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martedì 27 dicembre 2016

Piero

Non so da dove cominciare, Piero, perché mi rendo conto che i ricordi che mi hai lasciato sono veramente tanti. Ed allora farò così, partirò dal fondo, da dove tutto è finito, ma da dove in realtà c'è un inizio.

Stavo festeggiando con i miei quando Andrea mi prende quasi in disparte e mi dice senza mezzi termini che tu sei morto. Una sberla secca che va diritta al cuore e non smette di farmi pensare a te per tutto il resto della festa. Quando mio padre e mio fratello se ne vanno, resto ancora un poco coi ragazzi che vogliono condividere qualche pensiero che non han avuto modo di recapitarci il giorno di Natale.

Poi Maria Luisa ed io abbiam provato a venirti incontro per cercare di dare un saluto a chi era lì attorno a te. Ho rifatto quella strada come tanti altri giorni, mentre le ultime luci della giornata si spegnevano alle nostre spalle. Sono arrivato da te ripercorrendo in parte la stessa via che ci porta in ditta per evitare il probabile traffico di Desenzano.

Non sapevo se l'obitorio sarebbe stato ancora aperto, ma venire a darti un saluto meritava il rischio di un viaggio a vuoto. Ma vuoto non è stato. Ci siamo fatti largo fra la folla di ragazzi che stazionavano davanti alla porta chiusa della stanza dove ormai riposi per qualche ora ancora. Ho cercato di entrare con discrezione e non mi è stato difficile riconoscere Emilia, la tua compagna, e poi Paolo il fratello più giovane, quello famoso per le sue passioni musicali.

Sei rimasto a noi celato perché ormai avevano già sigillato la bara. Ma non avevo bisogno di vederti ancora per un'ultima volta perché i ricordi sono davvero tanti e non sarà proprio possibile cancellare alcun fotogramma che resta lì ad infondere tenerezza per gli anni a venire oppure i mesi o anche i giorni soltanto perchè solo Lui conosce bene quanto ancora dura il nostro cammino.

Tornato fuori, ho cercato i tuoi ragazzi. Andrea era andato via, ma Elisa era ancora lì fra le braccia di una commossa amica. Ho visto tua figlia soltanto una volta in azienda e così ho dovuto chiedere quale delle due fosse. Poi ci siamo fatti avanti e le ho detto quel che pensavo e cioè che, passato il momento di grande dolore, debbono essere fieri di aver avuto un padre così tenero e buono.

Le ho detto che mi sembrava di conoscere lei e suo fratello come dei nipoti perché tu condividevi con noi così tanti momenti di vita familiare che non potevamo non sentirli così vicini. Mi sono quasi commosso dopo che Elisa si è gettata al collo di Maria Luisa per scambiare un abbraccio come immagino tua figlia abbia fatto tante volte con te per sentirsi protetta ed amata.

Ciao Piero. Saranno duri i prossimi pranzi di lavoro senza averti lì attorno a noi a condividere tanta parte della tua vita. Diciotto anni da colleghi lasciano un certo segno, ma nel tuo caso la traccia è ben più rimarchevole perché abbiamo condiviso spesso il pane alla stessa tavola del Monastero dove l'amico Dario ha sempre cercato di trattarti più che un amico, come un fratello.

Per contrasto, mi torna alla mente l'immagine di te che in quei primi giorni di novembre del 1998 venivi a fare un colloquio in Spazio Italia. La tua sagoma cominciava a diventarci familiare, la tua vita iniziava ad impastarsi con la nostra.

Ti sedesti obbediente alla scrivania dell'ufficio commerciale e giorno dopo giorno, dalle telefonate che sentivo proprio perché lavoravo nella stanza accanto, capivo che il tuo contributo sarebbe stato prezioso come lo è stato quando hai assunto tu le redini e la responsabilità delle vendite per l'Italia.

Ti abbiamo visto triste e silenzioso quando le vicende personali non sono andate come avresti voluto. Ti abbiamo rivisto contento ed entusiasta per l'amore che era tornato a rifiorire nella tua vita. Abbiamo cercato d'incoraggiarti quando sei stato costretto a cambiare ruolo. Ti dissi che col tempo ti saresti preso le tue belle soddifazioni anche in un campo in cui sentivi con fatica di dover ricominciare da capo.

Avrei un sacco di altre cose da dire, ma le ultime e le prime possono bastare a chiudere come in un abbraccio anche tutte le altre che stanno nel mezzo e che custodiremo come un tesoro geloso perché averti conosciuto ha reso le nostre giornate più belle e quelle nuove di là da venire rischiano di non essere altrettanto allegre e spensierate.

Fai buon viaggio, omone. Cammina sicuro, come quando ti vedevo innanzi a me per prenderci insieme quel pasto che tutto sommato non abbiamo mai rubato, ma che tu soprattutto ti sei guadagnato alla grande, con il tuo impegno, la tua puntualità, la tua dedizione.

sabato 24 dicembre 2016

Non c'era bisogno di questo post

Non c'era bisogno di questo post, ma di scriverlo ne avevo necessità io. Così, per ritagliarmi un momento tutto per me alla vigilia di un altro Natale, sempre uguale, come tanti altri. Una natività che ritorna nel nascondimento, sfumata nei contorni, dentro una domenica che ci vorrebbe un po' straordinari, dove la voglia di cambiare è tanta, ma la nostra non basta, se non è quella di tutti.

