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domenica 29 gennaio 2006

Colpo di fulmine

Il colpo di fulmine - 05/11/2002

Nell’approssimarsi dell’esame di maturità il parroco mi mise a disposizione una stanza nei locali annessi alla chiesa perché potessi ritirarmi e studiare con maggiore tranquillità che a casa mia. Durante una breve pausa di studio la mia attenzione fu catturata da un cartellone posto nelle adiacenze. Mi sembra di ricordare che vi erano appesi alcuni bigliettini con una breve presentazione riguardo alle persone che avevano partecipato a quella realizzazione. Fra queste figurava anche Santina e fu così che appresi il giorno del suo compleanno: 30 aprile.

In seguito, dopo che ebbi raccontato ai miei sacerdoti l’intenzione d’interrompere il mio cammino in seminario, confidai al curato la simpatia che provavo per questa ragazza. M’incoraggiò a farmi avanti e parlarle, ma mi mise anche il dubbio che fosse già impegnata con un ragazzo di Vicenza che aveva avuto modo di conoscere al campeggio l’anno precedente. Solitamente, come chierico, partecipavo a tutte le iniziative parrocchiali, ma quell’anno non presi parte, mio malgrado, a quella vacanza in Alto Adige. I miei genitori erano andati a trovare i parenti in California ed io ero rimasto a casa a badare a mio fratello.

Quando ritornarono io sarei dovuto partire per quel campeggio, ma mio padre insistette perché vi rinunciassi, proprio perché era tornato da poco e mi voleva vicino. Capii le sue ragioni e non mi opposi anche se mi dispiacque un poco di dover fare quella scelta. Sul finire del mese di maggio la parrocchia era solita organizzare la festa dell’oratorio. Per la circostanza il sabato sera si tenne una festa danzante a cui non mancai di partecipare. Desideravo avere un primo contatto con Santina. In queste feste mi sono sempre tenuto in disparte, vinto dalla mia inguaribile timidezza.

Quella sera, ardimentoso più che mai, mi ero portato fin sul bordo della pista di ballo ricavata per l’occasione sulla piattaforma della pallavolo. Ognuno partecipava come meglio credeva a quella sana allegria. Spesso Santina era trascinata in vorticosi trenini e giravolte di danza assieme ai nostri amici coetanei. Non smettevo di pensarla e mantenevo fisso il mio sguardo su di lei. Ogni tanto cercavo di farmi coinvolgere lanciando qualche battuta, quando nei vari andirivieni si avvicinava a me. Deve aver notato che la osservavo serio ed ad un certo punto, ridendo divertita, mi pose una domanda a cui ho risposto con un laconico no. 

Dato che mi credeva ancora chierico, come quasi tutti del resto, forse le parve naturale interrogarmi: “Che dici, Romano, credi che andrò all’inferno?”. In realtà fra me e me pensai, ma non ebbi il coraggio di dire ad alta voce, che se anche ci fosse andata, io l’avrei seguita. Per fortuna me ne stetti zitto. Non avrebbe potuto capire. Ero sempre più coinvolto e l’adrenalina cominciava a montarmi in corpo. Quando incrociavo il suo sguardo sentivo un ribollimento del sangue mai provato. Fu un crescendo continuo di emozioni fino al punto in cui sentii la scossa fatale.

Quella sera ho vissuto il classico colpo di fulmine. Fu una folgorazione talmente intensa che ancora oggi resta sul mio cuore una cicatrice indelebile. Si stava facendo tardi e ad un certo punto decisi di rincasare. Forse Santina mi aveva preceduto poco prima, questo non lo ricordo. Quella notte non riuscivo a prendere sonno. Ero tutto un fermento ed un ribollire di pensieri. Era quasi l’alba ormai quando mi appisolai per un’ora o due al massimo.

La domenica mattina ci recammo nuovamente in oratorio per la celebrazione della messa all’aperto proprio su quella stessa piattaforma che la sera prima ci aveva visti convenuti per tutt’altro tipo di festa. Al termine della celebrazione mi accostai a Santina e le dissi che avevo bisogno di parlarle, magari con calma nel pomeriggio. Ella acconsentì, ma mi rimandò alla domenica seguente in quanto doveva accompagnare i genitori dai parenti. Ci salutammo e se ne andò. Improvvisamente quel turbinio e sconvolgimento interiore si placò e tornai padrone di me.

Non vedevo l’ora di confidarle tutto me stesso e lei mi si sottraeva. Come resistere ancora per una settimana, sette lunghissimi giorni. Forse furono provvidenziali. Staccare un poco mi permetteva di riprendere pienamente possesso delle mie facoltà mentali e dominare meglio i miei sentimenti.

La domenica successiva, dopo la messa, Santina non aveva dimenticato e si presentò innanzi a me, assieme ad una sua cara amica, per sentire orbene quella cosa tanto importante che dovevo comunicarle. Con discrezione feci capire che dovevo parlarle a tu per tu in privato e quindi c’incamminammo lentamente per la strada che conduce a Collebeato.

Notai che indossava un paio di scarpe contrarie al mio gusto. In seguito non mancai di dirglielo. Ricordo quella camminata come se l’avessi fatta l’altro ieri. Spesso durante il primo anno di università ripercorrevo mentalmente quel tragitto passo dopo passo e lezione dopo lezione mi disaffezionavo agli studi d' ingegneria. Per rompere il ghiaccio le chiesi se durante la settimana passata aveva avuto modo di pensarci e s’era fatta un’idea di cosa le avrei detto. Mi disse che non sapeva proprio. Forse era mia intenzione coinvolgerla con una proposta di volontariato al Gottolengo di Torino.

Evidentemente quando ne avevo parlato durante un incontro nei mesi scorsi mi aveva seguito con attenzione ed ora pensava che io stessi per formulare qualcosa di concreto al riguardo. Le dissi invece che avevo preso la decisione di lasciare il seminario. Ma c’era di più. Ero innamorato di lei e volevo intraprendere un nuovo cammino al suo fianco. Così discorrendo andammo avanti per un bel pezzo lungo la strada, quasi al limite fra i due comuni.

