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sabato 29 giugno 2024

Cicale


Ho dormito poco e mi sono svegliato presto. Come ieri, ma era venerdì e così sono andato in ufficio di buon'ora. Chi ben comincia è a metà dell'opera e c'è sempre qualcosa che si può completare o un bug da fissare.

Oggi invece ho deciso di andarmene un po' a spasso percorrendo l'usuale itinerario che mi porta fin sulle rive del Po lasciando velocemente il centro abitato di una ancora deserta e sonnecchiante Cremona, magari agglutinata tutt'attorno alle piazze del centro storico dove si tiene l'usuale mercato del sabato.

Sto percorrendo la via del sale di cui ho parlato anche nell'ultimo capitolo del libro. Ripenso alla stesura originale in cui scrivevo di non essere un esperto e pertanto di non sapere per quante pertiche si dilatava il mio sguardo osservando i campi attorno. Con rammarico convengo che dovevo lasciare un ben più efficace "dilata lo sguardo" e non "allunga lo sguardo" come poi ho cambiato nella stesura finale.

Chissà quale giudizio potrebbe dare Cinzia del mio scritto. Mi fermo un attimo all'ombra e le mando via Messenger un messaggio per annunciarle che vorrei farle avere una copia, per lei che so essere un'accanita e valida lettrice. Leggerò con calma la sua eventuale risposta. Mi accorgo che non le ho mai scritto in privato neppure un breve saluto e quindi potrebbe non ricevere una notifica istantanea, senza considerare che a quest'ora qualcuno potrebbe ancora riposare.

Mi avvicino alle vaste distese piantumate che circondano il corso fluviale e subito vengo investito dall'intenso frinire delle cicale. E così mi vien voglia di trovare una panchina all'ombra su cui mettermi a sedere per provare a raccontare, tappando con l'indice soltanto sullo schermo del cellulare, di analoghe situazioni in cui durante l'estate sono stato immerso altre volte nell'assordante rumore prodotto da questi sciami d'insetti.

È abbastanza naturale richianare ricordi dell'infanzia, di quando ancora abitavamo alla Cascina Rocchetta. La sera uscivamo sull'aia a conversare coi vicini che si affacciavano sulla medesima corte; si guardava la luna piena brillare in cielo che rendeva il buio della sera inoltrata meno intenso e pauroso per me piccino; salutati dall'intenso ed insistente frinire, si rientrava in casa per andare a dormire.

Altri ricordi di cicale, con un grande balzo temporale, li colloco negli anni al mare in quel di Roseto degli Abruzzi, dove spesso ci soffermavamo all'ombra di pini marittimi in questo o quel parco cittadino. I bambini si sbizzarrivano un po' sulle altalene, le giostre, gli scivoli e Santina e io amabilmente conversavamo prima che la truppa familiare rientrasse in stanza a riposare.

E questo identico rito si è ripetuto poi anche negli anni successivi con Maria Luisa, anche se una più grandicella Alessandra non aveva più desiderio di svagarsi con noi sotto le stesse fronde. Quegli aghi di pino e sassolini che poi in seguito abbiamo continuato a calpestare da soli perché i figli, ormai diventati grandi, sceglievano in autonomia dove andare a trascorrere le proprie vacanze.

Ed oggi altre cicale mi rimbombano in testa e col loro sgraziato ritmo, che talvolta cala e poi riprende più energico di prima, conciliano e favoriscono in qualche modo la stesura di un altro capitolo. Auguri Piero, auguri Paolo. Giugno ormai giunto al capolinea consegna messi incerte ad un preoccupato agricoltore. La vita seguita e anch'io riprenderò il cammino. Ho ancora tante cose da vedere.



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