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giovedì 28 dicembre 2006

Tempo di bilanci


E' già passato un anno ed è di nuovo tempo di bilanci. Lo fanno le aziende per vedere di far quadrare il magazzino e lo fanno le persone per capire se l'anno che sta per finire è stato più o meno buono di quello precedente e si augurano, son certo, che quello che sta per nascere possa essere migliore.

L'anno precedente non era stato per me dei migliori, ma aprendo il 2006 avevo avuto la netta impressione che qualcosa di nuovo sarebbe arrivato. Una sensazione, quasi una certezza, che ci sarebbe stata una svolta e forse avrei potuto riassaporare le gioie del tempo passato.

E così è stato, anche se ho avuto ancora lunghi giorni d'affanno, quasi tutti legati all'aggravarsi della salute di mamma. Contrariamente a quanto scritto, non è più ritornata in famiglia ed è ora ospite in una casa di riposo dove riescono a prendersi cura di lei meglio di quanto potremmo fare noi con tutta la nostra buona volontà.

Il motivo della mia felicità lo conoscete già. Sapete infatti che al mio fianco c'é Maria Luisa con cui insieme, giorno per giorno, pensiamo e costruiamo il nostro domani. Abbiamo messo un passo dietro l'altro e percorso assieme questo tratto di vita. Un giorno ha fatto l'andatura l'uno, un altro l'altra scambiandoci reciprocamente il ruolo di guida sul sentiero che ci porta in alto, sulla cima, meta del nostro viaggio.

Di strada ce n'é ancora molta da percorrere ed in verità abbiamo appena iniziato. Guardiamo con gli occhi uno dell'altro e tenendoci per mano camminiamo nella stessa direzione, certi di esserci trovati, ma di avere ancora molto da scoprire di noi. Quel che abbiamo visto finora ci da gioia, ma altri sorrisi ci attendono. Purtroppo non mancheranno le lacrime che però non saranno così amare se potremo contare sulla comprensione reciproca. Inevitabilmente ci saranno giornate di scontro e di confronto (spero poche), ma serviranno a cementare ancor di più la nostra unione, se continueranno anch'esse ad essere occasione d'incontro e non piuttosto ad erigere barriere e divisioni.

E quindi è scontato l'augurio di un altro buon anno o quantomeno con la forza di far fronte alle difficoltà che potranno man mano presentarsi ricordando che Chi ci ha fatto camminare insieme non ci lascia più soli.

A proposito, spalanchiamoGli le porte. Lui vuole solo amarci e noi non dobbiamo fare altro che permetterglielo.

Ladri di biciclette


Maria Luisa abita di fronte al liceo classico dove insegna italiano e latino. In quella via a traffico limitato vedo spesso, anche ad ora tarda, biciclette abbandonate. Mi domando se dimenticate o lasciate di proposito. Quello che maggiormente mi stupisce però è di vederle nelle apposite rastrelliere oppure a ridosso di mura e portoni libere, senza che siano assicurate con lucchetti e catene.

E' tanto che volevo scrivere di questo, ma solo ora ne trovo il tempo. Questa cosa delle biciclette lasciate alla mercé di chiunque, in piena fiducia di ritrovarle, senza tema di ladri, mi fa pensare alla città ideale in cui tutti vorremmo abitare. Un paese senza cancellate né ringhiere. Un luogo dove si può lasciare la porta di casa aperta e non si provvede repentinamente a chiuderla dietro di noi per paura che qualcuno venga a rubarci il nostro domani.

venerdì 15 dicembre 2006

Il compleanno di Andrea

Per portare avanti l'attività del blog ho sempre sfruttato il mio tempo libero, la sera oppure nel fine settimana. Oggi mi sono preso alcuni momenti di permesso dal lavoro ed ho chiesto autorizzazione aziendale per utilizzare PC ed internet ad uso privato perché fremevo dalla voglia di scrivere subito alcuni pensieri che purtroppo fatico a stendere nero su bianco in altri momenti della giornata che sarebbero più consoni.

Oggi mio figlio Andrea compie 18 anni e diventa maggiorenne.

Ieri uscendo di casa gli ho detto che quello era per lui l'ultimo giorno da minorenne. Con mia grande sorpresa mi ha risposto che quello era l'ultimo giorno per fare asinate dimostrando con questa frase una certa maturità che non necessariamente si raggiunge nel momento in cui giuridicamente acquisiamo la facoltà di decidere per noi stessi.
Gli ho anche detto che per me la consapevolezza della maturità è arrivata intorno ai ventun anni. Ma forse le vicende della vita ed il lavoro possono anticipare questo tempo.

Non ho in serbo per lui alcun regalo speciale. Alessandra in questo è stata più brillante ed appena sveglia, mentre lui ancora dormiva, gli ha fatto trovare sulla scrivania il suo regalo e poi se n'é tornata a letto. Quando sono andato a sollevarle la tapparella ed augurarle il buongiorno non ho potuto fare a meno di sussurrarle che è una brava sorella.

Quando un figlio diventa maggiorenne indubbiamente un'altra tappa è raggiunta, ma il cammino è ancora lungo, anzi appena cominciato. Con orgoglio guardo i miei figli quando nella vita di tutti i giorni camminano davanti a me. Noto quanto sono cresciuti e sono contento di essere al loro fianco e grato per i frequenti complimenti ed apprezzamenti nei loro confronti che tante persone mi rivolgono.

Ho già scritto che sento questo impegno come una cosa molto particolare e che suscita in me sempre una profonda commozione in quanto è l'unica raccomandazione che ho ricevuto da Santina prima che morisse: Romano, abbi cura dei bambini.
Mi avesse chiesto cento cose e ne mancassi qualcuna, sarebbe umanamente comprensibile. Non aver cura di loro sarebbe per me il fallimento di una vita. Anche se mi rendo conto che il confine fra l'essere un buon padre ed uno meno buono è veramente sottile. Il difficile è perseverare.

Adesso che Andrea ha raggiunto la maggiore età sento un certo sollievo, come di essere riuscito a traghettare in porto sicuro il primo dei navigli. So che la mia funzione di padre non cessa oggi, ma psicologicamente sento di aver raggiunto un traguardo. Se disgraziatamente dovessi mancare anch'io potrebbe fare da tutore a sua sorella senza che questo compito tocchi ad uno dei parenti.

Questo momento per me d'innegabile commozione non sarebbe così pieno di gioia senza Maria Luisa al mio fianco. Con discrezione si fa vicina ai mie ragazzi e cerca di conquistarsi la loro fiducia. Ma dalle loro reazioni io credo che abbia già trovato posto nel loro cuore.

GRAZIE.

sabato 4 novembre 2006

Voglia di Natale


Quei pochi che hanno la pazienza di leggere i miei pensieri qui sul blog si saranno accorti che ultimamente il numero dei post è sensibilmente calato.

Ci sono diverse ragioni che hanno portato a questo. Ai più scaltri, visto il contenuto delle ultime pubblicazioni, sarà parso abbastanza normale.

Tra qualche giorno mamma ritornerà a casa dopo un lungo periodo di cura. La sua malattia le impedisce di tornare fra noi con lo stesso vigore con cui eravamo abituati a vederla nei mesi passati. Non so se ho fatto pienamente il mio dovere di figlio né se continuerò a farlo con slancio. Come già detto, queste situazioni sono occasioni di bene e quel che constato lungo il cammino è la mia mancanza di generosità in tanti momenti. Debolezza, stanchezza, delusione, illusione, gelosia, mancanza di fede, maldicenza sono i sentimenti che mi hanno accompagnato in queste ultime settimane.

E' però bello poter riconoscere i propri errori ed avere la volontà di cambiare rotta, di rimboccarsi nuovamente le maniche e riprendere con rinnovato slancio cercando di scrollarsi di dosso, almeno per un poco, tanti nostri difetti. Purtroppo l'umana fragilità ci porta a sbagliare in continuazione e dobbiamo accettare di essere fatti così. Lo dico soprattutto a me stesso perché vorrei sentirmi arrivato una volta per tutte. Video bona proboque, sed deteriora sequor, come dicono i latini e come devo aver già scritto da qualche altra parte.

Fra le tante cose belle che la vita ci riserva ci sei tu, Maria Luisa. Oggi è il nostro quinto complemese o mesiversario, che dir si voglia. Davvero sento di aver ricevuto te come un dono grande e prezioso. Qualcuno ci ha guardato dentro e ci ha fatto trovare tutto l'amore di cui avevamo bisogno.

sabato 21 ottobre 2006

Il pettine sdentato

Maria Luisa ha un pettine sdentato che suscita il mio interesse perché porta i segni di un passato glorioso.

L'altra sera la nipotina l'ha notato ed ha detto che era rotto e per questo brutto.

La mia fidanzata le ha risposto che ci sono molto affezionato e che provo un interesse particolare per tutte le cose cha hanno una qualche magagna.

Quando mi ha raccontato questo al telefono sono rimasto molto colpito: ho avuto la sensazione di essere stato letto dentro, nel profondo.

Certo, una volta ammesso che quando si dice <<uomo>> s'intende l'uomo del <<Cottolengo>> e non l'uomo dotato di tutte le sue facoltà (ad Amerigo adesso, suo malgrado, le immagini che venivano in mente erano quelle statuarie, forzute, prometeiche, di certe vecchie tessere di partito), l'atteggiamento più pratico diventava l'atteggiamento religioso, cioè lo stabilire un rapporto tra la propria menomazione e un'universale armonia e completezza (significava questo, riconoscere Dio in un uomo inchiodato a una croce?) Dunque progresso, libertà, giustizia erano soltanto idee dei sani (o di chi potrebbe - in altre condizioni - essere sano) cioè idee di privilegiati, cioè idee non universali?
Già il confine tra gli uomini del <<Cottolengo>> e i sani era incerto: cos'abbiamo noi più di loro? Arti un po' meglio finiti, un po' più di proporzione nell'aspetto, capacità di coordinare un po' meglio le sensazioni in pensieri... poca cosa, rispetto al molto che né noi né loro si riesce a fare e a sapere... poca cosa per la presunzione di costruire noi la nostra storia...


ITALO CALVINO - La giornata d'uno scrutatore - OSCAR MONDADORI

Un affettuoso ricordo per gli ospiti del reparto S. Vincenzo che nell'estate del 1980 condivisero con me alcuni momenti e mi aiutarono a crescere.

domenica 24 settembre 2006

L'umanità negata

<<Quando l'allievo è pronto il maestro compare>>, dicono gli indiani a proposito di un guru, ma lo stesso è vero di un amore, di un posto, di un avvenimento che solo in certe condizioni diventa importante. Inutile cercare le ragioni, andare a caccia di fatti e spiegazioni. Noi stessi siamo la riprova che c'è una realtà al di là di quella dei sensi, che c'è una verità al di là di quella dei fatti e se ci ostiniamo a non crederci, perdiamo l'altra parte della vita e con quella la gioia, appunto, del mistero.

Era un po' di tempo che non mi facevo un altro giro di giostra di Tiziano Terzani da cui questo brano è tratto.

Ultimamente però ho avuto dei problemi in famiglia e questi paradossalmente mi hanno offerto l'occasione di andare avanti nella lettura e di giungere praticamente al termine. Mi mancano soltanto le ultime sei pagine.

Mia madre è stata ricoverata per grave degrado cognitivo. Quasi sicuramente si tratta di Alzheimer.

Chi si è trovato a fronteggiare situazioni similari sa bene di cosa parlo. Questa patologia è abbastanza diffusa e tutti abbiamo almeno fra i conoscenti, se non fra i parenti, qualcuno che ha dovuto affrontare questi problemi. Pertanto non voglio parlare né della malattia, né del carico di assistenza che tocca a chi ne è colpito.

Vorrei solo abbozzare una semplice riflessione e sottolineare come queste malattie, come le altre del resto, sono ottime occasioni per una crescita umana e spirituale.

Parrebbe ovvio occuparsi dei propri genitori nel momento del bisogno. Eppure può risultare abbastanza facile defilarsi. Le occupazioni di tutti i giorni ed i beni a cui siamo tanto attaccati ci possono impedire di elargire con generosità il nostro tempo. La cura migliore che possiamo offrire loro è la nostra presenza.