Con un certo stupore appresi che lei non provava per me nessuna simpatia particolare. Nella mia ingenuità pensavo che la settimana precedente ella avesse provato le mie stesse emozioni e tutti quegli incroci di sguardi fossero qualcosa di più che casualità. Quando ormai eravamo ritornati nei pressi della chiesa e quindi anche di casa sua, la vidi molto perplessa e pensierosa. La invitai a confidarsi con i suoi genitori e non tenersi tutto dentro. Rinnovai l’invito a considerare la mia proposta.

Anche se lei non era già innamorata come lo ero io, se c’era qualche presupposto, potevamo iniziare a frequentarci e vedere l’evolversi della cosa. Io ero rimasto sconvolto da lei e lei da me per altri motivi. In poco più di un’ora, una persona che ti sta di fronte e che per anni hai imparato a conoscere come un aspirante sacerdote, ti dice che abbandona tutto che è innamorato e che per giunta lo è di te.

Santina non aveva coi genitori quella confidenza tale per poter parlare di queste cose. Il pomeriggio stesso decise di parlarne con un’amica che conoscevo benissimo in quanto abitava a fianco di casa mia. Fu singolare come quel pomeriggio, pur venendo a me vicinissima, non ci siamo più incrociati. Quest’amica, saggiamente le consigliò di parlarne innanzitutto coi nostri preti.

Il giorno seguente, mentre io ritornavo in seminario e lei si recava al lavoro, per pura coincidenza salimmo sullo stesso autobus. Ci salutammo e nulla più. Per me, uomo di poche parole, fu abbastanza naturale. In seguito lei mi disse che si era pentita di non essere riuscita a dirmi nulla e di essere rimasta chiusa nei suoi pensieri. Dopo essersi confidata col curato, acconsentì, con cautela, a muove i primi passi al mio fianco.

Grazie Santina per aver avuto fiducia in me. Grazie per aver avuto il coraggio di tentare. Grazie per aver lasciato che la tua vita s’intrecciasse con la mia.

sabato 28 gennaio 2006

Un anno con Kuki Gallmann

----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Cc:
Sent: Sunday, February 08, 2004 6:58 PM
Subject: 8 febbraio 2004

Cara Kuki,

oggi ho compiuto 42 anni. Ho festeggiato in casa con i miei ragazzi, mio fratello ed i miei genitori. Poi, mentre smaltivo l'ebrezza per le immancabili libagioni, mi son messo ad ascoltare un po' di musica al computer, tanto per non perdere il vizio visto che quest'arnese, per ragioni di lavoro, e' immancabilmente sempre al mio fianco. Sai, ho avuto voglia di coccolarmi con qualcosa di tenero e piacevole ed allora sono andato a rileggermi le mail che ci siamo scritti nei mesi scorsi e ... Eccomi ancora qui. Come dimenticarti. Non è forse vero che nei momenti speciali si desidera avere accanto le persone che amiamo? Fra queste, se me lo concedi, pongo anche te. Ho pochissimi amici, ma mi sento ugualmente fortunato perche' non c'e' nessun nemico che oggi possa temere o rancore che mi stia tenendo lontano da qualcuno. Non sono comunque completamente lucido e quindi è meglio che non m'invischi in discorsi troppo contorti ed ermetici. Spero che vada tutto bene e secondo i tuoi desideri.

Grazie per avermi sopportato ancora una volta
Romano



----- Original Message -----
From: "KUKI GALLMANN"
To: "Scuri Romano"
Sent: Thursday, February 12, 2004 8:04 PM
Subject: Re: 8 febbraio 2004


CARO AMICO,

BUON COMPLEANNO!!

SPERO CHE TU SIA SERENO E I TUOI RAGAZZI ANCORA ALLEGRI.
FORSE UN GIORNO POTREBBERO VENIRE A SCOPRIRE LE MAGIE DI OL ARI NYIRO.

UN CORDIALE ABBRACCIO,

KUKI GALLMANN



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Monday, April 12, 2004 1:47 PM
Subject: 12 Aprile

Cara Kuki,

se me lo concedi, m'unisco volentieri al ricordo per la scomparsa di Emanuele. Ricordando Paolo nei giorni scorsi volevo dimostrarti la mia vicinanza con un ricordo unico, ma visto che ne ho l'occasione ti mando un mio povero pensiero anche per tuo figlio. Ormai sono passati diversi anni, ma non posso credere che per te le cose stiano diversamente rispetto a quanto anch'io provo, rispetto a quanto provano altre persone che conosco e che sono state colpite così profondamente negli affetti. Tutto passa e si guarda avanti, ma per i nostri cari è come se il tempo si fosse fermato o quantomeno non scorresse con in medesimo ritmo. 1983. In quell'anno svolgevo il servizio di leva. Durante la Pasqua mi trovavo a Salerno e non avevo potuto beneficiare come altri della licenza ministeriale. Desideravo ricongiungermi con Santina che avevo rivisto qualche giorno prima in occasione del giuramento. Accettavo di buon grado quel momentaneo distacco e pensavo tra me che dopotutto un anno sarebbe trascorso in fretta. E così è stato. Altrettanto rapidamente sono volati gli anni della felicità serena. Come quelli di te e Paolo come hai scritto nei tuoi libri. Le cose cambiano e la momentanea infelicità, il dolore acuto per la perdita, le abbondanti lacrime possono essere asciugate da un amore che ritorna. Il Buon Dio manda a ciascuno il freddo in base alla copera che possiede, come pressapoco dice un proverbio brasiliano. Attendo pieno di speranza un domani migliore. Un affetto gratificante che mi possa restituire dignità come ciascun uomo merita, ma non sempre ottiene perché la vita mediamente è equamente ingiusta.

Che mi dici di Sveva? Tutto bene? Ti ha già resa nonna? Aidan é sempre lì al tuo fianco? Sicuramente non defezionano leoni, elefanti e tutti gli animali che contribuiscono e continuano a farti sentire una donna privilegiata.

Con grande affetto e simpatia.
Un abbraccio.
Romano.



