche una grande ragione di vita, il senso vero dell'esistenza per lei che lo affrontava con grande dedizione e vero spirito di servizio. Per cui, chi scegliere? Nessuno dei due! O meglio, il buono che c'è in entrambi perché "due is meglio che uan", come recitava una vecchia pubblicità di gelati. 


martedì 6 agosto 2024

Il profumo del tempo


Dovrei allentare la presa, lasciar perdere questa insistente voglia di continuare ogni poco a scrivere qualcosa. Ma è quasi una ineluttabile necessità questa che mi porta sovente ad aprire sullo smartphone l'app del blocco degli appunti dove mi piace condensare qualche capoverso prima di farlo approdare nell'etere su questo o quel portale, anche a beneficio di una più allargata condivisione social.

Mi domando se non sarebbe preferibile indugiare un po' nella noia del dolce far niente e provare ad inspirare, dilatando bene le nari, il profumo del tempo fatto di ampi e allargati momenti di consapevole fermo ad una vita fin troppo accelerata come magistralmente argomentato nelle pagine del libro scritto dal filosofo coreano che sto leggendo lentamente in questo periodo, ma che meriterebbe di essere meditato ancor più profondamente per assimilare concetti a cui i più non sono troppo abituati perché non riusciamo a dominare la complessità della vita, se non con spiegazioni semplici e talvolta triviali che tutto sommato finiscono per non aggiungere nulla a quel che già sapevamo. Dovrei provare insomna a farmi avanzare qualcosa e vedere se, non avendo niente da dire, del tempo ne rimane, come canta bene Dalla nella canzone in cui scrive all'amico e dove i concetti espressi restano mirabilmente immortali e attuali.

L'intento originario non era quello però di sciorinare pensieri troppo elaborati e, pertanto, dopo l'usuale divagazione che mi è caratterialmente congeniale, provo a convergere rapidamente verso l'obiettivo che mi ero mentalmente dato e cioè quello di raccontare alcuni aspetti della mia vacanza.

Quest'anno, diversamente dal precedente, abbiamo pensato che per noi fosse meglio un servizio full di pensione completa. Avevamo ricordo di un'ottima cucina nell'hotel in cui abbiamo soggiornato e volendo evitare di restare in spiaggia nelle ore più assolate e calde, abbiamo corso il rischio di un ampliamento della massa grassa il cui rimorso abbiamo subito allontanato col pensiero di poter godere inoltre di una gradevole e prolungata pennichella in stanza a seguire.

Se è previsto un pranzo più leggero ed essenziale, durante la prima colazione, buffet permettendo, mi piace assaggiare un po' di tutto iniziando col salato e concludere poi col dolce, senza esagerare per non alzare troppo la glicemia che è sempre bene mantenere entro il limite di normalità. Ho quindi dovuto operare una scelta oculata e concentrarmi soltanto su alcune cose irrinunciabili. Nella ciotola metto una punta di cucchiaino di tutti i semini a disposizione, su cui poi adagio qualche rondella di cetriolo e spicchio di pomodoro e pochi tocchetti di frutta già sbucciata. Addolcisco il tutto con un paio di cucchiaini di marmellata di mirtilli e di lamponi ed una porzioncina di miele in favo che non mi lascio mancare quando lo trovo in hotel. E poi sommergo il tutto con una confezione di yogurt bianco.

Il cappuccino me lo preparo in maniera diversa da come la macchinetta è predisposta per l'erogazione. In prima battuta faccio scendere, uno dopo l'altro, due espresso che completo fin quasi al bordo della tazza con del latte bianco di cui posso fermare a piacere la distribuzione.

Non sto elargendo consigli sul fai da te: sto solamente elencando le mie abitudini che generalmente mantengo immutate per tutta la vacanza e a cui non apporto cambiamenti correttivi se a tale combinazione corrisponde poi una risposta positiva dell'organismo nell'arco della giornata ed anche in seguito. Per pranzo e cena mi piace invece variare il più possibile. Se c'è pesce, e qui una portata è sempre nel menu ad ogni pasto, mi oriento su quello perché è bene approfittarne, vista anche la varietà che a casa non è sempre così comodo da attuare.

Credo di aver detto tutto, forse anche di più. Ho l'indice indolenzito a furia di tappare sull'angusta tastiera del cellulare. Beh, sempre meglio che aver le dita imbrattate d'inchiostro per l'intinzione della penna d'oca nel calamaio. E con questa rievocazione d'altri tempi, si conclude, quasi in maniera circolare, questa dissertazione tra il serio ed il faceto sul tempo da vivere. 


lunedì 5 agosto 2024

Acqua shoe


Siamo stati in questo posto di mare anche lo scorso anno. Dopo aver portato Maria Luisa in quel di Roseto degli Abruzzi per tanti anni, ora che la cara zia Pina, gestore dell'albergo presso cui eravamo soliti soggiornare, ha tirato, come si suol dire, i remi in barca e cessato l'attività, ci siamo orientati verso i luoghi dove mia moglie veniva a passare alcuni momenti dell'estate con la sua famiglia, quando era più piccola e poi grandicella ormai.

Eravamo venuti in visita da queste parti anche in altre occasioni, ma una vacanza al mare non l'avevamo ancora collocata finché lo scorso hanno abbiamo fatto una prenotazione estemporanea mentre tornavamo a Saltria dopo una passeggiata nei pressi dell'Alpe di Siusi. Matteo ed io ci dividiamo la casa che i genitori ci hanno lasciato in eredità al paese dei nonni paterni e visto che ormai mio fratello era andato in pensione, ho pensato fosse buona cosa concedergli di prolungare le sue ferie in quel di Livemmo. Non avendo desiderio di andare in altri posti particolari, a me piaceva l'idea di accontentare Maria Luisa e farla ritornare per qualche giorno nei luoghi densi di ricordi vissuti in gioventù e sperimentare anch'io una vacanza da queste parti.

Per uno che ama la sabbia fine, la ghiaiolina nera che si trova qui e che al sole diventa rovente più che nelle spiagge dell'Adriatico e indolenzisce i piedini delicati come i miei, non è stato di primo acchito un approdo entusiastico. Ma poi fai l'abitudine ed apprezzi anche gli spazi più contenuti e ristretti e così realizzi che mentre altrove un ombrellone in terza fila può essere una chimera difficilmente raggiungibile, qui è pure l'ultima fila e quando la calura è eccessiva ti puoi addirittura riparare sotto il palco del bagno che di necessità è sopraelevato.

