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martedì 27 dicembre 2016

Piero

Non so da dove cominciare, Piero, perché mi rendo conto che i ricordi che mi hai lasciato sono veramente tanti. Ed allora farò così, partirò dal fondo, da dove tutto è finito, ma da dove in realtà c'è un inizio.

Stavo festeggiando con i miei quando Andrea mi prende quasi in disparte e mi dice senza mezzi termini che tu sei morto. Una sberla secca che va diritta al cuore e non smette di farmi pensare a te per tutto il resto della festa. Quando mio padre e mio fratello se ne vanno, resto ancora un poco coi ragazzi che vogliono condividere qualche pensiero che non han avuto modo di recapitarci il giorno di Natale.

Poi Maria Luisa ed io abbiam provato a venirti incontro per cercare di dare un saluto a chi era lì attorno a te. Ho rifatto quella strada come tanti altri giorni, mentre le ultime luci della giornata si spegnevano alle nostre spalle. Sono arrivato da te ripercorrendo in parte la stessa via che ci porta in ditta per evitare il probabile traffico di Desenzano.

Non sapevo se l'obitorio sarebbe stato ancora aperto, ma venire a darti un saluto meritava il rischio di un viaggio a vuoto. Ma vuoto non è stato. Ci siamo fatti largo fra la folla di ragazzi che stazionavano davanti alla porta chiusa della stanza dove ormai riposi per qualche ora ancora. Ho cercato di entrare con discrezione e non mi è stato difficile riconoscere Emilia, la tua compagna, e poi Paolo il fratello più giovane, quello famoso per le sue passioni musicali.

Sei rimasto a noi celato perché ormai avevano già sigillato la bara. Ma non avevo bisogno di vederti ancora per un'ultima volta perché i ricordi sono davvero tanti e non sarà proprio possibile cancellare alcun fotogramma che resta lì ad infondere tenerezza per gli anni a venire oppure i mesi o anche i giorni soltanto perchè solo Lui conosce bene quanto ancora dura il nostro cammino.

Tornato fuori, ho cercato i tuoi ragazzi. Andrea era andato via, ma Elisa era ancora lì fra le braccia di una commossa amica. Ho visto tua figlia soltanto una volta in azienda e così ho dovuto chiedere quale delle due fosse. Poi ci siamo fatti avanti e le ho detto quel che pensavo e cioè che, passato il momento di grande dolore, debbono essere fieri di aver avuto un padre così tenero e buono.

Le ho detto che mi sembrava di conoscere lei e suo fratello come dei nipoti perché tu condividevi con noi così tanti momenti di vita familiare che non potevamo non sentirli così vicini. Mi sono quasi commosso dopo che Elisa si è gettata al collo di Maria Luisa per scambiare un abbraccio come immagino tua figlia abbia fatto tante volte con te per sentirsi protetta ed amata.

Ciao Piero. Saranno duri i prossimi pranzi di lavoro senza averti lì attorno a noi a condividere tanta parte della tua vita. Diciotto anni da colleghi lasciano un certo segno, ma nel tuo caso la traccia è ben più rimarchevole perché abbiamo condiviso spesso il pane alla stessa tavola del Monastero dove l'amico Dario ha sempre cercato di trattarti più che un amico, come un fratello.

Per contrasto, mi torna alla mente l'immagine di te che in quei primi giorni di novembre del 1998 venivi a fare un colloquio in Spazio Italia. La tua sagoma cominciava a diventarci familiare, la tua vita iniziava ad impastarsi con la nostra.

Ti sedesti obbediente alla scrivania dell'ufficio commerciale e giorno dopo giorno, dalle telefonate che sentivo proprio perché lavoravo nella stanza accanto, capivo che il tuo contributo sarebbe stato prezioso come lo è stato quando hai assunto tu le redini e la responsabilità delle vendite per l'Italia.

Ti abbiamo visto triste e silenzioso quando le vicende personali non sono andate come avresti voluto. Ti abbiamo rivisto contento ed entusiasta per l'amore che era tornato a rifiorire nella tua vita. Abbiamo cercato d'incoraggiarti quando sei stato costretto a cambiare ruolo. Ti dissi che col tempo ti saresti preso le tue belle soddifazioni anche in un campo in cui sentivi con fatica di dover ricominciare da capo.

Avrei un sacco di altre cose da dire, ma le ultime e le prime possono bastare a chiudere come in un abbraccio anche tutte le altre che stanno nel mezzo e che custodiremo come un tesoro geloso perché averti conosciuto ha reso le nostre giornate più belle e quelle nuove di là da venire rischiano di non essere altrettanto allegre e spensierate.

Fai buon viaggio, omone. Cammina sicuro, come quando ti vedevo innanzi a me per prenderci insieme quel pasto che tutto sommato non abbiamo mai rubato, ma che tu soprattutto ti sei guadagnato alla grande, con il tuo impegno, la tua puntualità, la tua dedizione.

sabato 24 dicembre 2016

Non c'era bisogno di questo post

Non c'era bisogno di questo post, ma di scriverlo ne avevo necessità io. Così, per ritagliarmi un momento tutto per me alla vigilia di un altro Natale, sempre uguale, come tanti altri. Una natività che ritorna nel nascondimento, sfumata nei contorni, dentro una domenica che ci vorrebbe un po' straordinari, dove la voglia di cambiare è tanta, ma la nostra non basta, se non è quella di tutti.

Ed invece i giorni volano via drammaticamente sempre uguali, senza che l'uomo sia ormai stanco e lo prenda la voglia di deporre le armi, di togliersi il berretto, di slacciarsi la divisa, di allentare i lacci dei polverosi scarponi. Perennemente in lotta, ieri, oggi e domani.

Non c'è distacco, non c'è allontanamento, ma soprattutto non c'è allentamento.

Chiudo gli occhi. Abbasso il capo e lo distendo reclinato poggiandolo sulla piega del gomito, mentre le mani sono ben salde sulla tavola. Un pisolino ancora prima di banchettare. Ma che festa sarà questa con tanti che han più urgenza di una lacrima che di un tozzo di pane?

Vorrei andare via, lontano. Poi un giorno tornare e sorprendermi che tutto è cambiato, che l'uomo è rinato per il domani a cui era destinato.

sabato 17 dicembre 2016

Sarà un caso...

Sarà un caso, ma dall'ultima decade di novembre, da quando cioè ho pubblicato un post che conteneva la parola ISIS, le statistiche del mio blog hanno iniziato a riportare un andamento in notevole crescita con una frequenza di visite ben al di là della media dell'ultimo periodo.

Francamente non credo di avere oltreoceano un pubblico di lettori così numeroso ed affezionato, eccezion fatta magari per qualche parente californiano, da giustificare l'abnorme incremento dell'ultimo periodo.

E' poi il grafico settimanale ad insospettirmi alquanto dato che riporta una frequenza di accessi praticamente costante dove le creste ogni tanto s'innalzano un poco a motivo di occasionali lettori reali e non virtuali come io sospetto.

Immagino infatti che dietro quel regolare pettine ci sia un'azione del tutto automatizzata per raccogliere elementi riguardo ad un'attività da tenere sotto controllo. E penso pure che, avendo citato nuovamente la parola "sensibile" nel paragrafo d'esordio, qualche algoritmo dell'NSA (altra sigla che forse avrei fatto meglio a non riportare) vada immediatamente in fibrillazione.

Lo so che scrivere le proprie riflessioni in un contenitore pubblico espone a questo tipo di rischio e francamente la cosa non mi scompone più di tanto. Mi domando però quanto di vero riesca a dedurre un sia pur sofisticato programma da ciò che scrivo e capire bene fino in fondo se questo possa rappresentare un problema o meno per la sicurezza nazionale di un paese.
 


giovedì 8 dicembre 2016

La direttrice del coro

Stare diritti di fronte ad una persona ti consente di scrutare i suoi occhi, di guardarle dentro l'anima. Ma osservarla di fianco permette di non condizionarla con la propria presenza, con il proprio sguardo, e lasciarla libera di esprimere ciò che sente di essere in quel momento.

Questa mattina alla messa domenicale sono stato rapito per un istante della direttrice del coro parrocchiale che potevo osservare proprio di lato e non di spalle come solitamente altre volte quando il gruppo è disposto sul palco dirimpetto all'altare. Sono stati la sua mimica facciale ed il movimento armonioso delle mani a catturare la mia attenzione in quei primi istanti della celebrazione. Si muoveva come andasse amorevolmente tirando invisibili fili, con una forza ed una energia che non trovavano pari corrispondenza nei pur zelanti cantori dispiegati dinnanzi a lei.

