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martedì 28 dicembre 2021

La chiave del successo

 


Ieri sera ho terminato di leggere "L'amico fedele" di Sigrid Nunez. Ne avevo riportato un brevissimo stralcio nel post del mese scorso. In un capoverso l'autrice dice che ormai siamo un po' tutti scrittori ed è forse questo il motivo, a mio giudizio, che ci impedisce di imbatterci in qualcosa che abbia un certo spessore. I social ci hanno abituato, chi più, chi meno, a stendere brevi pensierini e tuttavia non è raro riuscire ad individuare qualche perla di saggezza che vale il tempo che dedichiamo alla lettura.

Mi sembrava di aver preso un certo slancio e di riuscire parimenti a stendere un capoverso in scioltezza, quando Maria Luisa ha rotto l'incanto. E' venuta a posare uno dei suoi libri di scuola dicendo che per la casa si sta diffondendo un buon profumo. Me lo ha regalato lei l'altro giorno e dopo le abluzioni mattutine mi piace spruzzarmelo in abbondanza. Così, anche solo restando in casa, senza dover seminare scie luminose all'aperto come diceva il Rettore attraversando i corridoi del collegio quando era il giorno in cui la maggior parte di noi si dedicava all'igiene personale.

Vecchia abitudine questa di concentrare i lavaggi nel fine settimana. Pratica che certamene risale al tempo in cui non vi erano grandi comodità e l'acqua calda non abbondava nelle nostre case.  Si doveva mettere a scaldare in grossi pentoloni sopra la stufa e poi le madri ci immergevano nella vaschetta - a noi piccini bastava quella - per un doveroso intervento di pulizia generale che negli altri giorni era soltanto un abbozzo. Ci si contentava di una sciacquatina agli occhi. Le nonne ci raccontavano che prima dovevano però fare un buchetto picchiettando con le dita sul sottile strato di ghiaccio che si era formato nel secchio dell'acqua per poterne versare un po' nel catino.

Altri tempi in cui certamente non si badava troppo al decoro e non era neppure troppo disdicevole svuotare il pitale direttamente dalla finestra del piano superiore per riversarlo in strada avendo però prima controllato velocemente che nessuno stesse per sopraggiungere. Altre volte si faceva la spola fin giù alla latrina cercando di non versare per le scale il traboccante vaso che i genitori ci facevano svuotare anche se a riempirlo erano stati loro.

Non avevo di certo intenzione, nel momento in cui mi sono approcciato a questo componimento, di descrivere cose che ormai si perdono nella memoria e che sono legate a funzioni corporali. E' successo e l'ho lasciato scorre così, libero di uscire da qualche anfratto della mia testa per andare lontano dopo aver ravvivato un attimo con qualche inusitata figura le anse di questi capoversi.

In realtà, mentre ancora mi stavo radendo, mi era venuta voglia di accennare a quando durante la scuola media mi era capitato di stendere un racconto ambientato in un tetro castello scozzese. Non vi era nulla di premeditato. Man mano che aggiungevo una riga, subito sapevo cosa scrivere nella successiva anche se ancora non avrei saputo dire cosa sarebbe apparso in quella più avanti. Questa cosa era stata tollerata dalla professoressa di lettere che mi permetteva di proseguire in questa sorta di delirio letterario. Alcuni compagni erano evidentemente rimasti positivamente impressionati da queste storie tanto che uno di loro decise di farne menzione alla professoressa di matematica la quale si soffermò per un lungo attimo a leggere senza preoccuparsi troppo della propria lezione.