----- Original Message -----
From: "K Gallmann"
To: "Scuri Romano"
Sent: Tuesday, April 13, 2004 9:53 AM
Subject: Re: 12 Aprile


GRAZIE, DI CUORE,CARO AMICO LONTANO.KUKI



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Jun 1, 2004, at 2:17 PM
Subject: 1 giugno 1943

Carissima Kuki,

ho atteso questo giorno da quasi un anno. Fare gli auguri di buon compleanno è una delle cose che più mi danno soddisfazione ultimamente (finché la memoria mi assiste). Tantissimi auguri di ogni bene e prosperità.

Romano.



----- Original Message -----
From: "K Gallmann"
To: "Scuri Romano"
Sent: Wednesday, June 02, 2004 2:38 PM
Subject: Re: 1 giugno 1943


grazie caro amico per la tua cortesia e affetto, sono colpitissima che ti ricordi il mio compleanno!!

La corrispondenza continua

----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Tuesday, July 15, 2003 8:26 PM
Subject: A testa alta

Cara Kuki,

evidentemente sono metereopatico e per certi versi "irrecuperabile". Mentre me ne andavo al lavoro da Brescia a Padenghe sul lago di Garda, dato che non ho l'autoradio in macchina per scelta, mi lasciavo andare ad alcuni pensieri in verità non troppo allegri. Come conclusione, dicevo tra me e me: "Ci vorrebbe proprio un mail di Kuki per cambiare il tono della giornata". Acceso il PC e scaricata la posta che ti vedo? La tua risposta di ieri sera!

L'ho letta con attenzione ed un po' mi sono vergognato. Sì, perché in realtà con i miei ultimi scritti volevo darti notizia di un Romano "diverso" ed invece mi sono reso conto di apparire ancora alquanto piagnucolone. Le parole sono pietre e non sempre lasciano capire l'umore reale. Comunque è vero che tendo spesso a rivangare e rimpiangere il passato. Un po' è forse colpa del tipo di vita che attualmente mi sono scelto e che mi porta ad avere pochi incontri interpersonali. Ho voluto farmi completamente carico dei ragazzi e della casa per cui di tempo me ne resta poco. E' una scelta di transizione per dedicare più tempo ai figli e non rischiare di trascurarli come avevo fatto subito dopo la perdita di Santina gettandomi prematuramente in un nuovo rapporto di coppia che è miseramente naufragato dopo tre mesi.

A volte ho la sensazione di restare irrimediabilmente invischiato nei miei errori e di non concludere nulla.

In certi momenti mi sono sentito ambizioso e di poter fare molto. Forse dovrei volare più basso e valutare più realisticamente le mie modeste possibilità. Il tuo consiglio di dedicarmi ad una causa che non necessariamente coincide con i miei interessi mi è molto prezioso. Che cosa potrei fare?

Alcuni mesi fa ho mandato il mio contributo per un'adozione a distanza. Questa sera rincasando ho trovato nella posta la lettera con la fotografia del bimbo che dovrò sostenere nei prossimi anni. Forse con un piccolo sforzo potrei sostenerne un altro. L'impulso definitivo all'adozione mi è venuto alcuni mesi fa vedendo il film "A proposito di Smidth" (About Smidth) con Nicolson. Un pensionato che crede di non aver mai fatto nulla di buono nella sua vita, ma alla fine scopre che almeno una cosa giusta l'ha fatta adottando a distanza un bambino.

Aver conosciuto la tua storia, letto i tuoi libri, ricevuto le tue mail, questo è occasione frequente di dialogo con amici e parenti. Alessandra mi ha fatto notare che lo racconto proprio a tutti. Le cose belle ed importanti meritano di essere condivise. Consiglio a tutti di leggere "Sognavo l'Africa". Può essere un modo per aiutarti?

Tenuamente sto accarezzando l'idea di fare un salto in Kenia per vedere il mondo che i tuoi occhi vedono, le prospettive che ti sono familiari da innumerevoli anni ormai. Ti terrò al corrente ed eventualmente mi darai qualche utile consiglio per muovermi agevolmente da quelle parti.

Avrei alcune domande da porti, ma forse troverò le risposte in "La notte dei Leoni" ed "Elefanti in giardino". Riguardo al primo dei due che ho prenotato in libreria, ma non ancora ritirato, l'altra notte ho avuto un sogno per certi versi strano. Ho sognato che finalmente era arrivato, ma aveva un prezzo esorbitante: 88 Euro ed inoltre era malridotto come i libri presi a prestito in bibblioteca. Ad un certo punto mi sembrava fosse il tuo manoscritto originale.

Ciao, Romano



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Sunday, July 20, 2003 9:26 PM
Subject: La notte dei leoni


Cara Kuki,

venerdì sera ho finalmente ritirato in libreria il tuo libro che mi mancava. Semplicemente stupendo. Dei quattro letti finora questo è quello che mi è piaciuto di più. Ho rivissuto la magia dei tuoi racconti come in passato avevo provato con il Don Chisciotte di Cervantes. L'accostamento ti parrà un poco bizzarro, ma non ho potuto fare a meno di rimandare la mente a quelle "veridiche storie" lette alcuni anni orsono. In questo mese ho rialzato il tasso di lettura come non mi capitava da diversi anni, anzi dai tempi del liceo quando divoravo i romanzi della Deledda, di Silone, Fogazzaro e di tanti altri autori italiani preferendoli a quelli stranieri. Indubbiamente il tempo ha affinato notevolmente le tue capacità di arrivare al cuore delle persone e rapirle lontano per contemplare con i tuoi occhi quel continente così pulsante di vita e di mistero che è l'Africa. Non mi restano che gli elefanti in giardino... Ormai sono passati alcuni anni dalla sua pubblicazione. Non è che ti lasceresti andare a qualche indiscrezione per farmi saper cosa bolle in pentola? Per questa sera mi fermo qui. Sono ancora abbondantemente sazio dei tuoi racconti, delle tue spedizioni, del tuo "camminare in punta di piedi" fra le etnie indigene da cui molto ricevi, ma a cui sai anche donare.

Buonanotte amica lontana.

Ciao, Romano.



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To:
Cc:
Sent: Saturday, December 06, 2003 11:16 AM
Subject: Si avvicina Natale


Cara Kuki,

si avvicina Natale e cresce la voglia di farsi vicini agli affetti, ai parenti, agli amici lontani...