Se un genitore perde il senno non commettiamo l'errore di considerarlo ormai null'altro che un corpo malato, un fastidio da toglierci al più presto. C'é sempre un grande carico di umanità la cui negazione implicitamente annulla la nostra.

martedì 19 settembre 2006

Cosa farò da grande

Ogni tanto domando a mia figlia Alessandra cosa ha intenzione di fare da grande, ma non ha ancora un'idea precisa.
Alla sua età invece sapevo benissimo quello che mi sarebbe piaciuto fare e di conseguenza anche gli studi da intraprendere, anche se poi le cose non sono andate come previsto.
Recentemente ho posto la stessa domanda ad un ragazzino e mi ha risposto che ci sono giovanotti che non sanno quello che faranno il giorno dopo e quindi figuriamoci se lui sa cosa farà a trent'anni.
Mi capita però anche di sentire ventenni che hanno ancora la medesima incertezza per il loro futuro. Hanno un lavoro, un compagno nella vita, ma di sposarsi e di fare figli manco per idea. Metter su famiglia dovrebbe essere uno degli obiettivi primari da perseguire.

sabato 26 agosto 2006

Desideri realizzati

Ecco cosa scrivevo quasi quattro anni fa.
(Il testo completo nel post Voglia di tenerezza pubblicato a gennaio 2006).

Desidero più che mai il calore di un abbraccio femminile. Potrò ancora tornare a sorridere? Non il sorriso di un giorno sereno, ma il sorriso che nasce dalla gioia di un amore sicuro. Non è bene che l’uomo resti solo. Eppure mi rendo conto che attualmente è la soluzione migliore. Il tempo che mi resta da dedicare ai figli, dopo aver sbrigato le varie incombenze, è veramente poco. Un amore ti assorbe totalmente e rischierei di tornare un padre negligente come l’anno passato, quando poco dopo la tua morte, per alcuni mesi sono stato un uomo felice con una donna accanto. Il tempo mi deve aiutare a sopportare questo. Vivere serenamente senza quell’opprimente sensazione d’incompletezza per una donna che manca. Se la felicità a cui ogni uomo è giusto che aspiri, io non l’ho già goduta tutta, allora ritornerà e cancellerà il peso di questi giorni. Vivo nella speranza che tutto accada di nuovo. Il desiderio di rinascere a nuova vita è più forte della disperazione di certi momenti. Penso che tanti altri, come me, non possono godere del calore di un abbraccio, di una tenera carezza, del conforto di un bacio. Soffro così tanto perché ne ho conosciuta la bellezza? L’altra sera mentre tornavo mi lasciavo andare a questi pensieri. Fantasticavo sulla possibilità di un incontro inaspettato, una conoscenza imprevista che mi potesse portare a fare una richiesta insolita. Scusi, potrei abbracciarla per un momento? Se potessi esprimere un desiderio che vorrei vedere realizzato subito, chiederei questo. Il calore di un abbraccio. Stretto. Intimo. Senza fretta. Poter sentire il battito di chi stringi fra le braccia. Pensare di esser per lei rifugio sicuro ed al contempo trovare riparo dalle avversità. Oggi sono andato al ristorante da solo poiché i colleghi han preferito la pizzeria. Mentre lo raggiungevo in macchina, ho scorto a fianco della strada una coppia di giovani che scesi dall’auto si abbracciavano e si sorridevano felici. Che tenerezza non sentire la fame e sentirsi sazi di quella presenza.

Maria Luisa è la donna che ha riportato la felicità nel mio cuore ed ha cancellato il peso di quei giorni.

Ci siamo incontrati andando in pellegrinaggio a Lourdes. In quell'occasione pochi sguardi e poche parole da parte di entrambi. Da quell'intensa esperienza spirituale sono tornato con la sensazione che nulla stesse per finire, ma invece per continuare. Salutarci non ha quindi prodotto quella sofferenza che di solito si patisce quando momenti veramente intensi stanno per finire.

Mentre chiamavo il taxi per riportarci a casa ci siamo scambiati distrattamente il numero del telefonino. Con quello e con internet abbiamo proseguito nella reciproca conoscenza fino a scoprire di essere attratti l'un l'altro.

Stiamo camminando insieme dal 4 giugno, giorno ufficiale del nostro fidanzamento sancito dallo scambio del primo bacio.

La vita è piena di segni che ci aprono al mistero e all'Assoluto. Bisogna solo saperli scorgere e prestarvi attenzione. E poi non essere più increduli, ma credenti. Possibilità d'incontro che ci vengono offerte, ma che sta a noi scegliere in piena libertà.

Con piacere ho pubblicato il commento di una persona anonima al mio post Rivelazione. Nel mio percorso di purificazione ho avuto il sostegno di alcune persone che con poche efficaci parole mi hanno dato la fiducia necessaria per andare avanti. Sono grato di poter contribuire in qualche modo a dare speranza a chi si sente schiacciato temporaneamente da un dolore grande.

venerdì 18 agosto 2006

La squadra

In questi giorni di assenza dal lavoro per il periodo di chiusura estiva ho voluto dedicarmi alla manutenzione della casa. Da diversi mesi avevo pianificato la ritinteggiatura dei serramenti ed il momento propizio è arrivato. Ho voluto coinvolgere in questa attività anche i miei ragazzi e debbo dire di aver trovato accoglienza favorevole (Forse han solo fatto buon viso a cattivo gioco :-).

E' stata per me una sorpresa constatare come il loro apporto sia stato valido ed efficace. Sono per mia natura abituato a sbrigare quasi tutte le faccende domestiche da solo e questo mio continuo tenerli nella bambagia non aiuta di certo la loro crescita.

L'entusiasmo maggiore l'ha profuso Alessandra che voleva cancellare la frustrazione patita al Grest dell'Oratorio per non aver potuto dipingere il muralex. Sulla distanza è però emersa la bravura di Andrea che ha svolto un buon lavoro in maniera celere.

Personalmente mi sono stancato parecchio. L'età avanza ed il vigore fisico non è più quello di un tempo, ammesso e non concesso che in passato ne avessi molto. Ho sentito l'indolenzimento per alcuni muscoli che solitamente non muovo. Poi alla fatica ci si abitua e la soddisfazione di portare a compimento quello che ci si era prefissi ha preso il sopravvento.

Come per i viaggi, in cui si scopre che non è tanto la meta da raggiungere che da piacere, ma è proprio il viaggio in se, così lavorare in squadra, soprattutto coi propri figli è fonte di enorme soddisfazione.

Possiamo essere fieri di quello che abbiamo fatto, ma ancor di più di aver faticato insieme per una causa comune o, per meglio dire, per la nostra casa.

mercoledì 26 luglio 2006

Conto su di te

Un uomo muore lasciando in eredità ai suoi tre figli diciassette elefanti. Nel testamento ha scritto che la metà deve andare al figlio maggiore, un terzo al secondo e un nono al terzo. I figli non sanno come fare la divisione, pensano di dover tagliare in due un elefante e finiscono per litigare. <<Nostro padre era un pazzo, non avrebbe dovuto lasciarci con un tale dilemma>>, dicono. In quel momento passa dal loro villaggio, sul dorso del suo elefante e diretto alla capitale, un ministro del re. Sente del loro problema e dice: <<Non preoccupatevi. Prendete il mio elefante, aggiungetelo ai vostri diciassette e fate la divisione>>.
I tre non capiscono come il ministro possa essere così generoso, ma fanno come ha detto. Gli elefanti ora sono diciotto: il primo figlio ne prende la metà, cioè nove; il secondo ne prende un terzo, cioè sei; il terzo ne prende un nono, cioè due. La somma fa diciassette. I tre fratelli sono felici e ringraziano il ministro. Quello riprende l'elefante che resta, il suo, il diciottesimo, e si rimette in cammino verso la capitale.


Tiziano Terzani - UN ALTRO GIRO DI GIOSTRA - Longanesi

Spesso possiamo dare un contributo decisivo alla soluzione dei problemi altrui senza che questo ci costi alcunché.

sabato 15 luglio 2006

Rivelazione

Ci sarà un momento più adatto per stendere una riflessione più approfondita su quanto sto vivendo in questo momento. Eppure sento il bisogno di rendere pubblico il nuovo amore che ho avuto la fortuna d'incontrare e che mi sta nuovamente rendendo l'uomo felice come ero un tempo. Bisognerebbe sempre serbare un poco di pudore e prudenza nel divulgare fatti privati, ma le cose belle non possono essere tenute nascoste e vanno gridate dai tetti.

Questo vuole essere anche un messaggio di speranza per chi si trovi vessato oltre misura per le prove che la vita di ogni giorno ci sottopone. A costoro dico: coraggio tenete duro, stringete i denti ed andate avanti. Il dolore è inevitabile compagno di ognuno, ma cerchiamo di volgerlo al bene ed uscirne migliori di quando abbiamo cominciato a conoscerlo.

domenica 9 luglio 2006

A buon intenditor

A buon intenditor...
...poche parole.

Credo che sia ormai giunto il tempo in cui gli americani si debbano rendere conto di una cosa. L'interesse del popolo americano è lasciare che gli altri popoli facciano il proprio interesse. Tanto prima lo capiranno, tanto meglio sarà per tutti.

venerdì 30 giugno 2006

Il profeta

E una donna domandò: Parlaci del Dolore.
Ed egli disse:
Il dolore è la rottura dell'involucro che racchiude la vostra comprensione.
Come il nocciolo del frutto deve rompersi, affinché il suo cuore possa stare al sole, così voi dovete conoscere il dolore.
Se voi in cuore sapeste continuamente meravigliarvi dei miracoli quotidiani della vostra vita, il dolore non vi sembrerebbe meno ammirevole della gioia;
E accettereste le stagioni del cuore, come avete sempre accettato il passar delle stagioni sui campi;
E vegliereste con serenità negli inverni del vostro dolore.

Gran parte del vostro dolore viene scelto da voi stessi.
E' l'amara pozione con la quale il medico dentro di voi guarisce il vostro io malato.
Perciò abbiate fede in lui e bevete il suo rimedio in silenzio e tranquillità:
Poiché la sua mano, sebbene dura e pesante, è guidata dalla tenera mano dell'Invisibile,
E la coppa che porge, malgrado scotti le labbra, è stata modellata con la creta che il Vasaio ha inumidito con le Sue sante lacrime.

KAHLIL GIBRAN - IL PROFETA - Feltrinelli

venerdì 2 giugno 2006

Ciò che non muore

Riporto un altro brano di Tiziano Terzani - Un altro giro di giostra - Longanesi.

Poi, con la stessa intonazione, la stessa pronuncia, lo stesso ritmo usato da millenni, recitavamo alcuni dei mantra più belli e più famosi delle Upanishad. Uno che mi piaceva tanto cantare a squarciagola, attirandomi con le mie stecche gli sguardi severi delle <<sagrestane>> e i sorrisi divertiti del mio compagno di banco, Sundarajan, era il mantra della Brihadaranyaka Upanishad:

Asato ma sadgamaya, dall'irreale conducimi al Reale
Tamaso ma jyotirgamaya, dall'oscurità conducimi alla Luce
Mrityorma amritam gamaya, dalla morte conducimi all'Immortalità.

E pronunciando quella parola <<immortalità>>, fatta di una a privativa e di mrityo, la morte, sentivo la bellezza del sanscrito, che - mi rendevo conto - ci ha dato così la parola <<a-more>>: ciò che non muore.

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<<DIO E' AMORE; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui>> (1 Gv 4, 16).
Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l'immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell'uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell'esistenza cristiana: <<Noi abbiamo riconosciuto l'amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto>>.

Dall'introduzione all'enciclica DEUS CARITAS EST di Benedetto XVI.

L'amore umano che non muore è figura dell'amore di Dio. Impariamo dall'amore umano che vediamo a scorgere Dio che non vediamo.

Colui che scaccia la tenebra

Guru è una bella parola, purtroppo avvilita dall'uso che se ne è fatto a sproposito in Occidente, dove ormai si parla dei guru della moda, della salute o del sesso. Gu in sanscrito significa <<tenebra>>, ru vuol dire <<cacciare, disperdere>>. Per cui il guru è colui che scaccia la tenebra, colui che porta la luce nel buio dell'ignoranza. L'arancione del suo vestito ricorda appunto il colore della fiamma che risplende nell'oscurità, la forza del fuoco che consuma la materia.

Tiziano Terzani - Un altro giro di giostra - Longanesi.

sabato 27 maggio 2006

Perché sei mio fratello

Quando mi sento vessato e provato da circostanze sfavorevoli ho un pensiero ricorrente. Mi domando come mai gli altri non si ricordano di me e non si fanno avanti con un sorriso, un gesto d'amicizia, ad alleviare la mia pena. Queste aspettative sono abbastanza comprensibili, ma non tengono conto di una cosa fondamentale: siamo tutti sulla stessa barca. Quello che desidero dagli altri verosimilmente anch'essi se lo aspettano da me. E ancora, quell'atteggiamento di "sufficienza" o "malmostosità" che innegabilmente sembra trapelare dal mio sguardo scoraggia i più a farsi avanti. In fin dei conti si raccoglie ciò che in passato si è seminato.