Lo scorso anno, visti gli abbondanti marosi e l'impetuosa risacca che spiega con chiara evidenza il passo poetico in cui si descrive come urla e biancheggia il mare, non sono mai entrato in acqua se non per bagnarmi i piedi volutamente o addirittura passivamente quando le onde sospingevano la bianca spuma delle loro creste fino sotto i lettini della seconda fila di ombrelloni.

Quest'anno mi son lasciato tentare e acquistato stamane un confortevole paio di scarpette da mare che i miei piedi hanno calzato come un guanto di velluto, mi son buttato subito in acqua. Ho voluto approfittare della spiaggia ancora deserta a quest'ora e forse lo sarà anche oltre perché non è domenica e chi non ha ferie da queste parti oggi lavora. Maria Luisa avrebbe voluto trattenermi adducendo qualche debole motivazione legata al fatto che non erano ancora trascorse le canoniche due ore di tempo dalla colazione. Ma adesso circolano teorie diverse e reputo che questa regola si possa contravvenire senza problemi. Soprattutto dopo la visione del film della mirabile impresa della nuotatrice che ha attraversato a nuoto il mar dei Caraibi da Cuba fino alle coste della Florida e per forza di cose era costretta ad alimentarsi in acqua per non invalidare la prova.

Ma se è l'acqua gelida che dobbiamo temere, oggi non c'è questo pericolo. Il mare è talmente caldo che la notte non si raffredda per nulla e così, superate le prime candide alte onde, l'acqua diventa repentinamente profonda e nuotando pochi metri al largo si può godere di una superficie praticamente piatta. Poche bracciate avanti e indietro, un po' a rana e soprattutto a dorso, come piace a me perché riesco a recuperare bene il fiato restando per un attimo fermo col ventre rivolto verso l'azzurro.

Neanche il tempo di far fiorire qualche rughetta sulle punte delle dita e son già fuori a distendermi sul lettino a fianco della consorte che nel frattempo, mentre scrivo, si è un po' appisolata e recupera col riposo le energie spese nell'ultimo periodo. Dormi, amore mio. Sigillerei le tue labbra con un bacio, sol che questo non ponesse prematuramente fine al tuo ristoro. 


domenica 4 agosto 2024

Sesso e samba


Come altre volte in cui mi metto di fronte ad un foglio bianco, più virtuale che reale, non so bene se riuscirò ad imbastire al meglio la trama dei pensieri che si stanno affollando in testa e premono per venire allo scoperto con una urgenza tutta loro. Ci provo e vedremo quel che succede.

È da ieri, da quando ci siamo messi in viaggio per venire al mare, che mi frulla in testa quel, per certi versi impertinente, "sesso e sambra" che impazza come un ennesimo tormentone fra le canzoni del periodo. Tale accoppiata l'ho usata esplicitamente ieri in comparazione e a seguire il binomio "spuntino e spiaggia" postato poi sul social con a corredo una foto della consorte che beatamente si deliziava con una focaccia farcita.

Senza scadere nella lussuria più smaccata e volgare, trovo formidabile l'abbinata di queste due parole che sprizzano prorompente gioia di vivere come lo sono l'amore fra due persone e un ballo carioca.

Ma quel che dovrebbe essere un complemento, una sorta di ciliegina sulla torta che esalta un dolce già di per sé completo ed abbondante, rischia di diventare non il mezzo, ma il fine di una affannosa ricerca della felicità che conduce soltanto a trovare un appagamento effimero ed incompleto.

E questo mi pare per lo più vero per le nuove generazioni che sentono di essere state trascurate e di non aver ricevuto da chi le ha precedute l'esempio giusto ed i valori fondamentali per non temere ora di essere in balia degli eventi e non avere i giusti anticorpi per affrontare le incombenti minacce che pressano insistentemente dall'esterno.

Nella sperimentazione individuale di un percorso di vita, ci si conforma per lo più a quel che il gruppo nello specifico, o la massa in generale, segue senza necessariamente metabolizzare nel profondo le esperienze vissute e capire se esse portino avanti verso un robusto percorso di crescita o invece alimentino a più riprese un senso d'insoddisfazione, per non dire di frustrazione, che induce poi a cercare sempre nuove e più spericolate emozioni nel vano tentativo di tener lontana la noia del vivere.

Questo genere di riflessione è forse più tipico di un'età più avanzata come può essere la nostra, la mia. Ma non voglio e del resto non sarebbe giusto, bensì superficiale, attribuire ai nostri figli una spensieratezza vuota fatta di pochi pensieri. La loro è forse solo una forma di miopia per non essere in grado di mettere a fuoco ciò che conta veramente e di cui noi tutti non avremmo chiara conoscenza se in qualche modo non ci fosse stato rivelato dall'alto. Ma ora, per trarne pieno e vero beneficio, serve un'azione individuale di fede e fiducia e questo diventa complicato da attuare perché noi più grandi abbiamo tralasciato di instillare questi sentimenti facendo venir meno la nostra dedizione ed il nostro esempio. 


domenica 28 luglio 2024

Un dono inaspettato

 


Stiamo riposando all'ombra di un generoso albero, dopo aver terminano la bella visita al Castello di Varano. La guida, con tanto di costume da rievocazione storica, nel salutarci ci consiglia una buona osteria dove andare a spendere il nostro pranzo domenicale. Telefono, ma non hanno posto, a meno che ci vada di aspettare fino alle 14. Va benissimo! Rispondo così, facendo seguire il mio nome come conferma.

Non mi va di impegnare il tempo residuo facendo una visita a Dallara che da queste parti richiama tanti appassionati sportivi. Mi accontento di scattare alcune foto in esterno che immediatamente posto sul noto social. Poi ritorniamo nelle adiacenze dell'osteria dove un piccolo borgo sembra promettere una gradevole visita finché non sopraggiunga l'ora propizia per desinare. 

Mentre ci muoviamo a piedi fra i vicoli del gradevole piccolo centro abitato, ho pure modo di partecipare a qualche scambio di celia nel gruppo WhatsApp degli ex colleghi. Approdiamo così ad un angolo frondoso dove è comodo posare le terga e farsi distrarre dal rumore delle cicale e da qualche timido cinguettio di pennuti appena sbocciati alla vita.