Ti ho scritto altre volte dopo gli auguri per Sveva, ma non sono sicuro che ti siano giunti i miei saluti. In una mia mail precedente ti avevo detto che non c'era bisogno che tu mi rispondessi ogni volta. Sono ancora convinto che il tempo che dedichi a me lo sottrai ad incombenze più importanti. Comunque sia mi resta il dubbio che le mie lettere siano in realtà andate perse. Per economia utilizzo account free per l'invio della posta e mi rendo conto che quale potenziale veicolo di "spam" potrei aver infastidito oppure essere stato involontariamente "tagliato fuori". Mi scuso ancora una volta per l'eventuale disturbo arrecato a te e alla tua organizzazione. Infatti ho sfruttato questo canale non avendo a disposizione un indirizzo alternativo, né oso chiedertelo, se mai tu ne avessi un altro. Ci siamo dati del tu, ma da poche righe di corrispondenza non nasce automaticamente un rapporto duraturo e profondo. Grazie per la cortesia e sensibilità dimostrata nei miei confronti suscitata da quel comune dolore che entrambi abbiamo provato per la perdita di persone tanto care ed amate. Il mio cammino di "ristabilimento" non è ancora del tutto completato, ma ormai sento di essere ad un passo dalla meta. Quando sentivo di aver bisogno di sostegno ed incoraggiamento, inprevedibilmente mi è arrivato dal cuore dell'Africa: inesauribile millenaria fucina di vitalità per tutto il pianeta. Bisogna proprio che venga a farci un salto uno di questi giorni. Per il momento ho troppa fifa di leoni, serpenti, malattie tropicali. Non tanto per me, ma per il pensiero di dove lasciare nuovamente orfani i miei due adorabili figli. Scrupoli quasi materni... Infatti da tempo non mi sembra di essere più io, ma mia moglie che continua a vivere in me. Soprattutto di notte coi sogni. A volte mi sveglio gratificato della sua notturna presenza. Altre volte angosciato per il perpetuarsi di situazioni legate alla sua malattia che il mio subconscio continua a riportare in superficie. Dai tuoi libri ho appreso che ti senti un poco "streghetta" e toccata dal dono della premonizione. In qualche caso è capitato anche a me. Senti cosa scrivevo in una pseudo-poesia dedicata a Santina più di vent'anni fa.

Quando ho scoperto te nella vita,
io sono cambiato da così a così.
Ora so che tu te ne sei partita
e un dolore mi ferisce notte e dì.

Quanti ricordi ci uniscono ancora...
Ieri sera m'hanno parlato di te
come di una bella e dolce signora
che ha lasciato qui, solo, proprio me.

Ma è troppo triste guardare al passato
perchè allora c'erano molte gioie
che adesso lasciano posto alle noie.

Oh, se potessi comandare al tempo!
Subito vorrei tornare a quell'età
in cui eri la mia amatissima metà.

Luglio 1981

Much love
Romano



----- Original Message -----
From: "KUKI GALLMANN"
To: "Scuri Romano"
Sent: Tuesday, December 16, 2003 10:15 AM
Subject: Re: Si avvicina Natale


CARO amico
grazie per un'altra bella lettera che mi arriva al ritorno da un lungo viaggio negli Stati Uniti e Israele... ma nessun luogo ha la magia del Kenya che vivo ogni giorno. Leoni ed elefanti fanno parte di questo mondo, ma il Kenya e' un paese mite, gioioso e positivo nonostante la poverta' che non e' dello spirito...mille auguri di Buon Natale,

Kuki Gallmann

Come ho conosciuto Kuki Gallmann

----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Tuesday, June 24, 2003 02:57 PM
Subject: L'uovo

Ieri sera ho visto lo struggente "Sognando l'Africa" ed ho conosciuto qualcosa di Kuki Gallmann.

Se posso ardire, avrei una domanda. Che cosa c'era scritto sul biglietto messo da Paolo nell'uovo?

Nel film non viene detto, oppure mi sono perso il passaggio.

Un vedovo.
Saluti dall'Italia

Romano Scuri



----- Original Message -----
From: "KUKI GALLMANN"
To: "Scuri Romano"
Sent: Tuesday, June 24, 2003 10:38 PM
Subject: Re: L'uovo

caro amico, e' una storia lunga che e' stata omessa nel film; le suggerisco di acquistare il libro 'sognavo l'Africa' -Mondadori- e trovera' la risposta.
Grazie, e auguri

Kuki Gallmann



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Thursday, July 03, 2003 11:20 PM
Subject: Sognavo l'Africa

Cara amica, ho seguito il suo consiglio ed ho acquistato il libro. Avrebbe meritato di essere letto con più calma, ma non ho potuto fare a meno di divorarlo. Essere riuscito ad avere un contatto con lei un poco mi ha spiazzato, tanto più ora che ho conosciuto altri particolari della sua vita.


Grazie per gli auguri. Ho sentito forte la sua solidarietà e per un giovane vedovo questo è molto importante. Ho 41 anni ed ho perso mia moglie per cancro il 13.1.2001. Mi restano di lei due figli, un maschio di 14 ed una femmina di 10 che cerco di crescere come meglio posso anche se spesso mi sento inadeguato perché troppo preso dal lavoro, che amo tantissimo e che è la mia ancora di salvezza. Sono un programmatore di computer. Come ha fatto lei, mi sono spesso interrogato riguardo a quanto mi è accaduto, ma fino ad ora ho trovato poche risposte. Sto ancora cercando. Vedendo il film mi sono molto commosso. Credo di sapere bene cosa significhi perdere la persona amata. Per mia fortuna non so cosa significhi perdere un figlio: posso solo immaginarlo ed il pensiero mi angoscia. Mi son fatto l'idea che per una madre perdere il frutto delle proprie viscere sia quanto di più disumano possa capitare, mentre per un uomo, che non ha portato il proprio figlio in grembo, sia più opprimente la perdita della propria moglie. Ho anche pensato che questi drammi ineluttabili devono servire a scrollarci di dosso il torpore di una vita sottotono e stimolarci a fare quello che il mondo si aspetta da noi. Lei la sua strada l'ha trovata. Io prego Dio di farmi capire qual'è la mia senza dover patire una seconda perdita. Sentivo il bisogno di confidarle questi miei poveri pensieri e spero tanto che possano raggiungerla. Se esiste un libro che racconta cosa ha fatto Kuki negli ultimi dieci anni me lo suggerica. Desidero passare ancora qualche momento in compagnia delle sue riflessioni.