Il nostro volto ed i nostri occhi sono lo specchio di tutte le nostre vicende passate. Nella storia di ognuno ci possono essere traumi pregressi che ci rendono difficoltoso sorridere spontaneamente a chi incontriamo e così non facciamo che peggiorare la situazione perché induciamo l'altro a mantenere le distanze nel timore di qualche reazione aggressiva.

Il forte deve avere cura del debole senza aspettarsi nulla in cambio. Purtroppo il do ut des è troppo radicato nella natura umana per non tenerne conto, per non dare ascolto a quella voce che costantemente ci dice: <<ma chi te lo fa fare>>.

Sempre più spesso educhiamo i nostri figli a non farsi "pestare i piedi", a farsi rispettare, a reagire con decisione alle piccole prepotenze del vivere quotidiano. L'arroganza e la maleducazione sono il biglietto da visita che più facilmente esponiamo.

La vera forza non sta nella grandezza della reazione al torto subito. Non è alzando il tono della voce che le nostre argomentazioni acquistano quella ragione così evidentemente negata dai fatti.

Il mondo è dei furbi solo per poco. Chi più sgomita meno trova spazio e se lo trova generalmente lo usa male e lo spreca.

Impariamo a farci posto l'un l'altro, a voler stare un po' meno bene noi affinché lo siano un po' di più gli altri. Riempiamo con generosità quella mano che ci viene tesa implorando le briciole del nostro superfluo. Non abbiamo timore che il nostro gesto vada sprecato. Se rinunciamo a dare perdiamo buone occasioni per mantenere il nostro cuore aperto e disponibile. Amministriamo con saggezza i beni che ci sono stati affidati e che per ingiusta sorte sono toccati a noi con maggiore abbondanza.

sabato 20 maggio 2006

Aggrappato alla seggiola

Eknath Easwaran, un mistico indiano morto nel 1999, che per quarant'anni ha insegnato prima letteratura inglese poi meditazione all'Università di Berkeley, raccontava come sua nonna, che era stata la sua guida spirituale, gli aveva dato una semplice, ma importante lezione. Quando, ancora bambino, era rimasto colpito dalla morte di un familiare, lei lo aveva fatto sedere su una grande sedia di legno e gli aveva detto di reggersi a quella con tutte le sue forze. Lui s'era aggrappato ai braccioli, ma lei era riuscita lo stesso a strapparlo via. Nel resistere lui aveva sentito male. La nonna gli aveva poi chiesto di sedersi di nuovo, ma questa volta senza fare alcuna resistenza. Lei lo aveva allora tolto dalla sedia gentilmente, prendendolo in braccio. <<Così avviene con la morte. Sta a te scegliere come vuoi andartene. Ricordatelo. >>

Tiziano Terzani - Un altro giro di giostra - Longanesi.

Avrei tante cose da scrivere come commento a queste parole, ma sento che farei un torto alla vostra intelligenza e quindi dico solo che imparare a morire in fondo non è che imparare a vivere.

sabato 13 maggio 2006

Pane e sorriso

Alessandra, la figlia della mia fornaia, è una quasi trentenne molto solare ed affabile.

Questa mattina le ho detto quello che da qualche giorno vado pensando.

"Sembra proprio che invece del pane veniamo a comperare il suo sorriso".

Mi ha ringraziato per il complimento subito rincalzato da un altro proveniente dai clienti successivi.

"Non solo è sorridente, ma anche molto carina".

Non c'erano altri nel negozio, ma la cosa avrebbe senz'altro stupito perché dopo di me c'era un signore cieco a braccetto di sua moglie. E' stato lui a parlare. Lo conosco bene in quanto ha lavorato come centralinista presso gli Spedali Civili di Brescia ed ora si gode la pensione.

Quello che gli occhi non vedono, lo vede il cuore. Sicuramente avrà capito dai modi gentili di Alessandra che oltre ad essere una persona bella dentro lo è anche di fuori (ma in questo potrebbe averlo aiutato la moglie).

Il fidanzato di Alessandra è un uomo fortunato e sicuramente una brava persona. Le donne felici non possono avere accanto persone noiose e banali!

Inadeguatezza

Questa settimana ho gustato lo sceneggiato sulla vita di Giovanni Paolo II che hanno dato in TV diviso in due serate. Mi ha entusiasmato e commosso come il precedente che aveva tracciato gli anni del giovane Karol fino all'elezione a pontefice. Ho avvertito solo una nota di tristezza verso la fine, cosa che non avevo provato lo scorso anno quando il papa è morto giudicando la sua una vita piena e senza motivo di rimpianti.

Che dire di fronte a questi giganti della fede? Nulla. Possiamo solo ammirare il loro sconfinato amore e la perseveranza con cui hanno saputo dispensarlo. Mi è particolarmente piaciuto che ci siano state numerose scene con Madre Teresa di Calcutta di cui recentemente ho letto una biografia e che è per me constante ispirazione e modello di vita.

In contrapposizione a queste persone, veri santi viventi, non posso fare a meno di pensare quanto cammino mi resti ancora da fare. La vocazione alla santità è per tutti, ma seppur vero che per alcuni è un cammino spedito e gioioso, per altri è indubbiamente irto di difficoltà ed ostacoli.

Vedo il bene e lo approvo, ma continuo a seguire il male (Video bona proboque, sed deteriora sequor). Siamo continuamente toccati dalla Grazia che con amorevole pazienza ci sostiene e tende la mano, ma noi continuiamo ad inciampare e cadere e con passo malfermo deviamo dalla retta via.

E' questa la miseria umana che sento gravarmi maggiormente. L'incapacità di perseverare e correre con slancio verso la meta invece che barcollare e continuare a fermarmi.

La diluizione

Eppure sono felice. Sì, sento tornare la felicità che tanto mi è mancata in questi anni.

In passato per me essere felice derivava soprattutto dall'amore che davo e scambievolmente ricevevo da Santina.

Ora è diverso. Credo di avere bisogno di un sacco di cose che mi mancano e che non sono in vendita. Eppure sento ugualmente crescere dentro una felicità nuova che non provavo da tempo.

E' la gioia di continuare ad amare e vedere la tua vita come una cosa buona. E' la serenità di avvertire che il tempo ci rende capaci di affrontare le difficoltà e superarle.

Programmo i computer per lavoro e con passione. Mi piace constatare che con l'impegno e la perseveranza si può raddrizzare una vita che sembrava irrimediabilmente storta.

Si può essere felici anche in catene e privati di ogni libertà. La felicità deriva dal riuscire a vivere al meglio qualsiasi situazione ci si ritrovi ad affrontare, dalla certezza di non essersi persi.

Il distacco dalle cose e dalle persone, viste come egoistico possesso, ci toglie la paura di perderle. L'angoscia e la depressione non ci assalgono più se non cerchiamo la gioia nelle cose lontane e che mai arriveremo a vedere.

Imparare a far tesoro di quello che abbiamo ricevuto con abbondanza. Diluire la pienezza e l'intensità di tanti momenti passati per trarne quotidiano beneficio.

sabato 6 maggio 2006

La legge antica e la nuova

Avete udito che fu detto: "Occhio per occhio, dente per dente". Ma io vi dico di non resistere al malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra. Se uno vuol litigare con te, per toglierti la tunica, cedigli anche il mantello. E se uno ti forza a fare un miglio, va' con lui per due. Da' a chi ti chiede, e non voltare le spalle a colui che desidera da te un prestito.

Matteo cap. 5, 38-42.


Con questa citazione tratta dal Nuovo Testamento ho voluto ricordare, come è stato fatto a me di recente in una trasmissione televisiva, quale dovrebbe essere l'atteggiamento del cristiano in rapporto alle altre religioni ed in special modo quelle fondamentaliste che sembrano negare un rapporto di reciprocità e finiscono con alimentare sentimenti di rabbia e falso orgoglio.

Biglietto da visita

Ho già scritto di aver apprezzato moltissimo il libro di Tiziano Terzani La fine è il mio inizio. Quello che non vi ho detto è che continuo ad acquistarlo per farne dono a chi mi capita. Questa mattina ho acquistato la sesta copia ed ha già una destinazione.

Alessandra ha dato di questa cosa una definizione che mi è piaciuta. Distribuire questo libro è per me come porgere il mio biglietto da visita. Una presentazione sui generis non c'è che dire...

E' il libro che avrei voluto scrivere , ammesso e non concesso di averne le capacità. Cosa allora di più bello che continuare a parlarne e quando possibile farne generoso omaggio?

sabato 22 aprile 2006

L'uomo nuovo

Siamo appena tornati da Lourdes. Non ebbi modo di andarci quando mia moglie era malata ed ora senza motivi particolari, se non quello di dedicare un congruo momento al rinnomvamento dello spirito, abbiamo affrontato questo pellegrinaggio in pullman.
Andrea non era molto propenso a venire, ma credo di averlo quasi convinto quando alcune settimane fa gli dissi che questa era forse una delle ultime imposizioni. L'anno prossimo sarà maggiorenne e sarà libero di compiere scelte diverse.
Credo che anche per Alessandra questo viaggio sia stato un'esperienza particolare. Per alcuni giorni ci siamo sentiti una famiglia unica pur in mezzo a tantissime persone sconosciute.
Lo devo ammettere, mi sento ancora un tantino sfasato. Mi sembra quasi di patire una diversità di fuso orario che in realtà non c'è stata.
Affrontare una destinazione come Lourdes, a mio modo di vedere, richiede un minimo di predisposizione. Non è una vacanza qualsiasi. Ho raccolto la testimonianza di chi forse si è approcciato in maniera scettica, magari solo per accompagnare il coniuge ed alla fine ha concluso che la cosa lo ha fatto pensare. E' già molto.
Durante una colazione mi è capitato di ascoltare una signora, non del nostro gruppo, che diceva di essere venuta a Lourdes per adempiere un voto, ma che non era minimamente intenzionata a confessarsi. Forse l'ultima volta che lo aveva fatto era stata diversi anni fa quando si era sposata ed ammetteva candidamente che probabilmente aveva raccontato balle anche quella volta. Avrei avuto voglia d'intervenire e dirle di non sprecare quella occasione. Diceva di avere le figlie sulla riviera adriatica ed il marito a Creta e secondo me rischiava di trovarsi lei più fuori posto rispetto ai congiunti.
Ma voglio sperare che alla fine le cose non siano andate come temevo e si sia aperta ad una prospettiva diversa rispetto al mero disbrigo di una formalità legata ad un voto fatto.
Indubbiamente abbiamo pregato tanto, più di quello che siamo soliti fare. In questo siamo stati aiutati splendidamente dall'accompagnatore, ma soprattutto dalla guida spirituale che ci ha seguito per tutto il viaggio: un monsignore abbastanza in là negli anni con lo spirito di un giovinetto e di vasta cultura.
Se anche non siete uomini di fede non fuggite l'occasione di cercare qualcosa che va al di là di quello che solo i nostri occhi possono vedere. Ci sono diversi motivi per dare ascolto al nostro cuore.
Ora il rischio è quello di voler restare a tutti i costi sul Tabor in contemplazione estatica. Non possiamo e non dobbiamo. Torniamo alle cose di tutti i giorni con animo nuovo. L'amore che noi mettiamo in quello che facciamo si vedrà.

sabato 8 aprile 2006

Far parte dell'Organizzazione

A distanza di poco tempo ritorno a parlare del libro di Tiziano Terzani.
Lunedì scorso ne ho terminato la lettura e confermo pienamente il giudizio positivo che avevo anticipato nel mio precedente post.
Ci sono alcuni passaggi che vorrei sottolineare riportandoli di seguito. Pertanto chi fosse intenzionato a leggere queste memorie o lo sta facendo e non vuole vedersi rovinato il gusto della lettura originale non proceda oltre.

Riporto fedelmente da pagina 423 a pagina 424.

FOLCO: Ma secondo te c'è uno stato dell'anima, della mente, dell'essere a cui uno può arrivare...

TIZIANO: Fumato?!

F: No! C'è una meta oltre... oltre a dove sei ora? C'è un altro passo, c'è qualcos'altro che uno può ancora fare con se stesso?