Alla fine della sua lettura solitaria, con mia grande sorpresa l'insegnante di matematica mi chiese se leggessi Topolino. Annuii con decisione dicendo che lo avevo comperato tutte le settimane per alcuni anni. Alla professoressa era parso che il mio racconto fosse stato copiato da quel fumetto. Come assiduo lettore non riuscivo a ricordare il benché minimo episodio che potesse fare in qualche modo il paio a quanto da me raccontato. Ci rimasi un po' male. La mia delusione mi portò ad interrompere quella pratica e lasciai perdere. Avevo iniziato per piacere. Rileggevo quanto scritto ad alcuni compagni di classe e pure loro trovavano divertenti gli sbocchi fantasiosi in cui li avevo portati. Non c'era alcun intendo d'inganno.

Non avevo sicuramente la vocazione dello scrittore. Altrimenti avrei di certo proseguito su quella strada nonostante l'esplicita accusa di plagio che mi fece però pensare che il racconto alla prof fosse piaciuto e non le sembrava vero di non essere più lei al centro dell'attenzione. Come quando ci raccontava che da studentessa tiravano matto uno dei suoi insegnanti appendendo delle chiavi ad un filo fatto di capelli biondi steso fra un banco e l'altro che dalla cattedra non si riusciva a vedere.

Mi piace scrivere qualcosa ogni tanto, ma raramente mi sono cimentato in un post totalmente di fantasia. Anche quando l'ho volutamente fatto, ho cercato di dare un senso, di far emergere un significato che andasse ben al di là delle immagini suscitate dalle mie parole. Magari è parso interessante soltanto a me. E va bene così perché sono ben convinto che il primo lettore di me stesso sono proprio io. Verrà il giorno in cui, quasi un monito manzoniano, non avrò più molto da dire e forse neppure da ricordare e questi scritti resteranno lì a tentar di far nascere qualche buon ricordo, a strapparmi uno sdentato sorriso per poter confessare a me stesso che ho vissuto. Anche se a me per lo più è sembrato di averci girato intorno e di non essere mai riuscito ad essere veramente incisivo.

 

venerdì 24 dicembre 2021

Al bivio

 

Avevo pensato che il post precedente potesse risultare l'ultimo da me pubblicato su questo blog dopo quasi sedici anni, per così dire, di onorato servizio. Nell'ultimo periodo mi è sembrato di essermi distaccato molto dal proclama fatto all'inizio e che campeggia in chiara evidenza a fianco del nome che volli attribuire a questo spazio.

Pubblicare il pensiero di una piccola anima, anche quello più intimo, è certamente ambizioso oltre che fortemente rischioso. Si lasciano lì nel web, alla mercé di chiunque, le proprie riflessioni e purtroppo non ci sono soltanto occasionali lettori che talvolta si soffermano e con curiosa attenzione riescono ad arrivare fino in fondo all'ultimo capoverso (Qualche volta però è capitato ed alcuni commenti che ho approvato per la pubblicazione son lì a darne testimonianza).

In questi giorni mi son sentito come di fronte ad un bivio, dove si decide di rallentare per un attimo il cammino onde mettere meglio a fuoco quale direzione prendere. Non proprio come quegli automobilisti in cui talvolta ci imbattiamo che presi da panico si fermano esattamente nel mezzo non sapendo se proseguire a destra oppure a sinistra del proprio senso di marcia.

Ho già riportato in un altro post che mi sono preso l'impegno di essere presente su queste pagine con almeno un contributo mensile. Se non riuscissi a tener fede a questo proposito, ne sono abbastanza certo, vorrebbe dire che sono arrivato al termine di questa per me bella esperienza. Ma non è stato così. Ancora una volta m'è venuta la voglia di tamburellare le dita su una tastiera per provare a mettere in fila alcune mie riflessioni.

E' molto probabile che anche tanti articoli precedenti siano qualcosa di intimo e personale senza che possano prestare troppo il fianco ad attacchi malevoli, né rappresentare una vulnerabilità esposta alla minaccia di qualche malintenzionato. In ogni caso, ancora una volta, accetto il rischio, così come ho fatto tempo addietro con le prime pubblicazioni fra cui si annoverano anche componimenti che risalgono ad anni precedenti la fondazione di questo blog.