Ho lasciato l'auto lungo un vialetto assolato. Dico a Maria Luisa di starsene comodamente seduta mentre vado a recuperarla. Sotto l'ampia chioma ci sta anch'essa. Non si raggiungono le temperature che a casa patiscono gli amici, ma una rinfrescatina alle lamiere dell'automobile di certo non guasta. 

Quando torno, noto subito che Maria Luisa ha al suo fianco delle prugne disposte su un foglio di carta da cucina. Ci portiamo sempre della frutta al seguito durante le nostre gite, ma questa volta non era stato così. Resto un po' stranito. Che abbia allungato le mani su un albero da frutto? Non è da lei...

Mentre scendo dall'auto mi dice che è uscito un signore dalla casa accanto e le ha lasciate, stupito però di non trovare anche me. Sono buonissime! Vorrei ricambiare, ma cosa offrire? Mi viene in mente che nel bagagliaio ho sempre qualche copia del libro. Ne prendo uno e poi vado a bussare alla porta del generoso dispensatore di susine.

Apre un signore ricurvo, ma portatore di un ampio sorriso. Gli porgo il libro come scambio per la sua generosa offerta. Lui ringrazia molto contento e chiede se l'ho scritto io. Non posso negarlo e pare così ancora più contento. Giusto il tempo di questa breve relazione ed è già ora di desinare: andiamo, presto!


sabato 20 luglio 2024

Il fuoco dentro

 


Ho provato un fuoco dentro, in tanti momenti e a più riprese nella vita, che credevo mi dovesse spingere ad agire e a fare grandi cose. Ma a questa mia insistente aspirazione interiore non seguiva poi alcuna azione concreta che potesse portarmi in una direzione piuttosto che un'altra. Restavo, insomma, perennemente in ascolto di un segnale che potesse indirizzarmi in maniera chiara verso il perseguimento di uno scopo per cui il mio fattivo contributo sarebbe stato fondamentale per raggiungerne la realizzazione completa.

E così passavano i giorni, i mesi, gli anni nella vana attesa di qualcosa di veramente eclatante che io aspettavo dall'esterno e che desse per me il seguito ad una accelerazione di eventi che avrebbero puntato tutti in maniera sempre più spedita nella diezione giusta, come l'attrazione gravitazionale riporta velocemente sulla terra gli astronauti dopo un periodo di fluttuazione nello spazio. 

Ho provato momenti di reale angoscia nel constatare l'inesorabile scorrere del tempo mentre nulla sembra accadere. Il permanere inoperoso alla Fortezza Bastiani in attesa dell'arrivo dei Tartari che mai sarebbe avvenuto, se non dopo la dipartita per raggiunti limiti di servizio, è per me una metafora della vita che tante volte ho citato e che ho considerato perfettamente calzante con la mia esistenza.

Però adesso che un lungo tratto di cammino è stato percorso e per cui, guardandosi indietro, uno potrebbe trovare ragioni per disperarsi nel caso in cui abbia davvero sprecato il tempo che gli era stato concesso per metterlo a frutto, inizio invece a provare una sensazione nuova di pace e contentezza perché mi sembra di vedere che le cose sono andate per il meglio.

Quei giorni che trascorrevano inesorabili nell'errata sensazione di non combinare nulla di buono, in realtà procedevano spediti nella tessitura della trama di una vita pienamente vissuta. 

lunedì 1 luglio 2024

Mi piace questa foto perché...


Se lo avessi ancora, questo scatto sarebbe finito nell'album dal titolo esattamente uguale a quanto scritto sopra.

Stavo rientrando a casa dopo una cena fuori con mia moglie. Le propongo di fare due passi fino ad arrivare in piazza del Duomo. Mentre camminiamo lungo la via che sbocca proprio davanti, vedo le nostre  sagome proiettate da un faro di luce sul muro d'angolo proprio davanti a noi. Mi viene istintivo scattare una fotografia e titolarla: "Di noi non resterà che un'ombra".

Resto poi sorpreso nel vedere che una crepa nel muro sembra dare forma ad un braccio della consorte. La posa ha per me un fascino misterioso e particolare. Inutile dire che l'ho subito condivisa a destra e a manca. 


sabato 29 giugno 2024

Cicale


Ho dormito poco e mi sono svegliato presto. Come ieri, ma era venerdì e così sono andato in ufficio di buon'ora. Chi ben comincia è a metà dell'opera e c'è sempre qualcosa che si può completare o un bug da fissare.

Oggi invece ho deciso di andarmene un po' a spasso percorrendo l'usuale itinerario che mi porta fin sulle rive del Po lasciando velocemente il centro abitato di una ancora deserta e sonnecchiante Cremona, magari agglutinata tutt'attorno alle piazze del centro storico dove si tiene l'usuale mercato del sabato.

Sto percorrendo la via del sale di cui ho parlato anche nell'ultimo capitolo del libro. Ripenso alla stesura originale in cui scrivevo di non essere un esperto e pertanto di non sapere per quante pertiche si dilatava il mio sguardo osservando i campi attorno. Con rammarico convengo che dovevo lasciare un ben più efficace "dilata lo sguardo" e non "allunga lo sguardo" come poi ho cambiato nella stesura finale.

Chissà quale giudizio potrebbe dare Cinzia del mio scritto. Mi fermo un attimo all'ombra e le mando via Messenger un messaggio per annunciarle che vorrei farle avere una copia, per lei che so essere un'accanita e valida lettrice. Leggerò con calma la sua eventuale risposta. Mi accorgo che non le ho mai scritto in privato neppure un breve saluto e quindi potrebbe non ricevere una notifica istantanea, senza considerare che a quest'ora qualcuno potrebbe ancora riposare.

Mi avvicino alle vaste distese piantumate che circondano il corso fluviale e subito vengo investito dall'intenso frinire delle cicale. E così mi vien voglia di trovare una panchina all'ombra su cui mettermi a sedere per provare a raccontare, tappando con l'indice soltanto sullo schermo del cellulare, di analoghe situazioni in cui durante l'estate sono stato immerso altre volte nell'assordante rumore prodotto da questi sciami d'insetti.