T: Io credo che non c'è.

E se lo desiderassi negherei tutto quello su cui ho lavorato. Perché sarebbe un desiderio. Devo essere proprio onesto, per me è già tanto quello che ho trovato. Chi mi avrebbe mai detto che con una diagnosi di cancro senza tante speranze me la sarei risa fino alla frutta? E ora, non mi basta? Ma che voglio di più? Che voglio di più, che mi facciano il monumento in piazza?!

F: No, quello giusto no. Se ci fosse, sarebbe qualcosa di interiore.

Non lo so però. Se uno accetta la morte, hai ragione, cosa può volere di più? Cosa può esserci di più interiore dell'accettare la propria morte?

T: E ancora più completo è l'integrare il male con il bene, la morte con la vita. Perché se lo hai capito non soltanto con la testa, se davvero riesci a integrarli, allora hai sentito col cuore, con l'intuizione, la quintessenza dell'universo. Lo senti se hai capito che in fondo non c'è differenza, che gli asura sono come i deva, i demoni sono come gli dei, che apparentemente si combattono, ma che alla fine sono la stessa cosa.

F: Ci devono essere diversi livelli di comprensione di questa cosa, no?

T: Ne sono sicuro. E il tuo lama tibetano ne aveva certamente raggiunto uno più alto. Ma io, per me, non ho potuto prenderne uno più alto. E ti assicuro che ora non mi manca.

F: Non ti manca, no?

T: No, no. Sto bene, sono arrivato.

F: Cioè il mondo non ti chiama più? Eppure di tanto in tanto ti incazzi ancora, quando non rimetto la tua radio al suo posto preciso, quando il gattino miagola. Quello che cos'è?

T: Vecchie debolezze di Tiziano Terzani che pensa ancora che sia possibile un aggiustamento che renda migliori le cose di fuori. Ma se per un attimo sei obiettivo, ti rendi conto che non è possibile. Non è possibile, Folco. Guarda questi ultimi cento anni. Allora ti dici che devi usare la scoperta di non essere il corpo, di non essere la tua identità, i tuoi libri, ma di essere parte di un'altra cosa che è indifferente a tutto questo, e che forse, un giorno, questo potrà aiutare l'uomo a trovare una via.

FOLCO: Io mi domando se l'illuminazione non sia proprio l'arrivare a guardare il mondo così com'è e vederlo come perfetto.

T: Ah certo, certo, bravo. Sono assolutamente d'accordo.

F: Cioè, vedere che non c'è niente da cambiare. Che l'abbruttimento, le torture in Iraq e l'acqua che viene troppo calda dalla doccia, tutto è esattamente come deve essere.

T: Mi colpisce questa definizione. Forse è giusta, forse hai ragione. Anzi, mi colpisce questo tuo pensiero perché forse è così. Perché anche nella mia aspirazione a un uomo migliore, più spirituale, c'è desiderio. E c'è una cosa ancora più terribile, c'è divenire. Invece hai ragione tu, sì. Capire che è perfetto. E che non diviene.
E'.
Un pensiero su cui riflettere.

sabato 1 aprile 2006

La fine è il suo inizio

In questi giorni sto leggendo l'ultimo libro di Tiziano Terzani. Non conoscevo quest'uomo nonostante sia stato una persona di un certo rilievo nel panorama mondiale. L'invito alla lettura mi è venuto da una trasmissione televisiva in cui era ospite il figlio Folco che ha curato la stesura di quest'opera. Indubbiamente è un libro dal peso rilevante e non solo nel senso letterale del termine, data la qualità della carta con cui è stato realizzato. Non vorrei darne un giudizio affrettato e quindi sarebbe meglio attendere di ultimarne la lettura. Sicuramente, per quanto mi riguarda, piacevole e non banale, ricco di riflessioni e contenuti che si possono o meno condividere, ma che rappresentano la sincera testimonianza di una vita fortunata.

TIZIANO TERZANI - LA FINE E' IL MIO INIZIO - "Un padre racconta al figlio il grande viaggio della vita" - LONGANESI.

"Intanto tu sei venuto a tenermi per mano e questo ci dà l'occasione di parlare del viaggio di quel ragazzino, nato in un letto di via Pisana, un quartiere popolare di Firenze, che si ritrova nelle grandi storie del suo tempo - la guerra in Vietnam, la Cina, la caduta dell'impero sovietico - poi va sull'Himalaya, e adesso è qui, in una sua piccola Himalaya, ad aspettare questa ora secondo me piacevole.
Allora, questa è la fine, ma è anche l'inizio di una storia che è la mia vita e di cui mi piacerebbe ancora parlare con te per vedere insieme se, tutto sommato, c'é un senso.
"

Si può restare sconcertati dalla serenità con cui si affronta il dolore per una malattia terminale e la morte. Dal mio punto di vista però la cosa è comprensibilissima. Chi ha speso bene il proprio tempo non ha più paura. Sente di non avere legami con le cose possedute, le persone amate, e non teme di perdersi qualcosa delle cose che verranno, dei volti che nasceranno perché, in un certo senso, ha tutto presente.

Il mio pensiero va con facilità agli ultimi giorni di mia moglie perché anche in lei ho visto una sorprendente docilità nell'affrontare la morte. Intendiamoci bene, non è che lei, data la giovane età, non desiderasse più vivere. Al contrario, nonostante a me non sia sembrato, credo che ella abbia lottato con tutte le sue forze contro il cancro. Ma ormai era una guerra persa in partenza e nel momento in cui se n'é resa conto, ha accettato che la sua vita stesse per finire.

Mi rendo conto che potrei dire tante altre cose riguardo ai suoi ultimi giorni, ma mentre posso scrivere di un altro con lucidità e distacco, non riesco a fare altrettanto con chi è stato carne della mia carne e osso del mio osso. Sono sensazioni che difficilmente riesco a descrivere pienamente e su cui è giusto sorvolare perché in un modo o nell'altro tantissimi le conoscono ed io non posso avere la presunzione di gestire un dolore più grande di quello degli altri.

Se amate almeno un poco la lettura, comprate il libro di Tiziano Terzani. Come ha detto lui, i libri sono compagni di viaggio discreti. Stanno zitti quando devono e vi parlano quando lo volete.

sabato 25 marzo 2006

Sistemare il mondo

(...) L'attività caritativa cristiana deve essere indipendente da partiti ed ideologie. Non è un mezzo per cambiare il mondo in modo ideologico e non sta al servizio di strategie mondane, ma è attualizzazione qui ed ora dell'amore di cui l'uomo ha sempre bisogno. (...) In verità, l'umanizzazione del mondo non può essere promossa rinunciando, per il momento, a comportarsi in modo umano. Ad un mondo migliore si contribuisce soltanto facendo il bene adesso ed in prima persona, con passione e ovunque ce ne sia la possibilità, indipendentemente da strategie e programmi di partito. (...) E' Dio che governa il mondo, non noi. Noi gli prestiamo il nostro servizio solo per quello che possiamo e finché Egli ce ne dà la forza. (...) La preghiera come mezzo per attingere sempre di nuovo forza da Cristo, diventa qui un'urgenza del tutto concreta. (...) La beata Teresa di Calcutta è un esempio molto evidente del fatto che il tempo dedicato a Dio nella preghiera non solo non nuoce all'efficacia e all'operosità dell'amore verso il prossimo, ma ne è in realtà l'inesauribile sorgente. (...) Vivere l'amore e in questo modo far entrare la luce di Dio nel mondo (...).

Tratto dall'enciclica "DEUS CARITAS EST" di Benedetto XVI.

sabato 11 marzo 2006

Averne il diritto

La visita settimanale all'ipermercato è sovente spunto di riflessioni ed interrogativi.

Come già detto mi ci reco il sabato mattino proprio all'orario d'apertura. Quello che non sapete è che da un po' di volte in qua, approfittando dell'ora, parcheggio l'auto nel sotterraneo e la pongo vicino ai carrelli. Ma nel fare ciò la sistemo di proposito a cavallo di due piazzole in modo che poi mi resti spazio per caricare agevolmente le cose in macchina. Lo sapevo di non fare una cosa politicamente corretta e mi aspettavo di trovare da un momento all'altro sul parabrezza uno di quei noti biglietti che dice più o meno: Se parcheggi così, non ti lamentare di essere cornuto (per la verità ne girano anche altri più volgari).
Questa mattina ho avuto il mio. Stavo quasi per ripartire e vedo sul lato passeggero, sotto il tergicristallo, un foglietto. Scendo e lo tolgo. C'era scritto: Questa è la seconda volta che parcheggi in questo modo. Impara a parcheggiare. Grazie.
D'istinto mi verrebbe di scrivere una replica e lasciarla da qualche parte. Poi penso che magari la vedrebbero tutti tranne l'interessato. Avrò modo la prossima settimana di mettere una scritta sulla mia auto che dice: A quest'ora il posto non ti manca. Porta pazienza, grazie.

Il punto però è un altro. Ho il diritto di occupare due piazzole anche se in quell'orario di posto ne avanza parecchio? Probabilmente no perché anche ad altri farebbe piacere mettere l'auto a fianco della mia. E se avessi scelto un posto più defilato la cosa avrebbe infastidito meno oppure mi sono scontrato con la suscettibilità di chi vuole tutte le cose al posto giusto e quindi anche ogni auto in ogni piazzola?

Ieri in ufficio ho avuto quello che definirei un attacco di ordinaria follia. Se usate la posta elettronica capiterà spesso anche a voi di ricevere mail indesiderate: spam. Qualche tempo fa avevo ricevuto un messaggio pubblicitario da una ditta che realizza prodotti che possono fare al caso nostro. Non interessato alla newsletter peraltro non richiesta, ho eseguito la procedura per farmi rimuovere dall'elenco.
Complice lo stress dovuto al carico di lavoro, ma soprattutto alle numerose ore di sonno perso nell'ultimo periodo, all'ennesima mail ho replicato rimandando indietro un numero notevole di copie della mail stessa sia al mittente ma anche a vari altri indirizzi recuperati nella pagina dei contatti dell'azienda in questione.

Non è passato neanche un quarto d'ora che un collega mi chiama al telefono dicendomi che una persona di quella ditta vuole parlare proprio con me. Lascio detto di rispondere che non ho tempo.

Mi rendo conto della mascalzonata e codardia per non aver neanche voluto interloquire facendomi negare al telefono.

Avevo il diritto di reagire a quel modo rispedendo la missiva al mittente decuplicata per rappresaglia?

Mi rendo conto quanto sia facile perdere le staffe se le circostanze non sono favorevoli e ci si trova continuamente vessati per altri motivi.

A chi ti pesta i calli è giusto rispondere: per favore puoi scendere dal mio piede oppure è lecito scrollarselo di dosso con uno spintone? E questo cosa c'entra? Forse c'entra.

Sono sempre stato un sostenitore del porgere l'altra guancia, ma ultimamente non mi vedo per niente disponibile in questo senso.

L'aiuto non mi può venire dall'esterno. Sono io che devo guardarmi dentro e recuperare equilibrio e tolleranza. Rodersi il fegato e sbottare d'ira può essere uno sfogo comprensibile, ma si può fare di meglio.

Non so se ho il diritto di essere come sono. Certamente ho il dovere di essere migliore.

sabato 25 febbraio 2006

Utopie

Poco più di un anno fa il sud-est asiatico fu travolto dallo tsunami. A quell'orrore per la catastrofe naturale fece seguito una grande azione mondiale di solidarietà verso le popolazioni colpite. Quasi tutti, chi più chi meno, abbiamo contribuito economicamente aderendo alle numerose iniziative per la ricostruzione ed in sostegno delle persone sopravvissute.

Lo stimolo mediatico è stato rilevante. Certamente la rapidità con cui si diffondono le immagini e le notizie di queste calamità è uno degli aspetti positivi della globalizzazione. Questo potente strumento che è la comunicazione televisiva nel fare informazione si assume anche la responsabilità di veicolare le coscienze verso azioni concrete di assistenza e di aiuto.

Non capisco perché ultimamente sempre più spesso debba emergere il peggio del peggio. La polemica e la contrapposizione animano intancabilmente i nostri salotti televisivi.

Possibile che riusciamo a dare il meglio di noi stessi solo quando ci troviamo con le spalle al muro?

Se il clima del pianeta, a seguito di continue devastazioni da parte dell'uomo, dovesse improvvisamente mutare verso qualcosa d'immensamente catastrofico, come abbiamo potuto vedere grazie alla fervida immaginazione di qualche registra cinematografico, sono sicuro che smetteremmo di agitarci per le solite questioni. Lasceremmo da parte le banalità e le stupidaggini e cercheremmo di dare il meglio per fronteggiare la situazione.