Ritmava i canti con tale dedizione e trasporto da farmi pensare che in quel momento si trovasse altrove, su un'isola, felice, lontana dalle mille asperità e difficoltà che la vita quotidianamente presenta. Una donna forte, senza eguali, così come Maria di cui si celebra oggi la Solennità dell'Immacolata Concezione.
 
Anche se non previsto nell'odierno canone liturgico, m'è venuto facile pensare al Vangelo di Giovanni, alle nozze di Cana, dove la Madonna va a dire a Gesù che il vino è finito e presto non si potrà continuare la festa. E l'Emmanuele risponde: "Donna, che devo fare con te? Non vedi che mi sto intrattenendo con gli amici?".

"Fate quello che vi dirà", soggiunge lei rivolta alla servitù, come una madre sicura per aver ottenuto l'attenzione del figlio. Non un rimprovero, ma un piccolo appunto per averlo costretto a prendersi cura del banchetto.

Quante donne, nel silenzioso operare di ogni giorno, ci costringono a venire allo scoperto, a manifestarci e dare così inizio alla nostra opera. Abbiamo bisogno di madri nuove che aiutino i giovani a compiere le opere meravigliose di Dio. Una sola è la madre del Cristo da cui ci viene la salvezza, ma il mio pensiero riconoscente va a tante altre che operano nell'ombra con eguale dedizione e grandezza.

domenica 27 novembre 2016

Il profilo dell'uovo

Quand'ero piccolo mi domandavo come mai a mio nonno piacesse tanto indossare le bretelle invece della più usuale cintura. Ora che anch'io, con il passare degli anni, vado assumendo il profilo dell'uovo, mi rendo conto che le bretelle sono una necessità per evitare di perdere le brache. Chiederò a Babbo Natale di farmene trovare sotto l'albero un  paio variopinto.


sabato 19 novembre 2016

La risposta adeguata

Stamane ho letto questa riflessione di un'amica.

«Se si decidesse di far guerra alla mafia bombardando le città ed i paesi in cui si sa per certo che vi si annida, in Italia saremmo decimati. Probabilmente si colpirebbe anche qualche capo-mafia.
Ecco.
Con ISIS stiamo ragionando così.
O no?»

Forse Matteo 13, 29-30 è una risposta adeguata al riguardo.

"No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.
Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio".

Ma oggi, chi ha più la pazienza di aspettare il tempo del raccolto? Forse, più che di erba infestante, qui si tratta d'incendio dilagante. E si sa che quando arrivano i pompieri per spegnere le fiamme, spesso va distrutto tutto il locale.

sabato 22 ottobre 2016

Fuochi d'artificio

Ci sono ragionamenti che si aprono e chiudono nello spazio di un breve tempo. Ve ne sono altri che restano aperti e non possono di certo considerarsi compiuti anche dopo numerosi contributi che li rinfrescano a più riprese.

Quest'estate m'è capitato di fare un commento su Facebook per una chiosa di un amico relativamente ad un video interessante su pianeti, stelle e galassie. L'amico concludeva un po' scettico riguardo alle vertiginose dimensioni dello spazio a cui si faceva accenno in questo filmato portando come argomento l'età dell'universo stimata in circa 13 miliardi di anni.

Possibilista e garantista come sono, senza per questo contraddire le conclusioni del commentatore, fra me e me andavo alimentando questa congettura condividendola contemporaneamente in un post sempre sul noto social.

Pensiamo allo spazio come ad un cerchio, se non proprio come ad una sfera. Immaginiamo di trovarci ipoteticamente al centro di questa semplice figura geometrica. Se un fotone impiega poco più di una decina di miliardi di anni per arrivare a noi, come minimo la dimensione dello spazio siderale potrebbe essere il doppio pensando al diametro e non al raggio della circonferenza di cui siamo il fulcro.

Dopo questo mio commento, si è scatenato un interessante ping-pong da parte di un altro amico dell'amico che, a suon di argomentazioni che tiravano in ballo la teoria della relatività, andava di volta in volta puntualizzando e correggendo le mie congetture.

Ad un certo punto, quando pensavo di non essere riuscito a far comprendere fino in fondo il mio punto di vista, ho tagliato corto rispondendo che lui ragionava da fisico, mentre io da libero pensatore. E ci siamo così congedati postando reciprocamente un paio di vedute panoramiche, io dei monti al tramonto che in quel preciso momento stavo osservando e quell'altro di Parigi, città a me tanto cara.

Nei giorni appresso ho copiato ed incollato questo mio scambio con il gruppo WhatsApp dei colleghi di lavoro. Giusto per far circolare qualche pensiero più serio rispetto alle usuali cavolate che ci strappano un sorriso da casa, quando non possiamo condividerle a voce in azienda.

A distanza di un paio di mesi ormai, uno dei colleghi mi fa avere il link di un video che ha trovato interessante e mi dice che in qualche modo riprende le argomentazioni di quest'estate. Ieri sera riesco a ritagliarmi un attimo di tempo per visionarlo. E' su YouTube e quindi vi riporto il link per chi fosse interessato a spendere venti minuti della propria vita con un interlocutore divertente, ma a dir poco approssimativo: https://www.youtube.com/watch?v=Eaj6dYTb_mQ. Pur se il racconto m'era parso alquanto sgangherato, stamane m'è venuta voglia di condividere pubblicamente come l'ho capita io.

L'Universo visibile, più che essere come una enorme sfera di luce, come la palla di un giganteso fuoco d'artificio che ammiriamo estatici nelle sagre di paese, può essere considerato come uno soltanto di quei focherelli che, dopo aver brillato per un po', svanisce come tutti gli altri che hanno concorso a formare quell'enorme sfera luminosa.

Le osservazioni del nostro universo visibile ed i riscontri alle teorie che stiamo avendo con l'ausilio di enormi telescopi mandati in orbita, paiono confermare l'idea che ciò che vediamo, ma anche un po' più in là di questo perché la luce ha una velocità limitata e nel contempo ci stiamo espandendo, è sostanzialmente piatto ed ha una leggera curvatura.

Ed è proprio questa leggera curvatura a farci fare un grande balzo nelle stime fino ad esprimere in trilioni di anni luce la dimensione della scatola che potrebbe contenere tutto ciò che è palpabile ed ha una sostanza.

Finito o infinito? Universi paralleli... Cose da brividi!

Per parte mia guarderò le stelle con spirito diverso la prossima estate, anche quelle che non vedo. E pure i fuochi d'artificio.


sabato 15 ottobre 2016

La bella stagione

Ci si rende conto che è finita la bella stagione quando è ora di mettere via l'attrezzatura da giardino. Una tavola fatta di listelli di legno ed una panca entrambi con gambe pieghevoli acquistati anni fa al supermercato e che durante i mesi estivi spostiamo sul balcone per poterci sedere di tanto in tanto all'aria aperta.

l'intensa burrasca di ieri ha posto definitivamente fine ai miei indugi. Lo stravento ha lasciato una patina verdastra assieme a vistose pozzanghere d'acqua sul terrazzo di casa e così per ripulire per bene mi son deciso a traslocare il tutto in altra sede, là dove, insomma, questi pratici arredi trascorrono indisturbati i mesi invernali.

Non è ancora inverno, ma il repentino precipitare delle temperature in quest'ultima settimana ci ha fatto passare rapidamente dalle maniche corte ai maglioni senza transitare troppo per i gilet che solitamente indosso al primo accenno di frescura autunnale.

E con i primi freddi accompagnati da giornate sempre più corte viene pure la voglia di restarsene a letto fino a mattina tarda quando non si deve lavorare o non si hanno altre incombenze urgenti da portare avanti. Ed è così che stamane sono rimasto sotto le coltri ben oltre l'orario che avrei sperato per recuperare qualche ora di sonno perduto dei giorni scorsi.

Al risveglio, non certo mattiniero, avevo ancora in testa uno degli ultimi passaggi onirici e così ho deciso di raccontarlo agli amici sui social network sottacendo un po' il momento preciso dell'avvenimento. Anzi, dando a credere che fosse avvenuto quando anche altri erano alle prese coi propri e non quando ormai restavo in compagnia di chi s'era appena coricato per un turno di lavoro notturno. Così esordivo in un post disseminato un po' qua e là.

Vi racconto il sogno di questa notte.
In questa visione notturna parlavo della montagna, uno dei miei paragoni spirituali preferiti. Una conquista da fare in solitudine o meglio ancora in gruppo numeroso di persone. E poi, chissà perché, dicevo a quelli che stavano lì attorno a me, tutti intenti ad ammirare una cima erta e maestosa, che andare a messa era un po' come salire la montagna. All'inizio, liturgia della parola, si parla molto e si scambiano pensieri, ma poi l'ascesa si fa intima e silenziosa man mano che il mistero si compie ed il sacrificio porta il suo frutto. Finché si giunge ad ammirare tutto dall'alto come su ali d'aquila. La discesa riporta nel mondo, ma noi ci sentiamo ancora lassù: accalorati e trasformati e la gioia sul nostro volto contagia chi ci vede.

domenica 11 settembre 2016

L'onestà non basta

Alcuni anni fa mi sono domandato se potevo rendermi utile nel campo della politica. Eravamo reduci da un periodo a dir poco travagliato in cui tante leve di comando si erano irrimediabilmente usurate ed erano state ingloriosamente messe da parte. Sembrava facile e che bastasse alzare un poco la mano, agitandola anche solo quel tanto che basta come per fare un timido cenno di saluto.