È abbastanza naturale richianare ricordi dell'infanzia, di quando ancora abitavamo alla Cascina Rocchetta. La sera uscivamo sull'aia a conversare coi vicini che si affacciavano sulla medesima corte; si guardava la luna piena brillare in cielo che rendeva il buio della sera inoltrata meno intenso e pauroso per me piccino; salutati dall'intenso ed insistente frinire, si rientrava in casa per andare a dormire.

Altri ricordi di cicale, con un grande balzo temporale, li colloco negli anni al mare in quel di Roseto degli Abruzzi, dove spesso ci soffermavamo all'ombra di pini marittimi in questo o quel parco cittadino. I bambini si sbizzarrivano un po' sulle altalene, le giostre, gli scivoli e Santina e io amabilmente conversavamo prima che la truppa familiare rientrasse in stanza a riposare.

E questo identico rito si è ripetuto poi anche negli anni successivi con Maria Luisa, anche se una più grandicella Alessandra non aveva più desiderio di svagarsi con noi sotto le stesse fronde. Quegli aghi di pino e sassolini che poi in seguito abbiamo continuato a calpestare da soli perché i figli, ormai diventati grandi, sceglievano in autonomia dove andare a trascorrere le proprie vacanze.

Ed oggi altre cicale mi rimbombano in testa e col loro sgraziato ritmo, che talvolta cala e poi riprende più energico di prima, conciliano e favoriscono in qualche modo la stesura di un altro capitolo. Auguri Piero, auguri Paolo. Giugno ormai giunto al capolinea consegna messi incerte ad un preoccupato agricoltore. La vita seguita e anch'io riprenderò il cammino. Ho ancora tante cose da vedere.



sabato 8 giugno 2024

La vita e le occasioni mancate


Mentre passeggio in direzione degli argini del Po, mi viene in mente di chiamare al telefono un caro parente lontano che non sento da tempo. La sua voce squillante mi conforta subito riguardo al suo stato di salute e glielo dico. Lui subito mi rimbecca ed attribuisce la "pimpanteria" all'ora prossima al desinare. Non è scontato, penso e ribatto io, ma è buona cosa potersi approcciare a tavola con un certo appetito che talvolta nell'età avanzata viene a mancare non poco e avvolge l'essere umano in una ineluttabile svogliatezza.

Proseguendo nella conversazione, mi racconta un poco per sommi capi le attività della figlia e del genero e accenna pure a qualche progetto per l'estate dove avrebbe desiderio di poter combinare una breve visita all'amato Livemmo, teatro di bellissime passeggiate quando gli anni erano ancora verdi.

In quel mentre sto fiancheggiando un gruppetto di signore e signori ben vestiti assiepati su una panchina e di fronte uno di loro col cellulare in mano che si gira e con un gesto mi fa esplicita richiesta di supporto per uno scatto fotografico così da potersi aggiungere agli amici.

Ho il viva vice inserito e pertanto si dovrebbe capire che sono impegnato in una conversazione telefonica. Non mi va di mettere in attesa il mio interlocutore e quindi indicando il cellulare con un gesto che vuol sottilineare meglio il mio essere impossibilitato, sfilo davanti a loro, in verità fra me e me un poco contristato per aver declinato l'invito a fotografarli.

Pochi passi più in là, mentre proseguo la chiacchierata telefonica, arrivano invece improvvisi i saluti sollecitati dall'altro capo della linea e così, chiusa la comunicazione col parente, mi volgo indietro per vedere se sono ancora in tempo e rendere tardiva disponibilità.

L'assembramento si è da poco sciolto e ora si stanno già muovendo in direzione opposta a me, via dalla panchina attorno a cui si erano disposti per mettersi in posa. Peccato, sarà per un'alta volta. Troveranno sicuramente in altro luogo qualcuno più pronto e disponibile che riuscirà ad immortalare tutti quanti nella medesima inquadratura. 

sabato 1 giugno 2024

Facciamo l'amore

 


Da quando Netflix ha reso impossibile continuare a fruire l'accesso alla piattaforma a famigliari dello stesso nucleo e che condividono il medesimo abbonamento, ma sono dislocati geograficamente distanti, ho abbandonato la visione in streaming e sono tornato a soffermarmi di più sui canali ricevuti via etere.

Non so se davvero ho fatto un passo indietro. Certamente, quando guardo, adesso non posso più mettere in pausa premendo l'apposito tasto del telecomando, se ho bisogno di andare in bagno oppure voglio anticipare il lavaggio dei denti prima di coricarmi. I primi giorni del cambiamento avevo quasi una reazione istintiva che mi induceva ancora a fare un fermo immagine, ma immediatamente realizzavo che le cose non funzionavano più così e, se non volevo perdermi qualche spezzone, avrei dovuto attendere una delle successive interruzioni pubblicitarie. Che poi sulle reti nazionali le pause non sono tanto frequenti come coi canali delle TV commerciali e quindi l'attesa può protrarsi ben più di quanto avreste sperato.

Non tutti i mali vengon per nuocere ed al momento ho preferito non sottoscrivere un abbonamento individuale. La ragione non è tanto quella economica perché circolano varie offerte che avranno di sicuro una durata limitata, ma a regime possono comunque essere sostenute in tutta tranquillità senza dover accendere un mutuo in banca.

Ieri sera, dopo essermi messo in passo con le notizie della giornata sfogliando le pagine del Televideo RAI, cosa per altro ridondante avendo ascoltato in auto, nel tragitto casa-ufficio e ritorno, ben due notiziari, sono incappato nelle sequenze cinematografiche di una pellicola d'altri tempi. Incuriosito ed alla ricerca di qualcosa che continuasse a dare un senso al mio stare sveglio piuttosto che anticipare l'andare a letto e recuperare preziose ore di sonno dopo una settimana lavorativa, impegnativa sì, ma anche densa di tanti risultati positivi raggiunti, ho premuto sul telecomando il tasto per leggere le informazioni del film in onda.

Si trattava di "Facciamo l'amore" con Marilyn Monroe e già questo sarebbe bastato a motivarmi nel continuare la visione, oltre ovviamente al fatto che per me costituiva un'assoluta novità. Il ritmo della narrazione era pacato, ma abbastanza sostenuto e non smaccatamente lento come è naturale trovare in una proiezione d'altri tempi, abbastanza remoti al punto da farmi pensare che probabilmente non ero ancora nato considerando la prematura scomparsa della bella protagonista.