Con immensa stima.
Romano Scuri



----- Original Message -----
From: "KUKI GALLMANN"
To: "Scuri Romano"
Sent: Friday, July 04, 2003 8:17 PM
Subject: Re: Sognavo l'Africa


Caro Amico

grazie per le sue parole e capisco profondamente la sua pena.

Se questo puo' esserle di aiuto sappia che coloro che se ne vanno prima di noi non fanno in realta' altro che cambiare dimensione, un destino comune a tutti noi, prima o poi, quando viene il nostro inevitabile momento per questo passaggio.
Magari un giorno potra' venire qui, con i suoi figli, negli altopiani dell' Africa orientale, dove il cielo e' molto vicino ed e' forse piu' facile rendersi conto della temporaneita' del nostro passaggio su questa terra, e delle infinite scelte e destini che si proiettano per tutti noi.
Avere amato e' il dono piu' importante, perche' l'amore non finisce con la morte. E alla fine , quello che conta e' lasciare una traccia.

I miei libri pubblicati in Italia sono finora- oltre Sognavo l'Africa:

Notti Africane
Il Colore del Vento- diario in poesia
La notte dei Leoni
Elefanti in Giardino

Sono tutti in ordine cronologico e pubblicati da Mondadori.

Con un abbraccio dall'Africa

Kuki Gallmann



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Sunday, July 06, 2003 9:00 AM
Subject: Cominciando a sognare l'Africa


Cara Amica,

penso che qualsiasi uomo abbia sufficiente dignità per restare ritto di fronte ad un altro uomo ma io temo di abusare un po' troppo del suo tempo e della sua pazienza. Come dissi al mio ex curato che ora esercita il suo ministero come vescovo in Brasile, non c'è bisogno che lei mi risponda ogni volta perché so benissimo che il tempo che dedica a me lo sottrae ad altre occupazioni più importanti. Spero di non intasarle la casella di posta e di sicuro non vorrò farlo. Stupendo questo mezzo che permette di mettere in comunione persone lontanissime, ma talvolta rischia di diventare inutilmente invadente.

Ho trovato "Notti africane" ed "Elefanti in giardino". Spero di recuperare anche "Il colore del vento" e "La notte dei leoni" per poterli leggere in rigoroso ordine cronologico.

Bella la fotografia sul retro di "Elefanti in giardino". La ritrae con la rice-trasmittente in mano attorniata dai suoi amici africani muniti di lance. Da l'idea di una donna comunicativa e combattiva.

Con questo collegamento può prendere visione della pagina web che ho dedicato a mia moglie.

http://digilander.iol.it/romanoscuri/santina.htm

Per un po' la lascierò in pace. Quattro libri da leggere richiedono pure un minimo d'impegno.

Felicitazioni anche per Sveva: ho visto le immagini del suo matrimonio inserite nell'ultimo suo libro.

Immensamente grato.
Romano Scuri



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Friday, July 11, 2003 8:42 PM
Subject: Reciprocità

Cara Amica,

avevo promesso di lasciarla in pace per un po', ma in questa calda serata italiana non ho resistito alla tentazione di scriverle ancora. Terminato l'altrettanto bello "Notti africane" ed appena iniziato "Il colore del vento" sono stato colto da questo povero pensiero. Con i suoi scritti lei si è fatta intima a tanti di noi e perché la cosa non sia a senso unico sento dentro irrefrenabile l'impulso di raccontare ancora qualcosa di me. Nei mesi passati, per tenere compagnia ad Alessandra, mia figlia, che non voleva dormire sola, ho messo nero su bianco alcune riflessioni. Magari in seguito ne manderò altre. Non abbia timore di frenarmi, se la cosa le dovesse apparire inopportuna.

Auguri di ogni bene.
Romano Scuri



----- Original Message -----
From: "Scuri Romano"
To: "KUKI GALLMANN"
Sent: Saturday, July 12, 2003 9:35 AM
Subject: To share

Cara Kuki,

mentre rifacevo i letti questa mattina riflettevo riguardo alla lettera che ti ho mandato ieri sera e non potevo fare a meno di notare come ormai sento quegli scritti di pochi mesi fa un poco lontani. Mi sono meravigliato di percepirmi diverso e probabilmente un forte contributo me lo stai dando tu con i tuoi libri e con le tue mail che danno ancora più concretezza alle tue parole. Tanti ti hanno scritto per testimoniarti che la storia della tua vita in un certo qual modo aveva aiutato la loro. Sento che questo è vero anche per me.

Grazie.

Hai scritto che la cosa più importante è aver amato e che l'amore e in grado di annientare la morte. Questo mio cuore malato e anelante forse un giorno troverà pace. Quello che è successo a te mi lascia ben sperare e placa ogni mia smania di voler presto ripristinare cio' che ho perso con la morte di mia moglie. Non è ancora giunto il mio momento, ma ora cammino con rinnovata fiducia nella vita. Felice di pensarti attorniata da Sveva ed Aidan che partecipano di quell'amore traboccante che non poteva finire con il cambio di dimensione di Paolo ed Emanuele.

Grazie.

Non ho ancora scaricato la posta e magari tu mi hai già mandato uno stop.
Perdonami.

Grazie.
Romano Scuri

venerdì 27 gennaio 2006

Ognissanti

Ognissanti - 03/11/2002

Una delle cose che ti crucciava di più era quella di non avere un giorno particolare in cui ricordare il tuo onomastico. Magra consolazione per te essere ricordata il primo di novembre, festa di tutti i santi e quindi anche tua, Santina. Questo nome non ti era mai piaciuto fino in fondo ed hai dovuto ereditarlo alla nascita in ricordo del nonno Santo, morto tanti anni prima, prima ancora che tu fossi concepita. Da lui hai probabilmente ereditato anche una carenza genetica che è stata la concausa della sua e della tua malattia.