L'immagine del bivio mi sembra una metafora adatta per le tante scelte che ogni giorno ci troviamo ad affrontare. Forse, chissà, non è soltanto questione di un semplice dualismo, ma di fronte a noi si staglia un ampio ventaglio di possibilità che rende ardua la decisione da prendere. Poi per un po' si prosegue spediti e senza cambi di direzione, come quando si viaggia in autostrada.

La vita, con la sua ricchezza di situazioni, ci mette continuamente di fronte a delle scelte. Proprio ieri passeggiavo per strada in pausa pranzo, in un momento in cui non sarebbe stato tanto il tempo di andarsene in giro a scattare fotografie da pubblicare compulsivamente sui social. Eppure, sfidando il congelamento delle dita, a più riprese estraevo il cellulare dalla tasca per immortalare questo o quell'addobbo. Assieme a me pochi altri turisti, famiglie con bambini, che sfruttavano il primo giorno di vacanza di scuola con impavida incuranza della temperatura esterna decisamente bassa.

Nei vari andirivieni ad un certo punto mi son quasi trovato in competizione con una signora che stava fotografando i miei stessi soggetti. O forse, al contrario, mi son ritrovato io ad effettuare le sue stesse inquadrature. E così per un attimo ci siamo incrociati ed i miei occhi hanno puntato diritti i suoi ed entrambi per qualche frazione di secondo abbiamo sostenuto il reciproco sguardo.

Mentre mi allontanavo, lasciando cadere all'indietro altre distratte occhiate, non potevo fare a meno di pensare a quello sguardo che per un istante aveva puntato il mio. Anche lei sola, fuori a prendere freddo? Cosa potrebbe impedirmi di proferire un commento, magari prendendo spunto proprio dalla comune attività di ripresa fotografica? Ma non sono in cerca di avventure, anche se il sangue ribolle ogni volta in cui si presenta un sia pur timido accenno di occasione.

Si può essere invitati a cogliere la succosa mela, ad accarezzare l'idea di addentarla a pieni morsi perché ci pare cosa buona e, lo sappiamo, si vive una volta sola ed ogni lasciata è persa. Ma si può anche restare ben saldi di fronte all'occasione che fa l'uomo ladro soltanto se allunga la mano invece di trattenerla ben ferma.

Ci sono promesse che abbiamo fatto un giorno alla donna o all'uomo della nostra vita che reclamano il loro diritto di essere mantenute ed è nostro dovere farlo senza infrangere quella solida promessa di felicità per un attimo di fugace piacere.

domenica 14 novembre 2021

Diario privato

 

 

Le donne del centro venivano incoraggiate ad annotare le attività quotidiane. O, come diceva la mia amica psicologa, a tenere un diario. I diari erano destinati a rimanere privati. Alcune donne erano preoccupate all'idea che qualcuno potesse leggere quello che avevano scritto e lei doveva rassicurarle sul fatto che questo non sarebbe successo. Potevano scrivere qualsiasi cosa volessero, in assoluta libertà, sapendo che nessuno l'avrebbe letta. Nemmeno lei l'avrebbe letta.

A quelle per cui l'inglese era una seconda lingua suggerì di scrivere nella loro lingua madre.
Alcune donne erano abbastanza accorte da nascondere i diari quando non li usavano. Altre li portavano sempre con sé. Certe, invece, insistevano nel distruggere immediatamente, o poco dopo, qualunque cosa avessero scritto. Andava bene lo stesso, le rassicurava lei.