Di certo mi ero perso l'inizio, ma il sunto della trama appena letto riusciva ugualmente a mettermi su una buona carreggiata, come invece non capitava da ragazzo quando a proiezione già cominciata entravo in una sala cinematografica d'oratorio, ma era solo la proiezione successiva a consentirti di ricomporre poi i pezzi della storia che per disguido temporale era risultata necessariamente frammentata. 

Anche se il titolo del film potrebbe far pensare oggi a qualcosa di più piccante e lascivo, in realtà si tratta di una gradevole commedia, oserei dire coi canoni odierni quasi per famiglie, in cui alla fine trionfa l'amore a cui, però, non si indulge troppo e dopo l'immancabile bacio finale a suggello di una reciproca intesa, quasi si resta sorpresi dall'improvvisa interruzione di sequenza per dar spazio ai titoli di coda.

E pensare che quando ho iniziato a scrivere questo capitoletto il focus a cui puntavo era ben altro. Traendo vagamente ispirazione dal titolo del film avrei voluto tentare di raccontare proprio dell'intimità sessuale astraendola, se possibile, da vicende personali ed addirittura con l'ambizione di andare al di là di una forse inevitabile visione maschile del piacere per tentare di far emergere l'essenza, pur descrivendo sensazioni non troppo velatamente erotiche. 

Va colto l'attimo fuggente e ora, con tutta questa lunga perifrasi narrativa che ho anteposto, non è più il momento adatto e si è inevitabilmente rotto l'incanto per stendere qualcosa che possa far pensare ad una ispirazione originale che valga la pena di esplorare. Ripongo in un cassetto il progetto pronto a rispolverarlo a tempo debito, quando si presenterà l'occasione opportuna. Nell'attesa a voi non resta che continuare a pazientare e provare ad immaginare cosa avreste potuto scrivere voi stessi riguardo questo argomento. 


domenica 26 maggio 2024

Gesto da campione

 


Allora, sta circolando sui social la sequenza filmata da cui la foto è stata tratta. Si vede a destra un adulto che passa la borraccia al ciclista e subito dopo il ciclista la passa al ragazzo. Non so voi, ma io starei bene attento a bere una cosa che non mi arriva dalla squadra. Che farne allora? Gettarla o passarla di mano? Beh, nel secondo caso non mi sembra si possa parlare di impresa da campione. Però magari sì, visto che ormai nessuno ti offre più niente per niente.


Questo era per una riflessione più generale riguardo a commenti che si sprecano ponendo il focus solo sull'ultimo fotogramma: se vedi tutta la sequenza, l' "impresa" appare ben diversa.


domenica 19 maggio 2024

La bambina

 






C'è una passeggiata serale che amo fare nel verde dei campi intorno a Cremona. Meta ideale del mio incedere è uno sperduto piccolo casolare che ha davanti una statua in cotto della Madre Santa che pare una bambina per quanto è tenera e graziosina. Resto lì nel verde delle messi che nel mese di maggio tendon a biondeggiare e col mio silenzio muto quasi mi scopro a pregare.

sabato 20 aprile 2024

La nebbia dell'età

 

Mentre mi aggiro per casa ancora in mutande, in attesa di trovare il momento propizio per un bel bagno caldo in questo sabato frizzantino in cui venti freddi provenienti dall'Artico sono riusciti a spingere lontano l'insolito calore estivo in questo inizio di primavera, Maria Luisa è intenta nella correzione di alcuni elaborati dei suoi studenti e non manca di farmi sapere quanto sia bello il componimento del ragazzo di cui sta ora leggendo sul foglio di protocollo.

Mi avvicino e lei, senza distogliere troppo lo sguardo dallo scritto, quasi meccanicamente, mi allunga la fotocopia della traccia che è stata data agli studenti e m'invita a leggerla. Sono interessato, ben più di altre volte in cui mi fa partecipe di quel che passa per le sue mani nell'adempimento di un dovere professionale che spesso la tiene occupata in orari in cui altri si stanno rilassando dopo una giornata lavorativa impegnativa e dove magari non si sono neppure astenuti dall'esprimere qualche commento in direzione del corpo docente che sulla carta avrebbe invidiabilmente meno ore lavorative e più ferie.

Leggo il testo della seconda proposta e, nell'estratto da un'opera di Carlo Levi, mi sorprendo di trovare riflessioni esattamente sovrapponibili a quelle che mi è capitato di fare e che in parte ho riversato anche nei miei scritti. Dico a mia moglie che per un giovane dovrebbe essere abbastanza difficile riuscire a comprendere a fondo ogni sfumatura presente nei pochi capoversi su cui elaborare una riflessione argomentativa. 

Azzardo allora un paragone. Per un adulto ormai in età avanzata potrebbe essere come mirare un panorama dall'alto e distinguere zone avvolte ancora nella bruma mattutina ed altre più ventilate che stanno già godendo di un rilucente sole. Per un giovane collocato più in basso intravedo invece la difficoltà nel dover esprimere un commento sullo stato di quel luogo trovandosi immerso nella nebbia dell'età che impedisce di distinguere bene in lontananza e dipanare agevolmente ansie e tormenti che ogni epoca porta inevitabilmente in sé.


lunedì 15 aprile 2024

Come se non

 C'è una parte del mondo che vive "come se non" e la restante "come se invece sì". E ad entrambe va bene seguitare così. Perché l'uomo non riesce ad imparare che si può vivere senza ammazzare? 

domenica 14 aprile 2024

Non cercare la gioia nelle cose lontane

 

È la frase che campeggiava sul lato interno della porta d'ingresso a casa dei miei genitori, illustrata con una graziosa barca a vela immersa in un mare tropicale ed a fianco un termometro che consultavamo sovente, specialmente ad ogni cambio di stagione. L'ho sovrapposta oggi ad una foto scattata ieri mentre passeggiavo con Maria Luisa lungo la ciclabile che fiancheggia il fiume Mella.