Come un ammalato grave che sa di vedere presto la fine dei suoi giorni, tutti quanti sovvertiremmo l'ordine delle nostre prirità. Lasceremmo emergere le cose che veramente contano e nel contempo tralasceremmo quelle che non hanno più futuro.

Perché ci dibattiamo inutilmente per l'effimero? Forse che una cosa ha valore solo nel contesto in cui ci troviamo a viverla? In regime di emergenza contano le piccole cose, quelle a cui normalmente non diamo valore quando tutto va bene.

Se stiamo per morire di malattia, diciamo che la salute è la cosa più importante.
Se stiamo per annegare, diciamo che l'aria è la cosa più importante.
Se stiamo per morire di sete, diciamo che l'acqua è la cosa più importante.
Se stiamo per morire di fame, diciamo che è il cibo la cosa più importante.
Se stiamo per morire di solitudine, diciamo che è l'amicizia la cosa più importante.

Preveniamo le catastrofi. Facciamo progetti per prepararci ad affrontarle. Meglio ancora assumiamo uno stile di vita che prevenga la rovina. Evitiamo il degrado e la devastazione. Combattiamo le ingiustizie e le disparità sociali.

Poche persone ricche diventano sempre più ricche. Non contiamo su di loro. C'é una vasta moltitudine di persone comuni che non sta troppo male e che si può occupare del debole e del misero. Priviamoci tutti un poco del nostro benessere ogni giorno, con continuità ed elargiamolo in favore delle popolazioni meno abbienti. Una giustizia sociale che parte dal basso probabilmente ha maggiori possibilità di successo.

domenica 19 febbraio 2006

Giornalismo pettegolo

Le vicende di questi giorni suscitano in me un pensiero ricorrente. Il giornalismo, ma farei meglio a dire la mente di molti giornalisti, ha perso la bussola e vaga senza più rotta. In nome di una presunta libertà di stampa sta passando di tutto e di più e lo sta facendo in modo tale che dubito sia trama e disegno precostituito da parte di qualcuno che dall'alto manovra tutto quanto. Mi pare invece di assistere a delirante pettegolezzo alla ricerca del sensazionale ad ogni costo sviando completamente da quelli che sono realmente i mali ed i problemi del nostro tempo. I potenti stessi, quelli insomma che hanno l'ingrato compito di governare, sono constantemente in lotta per incanalare entro giusti argini i vari sconquassoni che poche menti armate di parola procurano ogni giorno insensatamente. Non serve dare eco alle azioni scellerate di pochi che pubblicano vignette o altri che le ristampano sulle proprie magliette. Tutto l'occidente sembra ormai pensarla come loro e forse vorrebbero farci credere che il male sta altrove trascinandoci nuovamente in devastanti guerre di religione. Sicuramente non è questo il loro scopo, ma cosa importa se questi sono gli effetti? Libertà di stampa e di parola esistono realmente se il coraggio della denuncia non è omertoso e deferente nei confronti di chi veramente sta saccheggiando il nostro pianeta e rendendo le masse sempre più esasperate a cui non resta altro da fare che aggrapparsi a quanto di più sacro ancora possiedono. Noi a pancia piena ormai non combattiamo più per nulla, ma se non ci destiamo da questo colpevole torpore, se non riaccendiamo il lume della ragione, se non cambiamo presto le nostre prospettive, ci ritroveremo a dover rimpiangere presto il lusso trafugato. Non sappiamo più combattere ed abbiamo perso la voglia di lottare per i valori ed ideali che ci hanno tramandato i nostri padri. Quello che possediamo ci verrà presto tolto con rapida aggressione dall'esterno e da dentro. Non illudiamoci. Chi è qui tra noi è sopito, ma in caso di generale rivolta sarà certamente pronto ad unirsi nella lotta. Vi scongiuro. Abbia termine questo giornalismo pettegolo, fazioso ed ipocrita perché altrimenti la povera gente, come un ladro, verrà presto a riprendersi le sue cose e quello che abbiamo accumulato avidamente in questi anni non servirà minimamente a lenire il dolore delle nostre ferite. Non abbiate la coda di paglia perché non parlo per i giusti, ma per tanti che non riconoscono l'errore e perseverano. Il mondo è come noi lo facciamo. Felice di sbagliarmi e di non essere l'ennesima Cassandra.

sabato 18 febbraio 2006

Sabato italiano

Ooooh no! La sveglia suona ed io non ho voglia di alzarmi. Ma oggi è sabato e posso disinserire l'allarme perché domenica non serve.

Mi lavo, preparo colazione per Alessandra, riassetto i letti. Poi usciamo e l'accompagno a scuola.
Da qualche settimana ho preso l'abitudine di recarmi al bar della pasticceria mentre attendo che si apra il centro commerciale a cui sono solito andare per la spesa settimanale.

Cappuccino decaffeinato e brioches alla marmellata. Questa mattina treccia con l'uvetta, tanto per non apparire ripetitivo ed abitudinario. In verità lo sono, poiché il barista già ricorda i miei gusti...

Mi concedo questo piccolo lusso di farmi preparare una colazione. Mi coccolo seduto in un angolo ed intanto osservo chi va e viene. Operai che comunque lavorano in giorno prefestivo, mamme che hanno accompagnato i figli a scuola, coppie che anche loro si concedono qualcosa di diverso dalle solite mattine.
Pochi minuti e sono di nuovo in macchina. Avrei voglia di dirne quattro a chi col pick-up mi ha strombazzato perché in auto mi muovo troppo pigramente. Forse ha fretta di aprire l'officina lì vicino. Perché così susciettibili di buon'ora? Mi verrebbe voglia di dirgli che non serve correre se tanto il lavoro non gira... Una cattiveria gratuita sicuramente peggiore del piccolo "sgarbo" ricevuto che m'impone di portare pazienza.
Un attimo e sono col carrello in mano all'ingresso del supermercato. Mancano pochi minuti all'apertura. Si accendono le luci dei tornelli ed un'anziano scatta prontamente, ma viene subito stoppato da una commessa. Non ha visto che la saracinesca non è stata alzata completamente?

Prima di dirigermi verso gli scaffali dei generi alimentari, do un'occhiata a quello dei libri. Mi capita tra le mani "Le parole che non ti ho detto" che ho avuto modo di apprezzare nella versione cinematografica. Sarei tentato di prenderlo per conoscere quello che nel film non è stato riportato. Poi desisto senza però essermi soffermato qualche minuto a leggere le ultime pagine, così tanto per vedere se termina allo stesso modo. Theresa scrive anche lei un messaggio in bottiglia e lo affida all'oceano. E' grata per aver avuto l'amore di Garret e da lui ha imparato che si può amare ancora profondamente. Sente il suo uomo ancora vicino, nel vento che la scompiglia e si consola pensando che anche lei un giorno potrà riuscire a dimenticarlo senza per questo che il suo amore abbia fine. Mi ci ritrovo in pieno. Amo le cose cosidette sdolcinate, ma questa volta non ho voglia d'indulgere alle lacrime e prima che il groppo che mi si sta formando in gola si consolidi, ripongo il libro e scappo via.

Oggi il carrello non è particolarmente pieno. Mi metto in coda ed attendo il mio turno. Le cassiere sono poche e la fila si sta allungando. Sento passare alcune commesse alle spalle che dicono: dovrebbero mettere l'altoparlante anche al bar. Infatti, dopo poco scorgo nel corridoio un trio di cassiere che se la prendono comoda. La mia cassiera invece è stata solerte. Eppoi la conosco. E' vicina di casa dei miei cognati e volentieri faccio la fila alla sua cassa.

E' una delle poche persone che mi abbia rivolto complimenti. Una mattina mi ha detto: Sei bravissimo. Altri nella tua situazione si sarebbero persi d'animo. Mi ha fatto piacere e forse un giorno glielo dirò. A volte ti aspetteresti apprezzamenti dai congiunti e non ti vengono. Poi inaspettatamente vieni gratificato da persone poco più che estranee.

Quando viene il mio turno ci salutiamo e subito mi dice: Allora hai saputo la notizia? Capisco che si riferisce alla gravidanza di mia cognata e faccio seguito affermando che avere figli è ancora la cosa migliore. Ma ci vuole coraggio dato il mondo in cui viviamo, obbietta lei. Sorridendo le dico: Facciamo figli migliori per un mondo migliore. Ride e con stupore mi ammira. Poi con un brivido penso a chi insensatamente ha pubblicato quelle vignette ed ancora più scelleratamente le ha ristampate sulla propria maglietta. Mentre ripongo le cose già battute le dico chiaramente che, potendo, di figli ne farei ancora. L'anziana signora in coda dopo di me sembra interessata alle mie affermazioni. Verso la fine della spesa la commessa nota la biancheria che ho acquistato per mia figlia come pure gli assorbenti. Mentre fa un positivo commento sulla prima sorvola discreta sui secondi. Gia una volta le ho confidato che questo è il genere di spesa che mi pesa di più. Non sono le bottiglie dell'acqua o del vino. Sono pochi capi d'intimo. Mi pesa perché mi ritrovo da solo a vivere queste tappe senza Santina qui con me a condividerle. Mentre mi presenta il conto dice che avrebbe avuto voglia di fare altro oggi. Cerco di consolarla dicendole che anch'io questa mattina non sarei uscito dal letto. Il sabato non posso, ma domani è domenica e allora mi concederò di starmene a letto di più. Non riesco a dirle che comunque assolvo i mie doveri di cristiano recandomi alla messa. Aggiungo: solo fino alle otto. Ci sarà tempo per dormire negli anni a venire e con un ciao mi congedo.

Sabato italiano ed intanto fuori piove...

sabato 11 febbraio 2006

Il colore dei tuoi occhi

Parafrasando Pavese verrà l'amore ed avrà il colore dei tuoi occhi. Avrà termine la stagione dell'arsura e del pianto. Le lacrime lasceranno il posto alla tenerezza ed al calore. Il gelo triste di tanti momenti fuggirà via e come ghiaccio al sole si scoglerà l'opprimente catena di questi giorni.

Siamo passati attraverso la grande tribolazione ed abbiamo reso le nostre vesti candide come la neve lavandole nel sangue dell'Agnello. Orsù dunque facciamo frutti degni di conversione poiché l'uomo è come la polvere e come cenere ritornerà. Memento es pulvis. Giovane, non sprecare il fiore dei tuoi anni. Tempus fugit. Chi non vive per servire non serve per vivere. C'é posto per tutti. Il Dio paziente ci aspetta. Dobbiamo sceglierlo e non ha senso farlo se non in modo libero ed incondizionato. A chi cerca la via Tu hai detto di essere Via, Verità e Vita. In questa valle di lacrime, com'é possibile avere Fede? Pensaci. Questo è l'unico modo possibile. Non pensare al dopo, al premio sempiterno. Questa non è una prova. Giocatela nel migliore dei modi. Vivi e non lasciarti vivere. Sii testimone dell'Amore. Non ribellarti a Lui. Fidati di Lui proprio perché hai la libertà di non farlo. Rifiutalo ed avrai fortuna ugualmente, successo, denaro, ma non avrai Lui.

Guardi avanti e tutto ti sembra confuso, annebbiato, buio. Volgi lo sguardo indietro e tante cose acquistano maggior senso, per altre un senso non sai ancora trovarlo.

E sia la luce. Tu non hai che le nostre mani. Fa che noi siamo le tue mani. Tu non hai che il nostro volto. Fai che noi siamo il tuo volto. Nel delirio d'onnipotenza non c'é salvezza. Per giungere a Te si deve passare per la porta stretta. I tuoi sovrastanti pensieri solo l'uomo umile li può intuire. Venga il tuo Regno ora e per sempre.

Verrà l'amore ed avrà il colore dei tuoi occhi ed io non avrò più paura perché Tu sei qui con me. Deus caritas est.

mercoledì 8 febbraio 2006

Il complemese

Il complemese - 17/11/2002

Il millenovecentottantuno fu un anno particolare. In quell’anno veniva ordinato sacerdote un nostro comparrocchiano. Partecipammo in gruppo alla celebrazione di consacrazione anche se per noi due fu più che altro occasione per stare insieme, sia pure in mezzo agli altri. La nostra testa era altrove e finimmo col chiacchierare un po’ più del dovuto. Ad un certo punto una suora, che evidentemente aveva sopportato fin troppo, non si trattenne dal farcelo notare e ci chiese maggior contegno.