SIGRID NUNEZ
L'AMICO FEDELE
GARZANTI


domenica 24 ottobre 2021

Fragile

 


Si dice FRAGILE ciò che si rompe facilmente, specialmente quando viene urtato. In senso figurato, e riferito a persona, fragile indica chi oppone poca resistenza al dolore fisico, e dunque è delicato o gracile, ma anche chi fatica a far fronte alla sofferenza morale, e quindi è emotivamente debole oppure chi non sa resistere alle tentazioni. Riferito a una teoria o a un’argomentazione, invece, fragile significa inconsistente, che non regge, e la stessa idea di inconsistenza e precarietà la esprime quando è riferito a sentimenti, sensazioni eccetera.

domenica 3 ottobre 2021

Giustizia

 


Se muore una persona cara prima del tempo, parliamo solitamente di grande ingiustizia. È ingiusto che un bambino piccolo perda la madre, il padre oppure entrambi i genitori. Parimenti è ingiusto veder rapito via per sempre un figlio nel fiore dell'età. Ed ancora diciamo che è ingiusto che un terremoto, o altra catastrofe naturale, abbia causato tutte quelle morti. È ingiusto che un virus abbia arrecato tanta sofferenza portando via prematuramente così tante persone. Ma cosa ne sappiamo noi della vera giustizia? Cosa è giusto e cosa non lo è? Quale è il corretto punto di osservazione per riuscire a formulare un verdetto inoppugnabile?

Il dolore che proviamo per la perdita di una persona cara, può aiutarci a discernere meglio se siamo davvero, oppure no, vittime di una grande ingiustizia? Sentiamo dolore anche quando posiamo la mano su un oggetto arroventato, ma in questo caso non possiamo parlare di dolore ingiusto perché esso è una naturale difesa per farci ritirare di scatto l'arto in modo che non ci venga causato un danno maggiore. 

Certamente vi è del dolore ingiusto quando esso è causato dalle azioni di una mente malvagia e distorta che persegue deliberatamente il male credendo di fare invece del bene, per sé o per altri. Ma come riuscire a classificare correttamente una certa azione come malvagia? Può essere sufficiente il criterio di una condivisione ampia che va ben oltre l'opinione del singolo individuo? È il numero di coloro che abbracciano un determinato stile di vita un criterio sufficiente per stabilire che un operato è giusto piuttosto che ingiusto e malvagio? 

In tal caso parrebbe che il criterio di giustizia possa essere legato ad un fattore culturale, insomma relativo, e che non vi possa essere invece un criterio assoluto che valga quindi per tutti.

Assistendo ad una competizione sportiva, una corsa ad esempio, riteniamo che il premio sia stato assegnato con giustizia se tutti erano nelle medesime condizioni di partenza e soltanto l'impegno, l'allenamento, il sacrificio, la costanza hanno permesso al vincitore di primeggiare sugli altri e non l'inganno e la frode.

Così come in un ecosistema, dove la biodiversità è grande e varia, possiamo ritenere che ci sia giustizia se a tutti sono date le medesime possibilità di sopravvivenza, altrettanto in ambito globale possiamo affermare che c'è vera giustizia quando le cose sono in equilibrio e non vi è una parte che prevale a discapito di un'altra. 

Equilibrio ed armonia sono grandi indizi di una giustizia più ampia e assoluta, non particolare, né relativa.

domenica 26 settembre 2021

Complicato


In opposizione a quanto enunciato nel titolo, su Wikipedia, a proposito di KISS possiamo leggere che è un acronimo usato in progettazione, che sta per Keep It Simple, Stupid, ossia "rimani sul semplice, stupido". In riferimento al codice sorgente di un programma significa non occuparsi delle ottimizzazioni fin dall'inizio, ma cercare invece di mantenere uno stile di programmazione semplice e lineare, demandando le ottimizzazioni al compilatore o a successive fasi dello sviluppo.

Altre varianti dello stesso acronimo includono: Keep It Sweet and Simple, Keep It Short and Simple e Keep It Simply Smart.