Con una minima dose di coraggio, pareva sufficiente fare un piccolo passo avanti ed uscire dall'ombra. Scuotersi, insomma, dall'anonimato e mettersi operosamente a disposizione per la gestione della cosa pubblica.

Con tutte le ruberie, la corruzione, il malaffare, la cattiva amministrazione a cui tutti avevamo assistito impotenti e sfiduciati, veniva facile pensare che la soluzione stesse lì a portata di mano e fosse sorprendentemente semplice da attuare.

Se tante persone per bene si fossero fatte avanti, le cose sarebbero andate decisamente meglio e sicuramente non peggio di quando ad occuparsene erano stati altri. Quanti spudorati arrivisti dediti esclusivamente al proprio interesse privato attuando un nefasto saccheggio delle risorse pubbliche.

Ma l'onestà non basta. Non è sufficiente essere un buon amministratore di condominio per pensare di riuscire a gestire altrettanto efficacemente una città, una regione, un intero paese.

Intendiamoci bene, l'integrità morale è ancora il prerequisito fondamentale per chi voglia cimentarsi nell'impegno sociale e politico. Ma lo sono altrettanto, se non di più, lo studio e la preparazione per acquisire le necessarie competenze in un ambito in cui questo è fortemente necessario.

Non c'è una torta da spartire e non è una competizione per accaparrarsi la fetta più grossa e ben guarnita. Non è un lavoro facile, ancorché ben retribuito. Non basta indossare un abbigliamento ineccepibile e saper fronteggiare le incursioni giornalistiche con una discreta capacità dialettica. Per far funzionare le cose c'è bisogno d'intelligenza, impegno e abnegazione.

Chi amministra il bene pubblico e non lo fa progredire in meglio percentualmente quanto l'avanzamento del proprio stipendio, non si guadagna il pane che mangia ed è un ladro.

lunedì 1 agosto 2016

Blasfemia

Voi certamente siete persona di mondo ed amate viaggiare. Supponiamo che, nel vostro lungo peregrinare, v'imbattiate in una persona alquanto singolare che possa lasciarsi andare ad una confidenza intima e vi dica di essere perdutamente innamorata di una donna d'impareggiabile bellezza che non vede mai.

Voi, inarrivabili esperti di luoghi e culture, sapete per certo che questa donna non esiste, ma non vi sfiorerebbe, nemmeno per un istante, l'idea di deridere l'amata cara dell'individuo che in quel momento ne va tessendo le lodi.

Voi non siete posseduto da perfida cattiveria e pertanto, fosse anche solo per un poco di buona educazione, mai e poi mai osereste parlar male e denigrare la suddetta. Probabilmente vi asterreste anche solo per non dar dispiacere al vostro interlocutore la cui dabbenaggine non merita di certo una celia che possa ferire la sua ingenua sensibilità.

Ed è per questo motivo che non posso sancire il diritto alla blasfemia. Voi pensate di non arrecare danno ad alcuno e men che meno ad un'entità inesistente, ma in realtà causate volontaria sofferenza a chi è perdutamente innamorato di quell'essere supremo.

Chi vuole esercitare il diritto alla blasfemia, invoca per sé una cosa che diritto non è. Di certo per lui non voglio la morte, ma che desista, si converta e creda.

giovedì 28 luglio 2016

L'amore cresce

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. La lontananza è come il vento che spegne i fuochi di paglia ed alimenta gli incendi.

Senza ombra di dubbio in amore possono risultare vere entrambe le affermazioni, anche se non contemporaneamente. Nei primi momenti di un percorso affettivo è sicuramente il distacco iniziale ad offrire il maggiore impulso nella crescita del nuovo rapporto sentimentale. Le differenze di situazioni e di luogo costringono i soggetti a grandi momenti di separazione dove prevale l'immaginazione di quel che potrà essere piuttosto che l'attuazione di una vita concretamente condivisa.

Man mano che la relazione comincia a diventare importante, si tende ad accorciare rapidamente la distanza temporale che separa dai successivi incontri e le frequentazioni diventano sempre più intense e durevoli. La reciproca attrazione fa perdere agli innamorati la cognizione del tempo che passa e le ore volano via talmente in fretta da non far sentire più né la fame, né il sonno così da rendere concreta l'affermazione che l'amore da calore, ma fa calare.

Prima o poi la fase dell'innamoramento passa e questo bel fiore lascia il posto al suo frutto maturo che è l'amore. Ma l'amore, una volta arrivato al suo stato di compimento, può crescere ancora o è destinato a restare fermo ed immutabile oppure, peggio ancora, a regredire inesorabilmente?

Come ogni frutto, ma forse più propriamente come la pianta da cui esso deriva, anche l'amore rischia di deperire se non viene alimentato frequentemente con gesti ed azioni concrete che vadano ben al di là delle dichiarazioni e dei proclami che gli amanti si scambiano nelle fasi iniziali della loro storia. Come scritte sull'arena saranno travolte e cancellate dalle onde del mare.

Ma l'amore cresce se è possibile godere della presenza e sussistenza della persona amata. Se questa presenza viene meno, di certo non si annulla, ma resta per così dire "congelato" all'ultimo fotogramma di compartecipazione.

sabato 25 giugno 2016

Abbastanza

Vedo da lontano una luce accesa che trapela dalle finestre di una grande casa tutta bianca. E' notte fonda. In quelle stanze scorgo la sagoma di una persona che ha un grande rumore nella testa e, tutta sola, va avanti e indietro senza prender sonno. Fuori la gente sembra dormire serena e tutte le luci sono spente. Quell'uomo è Barack Obama che sul finire del suo mandato, nella completa incertezza di chi raccoglierà il suo testimone, si domanda se ha fatto abbastanza per l'America e per il destino dell'umanità che da essa fortemente dipende.

Vedo da lontano il debole bagliore che fuoriesce dalla grande vetrata di un palazzo nel centro della città. E' l'alba ormai. In quegli ampi spazi rammodernati s'intravede una sagoma femminile in tailleur che repentinamente prende posto alla scrivania e, con teutonica efficienza, provvede al disbrigo di alcune urgenti pratiche. Quella donna è Angela Merkel, che nel pieno vigore scaturito dalle responsabilità assunte col proprio mandato, si distrae un attimo per un uccellino che è venuto a sbattere il becco sul vetro della sua finestra e si domanda se ha fatto abbastanza per tenere unita questa vecchia Europa da cui pare ora che tutti voglian scappare verso un sogno di libertà.

Vedo da lontano il tremulo chiarore che filtra dall'intreccio di canne della capanna di uno sperduto villaggio. E' quasi sera ormai. Una lunga ombra si muove nella direzione di quel modesto rifugio e precede la persona che la proietta sul duro suolo. Per tutta la giornata ha lavorato sotto il sole cocente con i piedi e le mani immerse nell'acqua per mondare il riso. Quella persona non è nessuno e non ha un nome che si faccia ricordare. Mentre ritorna là dove potrà trovare ristoro e riposo, alza un attimo lo sguardo in direzione della prima stella che accende la notte e dentro di sé si domanda se ha fatto abbastanza per suo figlio e per quell'altro che ancora si porta in grembo.

lunedì 16 maggio 2016

Romanzo dinamico

Questo nuovo post avrebbe dovuto avere un titolo ed un contenuto diversi. L'intestazione doveva essere: "Cosa c'è di bello a diventare vecchi?" e, partendo dalla battuta presa in prestito da un recente film in cui a tale domanda si rispondeva con un lapidario: "Che non si è morti giovani, ad esempio!", mi sarebbe piaciuto dissertare un poco fra me e me su come impiegare positivamente il tempo dell'età ormai avanzata negli anni senza sentire troppo l'angoscia dei giorni inesorabilmente trascorsi ed il venir meno delle energie migliori.

Ma poi questa sera, mentre viaggiavo in auto per tornarmene a casa dopo una giornata di lavoro tutto sommato tranquilla, stavo ripensando al nuovo libro di Luciano Ligabue presentato ieri sera a "Che tempo che fa", la nota trasmissione condotta da Fabio Fazio. "Scusate il disordine", questo il titolo del suo nuovo libro che si compone di 16 racconti e che forse potrebbe per me risultare più interessante del suo precedente "Il rumore dei baci dati a vuoto" che ho visto passare per casa in prestito ai miei figli, ma che non è riuscito ad invogliarmi alla lettura nonostante un nome così accattivante.