Quando fosti dimessa, dopo l’operazione, parlammo un poco del tuo male e delle sue possibili origini. I medici m’avevano detto che per il cancro al colon due potevano essere le cause più probabili: l’alimentazione oppure una tara genetica. Ti sei sempre alimentata con equilibrio, almeno da quando ti ho conosciuta e quindi quella motivazione ci sembrava non appropriata. Cosa dire allora dell’altra ipotesi? Qualche anno prima avevamo perso la sorella più giovane di tua madre per un cancro al seno. E poi c’era stata la morte di tuo nonno prima ancora. Tu subito precisasti che era morto di polmonite, come ti era stato detto, come mi avevi detto da fidanzati, ad una mia domanda, osservando i ritratti dei tuoi nonni nella casa paterna dove mi piaceva andare e dove ho ancora la fortuna di tornare qualche volta. Poi un giorno al cimitero, alcuni mesi fa, di fronte alla sua tomba, presente l’altra tua zia, volli rifare quella domanda. Di cosa era morto. Di cancro al polmone fu la risposta.

Ecco lo sapevo, mi sembrava di averlo sempre saputo. Forse a te avrebbe fatto piacere o almeno avrebbe aiutato a capire del perché ora ti trovavi in quella situazione. Non un dispetto del destino per qualche colpa morale oppure altro. Una sera, mentre passavo a prendere i bambini, tua madre, prima che me ne andassi, quasi singhiozzando mi dice che non è vero che suo padre era morto di cancro. Io dopo che lo avevo saputo, mi ero sentito in dovere di ragguagliare i tuoi fratelli. Il mio intento era quello di metterli sull’avviso. Per questioni di salute nei confronti dei nostri figli non dimenticherò mai di cosa sei morta. La rilevanza o meno la decideranno i medici. Per conto mio non ha nessun senso nascondere lo stato delle cose.

Ho cercato di far capire a tua madre che forse averlo saputo prima non ti avrebbe salvato. Le ho detto che anche il fratello di mia madre era morto per cancro e forse mio nonno stesso. Sicuramente è morta di cancro la madre di mio padre eppure non l’abbiamo mai nascosto. Ammetto che per qualcuno possa essere stata considerata in passato una malattia disonorevole, ma erano altri tempi e si aveva un’altra cultura. Come marito mi sento abbastanza in colpa per la tua perdita prematura. Non ho avuto abbastanza cura di te. Appena conosciuti hai cominciato a soffrire di eritema solare. Come non pensare che alla base di questa patologia ci sia stata una qualche forma di scompenso genetico. Avrei potuto essere più combattivo. Invece che rassegnarmi al fatto che tu non potevi esporti al sole, avrei dovuto condurti o lasciarti andare a compiere qualche esame più approfondito.

Non so se tu avresti risolto il tuo problema legato all’esposizione solare. Forse però da quelle indagini poteva emergere qualcos’altro, qualche elemento che ci avrebbe permesso di affrontare la malattia all’inizio e non in dirittura d’arrivo com’è stato. E sì che ripensandoci qualche sintomo c’è stato, ma lo abbiamo trascurato alla grande. Ogni tanto avevi qualche problema di stomaco. Capitava a volte che vomitavi. Nella mia stupidità arrivavo a pensare che forse eri incinta, quando mancavano i tempi tecnici per esserlo. Un giorno mi facesti notare un linfonodo ingrossato in maniera anomala sotto l’ascella. Mi turbavo e tu mi tranquillizzavi dicendo che poco prima delle mestruazioni era normale che capitasse. Ogni tanto avevi strane fitte al capo, ma poi passavano.

Altre volte quelle ben note sensazioni di aver già vissuto una determinata situazione o circostanza. Una sera, arrivai a dirti di aver letto che tali dejà-vu sono frequenti in soggetti malati di cancro al cervello. Pensa un po’ come siamo stati ciechi. Abbiamo dovuto aspettare che una grossa massa dura si facesse largo nel tuo intestino per sottoporti a qualche esame medico. Non so se può essere una consolazione quanto mi disse il primario dell’oncologia durante un colloquio mentre tu eri in seduta chemioterapica. In questi casi, mi disse, solo le piatole si salvano. Quelle persone che vanno dal medico per un nonnulla.

Se penso che avevamo quasi litigato quella sera e alla fine avevo tagliato corto. Ti decidi allora ad andare dal medico e sentire cosa ti dice per quel gnoccone che ti senti in pancia. Non volevi dispiacere tua madre, non volevi darle una preoccupazione in più rispetto a quelle che già aveva. Un giorno però l’ha detto che lei si era sempre lamentata tanto per questo o per quello mentre invece tu che eri malata grave non ti sei mai lamentata di niente.

Ma questo non è un processo alla suocera. Non attribuisco a lei colpe maggiori di quante non senta su me stesso. Se abbiamo sbagliato sicuramente ora siamo qui a portare ogni giorno il peso dei nostri errori. Sono quasi due anni che non ci sei più. Non tutto è rimarginato, non per tutti. Vedo tua madre un poco più sorridente e serena e questo mi fa piacere per lei. Questo è quello che vedo esteriormente senza sapere quanto interiormente ancora soffre. Settimana scorsa, il giorno non lo ricordo, mi ha chiesto se il primo di novembre avrei pranzato con loro. Non ci sperava e credo di averla sorpresa accettando. Il giorno di Ognissanti era la tua festa, come potevo rifiutare. Dire no era per me come dirlo a te.

La mattina, dopo messa, dato che non dovevo provvedere al pranzo ho avuto tempo per farti una visita al cimitero. Ultimamente il tuo volto sorridente riesce a donarmi serenità e non soffro più così tanto come in precedenza specialmente quando con me c'erano Andrea ed Alessandra davanti alla tua lapide. Ho voluto fare il giro largo, per individuare anche i loculi di altri parenti che so essere sepolti in quel luogo. Nell’angolo verso nord, ad un certo punto, ho visto una serie di piccole lapidi. Dapprima ho pensato si trattasse dei caduti in guerra. Poi leggendo le iscrizioni e le date, mi sono accorto che erano di tanti bambini nati morti. Su una ho letto “Ti vogliamo bene”. Non sono riuscito a trattenere le lacrime.