Ed invece i giorni volano via drammaticamente sempre uguali, senza che l'uomo sia ormai stanco e lo prenda la voglia di deporre le armi, di togliersi il berretto, di slacciarsi la divisa, di allentare i lacci dei polverosi scarponi. Perennemente in lotta, ieri, oggi e domani.

Non c'è distacco, non c'è allontanamento, ma soprattutto non c'è allentamento.

Chiudo gli occhi. Abbasso il capo e lo distendo reclinato poggiandolo sulla piega del gomito, mentre le mani sono ben salde sulla tavola. Un pisolino ancora prima di banchettare. Ma che festa sarà questa con tanti che han più urgenza di una lacrima che di un tozzo di pane?

Vorrei andare via, lontano. Poi un giorno tornare e sorprendermi che tutto è cambiato, che l'uomo è rinato per il domani a cui era destinato.

sabato 17 dicembre 2016

Sarà un caso...

Sarà un caso, ma dall'ultima decade di novembre, da quando cioè ho pubblicato un post che conteneva la parola ISIS, le statistiche del mio blog hanno iniziato a riportare un andamento in notevole crescita con una frequenza di visite ben al di là della media dell'ultimo periodo.

Francamente non credo di avere oltreoceano un pubblico di lettori così numeroso ed affezionato, eccezion fatta magari per qualche parente californiano, da giustificare l'abnorme incremento dell'ultimo periodo.

E' poi il grafico settimanale ad insospettirmi alquanto dato che riporta una frequenza di accessi praticamente costante dove le creste ogni tanto s'innalzano un poco a motivo di occasionali lettori reali e non virtuali come io sospetto.

Immagino infatti che dietro quel regolare pettine ci sia un'azione del tutto automatizzata per raccogliere elementi riguardo ad un'attività da tenere sotto controllo. E penso pure che, avendo citato nuovamente la parola "sensibile" nel paragrafo d'esordio, qualche algoritmo dell'NSA (altra sigla che forse avrei fatto meglio a non riportare) vada immediatamente in fibrillazione.

Lo so che scrivere le proprie riflessioni in un contenitore pubblico espone a questo tipo di rischio e francamente la cosa non mi scompone più di tanto. Mi domando però quanto di vero riesca a dedurre un sia pur sofisticato programma da ciò che scrivo e capire bene fino in fondo se questo possa rappresentare un problema o meno per la sicurezza nazionale di un paese.
 


giovedì 8 dicembre 2016

La direttrice del coro

Stare diritti di fronte ad una persona ti consente di scrutare i suoi occhi, di guardarle dentro l'anima. Ma osservarla di fianco permette di non condizionarla con la propria presenza, con il proprio sguardo, e lasciarla libera di esprimere ciò che sente di essere in quel momento.

Questa mattina alla messa domenicale sono stato rapito per un istante della direttrice del coro parrocchiale che potevo osservare proprio di lato e non di spalle come solitamente altre volte quando il gruppo è disposto sul palco dirimpetto all'altare. Sono stati la sua mimica facciale ed il movimento armonioso delle mani a catturare la mia attenzione in quei primi istanti della celebrazione. Si muoveva come andasse amorevolmente tirando invisibili fili, con una forza ed una energia che non trovavano pari corrispondenza nei pur zelanti cantori dispiegati dinnanzi a lei.

Ritmava i canti con tale dedizione e trasporto da farmi pensare che in quel momento si trovasse altrove, su un'isola, felice, lontana dalle mille asperità e difficoltà che la vita quotidianamente presenta. Una donna forte, senza eguali, così come Maria di cui si celebra oggi la Solennità dell'Immacolata Concezione.
 
Anche se non previsto nell'odierno canone liturgico, m'è venuto facile pensare al Vangelo di Giovanni, alle nozze di Cana, dove la Madonna va a dire a Gesù che il vino è finito e presto non si potrà continuare la festa. E l'Emmanuele risponde: "Donna, che devo fare con te? Non vedi che mi sto intrattenendo con gli amici?".

"Fate quello che vi dirà", soggiunge lei rivolta alla servitù, come una madre sicura per aver ottenuto l'attenzione del figlio. Non un rimprovero, ma un piccolo appunto per averlo costretto a prendersi cura del banchetto.

Quante donne, nel silenzioso operare di ogni giorno, ci costringono a venire allo scoperto, a manifestarci e dare così inizio alla nostra opera. Abbiamo bisogno di madri nuove che aiutino i giovani a compiere le opere meravigliose di Dio. Una sola è la madre del Cristo da cui ci viene la salvezza, ma il mio pensiero riconoscente va a tante altre che operano nell'ombra con eguale dedizione e grandezza.