In questo onirico alambiccare di pensieri cercavo d'immaginare come poteva essere andata per il poliedrico cantautore che desiderava sospendere un poco la sua attività musicale per impiegare il suo estro artistico in differente maniera. Mi son domandato insomma se fosse partito di getto con questo nuovo progetto letterario e se lo avesse presentato all'editore pronto per la pubblicazione oppure se invece si fosse limitato ad abbozzare qualche idea per svilupparla poi in seguito con il benestare della casa editrice. Non lo saprò mai. Presumo che, comunque siano andate le cose, non dev'essere stato molto complicato trovare un accordo fra le parti perché, indipendentemente dal contenuto e dall'importanza degli argomenti trattati, il nome dello scrittore è talmente noto da portare in dote una base di lettori sufficiente per dare l'avvio alle rotative.

Non ce la potrei mai fare... In primis per qualità ed argomentazioni che, per quanto mi riguarda, non ritengo tali da costituire materiale per un "caso letterario" in grado di portare alla ribalta un emerito sconosciuto. Ma, tralasciando queste velleità ed ambizioni di fama che potrebbero coinvolgere un pubblico un tantino più vasto di qualche rispettabilissimo cibernauta, mi domandavo se sarei stato anch'io capace di proporre un'idea che potesse essere sviluppata in seguito, invece di profondere preventivamente tutte le energie in un'opera da subito compiuta per spedirla poi, speranzosamente, all'attenzione di qualche publisher.

Ed è così che mi è venuto in mente il "Romanzo dinamico" che, partendo dall'idea degli ipertesti e dall'HTML su cui si basa internet fin dagli albori, potesse costituire con un libro tradizionale un percorso narrativo quantomai vario e non necessariamente sequenziale. L'idea, insomma, sarebbe quella di suddividere la narrazione in un certo numero di capitoli in cui al termine di ciascuno si farebbe esplicito invito al lettore di proseguire a sua discrezione col successivo oppure, in alternativa, di saltare ad un altro esplicitamente indicato.

L'abilità dello scrivente dovrebbe essere tale da consentire enne possibili svolgimenti suddivisi per quadri equipollenti in grado di reggersi con coerenza, ma portando suggestivamente a percorrere un diverso itinerario di lettura e quindi a costituire realmente quella sorta di romanzo dinamico che il titolo lascerebbe intuire. Non sono sicuro dell'estrema originalità di questa mia pensata estemporanea. Però nel dubbio la formalizzo esplicitamente vincolandola ad una sorta di copyright avendone parlato pubblicamente su questo blog. Poi magari in futuro mi riserverò di darle reale concretezza impiegando così un po' di quel tempo che, nel procedere dell'età, potrei finir di considerare poco piacevole rimpiangendo continuamente le occasioni perdute.

lunedì 18 aprile 2016

La decima lettera

Roseto 19 giugno 2006 13:43

Maria Luisa amore mio,
come tante cose che hanno una fine, anche queste lettere si stanno esaurendo. Sentirò la nostalgia di questo momento che mi ritagliavo tutto per me e che passavo qui su questo tavolino mettendo i miei pensieri in comunione coi tuoi. Ieri sera sono asceso a Monte Pagano, come già sai, e ti avevo promesso di scrivertene un poco. Mentre terminavo la cena pregustavo il momento in cui avrei indossato calzini e scarpe più adatte e mi sarei messo in cammino.

Con circospezione sono uscito dall'albergo ed attraverso le vie interne ho raggiunto la via che porta a Colle Patito. Sono passato sotto la ferrovia. Un nuovo sottopassaggio che hanno prontamente imbrattato con la scritta: "Io e te tre metri sopra il cielo". Andrea quando l'ha letta di ritorno da messa voleva cambiarla in : "Io e te tre metri e quaranta sotto il treno" visto che è quella l'altezza indicata per i veicoli in transito. Non ho potuto fare a meno di ridere per la sua arguzia e l'avrei forse aiutato, se il mio senso civico non me l'avesse impedito.

Arrivato sul limtare del paese, proprio dove comincia questo sentiero di ciotoli cementati, ti ho spedito un SMS che annunciava la mia ascesa e la volontà di chiamarti appena raggiunto un comodo spiazzo. Siamo in giugno e quindi le giornate più lunghe rispetto ad agosto mi hanno consentito di scorgere meglio il paesaggio circostante.

Il colle è abbastanza desolato. Il sentiero non è costeggiato da alberi e quindi chi volesse salirvi in pieno giorno sarebbe costretto ad una martoriante arrampicata con rischio d'insolazione. Ma la sera è per me qualcosa di alquanto piacevole. Mentre sali ed i tuoi pori emettono sudore ed il battito del cuore si fa più intenso, osservi le minuscole biche di montaliana memoria che sono disseminate lungo il cammino e tutte prese dalla loro fervida attività non si curano del viandante che rischia di pestarle.

Ogni tanto incrocio qualche lumaca senza guscio che se ne va a zonzo senza meta o semplicemente vuole arrivare dall'altra parte del sentiero. A tratti mi volto e vedo le case diventare piccine. C'è ancora troppa luce e quindi manca la magia delle luci notturne che conferiscono al paesaggio un look da presepe. Salendo fiancheggio un campo di frumento o forse d'orzo. Poi osservo meglio la spiga e son convinto che si tratti proprio di frumento. Avrei voglia di afferrare la spiga, ma in quel tratto uscire dal sentiero non è così agevole e quindi desisto. Penso al contadino che non avrebbe piacere che io defraudi le sue messi.

La stradina si fa spesso stretta e sommersa dalle numerose erbacce. Avrebbe proprio bisogno di una ripulita. Ogni dieci metri circa ci sono torrette che dovrebbero contenere lampade per illuminare il percorso di notte. Molte sono danneggiate, alcune hanno fili esposti. Gentaglia! Non ha altro di meglio da fare che devastare la cosa pubblica e non credo proprio per creare un clima di eventuale privacy per coppiette. Gli amanti all'acqua di rose non scelgono erte impervie per le loro coccole. Sicuramente lavoro di annoiati ragazzacci che amano veder spegnere quei fari nella notte abbattuti sotto i colpi di qualche loro sciagurata sassaiola.

Arrivo quasi in vetta a Colle Patito. Ne scorgo la croce in metallo attorniata da alcune antenne di media od operatori telefonici. Calpesto le erbacce dintorno ad una colonna e con breve balzo poso i miei glutei su di essa. Ti chiamo e per oltre mezz'ora abbiamo una piacevole conversazione, come sempre, interrotta soltanto da una momentanea caduta di linea. Ci congediamo e riprendo la salita. Scorgo quasi subito un'altra panchina dove potevo stare più comodo. E' vicino ad un'abitazione, ma in questo momento mi pare disabitata. La nostra intimità non ne sarebbe stata compromessa.

Il sentiero termina e si congiunge con una stradina asfaltata che porta, via cimitero, al paese di Monte Pagano. Sta facendo buio e fiancheggio una siepe ben curata. Alcune lucciole mi accompagnano. Avrei voglia di catturarne una. Ci provo. Poi penso che hanno il diritto alla loro libertà e lascio perdere. Piccoli esserini in amore. Chissà se anch'io emano un'aura visibile?

In breve raggiungo il cimitero dislocato sotto il paese. La fantasia corre ed immagino d'imbattermi, fra i cespugli, in un cadavere. In tal caso avrei prontamente chiamato il 112 e fatto il mio dovere di cittadino. Raggiungo l'abitato nella cosidetta zona del "Belvedere". Da lì infatti si gode una magnifica vista su Roseto. Attraverso le strette vie che portano alla piazza centrale dove troverò un bar e potrò ristorarmi con una bevanda.

Le case sono in mattoni tipici del posto. Non rossastri, ma color sabbia, simil tufo. Per terra scorgo dapprima disordinati petali poi altri disposti più regolarmente a forma di croce. Ne trovo ogni dove e non so spiegarmi il motivo. Poi chiedo al barista che si dichiara, mestamente, cristiano poco praticante e dice che c'è stata la processione del Corpus Domini. Ne convengo: è quello sicuramente il motivo.

Mi siedo un attimo sui tavolini di plastica all'aperto, sorseggiando l'acqua tonica e mentre rumorosi mocciosi giocano a fianco con i loro moderni cellulari, io col mio antidiluviano ti mando un breve SMS che testimonia il tragitto fin lì fatto. Ritorno nel bar per posare il bicchiere, pagato avevo già all'inizio e quindi saluto il solitario barista. Riprendo felice la via del ritorno attraverso quelle deserte calli che tanto mi ricordano il paese natio di mio padre, su in montagna.