Poi a pranzo altra sofferenza. Mentre cominciavamo a mangiare mi sono sentito fortemente a disagio. Non sono sicuro che qualcuno mi abbia visto gli occhi umidi. Forse ho mascherato il tutto fingendomi raffreddato. Non mi andava di lasciarmi andare ad un pianto liberatorio di fronte ai miei suoceri, a mio cognato ed ai miei figli. Se m’hanno visto ed hanno fatto finta di niente, di questo sono loro grato. Il mio percorso di purificazione è ancora lungo. In questi giorni sto soffrendo più del solito, ma ho la speranza che i giorni del pianto finiscano così più alla svelta.

domenica 22 gennaio 2006

Avvertenza per il lettore

Non farti impressionare dai toni forti di alcuni capoversi. Considera il contesto in cui certi pensieri sono stati scritti.

Voglia di tenerezza

Desiderio di un abbraccio - 27/09/2002

La cosa che desidero maggiormente in questo periodo è l’abbraccio di una donna.

E’ cominciato da poco l’autunno e già ne risento. Detesto il grigiore dei mesi invernali, ma ancor di più novembre. Da sempre associo questo mese al tempo umido, nebbioso e buio. In parte è vero. Forse però questo disagio nasce da qualcos’altro. Mi sono soffermato a pensare qualche volta se questo mio malessere in realtà è connesso al fatto che in novembre è nato mio fratello. Con la sua nascita fui spodestato dal trono, esiliato ebbe termine il mio regno. Quella gelosia infantile che certamente avrò provato per lui sicuramente si è alimentata di circostanze sfavorevoli. Spesso mia madre ricorda come armeggiavo intorno alla carrozzina del pargolo. Tutti erano attratti dal nuovo essere. Volete che non lo fossi anch’io. Quando si è piccoli in realtà si è piuttosto maldestri e non si ha la piena padronanza dei propri gesti. Sicuramente nel tentativo di osservarlo, con un movimento incauto, ho rovesciato la carrozzina. Vi lascio immaginare la reazione di mia madre che non presente all’accaduto, interpretò la cosa come un attentato all’incolumità dell’ultimo arrivato. Hai voglia tu di esporre le tue ragioni. A malapena ti ascoltano se hai vent’anni. Figuriamoci a quattro. La gelosia per i fratelli minori trova facile alimento in questi equivoci. Ora che sono genitore anch’io mi rendo conto che è molto facile commettere parzialità. I figli non conoscono mai lo stesso padre, la medesima madre. Quello che abbiamo fatto per il primo figlio lo riteniamo incompleto o sorpassato e quindi tentiamo vie nuove con il secondo. Chi ha un figlio solo non deve scegliere. Chi non ha figli sceglie ancora meno, anzi non ha scelta.

Lavoro a circa una quarantina di chilometri da casa. Traffico permettendo, ci vogliono per il tragitto circa trentacinque minuti. Non mi è mai pesato il viaggio. E’ un’ottima occasione per lasciarsi andare a qualche pensiero. Ritagliare uno spazio di tempo tutto per se. Prepararsi con calma alla nuova giornata di lavoro. Rilassare la mente e sbollirla dalle incombenze aziendali prima di rientrare in famiglia. Non amo la radio in auto. Non ce l’ho per scelta. Se viaggio in compagnia preferisco chiacchierare o stare ad ascoltare. La musica l’ascolto seduto sul divano del salotto, magari di sera quando il sonno tarda a venire per qualche preoccupazione di troppo. Ci sono giornate ahimè terribili in cui tutto ti sembra andare storto dalla mattina alla sera ed allora fa male ritrovarsi soli coi propri pensieri. Fa male pensare di non avere accanto nessuno d’importante. Nessuno che abbia voglia di amarti e di ricevere amore da te. Ho la fortuna di avere due splendidi figli che mi aiutano a crescere mentre io cresco loro. Abbiamo stabilito una buona intesa. Non credo di essere per loro il padre-amico tanto in voga al giorno d’oggi. Mi vedo piuttosto come padre-padre o al massimo come padre-madre, ruolo che le circostanze mi hanno spinto ad impersonare. L’inflessibilità e l’austerità di un tempo han dovuto presto lasciare il posto ad una maggior condiscendenza e tolleranza. Non dico di esserci riuscito. Ci sto provando.

Ormai Andrea mi ha superato in altezza e mi tocca volgere lo sguardo verso l’alto. Non sei riuscita a vedere questo tuo figlio che da fanciullo di lì a poco si faceva uomo. Non vedrai l’altra tua figlia che da bambina si farà donna. Me li hai affidati. Romano abbi cura dei bambini, mi dicesti poco prima di morire. Ci sto provando. Questa tua richiesta mi è continuamente innanzi anche quando si vorrebbe mollare tutto, dare un calcio a tutto, commettere l’irreparabile. Quell’insano gesto che ti pregai di non commettere affranta dal dolore spesso mi balena in testa come facile scorciatoia, come rapida fine di tutti i miei problemi. Ma questa soluzione e una non-soluzione. Lo comprendo bene. Togliersi di mezzo è una fin troppo facile scappatoia. Contrasta con tutto quanto ho creduto per tanti anni. Viene però il giorno in cui nulla è più vero, nulla rimane saldo come un tempo, se tu non lo vuoi. E allora devi fare appello alle riserve della tua forza interiore a quel filo sottile che ancora ti lega all’Assoluto e sperare. Confidare che sopra le nuvole ci sia sempre il sole anche se ormai piove da giorni e l’umidità mina l’integrità delle tue ossa.