Mentre tornavamo in auto, Santina disse che verso fine mese ci sarebbe stato un concerto di Ron proprio qui a Brescia. Se la cosa m’andava a genio potevamo andarci. Accolsi la proposta di buon grado. Non sono mai stato un patito per la musica né tanto meno per i concerti dal vivo, ma era un’ottima scusa per uscire insieme da soli. La nostra prima volta. Fino a quel momento c’eravamo sempre trovati in gruppo, con amici o coetanei. Era giunto il momento di ritagliarci uno spazio tutto per noi.

Quella mattina veniva a trovarci dalla California una zia di mio padre. Io e lui ci recammo di buon mattino all’aeroporto di Malpensa per accoglierla al suo arrivo. La zia si fermò poco da noi. Il pomeriggio stesso fu accompagnata dai miei su in montagna al paese d’origine. Io non volli andare. Preferii restarmene a casa a recuperare qualche ora di sonno.

E venne la sera. Avevo avuto da mio padre in prestito l’auto per uscire. Non era una bella giornata. Non lo era stata fin dal mattino, quando sotto la pioggia rientravamo da Milano. Mi fermai con la centoventisette davanti alla casa di Santina. Suonai il campanello. I suoi, visto il temporale in atto si dimostrarono un poco preoccupati, ma un concerto non si può far aspettare e saltammo in macchina di tutta fretta. Trovai posto nei pressi dello stadio. Parcheggiai e ci dirigemmo verso il teatro tenda allestito per l’evento musicale.

Senza nulla togliere al cantautore, certamente l’acquazzone di quel 28 giugno deve aver scoraggiato tutti i fan che non avevano già acquistato i biglietti in prevendita. Prendemmo posto su una panca laterale un poco a sinistra rispetto al palco. Credo di essere stato io per primo a chiederle se potevo tenerle la mano. Acconsentì. Ripeto che non ho mai avuto particolare inclinazione verso l’ascolto della musica e men che meno per quel genere. Comunque mi adattai. Era un po’ tutto una novità per me. Man mano che il tempo passava cominciai a provare dolore ai timpani per il fragore di quelle canzoni accompagnate a toni insostenibili per il mio udito. Continuarono a ronzarmi le orecchie per parecchie ore, come sarà capitato a tutti la prima volta in cui si è assistito ad un concerto ad alto volume.

Purtroppo, anche se a tratti mal sopportato, ad un certo punto il repertorio fini. Santina aveva gradito tantissimo ed aveva avuto modo di apprezzare il cantautore anche in precedenza, ma non dal vivo come in quella nostra prima serata insieme. Mentre spioveva ritornammo verso casa. Non ci eravamo detti granché. Avevo passato con lei i miei primi momenti di tenerezza, mano nella mano. Fermi in auto davanti a casa sua stavamo per salutarci ed io feci la fatidica domanda: "Posso darti un bacio?" Credo che se lo aspettasse. La sua risposta non fu per me scontata e quando acconsentì mi avvicinai a lei con trepidazione.

Non provai nessuna emozione particolare. Tutti si domandano com’è la prima volta. Fu quanto di più naturale mi potessi aspettare. Il giorno successivo volli sapere com’era andata. Noi uomini finiamo sempre col domandare com’è stato. Vogliamo sempre sapere se siamo stati all’altezza. Se abbiamo fatto faville. 

Quanto ero ingenuo. Sapete cosa mi rispose? Mi disse che quello era un bacio da fratelli. In tutto il mio ardore la sera prima le avevo scoccato un sonoro bacio sulla guancia. Per me era naturale esordire così. Lei si era preparata a qualcosa di più ardito, ma la mia inesperienza deve comunque averla confortata.

Ora non ricordo quando ci siamo baciati sulla bocca, anche se mi parve di lì a non molto. Quel che è certo è che da quel giorno cominciammo ufficialmente a contare i giorni del nostro stare insieme. Ogni ventotto del mese era il nostro complemese. Più le ricorrenze passavano e più sentivo il nostro rapporto consolidarsi. Ma non fu tutto idillio. Fin da subito ci furono scosse di assestamento che permisero però di poggiare bene le fondamenta del nostro rapporto. (...)

Nota del 04/02/2006 - Lo scritto originale prosegue con la narrazione di un altro fatto. Ho riflettuto sull'opportunità o meno di pubblicarlo e dato che non posso conoscere il desiderio di Santina in merito a questo, mi baserò su quanto espresso da mia figlia per una circostanza analoga ed in cui mi ha chiesto esplicitamente di mantenere la discrezione.

Quello che le donne non vogliono più

A chi non piacerebbe sapere quello che le donne vogliono? Ci sono fior d'interessi economici che ruotano intorno a questa domanda. I desideri delle donne mutano nel tempo ed è abbastanza banale affermare che le nostre figlie non desiderano più le stesse cose che hanno desiderato un tempo le nostre madri. Esistono comunque valori fondamentali ed irrinuciabili che il tempo non cambia, ma che le abitudini soffocano non poco. L'emancipazione femminile, se da una parte è stata una conquista più che necessaria, dall'altra è concausa di quello che definirei "squilibrio relazionale" fra uomini e donne.

E' luogo comune, e come tale con un certo fondamento di verità, che i maschi italiani siano un popolo di mammoni. Più di una volta ho sentito affermare che le donne si stufano di noi perché si scoprono a doverci fare da mamme. Divertente è contatare che chi dice questo finisce poi con lo sposare proprio quella categoria di uomini di cui dicono di averne le tasche piene. Anche noi abbiamo la nostra parte di colpa per questo stato delle cose. Ci siamo fatti da parte, abbiamo applaudito all'ingresso in società del gentil sesso, abbiamo dischiuso le porte del potere, abbiamo consentito l'accesso alle poltrone ed ai ruoli storicamente riservati a noi uomini. Chi dice che ancora troppi posti sono in mano agli uomini non tiene conto del fattore tempo. In certi settori ci sono poche donne, non perché gli uomini le respingano, ma perché le donne non si fanno avanti con maggiore energia e determinazione. A quei livelli, nessun uomo è disposto a farsi da parte solo per galanteria: chi muove le leve del comando se le tiene ben salde finché qualcun altro meglio dotato, uomo o donna che sia, non è in grado di prenderne il posto. Contemporaneamente noi uomini ci siamo dedicati maggiormente alle attività che in passato più frequentemente sbrigavano le nostre madri. In questa commistione di ruoli però si sono persi di vista alcuni punti fondamentali. La donna non sarà mai un uomo e viceversa un uomo non sarà mai una donna. E' ovvio! E quindi è sbagliato pensare che entrambi abbiano il medesimo approccio alle cose da fare. Entrambi possono giungere al successo anche se per strade diverse.

Quello che le donne non vogliono più è di lasciarsi guidare da noi, di essere da noi protette perché non ne hanno più bisogno. Tipico dell'uomo è badare all'apparenza, mentre la donna da sempre è stata abituata a far emergere la sostanza. L'idealità maschile è sempre stata ben bilanciata dal pragmatismo e dalla concretezza femminile. Purtroppo mi duole constatare che le donne stanno diventando sempre più superficiali e a caccia dell'effimero. Non sembrano più interessate alla sostanza ed all'essenza della vita. Questo lo si constata anche nel sempre minor desiderio delle donne di fare figli. Procreare non è più tra gli obiettivi primari anche se fare figli sarà la cosa migliore che ci resti da fare ancora per molto tempo. Generare una nuova vita richiede tutta la concretezza delle donne di un tempo, ma questo atteggiamento sta via via scomparendo in favore di cose meno meritevoli. Le donne non cercano più un uomo con cui fare un figlio e sempre più uomini rifuggono da relazioni sterili in tutti i sensi. Apparentemente il tenore di vita è alto, ma nella realtà dei fatti sono le cose vane che ci muovono ogni giorno.

domenica 29 gennaio 2006

Colpo di fulmine

Il colpo di fulmine - 05/11/2002

Nell’approssimarsi dell’esame di maturità il parroco mi mise a disposizione una stanza nei locali annessi alla chiesa perché potessi ritirarmi e studiare con maggiore tranquillità che a casa mia. Durante una breve pausa di studio la mia attenzione fu catturata da un cartellone posto nelle adiacenze. Mi sembra di ricordare che vi erano appesi alcuni bigliettini con una breve presentazione riguardo alle persone che avevano partecipato a quella realizzazione. Fra queste figurava anche Santina e fu così che appresi il giorno del suo compleanno: 30 aprile.

In seguito, dopo che ebbi raccontato ai miei sacerdoti l’intenzione d’interrompere il mio cammino in seminario, confidai al curato la simpatia che provavo per questa ragazza. M’incoraggiò a farmi avanti e parlarle, ma mi mise anche il dubbio che fosse già impegnata con un ragazzo di Vicenza che aveva avuto modo di conoscere al campeggio l’anno precedente. Solitamente, come chierico, partecipavo a tutte le iniziative parrocchiali, ma quell’anno non presi parte, mio malgrado, a quella vacanza in Alto Adige. I miei genitori erano andati a trovare i parenti in California ed io ero rimasto a casa a badare a mio fratello.

Quando ritornarono io sarei dovuto partire per quel campeggio, ma mio padre insistette perché vi rinunciassi, proprio perché era tornato da poco e mi voleva vicino. Capii le sue ragioni e non mi opposi anche se mi dispiacque un poco di dover fare quella scelta. Sul finire del mese di maggio la parrocchia era solita organizzare la festa dell’oratorio. Per la circostanza il sabato sera si tenne una festa danzante a cui non mancai di partecipare. Desideravo avere un primo contatto con Santina. In queste feste mi sono sempre tenuto in disparte, vinto dalla mia inguaribile timidezza.

Quella sera, ardimentoso più che mai, mi ero portato fin sul bordo della pista di ballo ricavata per l’occasione sulla piattaforma della pallavolo. Ognuno partecipava come meglio credeva a quella sana allegria. Spesso Santina era trascinata in vorticosi trenini e giravolte di danza assieme ai nostri amici coetanei. Non smettevo di pensarla e mantenevo fisso il mio sguardo su di lei. Ogni tanto cercavo di farmi coinvolgere lanciando qualche battuta, quando nei vari andirivieni si avvicinava a me. Deve aver notato che la osservavo serio ed ad un certo punto, ridendo divertita, mi pose una domanda a cui ho risposto con un laconico no. 

Dato che mi credeva ancora chierico, come quasi tutti del resto, forse le parve naturale interrogarmi: “Che dici, Romano, credi che andrò all’inferno?”. In realtà fra me e me pensai, ma non ebbi il coraggio di dire ad alta voce, che se anche ci fosse andata, io l’avrei seguita. Per fortuna me ne stetti zitto. Non avrebbe potuto capire. Ero sempre più coinvolto e l’adrenalina cominciava a montarmi in corpo. Quando incrociavo il suo sguardo sentivo un ribollimento del sangue mai provato. Fu un crescendo continuo di emozioni fino al punto in cui sentii la scossa fatale.

Quella sera ho vissuto il classico colpo di fulmine. Fu una folgorazione talmente intensa che ancora oggi resta sul mio cuore una cicatrice indelebile. Si stava facendo tardi e ad un certo punto decisi di rincasare. Forse Santina mi aveva preceduto poco prima, questo non lo ricordo. Quella notte non riuscivo a prendere sonno. Ero tutto un fermento ed un ribollire di pensieri. Era quasi l’alba ormai quando mi appisolai per un’ora o due al massimo.

La domenica mattina ci recammo nuovamente in oratorio per la celebrazione della messa all’aperto proprio su quella stessa piattaforma che la sera prima ci aveva visti convenuti per tutt’altro tipo di festa. Al termine della celebrazione mi accostai a Santina e le dissi che avevo bisogno di parlarle, magari con calma nel pomeriggio. Ella acconsentì, ma mi rimandò alla domenica seguente in quanto doveva accompagnare i genitori dai parenti. Ci salutammo e se ne andò. Improvvisamente quel turbinio e sconvolgimento interiore si placò e tornai padrone di me.

Non vedevo l’ora di confidarle tutto me stesso e lei mi si sottraeva. Come resistere ancora per una settimana, sette lunghissimi giorni. Forse furono provvidenziali. Staccare un poco mi permetteva di riprendere pienamente possesso delle mie facoltà mentali e dominare meglio i miei sentimenti.