Prima di raggiungere nuovamente il Belvedere sento scendere dalle scale di una casa una persona. La scorgo: una signora che mi vede e gentilmente saluta. Contraccambio e proseguo alambiccandomi in qualche pensiero. Avrei potuto scambiare quattro parole, ma la natura timida del mio animo ha fatto scivolar via quella tenue possibilità.

Lasciato il cimitero sono nuovamente lungo la stradina buia. Ogni tanto alzo lo sguardo in cielo e scorgo alcune stelle. Odo alcuni rumori ed un frusciare nel campo di fianco. Sembra un grosso animale, forse un cane, ma non odo nessun latrato. Un fremito mi percorre le viscere e mi stupisco di essere colto da brividi quasi infantili. Penso ad improbabili cinghiali e fiducioso seguito nella recita del rosario che avevo iniziato lasciando il paese.

Arrivato a Colle Patito non mi è difficile imboccare il sentiero, anche se l'illuminazione è scarsa. Penso di aver fatto bene a non insistere che i ragazzi mi seguissero. Loro saranno comodamente sul lungomare in compagnia di Francesca, Eleonora e rispettive madri. Oggi a pranzo scopro che hanno parlato della mia escursione e la madre di Francesca, Angela, mi prega di salire ancora. Vuole venire anche lei.

I nostri figli, vista la fatica che li attende non paion colti d'entusiasmo. Neppure io in verità. E' stato un momento magico per me, in cui mi sei stata dolce compagna, anche in voce, ma soprattutto in pensieri e non muoio dalla voglia di "contaminarlo" con presenze estranee. Vedremo. Sono stato possibilista, così tanto per non essere scortese ed indelicato.

Stamane non è stata una gran bella mattinata. Il sole non si è quasi mai visto. Poi a pranzo qualcosa di meglio senza un vero e proprio sereno. Ora il cielo è tornato a velarsi. Il bagnino dice che comunque non dovrebbe piovere, ma forse la sua è un'affermazione interessata. Ricevo i tuoi SMS con l'entusiasmo per la pasta al forno della mamma ed altri dettagli tecnici sugli esami che si stanno tenendo a scuola.

Nonostante le numerose cacofonie e ripetizioni di termini, presenti in questa lettera, si dovrebbe capire dal periodare che chi ti scrive è un uomo felice ed immensamente grato per quanto la vita gli sta riservando. Tu in questo hai ampio merito. Ti stringo forte al cuore e mi congedo amore mio.
Tuo per sempre, Romano.

lunedì 11 aprile 2016

La quarta lettera

Roseto 13 giugno 2006

Amatissima Maria Luisa,

anche se sento un po' di sopore, torpore o rallentamento metabolico che dir si voglia, sicuramente legato al desinare ed al goccetto di rosso che l'ha accomapagnato, non ho voglia di coricarmi. Mi sono sistemato in terrazza da cui scorgo per ampio tratto il mare a perdita d'occhio. E' di un azzurro carico leggermente sconfinante nel verde smeraldo. Le onde vanno pigramente a morire sull'arena. I lidi sono disertati e pochissime imbarcazioni si possono scorgere all'orizzonte.

Sono sistemato su un tavolino ed odo provenire dal corridoio lamenti di bimbi recalcitranti che le madri vorrebbero coricare per il riposino di entrambi. Uno stato di benessere diffuso ci pervade e di cui più e più volte sono tornato a sottolineare in questi giorni. Ho messo il cellulare in ricarica come non ricordo il tempo per la frequenza. Solitamente passavano mesi fra un attacco e l'altro alla presa di corrente. Come possono repentinamente cambiare le abitudini.

Questi mutamenti sono per me ben accetti. Mi rendo conto che il nostro rapporto costringe anche te a numerosi giochi d'equilibrio per incastrare le numerose incombenze del vivere quotidiano con tempi e modi da ritagliare sulle esigenze di entrambi. Un po' come una gravidanza. Quello che ti cresce dentro costringe a far spazio, a mutar d'abito, d'alimentazione. Cambia l'abitudine al sonno e tante altre cose che non sto qui noiosamente ad elencare. Una nuova vita è esigente. Se la si accoglie, chiede a te tante energie, te le succhia dal di dentro e tu ben volentieri accetti questo impoverimento per far posto ad un altro io. Un altro tu che prende posto su questo suolo, con le sue aspirazioni, desideri e progetti per il domani.

Altra immagine a cui mi piace paragonare l'amore di un uomo e di una donna è una piantina. Debole, bisognosa di cure ed amorevoli attenzioni. Se la si accudisce cresce presto robusta e rigogliosa. Fa bei frutti dai fiori di lì a poco sbocciati. Ma se la si trascura, se ci si distrae, come i pochi vasi del mio appartamento, dopo un po' ingiallisce, le foglie seccano ed i rami presto si spogliano. Il lavoro e la cura come giardiniere dev'essere piacevole, quasi spontaneo. Richiede dedizione costante ed occhio allenato per cogliere in tempo i segni di appassimento. Non bisogna lasciar mancare l'essenziale acqua, né darne troppa altrimenti, come ben sai, marcisce.

Ma l'amore, seppur paragonabile ad un fiore, non è una pianta. E' qualcosa che ha la possibilità di rinascere anche quando inevitabilmente avvizzito o soffocato da preoccupazioni esterne. Mi rendo conto che il discorso potrebbe apparirti alquanto ermentico. Cosa avrà voluto dire Romano in questi passaggi? Tieni bene in mente che sto lasciando libera la penna di scorrere dove vuole maldestramente guidata da una sonnecchiante volontà. Non dare un peso ed un valore assoluto alle mie affermazioni. Accettale così come sono.

Come pensieri sciolti che ti giungono di lontano, ma dolcemente sussurrati da dietro la nuca come se io fossi lì accanto a te. Con la mano che ti solleva mestamente le tue lisce ciocche e con le labbra che dolcemente ti baciano il collo proprio lì dove si congiunge alla spalla. Ti ho stretto fra le braccia troppo poco per sentire la sazietà di quei teneri gesti. Mille carezze ci attendono ancora. Il tuo fisico tonico e possente suscita nel mio il desiderio di un approdo sicuro e foriero di dolci sensazioni.

Credo di lasciarmi andare un po' troppo ad immagini languide, ma siamo anche questo. C'è comunione d'animo, ma sento anche quell'attrazione fisica di cui avevo bisogno per sentirmi davvero investito da un amore totalizzante. Non hai bisogno di ribattere molto. Mi par di vedere i tuoi occhi brillare della medesima luce. Mi dicesti al telefonino che, pur fra mille incombenze, torni presto a rifugiarti nel pensiero di me per trovarne ristoro. Quanta bellezza in tutto questo.

E' naturale sentirsi così e la meraviglia è che questo non ha limite d'età. Il nostro cuore batte come giovinetto pur avendo già spinto avanti molto sangue in tanti giorni felici ed in altri meno lieti. Ma poi, quando ti è concessa la grazia di poter vivere un amore pieno, tutto si trasforma. La sofferenza patita svanisce, le pene che ancora verranno non faranno più paura perché una nuova benedizione ci accompagna. Abbiamo poi l'età per vedere le cose come davvero sono, per non crearci false illusioni e per continuare a camminare coi  piedi per terra 'che non sarebbe giusto, né salutare proseguire con la testa nelle nuvole come immancabilmente in tanti di questi momenti possiamo scoprirci ad incedere.

Ritorno a dire, ancora una volta, costruiamo prima un "noi" forte, lavoriamo per una piena e vera sintonia su cui poggiare l'armonia degli anni futuri che verranno, quanti Dio vorrà concedercene, senza pretesa, non senza l'intelligenza necessaria che non ci porti a sprecarli. A non lasciarci vivere, più che a vivere il nostro tempo. Sicuramente verranno anche questi momenti di "stanca" in ci si lascerà un poco andare e tutti i bei proponimenti iniziali sembreranno ormai decaduti. Uno di noi due, almeno, se ne ricordi e sia stimolo all'altro per riprendere quel cammino interrotto.

Si deve tendere alla meta. Come quando in montagna si punta alla vetta. Ma l'impresa non deve essere troppo ambiziosa e fuori dalla portata. Una volta scelto l'obiettivo da raggiungere perseguiamolo alacremente e di comune accordo. Qualche volta sarà uno a fare l'andatura e l'altro a seguire, in un continuo scambio di ruoli alla testa della marcia. L'importante però è avere questa passione comune per l'ascesa. Senza questa si finisce per maledire la fatica e si rimpiange il tranquillo bassopiano.