Forse potevo mettere qualcosa di diverso, magari più attinente all'operosità del laborioso insetto che si è lasciato immortalare in posa ravvicinata dal mio cellulare, proseguendo indisturbato il suo passaggio di fiore in fiore. Ma ho preferito lasciar libere le mie imperscrutabili associazioni d'idee di agire e le ho corredate con questo breve commento.

sabato 13 aprile 2024

Tempus fugit

 

In camera da letto ho ben tre orologi: due su ciascun comodino ed uno sul cassettone. Mentre spalanco le finestre per cambiare l'aria alla stanza, butto distrattamente l'occhio all'unica sveglia radio controllata presente sul comodino di mia moglie e, chissà perché, deduco che sia mal sincronizzata. Le altre due stanno segnando un'ora in meno, con ovviamente pochi minuti di differenza perché quella in cui solitamente imposto l'allarme per la sveglia, di proposito la tengo sempre un po' più avanti.

Ma è davvero possibile che il segnale orario, che arriva in onde lunghe da chissà dove, non sia davvero riuscito a tenerla in passo? Ho la soluzione: se illumino per un attimo lo schermo del mio smartphone, avrò l'immediato responso a cui credere. Qui non è questione di maggioranza, ma di precisione.

Con mia grande sorpresa, il cellulare mostra lo stesso orario dell'orologio che usa Maria Luisa. Aver dormito un'ora in più di quel che inizialmente pensassi, non ha contribuito a rendermi più reattivo e permettermi di mettere a fuoco subito il vero stato delle cose. Ancora incredulo mi aggiro per casa ed allineo altri segna tempo che sono sopravvissuti così a lungo senza il passaggio all'ora legale.

martedì 19 marzo 2024

La telefonata


 Tengo quasi sempre il cellulare in modalità aereo. Mentre lavoro è un atto dovuto; in altri momenti non so, forse per risparmiare la carica della batteria. E così mi capita di lasciarlo anche quando viaggio in automobile. E se non resta disattivo, generalmente è in modalità silenziosa.

Spesso non avverto la vibrazione e mi accorgo solo più tardi delle chiamate. Ieri sera però, mentre uscivo dall'ufficio, prima di salire in auto ho pure attivato il Bluetooth. Così se qualcuno chiama, posso rispondere subito, ho pensato fra me.

Certe cose le senti nel sangue prima che accadano. Mancavano ancora alcuni chilometri a Cremona e chiama Andrea, la telefonata più gradita che avrei potuto ricevere in quel momento.

Buona ombra


Già che ero sveglio presto ho approfittato per fare gli auguri ad un amico. Non perché lui sia padre, anche se in verità lo è di molti figli che ha in cura come pastore d'anime, ma perché in questa giornata dedicata a San Giuseppe è il suo genetliaco, per sfoderare un termine desueto.

E così scopro, ma farei meglio a scrivere "riscopro", la bellezza della genitorialità anche senza esse procreativi, senza essere padri nel senso proprio del termine avendo fatto da tramite con quel cinquanta percento di cromosomi affinché in una culla così mirabile come il grembo di una madre si sviluppasse da due gocce infinitamente piccole un nuovo essere infinitamente grande.

In quel piccolo seme le potenzialità c'erano già tutte e dobbiamo essere grati alla vita se siamo stati capaci di farlo crescere rigoglioso e forte come splendida creatura per fare un giorno altrettanto o perlomeno offrire un po' di buona ombra che tenga al riparo e dia sollievo nelle calure sempre più intense delle nostre fragili esistenze.

sabato 24 febbraio 2024

Per le vie del centro

 


Mentre mi muovo svogliatamente per le vie del centro e mi perdo tra le anse del mercato del sabato che anima la città riempita di tanti volti sorridenti e variegati, che non sembrano patire troppo le insidie di questo freddo pungente che muove in alto velocemente le nubi ed altrove addensa copiosi covoni di nebbia, incrocio Nicoletta che mi sfila di fianco senza puntare il suo sguardo verso il mio.

Estraggo una mano dalla confortante tasca e, mentre richiamo con voce decisa il nome della collega di Maria Luisa, le afferro garbatamente il braccio così che possa capire bene chi, nell'affollato via vai, si sia preso la briga d'intercettarla.

Mi accoglie un generoso sorriso, subito seguito dai complimenti per il libro di cui per altro avevo già ricevuto suoi commenti da mia moglie. Ma indubbiamente fa piacere sentirli rinnovati di persona. Aggiunge poi che all'inizio della lettura aveva pianto tanto, e posso comprendere bene le ragioni di questa grande empatia, ma poi... E le parole restano ferme nell'aria senza che lei abbia a completare la sua affermazione con qualcosa di esplicito e conclusivo di cui in effetti non c'era bisogno perché ben delineato dalla sua espressione di gioia intensa. "Salutami tanto Maria Luisa!" in rapido congedo ricco di buone sensazioni, come a volte non le possono trasmettere incontri fortuiti di maggiore durata che spesso ci frastornano con chiacchiere e notizie utili, ma che non riescono ad infondere un senso di amicizia vera.

Dopo la pubblicazione di alcune lettere scritte intorno ai vent'anni e sottratte all'oblio della scatola di latta in cui erano state riposte con cura da Santina oppure fortunosamente rinvenute da Maria Luisa fra le pagine di un libro di mia madre, penso sia giusto tornare ora a stendere una riflessione su qualcosa che mi sta a cuore, saldando un debito contratto alcuni mesi fa, quando ho pubblicato la copertina del libro e non ho voluto aggiungere tante parole di commento. 

E cosi, mentre allungo i passi in direzione radiale e mi allontano dal brulicante centro, mi vien da pensare che potrei distribuire gratuitamente alcune copie del libro a sconosciuti passanti con in cambio l'impegno di farmi avere tramite email un sintetico parere a lettura ultimata o anche abbandonata.

Il fatto che la quasi totalità di quanti si siano ritrovati fra le mani "Piccola anima" ci abbia restituito, in buona parte a me, ma ancor di più a mia moglie che è stata, e lo è tuttora, entusiastica distributrice, un giudizio ed un apprezzamento lusinghieri, non riesce a togliermi il desiderio di sapere cosa possa pensare un lettore che non mi abbia mai incontrato prima.

domenica 18 febbraio 2024

Lettera 7 da S. Giorgio a Cremano

 


Lettera numero 7, San Giorgio a Cremano ore 19:00 10 aprile 1983.