La domenica successiva, dopo la messa, Santina non aveva dimenticato e si presentò innanzi a me, assieme ad una sua cara amica, per sentire orbene quella cosa tanto importante che dovevo comunicarle. Con discrezione feci capire che dovevo parlarle a tu per tu in privato e quindi c’incamminammo lentamente per la strada che conduce a Collebeato.

Notai che indossava un paio di scarpe contrarie al mio gusto. In seguito non mancai di dirglielo. Ricordo quella camminata come se l’avessi fatta l’altro ieri. Spesso durante il primo anno di università ripercorrevo mentalmente quel tragitto passo dopo passo e lezione dopo lezione mi disaffezionavo agli studi d' ingegneria. Per rompere il ghiaccio le chiesi se durante la settimana passata aveva avuto modo di pensarci e s’era fatta un’idea di cosa le avrei detto. Mi disse che non sapeva proprio. Forse era mia intenzione coinvolgerla con una proposta di volontariato al Gottolengo di Torino.

Evidentemente quando ne avevo parlato durante un incontro nei mesi scorsi mi aveva seguito con attenzione ed ora pensava che io stessi per formulare qualcosa di concreto al riguardo. Le dissi invece che avevo preso la decisione di lasciare il seminario. Ma c’era di più. Ero innamorato di lei e volevo intraprendere un nuovo cammino al suo fianco. Così discorrendo andammo avanti per un bel pezzo lungo la strada, quasi al limite fra i due comuni.

Con un certo stupore appresi che lei non provava per me nessuna simpatia particolare. Nella mia ingenuità pensavo che la settimana precedente ella avesse provato le mie stesse emozioni e tutti quegli incroci di sguardi fossero qualcosa di più che casualità. Quando ormai eravamo ritornati nei pressi della chiesa e quindi anche di casa sua, la vidi molto perplessa e pensierosa. La invitai a confidarsi con i suoi genitori e non tenersi tutto dentro. Rinnovai l’invito a considerare la mia proposta.

Anche se lei non era già innamorata come lo ero io, se c’era qualche presupposto, potevamo iniziare a frequentarci e vedere l’evolversi della cosa. Io ero rimasto sconvolto da lei e lei da me per altri motivi. In poco più di un’ora, una persona che ti sta di fronte e che per anni hai imparato a conoscere come un aspirante sacerdote, ti dice che abbandona tutto che è innamorato e che per giunta lo è di te.

Santina non aveva coi genitori quella confidenza tale per poter parlare di queste cose. Il pomeriggio stesso decise di parlarne con un’amica che conoscevo benissimo in quanto abitava a fianco di casa mia. Fu singolare come quel pomeriggio, pur venendo a me vicinissima, non ci siamo più incrociati. Quest’amica, saggiamente le consigliò di parlarne innanzitutto coi nostri preti.

Il giorno seguente, mentre io ritornavo in seminario e lei si recava al lavoro, per pura coincidenza salimmo sullo stesso autobus. Ci salutammo e nulla più. Per me, uomo di poche parole, fu abbastanza naturale. In seguito lei mi disse che si era pentita di non essere riuscita a dirmi nulla e di essere rimasta chiusa nei suoi pensieri. Dopo essersi confidata col curato, acconsentì, con cautela, a muove i primi passi al mio fianco.

Grazie Santina per aver avuto fiducia in me. Grazie per aver avuto il coraggio di tentare. Grazie per aver lasciato che la tua vita s’intrecciasse con la mia.

sabato 28 gennaio 2006

Un anno con Kuki Gallmann

----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Cc:
Sent: Sunday, February 08, 2004 6:58 PM
Subject: 8 febbraio 2004

Cara Kuki,

oggi ho compiuto 42 anni. Ho festeggiato in casa con i miei ragazzi, mio fratello ed i miei genitori. Poi, mentre smaltivo l'ebrezza per le immancabili libagioni, mi son messo ad ascoltare un po' di musica al computer, tanto per non perdere il vizio visto che quest'arnese, per ragioni di lavoro, e' immancabilmente sempre al mio fianco. Sai, ho avuto voglia di coccolarmi con qualcosa di tenero e piacevole ed allora sono andato a rileggermi le mail che ci siamo scritti nei mesi scorsi e ... Eccomi ancora qui. Come dimenticarti. Non è forse vero che nei momenti speciali si desidera avere accanto le persone che amiamo? Fra queste, se me lo concedi, pongo anche te. Ho pochissimi amici, ma mi sento ugualmente fortunato perche' non c'e' nessun nemico che oggi possa temere o rancore che mi stia tenendo lontano da qualcuno. Non sono comunque completamente lucido e quindi è meglio che non m'invischi in discorsi troppo contorti ed ermetici. Spero che vada tutto bene e secondo i tuoi desideri.

Grazie per avermi sopportato ancora una volta
Romano



----- Original Message -----
From: "KUKI GALLMANN"
To: "Scuri Romano"
Sent: Thursday, February 12, 2004 8:04 PM
Subject: Re: 8 febbraio 2004


CARO AMICO,

BUON COMPLEANNO!!

SPERO CHE TU SIA SERENO E I TUOI RAGAZZI ANCORA ALLEGRI.
FORSE UN GIORNO POTREBBERO VENIRE A SCOPRIRE LE MAGIE DI OL ARI NYIRO.

UN CORDIALE ABBRACCIO,

KUKI GALLMANN



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Monday, April 12, 2004 1:47 PM
Subject: 12 Aprile

Cara Kuki,

se me lo concedi, m'unisco volentieri al ricordo per la scomparsa di Emanuele. Ricordando Paolo nei giorni scorsi volevo dimostrarti la mia vicinanza con un ricordo unico, ma visto che ne ho l'occasione ti mando un mio povero pensiero anche per tuo figlio. Ormai sono passati diversi anni, ma non posso credere che per te le cose stiano diversamente rispetto a quanto anch'io provo, rispetto a quanto provano altre persone che conosco e che sono state colpite così profondamente negli affetti. Tutto passa e si guarda avanti, ma per i nostri cari è come se il tempo si fosse fermato o quantomeno non scorresse con in medesimo ritmo. 1983. In quell'anno svolgevo il servizio di leva. Durante la Pasqua mi trovavo a Salerno e non avevo potuto beneficiare come altri della licenza ministeriale. Desideravo ricongiungermi con Santina che avevo rivisto qualche giorno prima in occasione del giuramento. Accettavo di buon grado quel momentaneo distacco e pensavo tra me che dopotutto un anno sarebbe trascorso in fretta. E così è stato. Altrettanto rapidamente sono volati gli anni della felicità serena. Come quelli di te e Paolo come hai scritto nei tuoi libri. Le cose cambiano e la momentanea infelicità, il dolore acuto per la perdita, le abbondanti lacrime possono essere asciugate da un amore che ritorna. Il Buon Dio manda a ciascuno il freddo in base alla copera che possiede, come pressapoco dice un proverbio brasiliano. Attendo pieno di speranza un domani migliore. Un affetto gratificante che mi possa restituire dignità come ciascun uomo merita, ma non sempre ottiene perché la vita mediamente è equamente ingiusta.

Che mi dici di Sveva? Tutto bene? Ti ha già resa nonna? Aidan é sempre lì al tuo fianco? Sicuramente non defezionano leoni, elefanti e tutti gli animali che contribuiscono e continuano a farti sentire una donna privilegiata.

Con grande affetto e simpatia.
Un abbraccio.
Romano.



----- Original Message -----
From: "K Gallmann"
To: "Scuri Romano"
Sent: Tuesday, April 13, 2004 9:53 AM
Subject: Re: 12 Aprile


GRAZIE, DI CUORE,CARO AMICO LONTANO.KUKI



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Jun 1, 2004, at 2:17 PM
Subject: 1 giugno 1943

Carissima Kuki,

ho atteso questo giorno da quasi un anno. Fare gli auguri di buon compleanno è una delle cose che più mi danno soddisfazione ultimamente (finché la memoria mi assiste). Tantissimi auguri di ogni bene e prosperità.

Romano.



----- Original Message -----
From: "K Gallmann"
To: "Scuri Romano"
Sent: Wednesday, June 02, 2004 2:38 PM
Subject: Re: 1 giugno 1943


grazie caro amico per la tua cortesia e affetto, sono colpitissima che ti ricordi il mio compleanno!!

La corrispondenza continua

----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Tuesday, July 15, 2003 8:26 PM
Subject: A testa alta

Cara Kuki,

evidentemente sono metereopatico e per certi versi "irrecuperabile". Mentre me ne andavo al lavoro da Brescia a Padenghe sul lago di Garda, dato che non ho l'autoradio in macchina per scelta, mi lasciavo andare ad alcuni pensieri in verità non troppo allegri. Come conclusione, dicevo tra me e me: "Ci vorrebbe proprio un mail di Kuki per cambiare il tono della giornata". Acceso il PC e scaricata la posta che ti vedo? La tua risposta di ieri sera!

L'ho letta con attenzione ed un po' mi sono vergognato. Sì, perché in realtà con i miei ultimi scritti volevo darti notizia di un Romano "diverso" ed invece mi sono reso conto di apparire ancora alquanto piagnucolone. Le parole sono pietre e non sempre lasciano capire l'umore reale. Comunque è vero che tendo spesso a rivangare e rimpiangere il passato. Un po' è forse colpa del tipo di vita che attualmente mi sono scelto e che mi porta ad avere pochi incontri interpersonali. Ho voluto farmi completamente carico dei ragazzi e della casa per cui di tempo me ne resta poco. E' una scelta di transizione per dedicare più tempo ai figli e non rischiare di trascurarli come avevo fatto subito dopo la perdita di Santina gettandomi prematuramente in un nuovo rapporto di coppia che è miseramente naufragato dopo tre mesi.

A volte ho la sensazione di restare irrimediabilmente invischiato nei miei errori e di non concludere nulla.

In certi momenti mi sono sentito ambizioso e di poter fare molto. Forse dovrei volare più basso e valutare più realisticamente le mie modeste possibilità. Il tuo consiglio di dedicarmi ad una causa che non necessariamente coincide con i miei interessi mi è molto prezioso. Che cosa potrei fare?

Alcuni mesi fa ho mandato il mio contributo per un'adozione a distanza. Questa sera rincasando ho trovato nella posta la lettera con la fotografia del bimbo che dovrò sostenere nei prossimi anni. Forse con un piccolo sforzo potrei sostenerne un altro. L'impulso definitivo all'adozione mi è venuto alcuni mesi fa vedendo il film "A proposito di Smidth" (About Smidth) con Nicolson. Un pensionato che crede di non aver mai fatto nulla di buono nella sua vita, ma alla fine scopre che almeno una cosa giusta l'ha fatta adottando a distanza un bambino.

Aver conosciuto la tua storia, letto i tuoi libri, ricevuto le tue mail, questo è occasione frequente di dialogo con amici e parenti. Alessandra mi ha fatto notare che lo racconto proprio a tutti. Le cose belle ed importanti meritano di essere condivise. Consiglio a tutti di leggere "Sognavo l'Africa". Può essere un modo per aiutarti?

Tenuamente sto accarezzando l'idea di fare un salto in Kenia per vedere il mondo che i tuoi occhi vedono, le prospettive che ti sono familiari da innumerevoli anni ormai. Ti terrò al corrente ed eventualmente mi darai qualche utile consiglio per muovermi agevolmente da quelle parti.

Avrei alcune domande da porti, ma forse troverò le risposte in "La notte dei Leoni" ed "Elefanti in giardino". Riguardo al primo dei due che ho prenotato in libreria, ma non ancora ritirato, l'altra notte ho avuto un sogno per certi versi strano. Ho sognato che finalmente era arrivato, ma aveva un prezzo esorbitante: 88 Euro ed inoltre era malridotto come i libri presi a prestito in bibblioteca. Ad un certo punto mi sembrava fosse il tuo manoscritto originale.