Queste immagini alpestri sono forse un contrasto eccessivo per questi luoghi. In realtà anche qui il paesaggio è vario. Non distante si staglia il massiccio del Gran Sasso. Bella questa varietà orografica. La bellezza, quella vera, sta proprio nella diversità e varietà di possibilità, per la vita, per le persone, per le cose.

Eccomi anche oggi giunto in fondo. Poi rileggendo mi accorgerò di aver sciorinato un bel polpettone. Ci può stare anche questo. E' parte del mio carattere. Non sono tutta perfezione, anche se cerco di profondere un costante impegno al miglioramento. Un abbraccio stretto, stretto ed un interminabile bacio senza fiato. Tuo Romano.

giovedì 31 marzo 2016

La prima lettera

A pochi giorni dalla data d'inizio del nostro fidanzamento, nel giugno del 2006 partivo coi ragazzi alla volta del mare per una vacanza prenotata da tempo, ben prima di conoscere Maria Luisa. Quello stacco di due settimane al principio del nostro cammino è stato per me l'occasione propizia per scriverle alcune lettere in modo che potessimo sentirci reciprocamente più vicini. Questa sera ho riletto dopo tanto tempo la prima di queste missive e così, con l'autorizzazione di mia moglie, ho deciso di trascriverla e rendere pubblico il suo contenuto.

Roseto degli Abruzzi, 10.6.2006 17:20

Maria Luisa amore mio,
eccomi qui. Volentieri inizio questo diario di bordo per raccontarti, senza pretese, questo piacevole viaggio. Spero che la calligrafia non sia troppo inclemente in modo da consentirti una lettura scorrevole. Magari per strada cambierò stile più volte, dimostrando così in qualche modo quella poliedricità che sento di avere ;-)) Chi si loda s'imbroda ? Sicuramente! Mi trovo in spiaggia sotto l'ombrellone. Per oggi niente sole. In verità non avrei voglia di prenderne troppo in tutta la vacanza: invecchia la pelle e la mia mi pare già fin troppo raggrinzita. Civetteria di mezza età. E' inutile che meni il can per l'aia e quindi ricomincio dall'inizio. Ieri sera, dopo che ci siamo sentiti al telefono, approfittando del computer acceso dai ragazzi, ti ho voluto mandare la mail con l'elenco delle nostre videocassette. L'ha stilato Andrea ancora tempo fa e poi nei giorni scorsi l'ha aggiornato con gli ultimi titoli. Mi sembrava bello aggiungervi alcune immagini. Alcune di Lourdes, con Sauro e altre sparse di anni passati. Chiude quella che ho scannerizzato dalla fototessera della mia ultima carta d'identità. Quasi un formato poster... Fatto questo, ho raccolto la spazzatura, monnezza come si dice nella capitale, e in pantaloncini e maglietta sono uscito per gettarla. La tenuta semi-vacanziera ancora non si addiceva al fresco clima della sera. Rientrato ti ho dato la buonanotte con l'SMS che sai e poi sono effettivamente crollato. Purtroppo, o per fortuna, l'implacabile sveglia alle 4:50 ha fatto il suo dovere e quindi son dovuto uscire dal letto. Dopo gl'immancabili riti mattutini al bagno, rasatura esclusa, ho destato i ragazzi che non si son dimostrati tanto solleciti ad uscire dal letto. Chiuse le valigie e salutati i pesciolini rossi (per due settimane dovranno digiunare! Ma spero che l'abbondanza di cibo dei giorni scorsi possa essere loro d'aiuto fino al nostro ritorno. Non m'andava di affidarli a nessuno, come invece avevo fatto altre volte. Son rimasti soli anche per Lourdes, ma la durata era inferiore...) siamo usciti di casa. Mi sono accorto di avere ancora attaccato la linguetta con l'indirizzo ed il logo Brevivet e quindi dietro front per lasciarlo a casa: a Roseto non serve sicuramente. Appena caricata la 206, stranamente le valigie e gli altri colli non così abbondanti da oscurarmi la visuale di guida. Visto il garage libero ne ho approfittato per infilarci la Passat. Ho perso l'abitudine e dato che è più ingombrante ho dovuto correggere la manovra più volte. Man mano che la lettera avanza mi rendo conto che la grafia peggiora. Porta pazienza. Spero vivamente che tu possa districarti comunque. Dovresti essere allenata alle varietà dei tuoi studenti, ma come si dice non c'è mai limite al peggio. Passa nel frattempo un vu cumprà che mi propone, pensa, un Rolex e non mi degno neppure di alzare lo sguardo. Ritorniamo al viaggio. Salutato Dio con qualche breve preghiera della tradizione popolare ci dirigiamo verso l'autostrada: sono le 5:50. Andrea sentenzia che il traffico è scorrevole (a dir poco) e sarebbe ideale anche le altre mattine per andare al lavoro. (Penso fra me che con queste mie avrai materiale in abbondanza per un'analisi grafologica...) Il sole sta per fare capolino dai monti. E' comunque già chiaro da un pezzo. Via in direzione di Verona dove poi imboccheremo la Brennero Modena, la Milano Roma ed infine l'Ancona Bari. Mentre i ragazzi sonnecchiano mi lascio cullare da qualche dolce pensiero di me e di te. Di come la vita abbia ormai preso una piega diversa e sembri tutta in discesa, senza per questo sottovalutare le immancabili difficoltà che potranno presentarsi sul nostro cammino. Ma la vita è così e va affrontata, come già ti dicevo, un passo dopo l'altro, guardando bene però dove si va. Ci tenevo ad attraversare Bologna prima delle 8 per evitare il grosso del traffico. Verso le 7:30 siamo nei pressi di Borgo Panigale. Neanche il tempo di gioire un poco che le immancabili segnalazioni stradali annunciano code fino a San Lazzaro. Subiamo qualche rallentamento ed in alcuni momenti un vero e proprio fermo, ma poi si riparte. Andrea già da un po' aveva detto di aver fame. L'ho pregato di pazientare almeno fin dopo Bologna e così al secondo Autogrill ci siamo fermati per la ben nota "sosta idraulica". Data l'ora era preso d'assaltro ed Alessandra ha dovuto subire una coda alla toilette maggiore della mia. Andrea non ne aveva bisogno. Con sorpresa ho notato disperate signore farsi largo nel nostro bagno. Colte da disperazione? Dopo una non breve coda alla cassa, abbiamo cominciato a "nuotare" per farci servire i cappuccini. In quella calca è stato bello vedere che comunque tutti riuscivamo a mantenere la pazienza, ma quello che più conta a non rovesciarci addosso la colazione l'un l'altro. Saliti in macchina con in corpo una certa dose di caffeina come coadiuvante per una guida vigile ed attenta attraversavamo man mano i vari paesi della riviera adriatica. I ragazzi ormai ben desti, ma soprattutto Alessandra, cominciavano a diventare un po' troppo chiassosi e onde evitare pericolose distrazioni per la guida ho voluto infilare prontamente nel lettore CD dell'auto le Quattro stagioni di Vivaldi che hanno subito infuso rilassatezze e placato ogni velleità d'insubordinazione. Sto realizzando che con questo fluire di getto di parole, pensieri e riflessioni, non sempre lucide, rischio di costringerti ad un improbo esercizio di lettura, senza sapere ancora come te la cavi con le mie "volute" d'inchiostro (piccola licenza poetica (?)). Come già detto al telefonino, abbiamo subito qualche altro rallentamento in vista dell'arrivo, ma poi la tanto agognata indicazione di Roseto ci ha fatto capire che non avremmo tardato per il pranzo. Al casello ho voluto di proposito imboccare quello automatizzato. Ci ho dovuto litigare un po'. Prima vi ho infilato 20 € che mi ha sollecitamente restituito perché inaccettabili secondo lui: che schizzinoso! Allora ho sfilato la carta di credito ed ho provato con quella. Dopo un paio d'infruttuosi tentativi ho trovato finalmente la sequenza e la bocchetta giusta ed abbiamo disbrigato l'uscita prima che qualcuno dietro di noi si spazientisse. Comincio ad avere le dita indolenzite. Ho scritto di getto e sono quasi in zona Cesarini. Ho tentato di prender sonno subito nel pomeriggio, ma probabilmente per la troppa stanchezza non ci sono riuscito. Eppoi sono rientrati in stanza i ragazzi che tutti eccitati volevano scendere in spiaggia e quindi ho dovuto assisterli con il necessaire... Poi devo essere comunque caduto nell'oblio ed avrei anche tirato dritto, ma non volevo arrivare all'ora di cena e quindi sono sceso in spiaggia da dove ti sto parlando. Andrea ed Alessandra, ormai stufi, sono saliti nuovamente in stanza. La giornata è ancora piacevole, ma l'aria fresca porta ancora la memoria delle fredde giornate scorse, come mi ha detto il bagnino Giacomo, influenzato. Piccola pausa prima dei saluti finali. Che poi non si capisce se sono arrivato fin qui per non lasciare spazi bianchi oppure non sono andato avanti per penuria degli stessi.
Perdona la prolissità. Un abbraccio stretto. Baci, tuo Romano

lunedì 28 marzo 2016

Tutto scorre

Tutto scorre. Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume. Panta rei.

Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.

Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
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Tic tac.
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Tic tac.
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Tic tac.
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Tic tac.
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Tic tac.
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Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.

Minuti talvolta uguali, così lunghi che paion ore. Minuti troppo corti che valgon meno di secondi.

Una goccia cade dalla gronda. Allungo la mano. Inumidisco le dita e lavo via lo sporco che m'è rimasto addosso levando l'ombrello dall'auto.

Un caffé macchiato. Verso lentamente lo zucchero di canna. Resta per un po' in sospensione sulla cima della schiuma bianca. Intanto la barista lucida per bene la macchina dell'espresso. Senza macchia e senza paura.

Sapor di torrefazione in bocca. Un brivido lungo la schiena. Un'eco lontana di cannoni all'assalto. Scricchiolii d'ossa. Colpi di sciabola sguainata a fendere l'aria. Un battito di zoccoli sul selciato.

Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.

Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
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Clop clop.
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Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.
Clop clop.

Un altro minuto è passato.


sabato 26 marzo 2016

Una singola nota

Anche se in un certo periodo della mia vita ho preso parte a più riprese come componente di un gruppo corale, in realtà non ho mai avuto una particolare attitudine per il canto e la musica in generale. C'è bisogno di andare indietro nel tempo di alcuni decenni per risalire al momento in cui ho appreso che il volume di un suono può essere sostanzialmente suddiviso in quattro parti: attack, decay, sustain e release così come raffigurato nell'immagine che accompagna il post.

Ieri sera, assieme alla consorte, ho partecipato alla celebrazione del venerdì santo in parrocchia dove i giovani e gli adolescenti avevano preparato per noi una singolare via crucis costituita da vari spunti di meditazione lungo il percorso virtuale delle varie stazioni. Ed appunto in uno di questi momenti si diceva che se non ci fosse la nota, neppure ci sarebbe la sinfonia, se non ci fosse la goccia non ci sarebbe l'oceano.

Son frasi che, magari in altra forma, abbiamo già sentito tutti almeno una volta. Ci vien difficile lasciarci paragonare ad un minuscolo agglomerato di molecole d'acqua, ma se ci pensiamo bene, cosa sono cent'anni della nostra vita rapportati agli oltre quindici miliardi di anni di età dell'universo? Cosa siamo noi se non insignificante pulviscolo disperso in un angolo dello spazio sterminato fra una galassia e l'altra?

Questa consapevolezza dovrebbe ridimensionare non poco i nostri sogni di gloria che possono apparire ben poca cosa da un altro punto di osservazione.

La nostra vita, tutto sommato, non fa altro che assumere l'andamento del grafico mostrato nell'immagine d'esordio. Abbiamo un'ascesa, rapida, progressiva, ma poi è tutto un lungo decadimento. Quando finalmente abbiamo imparato a vivere, sembra che il tempo non ci basti mai e che ne resti davvero troppo poco per realizzare ciò che la nostra fervida immaginazione ci fa sognare ad occhi aperti.

sabato 5 marzo 2016

Il debito da pagare

Devo fissare nero su bianco alcuni avvenimenti recenti prima che il ricordo sbiadisca presto come la neve di marzo che è scesa ad imbiancare le cime qua attorno. Un paio di settimane fa, vista la bella giornata, sono uscito con Maria Luisa per una passeggiata lungo la pista ciclabile che fiancheggia il fiume Mella. Avevamo fatto il proposito già da diverso tempo, ma vuoi per le condizioni meteo, vuoi per le circostanze che non si erano mai presentate favorevoli, avevamo sempre dovuto rimandare.

Camminare nelle ore pomeridiane è una delle cose che mi piacciono di più in assoluto. Farlo in compagnia di chi si ama aggiunge un surplus di gradevolezza a cui nient'altro potrebbe dare maggiore compiutezza. Eppoi come sottovalutare i benefici di un minimo di attività motoria dopo il lauto pasto domenicale?

Mi guardo attorno. Butto l'occhio sui bronchi ancora spogli delle varie piante che un po' selvaggiamente costellano quella pista frequentata assiduamente da avventori di ogni tipo. C'è chi scorrazza in bicicletta, chi di corsa attillato di tutto punto e chi, come noi, porta svogliatamente a spasso le gambe. Lo scorso anno mi ero meravigliato di vedere dei fichi e poi anche dei fiori di papavero in una stagione che, se ben ricordo, non era tanto più avanti nel calendario di adesso.

Estraggo il cellulare e comincio a scattare qualche foto lì attorno. Catturo anche il volto della consorte, ma il sole ancora basso all'orizzonte le fa strabuzzare gli occhi e non riesce a posare con quel viso ben disteso che spesso riesco ad immortalare in tante pose più spontanee. Mi viene in mente un gruppo di zona che frequento su Facebook ed allora decido di uscire dalla pista sterrata per fare qualche foto al fiume che scorre tranquillo lì di fianco e dove alcuni gabbiani in amore svolazzano e nuotano in cerca d'intesa.

Mi avvicino con attenzione facendomi largo fra gli sterpi e la rada boscaglia. Subito mi accorgo dell'insolito chiarore di queste acque che non stanno risentendo per nulla dell'attività industriale settimanale su nella valle. Non credo che ciò sia dovuto ad una maggiore sensibilità ecologica, ma piuttosto ad acqua di disgelo delle nevi che finalmente dopo un lungo inverno siccitoso hanno imbiancato i rilievi maggiori del nostro arco prealpino.

Arrivati al paese di Collebeato sostiamo seduti su una panchina comunale volgendo le spalle al sole che gradevolmente ce le tiene riscaldate. Questa passeggiata avrebbe anche l'obiettivo di far visita ad un amico che soggiorna presso la RSA locale. Provo a chiamarlo per sentire se è in grado di accoglierci e l'inequivocabile messaggio di cellulare spento o non raggiungibile mi fa ben sperare perché forse sta ancora terminando il riposino post prandiale.

Maria Luisa intanto ne approfitta per sentire al telefono la madre che si è levata dal letto un po' prima dell' amico che abbiamo in animo di visitare. Nella breve conversazione fra madre e figlia, dove ognuna relaziona l'altra riguardo alle ultime vicende e dove soprattutto la moglie cerca di descrivere le precedenti cose belle viste lungo il percorso, riesco a scattare un'altra fotografia e a chattare un po' con alcuni amici che hanno visto sul social network le foto che ho recentemente postato.

Chiamo nuovamente. Ora lo sento squillare. Attendo con pazienza perché magari la persona è in bagno oppure in difficoltà a raggiungere il telefono. Mi risponde una voce di donna, l'infermiera, che si giustifica subito dicendo che è stato il proprietario a chiederle di rispondere perché lui è ancora impegnato in una medicazione. Le dico allora di riferire che siamo nei paraggi e che, se lo desidera, Maria Luisa e Romano possono passare dentro a dargli un saluto. L'assenso è immediato.

In meno di cinque minuti varchiamo la soglia della casa di riposo che non avevo mai visitato in precedenza, ma di cui sapevo benissimo l'ubicazione per esserci passato davanti tante volte. In portineria c'è una suora che alla richiesta del nominativo della persona da visitare ci fornisce precise indicazioni indirizzandoci al piano superiore. Salita la breve rampa di scale e svoltato l'angolo all'inizio di un lungo corridoio, scorgiamo poco lontano la sagoma del nostro amato don Angelo che conversa in piedi con un'altra ospite della struttura in sedia a rotelle.

Ci invita ad entrare nella sua stanza proprio lì accanto. L'ambiente è luminoso e ben arredato, meglio di altre strutture che avevamo visitato di recente per circostanze su cui adesso preferisco sorvolare. Ci fa accomodare e così iniziamo a chiacchierare affabilmente. Il parroco della mia gioventù m'informa che di lì a poco dovrà arrivare in visita un confratello. Intanto comunque c'è modo di fargli qualche complimento per uno stato di salute che pare buono e a cui crede perché non siamo i primi a dirglielo. Chiedo se per caso è dovuto alla cucina, ma subito puntualizza che dove si trovava prima era anche meglio. Ipotizzo allora che ciò sia dovuto ad un desinare più essenziale. Indica verso la finestra e dice che lì c'è un barattolo di ciccioli e son forse quelli a conferirgli un bell'aspetto. Annuisco. Può essere che un po' di frittura di maiale sortisca miracolose proprietà terapeutiche.