Cara Cicciolotta adorata, 

sono ben lieto di spedirti la prima lettera da questo posto particolarmente ospitale. Su un'area di 18 ettari si ergono numerosi edifici nei quali alloggiano tutti i militari della scuola. L'ambiente è reso particolarmente gradevole da alberi, giardini e panchine che conferiscono all'insieme un tono molto elevato... Tutto è organizzato in modo che funzioni alla perfezione al fine di rendere l'ambiente una vera e propria oasi di pace e pulizia.

Questa mattina (è domenica) non ci hanno concesso di partecipare alla santa messa perché stavamo facendo addestramento. Nel pomeriggio non me la sentivo di uscire ed andare in cerca di una chiesa. Così, dato che non assolvevo il precetto festivo, per non passare troppo barbaramente la domenica mi sono recato a fare una visita alla cappella.

Calava la sera (e sta ancora calando) e qualche uccello qua e là cinguettava. M'è venuto estremamente spontaneo ripensare agli anni trascorsi in seminario. Sono entrato nella chiesetta e respirando quel profumo ben noto di incenso e di cera bruciata mentre andavo recitando i vespri, m'è sembrato di tornare indietro di qualche anno. Mi ha preso un gran magone e l'unica spiegazione di ciò, dato che mi nasceva dentro una gran voglia di essere a casa vicino alle persone più care, a te specialmente, potrebbe essere quella che praticamente ho vissuto l'adolescenza in un ambiente ovattato, in un posto dove si è lontani dai pericoli del mondo, per cui si finisce con lo star bene come un pulcino nel nido.

Come ho detto altre volte non rimpiango di aver percorso quel sentiero che dopo tutto mi ha aiutato a formarmi (lo spererei) un animo cristiano disponibile al bene e non ai compromessi col male. Eppure sento che quegli anni rappresentano anche momenti di solitudine, di non contatto con le altre persone. Ricordi come ero chiuso e timido? Ricapitolando, penso che la sensazione provata, più che nostalgia sia angoscia per un tempo ormai lontano.

Mai come in questi momenti sento forte il desiderio di averti accanto e mai come ora comprendo chi tu rappresenti per me. Più di un'amica; quasi una sorta di madre e sorella per quanto concerne il legame e come un amico intimo o un confessore per il rapporto di dialogo e di reciproca fiducia. È vero che ci sono stati screzi imputabili alla nostra umana frallezza, ma alla fine l'amore e la comprensione reciproca hanno prevalso.

Tu comprendi bene come dicendo queste cose provi una gran pena per non esserti vicino. Sai cosa mi è capitato? Vedendo qualche scena di innamorati alla televisione o al cinema mi pareva di vivere nuovamente i momenti in cui ti ho abbracciato e baciato. Insomma, vedere due che si baciano non rappresenta più qualcosa del tutto normale, ma è fonte emotiva.

Scusa la confusione e l'incapacità di esprimere a parole ciò che sento in questi momenti, ma se anche tu l'hai provato, mi comprenderai benissimo. Con tutti questi discorsi l'unica cosa in cui non vorrei incappare, come a volte ho fatto, è di annoiarti. Se fossi stata presente, me lo avresti detto; ora devo io rendermene conto da solo.

Ti dicevo, appena arrivato, che sarei andato al cinema. Ma si è guastata la macchina e solo oggi pomeriggio son riprese le proiezioni. Ho visto "Visite a domicilio" . Ti confesso che il titolo mi faceva pensare ad un film porno, ma dopo ho avuto la smentita dalle locandine. La sala di proiezione sembra rispettabile e senza luci rosse. Una commedia piacevole che narra l'invaghimento di un chirurgo neo vedovo per una divorziata non disposta a tollerare le scappatelle dell'ex marito. Narra inoltre della situazione ospedaliera e medica americana che si prostituisce alla parcella e non fa i reali interessi del paziente.

Stasera dovrei andare a vedere un vecchio film dei Beatles. Forse l'ho già visto... Non fa niente perché tanto siamo costretti ad attendere alzati fino alle 23:15 il contrappello per i primi giorni; quindi sarà un modo meno noioso di passare le ultime ore di questa favolosa domenica soleggiata che ho gustato entro le mura in un paese da te lontano

Non ti vedo ma nel mio cuore e nella mente tu sei sempre presente e mi consola poter sapere che lo è anche per te.

Ti dedico volentieri una lacrima, Romano.

Lettera 1 da Salerno

 


Salerno 2 marzo '83 ore 19:30 - Lettera numero 1. 

Se ne sta andando questa, per tanti versi, turbinosa giornata. Dopo averti telefonato sono salito sull'automezzo militare e accompagnato da una pungente brezza, sono giunto in caserma. Dopo poco (in molti abbiamo rinunciato alla colazione) adunata in un'aula. Ci parla il capitano e ci divide in quattro compagnie. Ci ragguaglia che le prime tre andranno a Napoli per un corso di telecomunicazioni dopo il car e la quarta a Roma.

Io sono stato assegnato alla terza. Quindi, dopo questo primo periodo (forse dopo Pasqua secondo indiscrezioni dei caporali) mi trasferiranno a Napoli per addestramento, forse 10 settimane, e poi finalmente al corpo altrove; ma il capitano non ci ha nascosto che alcuni di noi si fermeranno qui per tutto l'anno (panico e triste malinconia). Ma sopraggiunge qualche voce confortante a dirci che qui non si è trattati male e sembra vero.

Il rancio, secondo alcuni pessimo, è a mio giudizio accettabile, anche se i recipienti, unti e bisunti, sembra non sappiano cosa sia il detersivo. Altro problema contingente è quello dei gabinetti: sembrano trespoli e noi "pappagalli' sopra di loro per tentare di risolvere i vari problemi che restano tali dato che non si vede ombra di carta igienica nel raggio di miglia. Forse coi tovaglioli di carta...

Allo spaccio mi sono procurato un lucchetto per il mio armadio così posso (spero) stare tranquillo. Ma non è che il primo giorno sigh! Alterno momenti di umore instabile a distensione e ottimismo. Non si sta male come nei lager, ma ciò che rende difficoltoso il passar del tempo è la lontananza dagli affetti e numerosi occhi lucidi che mi circondano, di reclute e di qualche giovane graduato, sembrano darmi un segno di assenso. 