Ciao, Romano



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Sunday, July 20, 2003 9:26 PM
Subject: La notte dei leoni


Cara Kuki,

venerdì sera ho finalmente ritirato in libreria il tuo libro che mi mancava. Semplicemente stupendo. Dei quattro letti finora questo è quello che mi è piaciuto di più. Ho rivissuto la magia dei tuoi racconti come in passato avevo provato con il Don Chisciotte di Cervantes. L'accostamento ti parrà un poco bizzarro, ma non ho potuto fare a meno di rimandare la mente a quelle "veridiche storie" lette alcuni anni orsono. In questo mese ho rialzato il tasso di lettura come non mi capitava da diversi anni, anzi dai tempi del liceo quando divoravo i romanzi della Deledda, di Silone, Fogazzaro e di tanti altri autori italiani preferendoli a quelli stranieri. Indubbiamente il tempo ha affinato notevolmente le tue capacità di arrivare al cuore delle persone e rapirle lontano per contemplare con i tuoi occhi quel continente così pulsante di vita e di mistero che è l'Africa. Non mi restano che gli elefanti in giardino... Ormai sono passati alcuni anni dalla sua pubblicazione. Non è che ti lasceresti andare a qualche indiscrezione per farmi saper cosa bolle in pentola? Per questa sera mi fermo qui. Sono ancora abbondantemente sazio dei tuoi racconti, delle tue spedizioni, del tuo "camminare in punta di piedi" fra le etnie indigene da cui molto ricevi, ma a cui sai anche donare.

Buonanotte amica lontana.

Ciao, Romano.



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To:
Cc:
Sent: Saturday, December 06, 2003 11:16 AM
Subject: Si avvicina Natale


Cara Kuki,

si avvicina Natale e cresce la voglia di farsi vicini agli affetti, ai parenti, agli amici lontani...

Ti ho scritto altre volte dopo gli auguri per Sveva, ma non sono sicuro che ti siano giunti i miei saluti. In una mia mail precedente ti avevo detto che non c'era bisogno che tu mi rispondessi ogni volta. Sono ancora convinto che il tempo che dedichi a me lo sottrai ad incombenze più importanti. Comunque sia mi resta il dubbio che le mie lettere siano in realtà andate perse. Per economia utilizzo account free per l'invio della posta e mi rendo conto che quale potenziale veicolo di "spam" potrei aver infastidito oppure essere stato involontariamente "tagliato fuori". Mi scuso ancora una volta per l'eventuale disturbo arrecato a te e alla tua organizzazione. Infatti ho sfruttato questo canale non avendo a disposizione un indirizzo alternativo, né oso chiedertelo, se mai tu ne avessi un altro. Ci siamo dati del tu, ma da poche righe di corrispondenza non nasce automaticamente un rapporto duraturo e profondo. Grazie per la cortesia e sensibilità dimostrata nei miei confronti suscitata da quel comune dolore che entrambi abbiamo provato per la perdita di persone tanto care ed amate. Il mio cammino di "ristabilimento" non è ancora del tutto completato, ma ormai sento di essere ad un passo dalla meta. Quando sentivo di aver bisogno di sostegno ed incoraggiamento, inprevedibilmente mi è arrivato dal cuore dell'Africa: inesauribile millenaria fucina di vitalità per tutto il pianeta. Bisogna proprio che venga a farci un salto uno di questi giorni. Per il momento ho troppa fifa di leoni, serpenti, malattie tropicali. Non tanto per me, ma per il pensiero di dove lasciare nuovamente orfani i miei due adorabili figli. Scrupoli quasi materni... Infatti da tempo non mi sembra di essere più io, ma mia moglie che continua a vivere in me. Soprattutto di notte coi sogni. A volte mi sveglio gratificato della sua notturna presenza. Altre volte angosciato per il perpetuarsi di situazioni legate alla sua malattia che il mio subconscio continua a riportare in superficie. Dai tuoi libri ho appreso che ti senti un poco "streghetta" e toccata dal dono della premonizione. In qualche caso è capitato anche a me. Senti cosa scrivevo in una pseudo-poesia dedicata a Santina più di vent'anni fa.

Quando ho scoperto te nella vita,
io sono cambiato da così a così.
Ora so che tu te ne sei partita
e un dolore mi ferisce notte e dì.

Quanti ricordi ci uniscono ancora...
Ieri sera m'hanno parlato di te
come di una bella e dolce signora
che ha lasciato qui, solo, proprio me.

Ma è troppo triste guardare al passato
perchè allora c'erano molte gioie
che adesso lasciano posto alle noie.

Oh, se potessi comandare al tempo!
Subito vorrei tornare a quell'età
in cui eri la mia amatissima metà.

Luglio 1981

Much love
Romano



----- Original Message -----
From: "KUKI GALLMANN"
To: "Scuri Romano"
Sent: Tuesday, December 16, 2003 10:15 AM
Subject: Re: Si avvicina Natale


CARO amico
grazie per un'altra bella lettera che mi arriva al ritorno da un lungo viaggio negli Stati Uniti e Israele... ma nessun luogo ha la magia del Kenya che vivo ogni giorno. Leoni ed elefanti fanno parte di questo mondo, ma il Kenya e' un paese mite, gioioso e positivo nonostante la poverta' che non e' dello spirito...mille auguri di Buon Natale,

Kuki Gallmann

Come ho conosciuto Kuki Gallmann

----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Tuesday, June 24, 2003 02:57 PM
Subject: L'uovo

Ieri sera ho visto lo struggente "Sognando l'Africa" ed ho conosciuto qualcosa di Kuki Gallmann.

Se posso ardire, avrei una domanda. Che cosa c'era scritto sul biglietto messo da Paolo nell'uovo?

Nel film non viene detto, oppure mi sono perso il passaggio.

Un vedovo.
Saluti dall'Italia

Romano Scuri



----- Original Message -----
From: "KUKI GALLMANN"
To: "Scuri Romano"
Sent: Tuesday, June 24, 2003 10:38 PM
Subject: Re: L'uovo

caro amico, e' una storia lunga che e' stata omessa nel film; le suggerisco di acquistare il libro 'sognavo l'Africa' -Mondadori- e trovera' la risposta.
Grazie, e auguri

Kuki Gallmann



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Thursday, July 03, 2003 11:20 PM
Subject: Sognavo l'Africa

Cara amica, ho seguito il suo consiglio ed ho acquistato il libro. Avrebbe meritato di essere letto con più calma, ma non ho potuto fare a meno di divorarlo. Essere riuscito ad avere un contatto con lei un poco mi ha spiazzato, tanto più ora che ho conosciuto altri particolari della sua vita.


Grazie per gli auguri. Ho sentito forte la sua solidarietà e per un giovane vedovo questo è molto importante. Ho 41 anni ed ho perso mia moglie per cancro il 13.1.2001. Mi restano di lei due figli, un maschio di 14 ed una femmina di 10 che cerco di crescere come meglio posso anche se spesso mi sento inadeguato perché troppo preso dal lavoro, che amo tantissimo e che è la mia ancora di salvezza. Sono un programmatore di computer. Come ha fatto lei, mi sono spesso interrogato riguardo a quanto mi è accaduto, ma fino ad ora ho trovato poche risposte. Sto ancora cercando. Vedendo il film mi sono molto commosso. Credo di sapere bene cosa significhi perdere la persona amata. Per mia fortuna non so cosa significhi perdere un figlio: posso solo immaginarlo ed il pensiero mi angoscia. Mi son fatto l'idea che per una madre perdere il frutto delle proprie viscere sia quanto di più disumano possa capitare, mentre per un uomo, che non ha portato il proprio figlio in grembo, sia più opprimente la perdita della propria moglie. Ho anche pensato che questi drammi ineluttabili devono servire a scrollarci di dosso il torpore di una vita sottotono e stimolarci a fare quello che il mondo si aspetta da noi. Lei la sua strada l'ha trovata. Io prego Dio di farmi capire qual'è la mia senza dover patire una seconda perdita. Sentivo il bisogno di confidarle questi miei poveri pensieri e spero tanto che possano raggiungerla. Se esiste un libro che racconta cosa ha fatto Kuki negli ultimi dieci anni me lo suggerica. Desidero passare ancora qualche momento in compagnia delle sue riflessioni.

Con immensa stima.
Romano Scuri



----- Original Message -----
From: "KUKI GALLMANN"
To: "Scuri Romano"
Sent: Friday, July 04, 2003 8:17 PM
Subject: Re: Sognavo l'Africa


Caro Amico

grazie per le sue parole e capisco profondamente la sua pena.

Se questo puo' esserle di aiuto sappia che coloro che se ne vanno prima di noi non fanno in realta' altro che cambiare dimensione, un destino comune a tutti noi, prima o poi, quando viene il nostro inevitabile momento per questo passaggio.
Magari un giorno potra' venire qui, con i suoi figli, negli altopiani dell' Africa orientale, dove il cielo e' molto vicino ed e' forse piu' facile rendersi conto della temporaneita' del nostro passaggio su questa terra, e delle infinite scelte e destini che si proiettano per tutti noi.
Avere amato e' il dono piu' importante, perche' l'amore non finisce con la morte. E alla fine , quello che conta e' lasciare una traccia.

I miei libri pubblicati in Italia sono finora- oltre Sognavo l'Africa:

Notti Africane
Il Colore del Vento- diario in poesia
La notte dei Leoni
Elefanti in Giardino

Sono tutti in ordine cronologico e pubblicati da Mondadori.

Con un abbraccio dall'Africa

Kuki Gallmann



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Sunday, July 06, 2003 9:00 AM
Subject: Cominciando a sognare l'Africa


Cara Amica,

penso che qualsiasi uomo abbia sufficiente dignità per restare ritto di fronte ad un altro uomo ma io temo di abusare un po' troppo del suo tempo e della sua pazienza. Come dissi al mio ex curato che ora esercita il suo ministero come vescovo in Brasile, non c'è bisogno che lei mi risponda ogni volta perché so benissimo che il tempo che dedica a me lo sottrae ad altre occupazioni più importanti. Spero di non intasarle la casella di posta e di sicuro non vorrò farlo. Stupendo questo mezzo che permette di mettere in comunione persone lontanissime, ma talvolta rischia di diventare inutilmente invadente.

Ho trovato "Notti africane" ed "Elefanti in giardino". Spero di recuperare anche "Il colore del vento" e "La notte dei leoni" per poterli leggere in rigoroso ordine cronologico.

Bella la fotografia sul retro di "Elefanti in giardino". La ritrae con la rice-trasmittente in mano attorniata dai suoi amici africani muniti di lance. Da l'idea di una donna comunicativa e combattiva.

Con questo collegamento può prendere visione della pagina web che ho dedicato a mia moglie.

http://digilander.iol.it/romanoscuri/santina.htm

Per un po' la lascierò in pace. Quattro libri da leggere richiedono pure un minimo d'impegno.

Felicitazioni anche per Sveva: ho visto le immagini del suo matrimonio inserite nell'ultimo suo libro.

Immensamente grato.
Romano Scuri



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Friday, July 11, 2003 8:42 PM
Subject: Reciprocità

Cara Amica,

avevo promesso di lasciarla in pace per un po', ma in questa calda serata italiana non ho resistito alla tentazione di scriverle ancora. Terminato l'altrettanto bello "Notti africane" ed appena iniziato "Il colore del vento" sono stato colto da questo povero pensiero. Con i suoi scritti lei si è fatta intima a tanti di noi e perché la cosa non sia a senso unico sento dentro irrefrenabile l'impulso di raccontare ancora qualcosa di me. Nei mesi passati, per tenere compagnia ad Alessandra, mia figlia, che non voleva dormire sola, ho messo nero su bianco alcune riflessioni. Magari in seguito ne manderò altre. Non abbia timore di frenarmi, se la cosa le dovesse apparire inopportuna.

Auguri di ogni bene.
Romano Scuri



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Saturday, July 12, 2003 9:35 AM
Subject: To share

Cara Kuki,

mentre rifacevo i letti questa mattina riflettevo riguardo alla lettera che ti ho mandato ieri sera e non potevo fare a meno di notare come ormai sento quegli scritti di pochi mesi fa un poco lontani. Mi sono meravigliato di percepirmi diverso e probabilmente un forte contributo me lo stai dando tu con i tuoi libri e con le tue mail che danno ancora più concretezza alle tue parole. Tanti ti hanno scritto per testimoniarti che la storia della tua vita in un certo qual modo aveva aiutato la loro. Sento che questo è vero anche per me.

Grazie.

Hai scritto che la cosa più importante è aver amato e che l'amore e in grado di annientare la morte. Questo mio cuore malato e anelante forse un giorno troverà pace. Quello che è successo a te mi lascia ben sperare e placa ogni mia smania di voler presto ripristinare cio' che ho perso con la morte di mia moglie. Non è ancora giunto il mio momento, ma ora cammino con rinnovata fiducia nella vita. Felice di pensarti attorniata da Sveva ed Aidan che partecipano di quell'amore traboccante che non poteva finire con il cambio di dimensione di Paolo ed Emanuele.

Grazie.

Non ho ancora scaricato la posta e magari tu mi hai già mandato uno stop.
Perdonami.

Grazie.
Romano Scuri