Dopo un altro po' di affabile conversazione in ricordo della sorella Teresa e di Claudia recentemente scomparsa, giunge in visita il preannunciato confratello al seguito di un giovane ragazzo. Mi alzo di scatto dalla seggiola pronunciando la nota frase "Ubi maior minor cessat" con l'intenzione di congedarci per lasciar spazio ai nuovi ospiti. Però non ce ne andiamo prima di aver scambiato qualche parola tutti assieme e solo dopo aver ribadito ancora una volta il bell'aspetto di don Angelo.

E così, dopo questa breve, ma intensa visita, riprendiamo il nostro cammino verso casa. Nelle future passeggiate torneremo ancora a far visita all'amico don Angelo, non come un debito da pagare, ma come un piacevole intermezzo dopo aver effettuato il giro di boa a metà del nostro percorso.

sabato 13 febbraio 2016

Sentire il profumo di Dio

Ecco il testo dell'omelia domenicale scritta dal nostro parroco e pubblicata oggi in anteprima su Facebook.

«Questa 1^ domenica di quaresima le due immagini sono: L’OLFATTO E LA FEDE.

* L’OLFATTO. L’espressione "avere naso" significa avere una buona capacità di giudizio, essere in gamba nel saper scegliere, saper riconoscere le cose positive per sceglierle e le negative per rifiutarle.
- in questa domenica, Gesù si presenta come colui che ha "un buon naso", è in gamba nel saper cogliere dove sta il bene, sa riconoscerlo, è abile a dire di No alle cose negative, al male e dire di SI al bene, all’amore di Dio suo papà.
- anche noi in questa prima settimana siamo chiamati ad essere adulti, giovani, adolescenti, ragazzi con la saggezza di "un buon naso", riconoscere il bene e compierlo, riconoscere il male e rifiutarlo. Gesù ci aiuta in tutto questo

La lettura di questa riflessione ha suscitato in me questi commenti.

È forse uno dei rari casi in cui l'olfatto conta nel processo spirituale di avvicinamento a Dio. Lo vorremmo vedere, lo ascoltiamo nella lettura della Parola, lo vorremmo toccare come San Tommaso, lo gustiamo tutte le volte che ci accostiamo all'Eucaristia, ma difficilmente abbiamo naso per Dio. Salga la nostra preghiera come incenso. Impariamo a sviluppare l'olfatto e a sentire il soave odore del profumo di Dio. Avere naso per il bene è in certo qual modo fiuto per una divina fragranza.

Il fatto che siamo poco abituati a questo tipo di sensorialità nei confronti di Dio potrebbe essere confermato anche da un impulso al riso che ci può venire affrontando questo argomento. Ma non raccontano i veggenti di un meraviglioso profumo di rose che accompagnava le apparizioni mariane? L'apertura della tomba di San Domenico a Bologna non sprigionò un intenso profumo per diversi giorni come raccontano le cronache del tempo?

La prossima volta che sentiamo un buon odore in luogo deserto ed isolato apriamo bene le nostre nari e lasciamoci avvolgere dal profumo di Dio. Che a ben pensare è da sempre tutto intorno a noi nella creazione che si perpetua ad ogni fiore che germoglia e sboccia.

sabato 9 gennaio 2016

Il mondo che conoscevamo

Nel mondo che conoscevamo ci veniva domandato fin dalla più tenera età che cosa ci sarebbe piaciuto diventare da grandi. Nel corso degli anni mutavamo la scelta del nostro destino con naturale disinvoltura adeguandola ai desideri ed alle aspirazioni del momento lasciandoci di volta in volta influenzare da ciò che l'esperienza e la nostra sensibilità ci portavano ad apprezzare maggiormente.

Effettuavamo la scelta del percorso di studi, tenendo sì conto delle nostre inclinazioni naturali, ma soprattutto considerando la professione che avremmo voluto svolgere un domani. Ci fidanzavamo pensando al matrimonio come sbocco naturale del nostro percorso di coppia e verificavamo ogni giorno la bontà della nostra scelta valutando l'armonia e la conseguente felicità che nasceva nel rapporto di relazione con un'altra persona.

Entrati nel mondo del lavoro, scoprivamo ora la possibilità di dare concretezza ai nostri desideri e facevamo progetti, ormai non più a lunga scadenza, per trovare casa e convolare a nozze. Una volta costituita la nuova famiglia, pensavamo a darle maggiore sostanza auspicando l'arrivo di nuovi giovani componenti. I figli venivano accolti con aura di mistero di cui noi potevamo essere soltanto tramite per una perpetuazione i cui fini ultimi restavano sconosciuti pur potendone comprendere appieno tutti gli aspetti biologici.

Poi il mondo che conoscevamo all'improvviso è sparito. Non c'interessa più chiedere ai più piccoli cosa vorranno fare da grandi perché ormai è diventato tutto più complicato. Non si studia più per diventare un domani ciò che avevamo desiderato in precedenza di diventare. Le scelte, ma soprattutto i consigli, sono dettati dalla possibilità di trovare più facilmente un lavoro, qualunque esso sia, indipendentemente dalle caratteristiche ed inclinazioni spontanee di chi si approccia ad entrare nel mondo degli adulti.

Fidanzamento è ormai una parola desueta. Prevalentemente si sta insieme, ma senza che questo sia necessariamente finalizzato ad un'unione nel senso tradizionale del termine. Si ha la chiara coscienza che l'amore è eterno finché dura - ammesso e non concesso che di amore realmente si tratti - ed in questo clima d'incertezza generale e, nello specifico, del sentimento provato, la genitorialità viene vissuta piuttosto come incidente di percorso anziché come scelta consapevole del nostro personale contributo alla vita.

venerdì 1 gennaio 2016

Una pazienza infinita

Lo so benissimo che quello che sto per scrivere potrebbe suscitare la disapprovazione dei miei lettori più anziani, ammesso e non concesso che io ne abbia di così attempati. Pur non di meno mi concederò il lusso di una confidenza un poco impertinente in questa pigra giornata di capodanno.

La considerazione nasce spontanea come risultanza di una serie di riflessioni che sono affiorate alla mente avendo a che fare con diverse persone anziane. Quello che prima era solo un insieme disordinato di pensieri, ha trovato ieri un ordinamento naturale durante la partecipazione al rito funebre di un caro amico di famiglia di mia moglie.

In realtà bisognerebbe essere sempre in grado di esercitare una pazienza infinita con ogni persona della generazione precedente. La qual cosa, oltre che essere un atto dovuto, è pure un caloroso invito della sacra scrittura, nonché un altro modo di veder coniugato il quarto comandamento.

E' innegabile che la vita media si sia allungata di molto e questo lo sperimentiamo quotidianamente potendo godere di una maggiore longevità dei nostri cari. Eppure, giorno dopo giorno, siamo costantemente impegnati a tenere alto il morale di chi ormai nell'età è proceduto di molto fino al punto quasi da non ricordare con precisione il computo totale dei propri anni.

Le abilità individuali degli anziani sono quantomai varie e non a tutti è concesso di godere di una vita serena ed attiva come nei decenni precedenti. Però, proprio a motivo di una maggiore longevità, si dovrebbe riuscire a trovare il modo di dare a quest'esistenza ancora una qualche forma di contributo attivo che non sia invece solo passiva rassegnazione in attesa del giorno fatale. Che poi tanto agognato non è perché quasi mai nessuno sembra invocarlo convintamente, se non proprio chi sia gravato da una malattia esacerbante che lo spinga a proferire auspicio di un anticipato congedo.

Se posso esprimere un desiderio, e come primo giorno dell'anno mi si potrebbe anche concedere, vorrei arrivare in là negli anni con immutata consapevolezza riguardo all'inarrestabile declino fisico del proprio corpo e delle proprie capacità. Se la genetica potrà assistermi e farmi dono di un avvenire ancora lungo, vorrei svegliarmi al mattino sempre grato per la luce di un nuovo giorno, dimenticando gli acciacchi ed i dolori dell'età di cui già oggi colgo i primi segni e che andando avanti - suppongo - si faranno ancora più insistenti. Vorrei coricarmi la sera desideroso di un meritato riposo, ma contento delle possibilità che mi sono state offerte nelle ore precedenti.

Se le mie inabilità saranno tali da necessitare delle amorevoli cure di qualcuno, vorrei che un congiunto non abbia a rattristarsi per questo e che il suo "sporcarsi le mani" non sia visto come tale, ma come un atto d'amore. Per tale gesto vorrei poter godere di sufficiente lucidità così da esprimere gratitudine con sincero affetto. E se la nebbia dell'età avrà invece offuscato la capacità d'intendere, chiedo che una dose di pazienza aggiuntiva permetta ancora di riconoscere in me la dignità dell'essere.

Quell'essere che nasce eguale e che la vita distingue un po', ma che poi torna ad essere uguale nell'ultimo giorno.