Richiama in parte il principio filosofico del Rasoio di Occam: A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire.

mercoledì 8 settembre 2021

Felicità

 

La vita è fatta di prove, questo è sicuro, ma se siamo costantemente tristi e infelici seguendo una via, dobbiamo seriamente chiederci se siamo sulla buona strada o no, o se forse non ci stiamo imponendo dei fardelli che Dio non ci chiede.
Jacques Philippe

Anche senza averlo letto da qualche parte, questo dovremmo sentircelo dentro e lasciarci ispirare per un cambiamento. Almeno per quel che attiene a conseguenze legate alle nostre scelte. Poi ci sono infelicità che non dipendono da noi, come ad esempio la perdita di una persona cara su cui abbiamo meno potere. Però in questo caso il tempo può essere di valido aiuto. Altre volte l'infelicità coincide col rimpianto per non aver scelto oppure non aver rifiutato a tempo debito. In quel caso la felicità è difficile da recuperare perché essa è figlia dell'attesa, vive nel presente e gongola di un buon passato.

domenica 29 agosto 2021

Lettera ad un bambino non ancora nato

 

Questo scritto parte da lontano. Inizialmente l'avrei voluto stendere con carta e penna per lasciarlo poi fra le carte che si sarebbero dovute trovare una volta effettuato il passaggio fatale. Il titolo sembra fare un po' il verso ad un noto libro della Fallaci. Il mio intendimento è diverso e vorrebbe, per così dire, sortire l'effetto di aprire un canale comunicativo fra un ipotetico nipote ed un nonno che ormai non c'è più.

Intendiamoci bene, per quel che attiene alle mie attuali conoscenze, non dovrei avere i giorni contati, almeno non in misura così scarsa da temere di non vedere un domani il frutto del grembo dei miei figli. Ma non siamo noi a tirare il filo della nostra esistenza e così, ciò che non si desidera, potrebbe accadere. Sono grandi le schiere dei nati che non hanno avuto il piacere di conoscere tutti i propri nonni.

Eppoi il dono della genitorialità non è riservato a tutti. Non ho la presunzione di ritenere che dare alla luce un nuovo essere sia una cosa scontata e certa in maniera assoluta. Ci sono mille fattori che possono influire sulla possibilità di diventare o meno madre e di conseguenza padre. Beati quelli a cui non è precluso questo grande dono, ma beati anche quelli che hanno reso altrettanto feconda la propria vita pur non avendo messo fisicamente al mondo nessuno.

Se poi le cose andranno come spero, questa lettera avrà poco senso di essere stata scritta perché dovrebbe risultare del tutto superflua avendo la possibilità di comunicare col destinatario. Ma in cuor mio vorrei che ce ne fosse più di uno, senza volermi ora allargare un po' troppo in quelle che possono apparire le mie aspettative di discendenza.

Non ho preferenze. Anche se mi esprimo al maschile, non faccio distinzione di genere, né di preferenza ad esso legata. E' forse retorico dire che se nel mondo avesse prevalso di più l'essere femminile, ora potremmo godere di una situazione migliore su tutti i fronti. Ma chissà, potremmo pure lamentarci di cose che ora neppure sappiamo. Talvolta al peggio non c'è limite, detto tutto questo giusto per non escludere alcuna possibilità perché il fattore umano riserva innegabilmente sorprese in ogni direzione.

Sto menando un po' troppo il cane per l'aia e mi sembra che a fatica arrivo al sodo della questione, al punto cioè in cui si da compimento a ciò che si è voluto sinteticamente esprimere nel titolo. Anche questo palesa un aspetto, una forma caratteriale e quindi può andare ugualmente bene, se l'intendimento è quello di farsi conoscere lasciando in eredità uno scritto che può sopravvivere al disfacimento del nostro corpo. Così che un giorno quel piccolo lo possa tenere fra le proprie mani e scoprire che c'è stato un nonno che ha voluto bene al punto da pensare ad un ponte ideale per instaurare e rafforzare una comunicazione che diversamente poteva essere fatta soltanto dai genitori.