Non vado oltre per non creare nodi alla gola qui e lì. A presto. Ti bacio. Tuo 000322 Scuri Romano "89° battaglione fanteria Salerno" 3^ compagnia, 2° plotone 8^ squadra. Caserma Cascino 84100 Salerno. Per urgenze gravi tel. 089 351349 (scusa)

mercoledì 7 febbraio 2024

Lettera alla mamma

 

Cara mamma,

Innanzitutto è doveroso che ti chieda scusa per non averti ancora scritto, ma ti assicuro che non l'ho fatto per cattiveria, piuttosto forse per pigrizia. È vero che a Matteo ho scritto già due volte... però la naia non è finita; c'è un bel po' di tempo, anche se un mese se ne è volato via, e ti prometto che recupererò. Comprendi poi che ci sono momenti in cui si ha una voglia matta di scrivere e purtroppo si è obbligati a far servizio o altre cose, e momenti in cui il tempo ci sarebbe, ma si rinuncia per svogliatezza o per stanchezza.

A casa è capitato mai che io sia andato a letto alle nove di sera? Qui sì! E anche se le luci sono ancora accese e gli altri (alcuni) continuano a parlare fra loro, la maggior parte comincia ad addormentarsi profondamente. Naturalmente le parole che ti mando sono rivolte anche per il papà. Siete i miei genitori cari e quando scrivo a uno s'intende che non dimentico l'altro.

Sono stato contentissimo della visita che il papà mi ha fatto per il giuramento. Diceva che quaggiù non ci sarebbe mai venuto e invece per me ha fatto anche questo: mi vuol proprio bene! M'avete detto che le fotografie son venute bene. Appena tornerò le vorrò vedere molto volentieri.

Ho notato che ti metti a contare i giorni della mia assenza, quasi che fossi tu lontana e non io. Cerco di pensare il meno possibile al fatto di star via per un anno, perché tanto il tempo fluisce uguale ed inoltre non mi vengono magoni. Cerco di perdermi, distrarmi il più possibile stando in compagnia delle persone che ho conosciuto, però qualche volta, fortunatamente non in modo troppo evidente per chi mi è intorno, mi prende la nostalgia e mi vergogno gli occhi lucidi. Ti confesso che a questa commozione hanno contribuito in buona parte le tue lettere così schiette e piene anche di buoni consigli.

Mi dici anche che molti ti chiedono mie notizie, oppure mi salutano; questo mi provoca un immenso piacere: è bello sentire che tante persone si preoccupano mentre quand'ero a casa avevo l'impressione che gli altri non mostrassero particolare interesse. Credo che faccia piacere anche a te. In fondo far il soldato porta qualche vantaggio come quello di riscoprire e riapprezzare tutte quelle circostanze, tutte quelle persone di cui un po' ci dimentichiamo.

Mi fa piacere che Santina vi venga a trovare ogni tanto; l'ho detto anche a lei. Più vi vedete più vi apprezzate reciprocamente. Se diventerete, io me lo auguro di cuore, nuora e suocera, voglio che non sia vero il luogo comune secondo il quale queste due persone non vanno d'accordo. Eppoi diventerai, in un certo senso, anche la mamma di lei...

Come previsto questa parentesi di soggiorno a Salerno sta per chiudersi ed ora, guardandomi indietro, oserei dire che non è stata poi troppo deludente. Se non altro ho visto un po' questi posti e non saprei in quali altre occasioni avrei potuto farlo. Ho notato, purtroppo, che come militare non ho potuto godere completamente le bellezze locali perché non si è del tutto distesi e sereni.

È venuto il momento di chiudere per mancanza di ulteriore spazio. Ti saluto caramente e ti prego, com'è naturale, di rivolgere i miei sentimenti di affetto anche al papà (quando è venuto qui l'ho trascurato un po' e sono stato molto con Santina; spero non ci sia rimasto male e mi abbia compreso) e al caro Matteo.

Ciao, a presto, Romano.


sabato 3 febbraio 2024

La balconata


Una esposizione prolungata può rendere gradevole anche una foto scattata in controluce.

In realtà a me piace la metafora sottesa in questa inquadratura del maestoso Po.

Spesso ci ritroviamo ad osservare la vita, che scorre di fronte a noi lenta e silenziosa come le acque del grande fiume, restando sopra una balconata cinta da una robusta ringhiera che ci protegge e ci trattiene dal cadere in vorticosi flutti. 

venerdì 5 gennaio 2024

Il carillon

 

Nella fotografia si può vedere un carillon a forma di pianoforte verticale e che mostra ormai i segni del tempo. Di fatto rappresenta il primo regalino che ebbi a ricevere da Santina dopo essere diventati morosi o, come meglio piace a me definire, fidanzati.

Debbo confessare che a motivo dei tre cuoricini trafitti stampati su di esso, quest'oggetto, sebbene fosse stato acquistato dalla mia ragazza per manifestare concretamente con un dono tutto il suo affetto e la sua simpatia nei mie confronti, fin da subito mi lasciò un po' perplesso e non lo accolsi con altrettanto senso d'ironia e leggerezza con cui lei me lo aveva regalato.

Girando la manovella del simpatico balocco, si possono ancora udire le note della famosa melodia ripetuta più volte durante il film "Il dottor Zivago". Pertanto, vista la trama del romanzo che ebbi a leggere ancora durante gli anni del Liceo e poi riprodotta nelle sequenze cinematografiche che sono abbastanza note dato che ogni tanto un canale televisivo o l'altro si prende la briga di riproporne la visione, vedere raffigurati tre cuori trafitti dal dardo non dovrebbe apparire troppo fuori luogo. Ma a me, anche solo il velato accenno ad un terzo soggetto incomodo nell'orbita amorosa di una coppia, appariva come una situazione completamente da ricusare e pertanto non sono mai riuscito a nutrire un sentimento di completa simpatia per quest'oggetto.

Poi però l'altra mattina, mentre raccontavo in sogno questi pensieri ad un gruppetto di giovani che avevano fra le mani questo carillon, ho avuto come un sussulto improvviso convenendo che il disegno con i tre cuori trafitti potesse essere in qualche modo una sorta di premonizione nelle vicende amorose che mi riguardano.