Mi rendo conto che nel paragrafo precedente c'è già tutta l'essenza di quel che si vorrebbe dire a un proprio nipote. "Ti voglio bene" mi pare che sia l'unica cosa da dire, anche a chi ancora non c'è. Poi i nonni, si sa, coniugano questa cosa in molteplici altri gesti che son per lo più bollati dai figli come vizi. Sì, è così e a mio modo di vedere è anche giusto. Come genitore qualche "vizio" ai miei figli penso di averlo dato, ma forse ho imposto loro più obblighi e fardelli, cosa che - son sicuro - non hanno patito dai loro nonni.

E allora, se è questa una ruota che gira, non è forse prossimo il mio turno di combinare qualche "guaio" viziando oltre misura un frugoletto che a suo modo cresce e si fa strada nella vita? Ci saranno poi mamma e papà a compensare le azioni scriteriate dell'anziano genitore che in qualche modo sta attentando alla salute fisica dell'ignaro nipote. No, non sto parlando seriamente. Vorrei solo affermare tra il serio ed il faceto che ci sono ruoli e giochi delle parti differenti ed a ciascuno toccano i propri.

martedì 24 agosto 2021

Umbria

 


Probabilmente ho già raccontato in un vecchio post su questo blog di quando facendo una ricerca sul web sono riuscito a rintracciare Roberto, caro amico conosciuto quasi quarant'anni fa mentre espletavo il servizio di leva. Negli anni passati mia moglie ed io avevamo già avuto modo di incontrarlo la prima volta durante un breve soggiorno ad Assisi e la seconda volta durante una vacanza a Siena che ci ha permesso di ritrovarci a cena a metà strada sulle sponde del lago Trasimeno.

Ogni tanto ci sentiamo anche via telefono, in occasione delle festività più importanti. Da sempre Roberto mi aveva invitato a programmare una vacanza in Umbria con un congruo tempo in modo da consentirgli di farci da guida per ammirare tanti bei posti che non conoscevamo. Anche se in occasione della prima visita avevamo già avuto modo di lasciarci condurre nelle adiacenze di Collazzone, paese dove lui risiede, a suo dire ci restavano un sacco di altri luoghi che avrebbe avuto piacere di mostrarci per farci meglio conoscere ed appressare la sua terra.

E così quest'anno, grazie anche ad una fortunata combinazione di eventi, siamo riusciti a collocare un soggiorno inaspettatamente magnifico, godendo oltretutto di un tempo meteorologicamente favorevole anche se a tratti un po' caldo ed afoso. Tuttavia le abbondanti bevute d'acqua, anche quando per la verità non se ne sentiva ancora l'esigenza, ci hanno permesso di mantenerci sempre in forma e sopportare bene la calura nonché la fatica per le lunghe camminate ed il grande quantitativo di chilometri percorsi in auto.

Di seguito mi fa piacere riportare alcune fotografie dell'agriturismo Agrincontri che l'amico Roberto ci ha suggerito per la nostra permanenza. Inizialmente avevamo pensato di fermarci solo cinque giornate per poi andare a completare il nostro periodo di vacanza sulla sponda adriatica oppure su quella tirrenica. Il secondo giorno abbiamo subito cambiato idea e chiesto al gestore Carlo se sarebbe stato possibile prolungare il nostro soggiorno fino a dopo ferragosto arrivando ad un totale di nove giorni, così da permettere a Roberto di portarci a visitare il maggior numero possibile di borghi e cittadine.

Nei giorni in cui l'amico era costretto a tornare al lavoro perché non aveva a disposizione un maggior numero di ferie, avevamo ricevuto da lui ben stilato un programma di viaggio che abbiamo eseguito con grande solerzia nonostante il nostro fisico reclamasse qualche momento in più di relax nella vasta tenuta dell'agriturismo in cui eravamo ubicati.

 















 E naturalmente a seguire anche alcune pose scelte arbitrariamente fra gli oltre mille scatti effettuati durante la nostra vacanza.