Desidero più che mai il calore di un abbraccio femminile. Potrò ancora tornare a sorridere? Non il sorriso di un giorno sereno, ma il sorriso che nasce dalla gioia di un amore sicuro. Non è bene che l’uomo resti solo. Eppure mi rendo conto che attualmente è la soluzione migliore. Il tempo che mi resta da dedicare ai figli, dopo aver sbrigato le varie incombenze, è veramente poco. Un amore ti assorbe totalmente e rischierei di tornare un padre negligente come l’anno passato, quando poco dopo la tua morte, per alcuni mesi sono stato un uomo felice con una donna accanto. Il tempo mi deve aiutare a sopportare questo. Vivere serenamente senza quell’opprimente sensazione d’incompletezza per una donna che manca. Se la felicità a cui ogni uomo è giusto che aspiri, io non l’ho già goduta tutta, allora ritornerà e cancellerà il peso di questi giorni. Vivo nella speranza che tutto accada di nuovo. Il desiderio di rinascere a nuova vita è più forte della disperazione di certi momenti.

Penso che tanti altri, come me, non possono godere del calore di un abbraccio, di una tenera carezza, del conforto di un bacio. Soffro così tanto perché ne ho conosciuta la bellezza? L’altra sera mentre tornavo mi lasciavo andare a questi pensieri. Fantasticavo sulla possibilità di un incontro inaspettato, una conoscenza imprevista che mi potesse portare a fare una richiesta insolita. Scusi, potrei abbracciarla per un momento? Se potessi esprimere un desiderio che vorrei vedere realizzato subito, chiederei questo. Il calore di un abbraccio. Stretto. Intimo. Senza fretta. Poter sentire il battito di chi stringi fra le braccia. Pensare di esser per lei rifugio sicuro ed al contempo trovare riparo dalle avversità.

Oggi sono andato al ristorante da solo poiché i colleghi han preferito la pizzeria. Mentre lo raggiungevo in macchina, ho scorto a fianco della strada una coppia di giovani che scesi dall’auto si abbracciavano e si sorridevano felici. Che tenerezza non sentire la fame e sentirsi sazi di quella presenza.

Credo di guardare in maniera inebetita tutte le coppie, ultimamente. Una volta al parco, passeggiando, continuavo a fissare una coppia che seduta su di una panchina si lasciava andare ad interminabili baci. Ad un certo punto la ragazza si ferma e dice qualcosa all’altro. Sono talmente vicino che riesco a sentire la risposta. L’unico cretino che guarda due che si baciano l’abbiamo beccato noi. Avrei voluto controbattere qualcosa. Dire che forse ero l’unico cretino vedovo che si aggirava lì intorno. La mia era invidia e non perversione. Ho lasciato perdere perché così va il mondo. Tocca agli innamorati gioire ed ai vedovi soffrire.

Kuki Gallmann

Nel 2003, dopo aver visto in TV il film "Sognando l'Africa", ho contattato la scrittrice Kuki Gallmann dai cui libri questo film è stato tratto. Per diverso tempo ho avuto una corrispondeza epistolare a cui pazientemente ha sempre risposto. Ecco una delle mail più belle che mi abbia mai scritto.

----- Original Message -----
From: "KUKI GALLMANN" <;gmfkenya@africaonline.co.ke>
To: "Scuri Romano"<scuri@libero.it>
Sent: Monday, July 14, 2003 4:18 PM
Subject: Re: To share
Caro Romano,

ho appena ricevuto tutti gli accumulati emails; in Laikipia non ho modo di guardare gli emails regolarmente.
La vita e' un gioco che dobbiamo giocare nel modo migliore. Perdere chi si ama, drammi di vario tipo, gioie e trionfi, amarezze e delusioni sono parte del gioco e spetta a noi reagire positivamente e andare avanti fino alla fine, allegramente ma non superficialmente, fino a quando verra' anche il nostro momento, che e 'inevitabile, e' solo questione di giorni settimane mesi o anni, che, al cospetto dell'infinito a cui apparteniamo non sono nulla.
La perdita di qualcuno che amiamo e' una scossa profonda, ma non possiamo far nulla per cambiare il passato; possiamo solo cambiare il modo in cui viviamo il presente, e cio' facendo il futuro, che d'altronde veramente non esiste, perche' quando lo raggiungiamo il futuro diviene presente; percio' cio' che conta e' il presente. E' l'unica vera realta'.
Il tempo ti portera'altri incontri e forse altre separazioni come a tutti noi; vediti come uno dei molti che hanno temporaneamente perduto la presenza fisica di coloro che amavano-ma non la presenza spirituale-niente si crea e niente si distrugge-; se leggi gli annunci funebri in qualsiasi quotidiano , pensa che ognuno doi quelli che vanno avanti lascia madri, padri, mogli figli sorelle o amici. E' successo a te; e' successo a me; e' successo a tanti e sara' sempre cosi' perche i nostri corpi non sono che involucri perituri e la farfalla che conteniamo prima o poi, volera' via al momento giusto-anche se a quelli che restano il momento non sembra giusto, in realta' lo e' perche' il destino si e' compiuto in quel momento ed e' inevitabile-.Qui in Africa quando qualcuno muore dicono "saa yake alipiga" la sua ora e' battuta. E accettano cio'che non si puo' cambiare.
Accettare, e andare avanti a testa alta, coi bei ricordi e l'amore che non muore, dedicandosi completamente o in parte a una causa che va al di la' del nostro interesse personale e' la chiave per guarire. Per me Emanuele e Paolo sono in ogni tramonto, in ogni elefante, in ogni folata di vento e un giorno anch'io saro' cosi' e tu pure cosi' come ora tua moglie.

Coraggio.

Kuki

Botta e risposta

BOTTA E RISPOSTA - 23/09/2002

Ci sono giornate che lasciano un sapore diverso dalle altre. Quella di oggi è stata una di quelle e merita di essere ricordata. Oggi pomeriggio dovevo accompagnare i figli alla visita ortodontistica. Avevo anche alcune cose da sbrigare e quindi mi sono preso una pausa rinunciando anche al lavoro a casa come sono solito fare in questa circostanza.

Dopo aver accompagnato Alessandra a scuola mi sono diretto all’agenzia della mia assicurazione. Ero risoluto a chiudere il contratto avvalendomi della possibilità di disdetta senza preavviso a causa dell’aumento superiore al 1,7 percento. Avevo diverse polizze in passato. Una moto, due automobili. Questa era l’ultima e stavo per chiuderla. Non mi andava di protestare come invece feci le altre volte. Se la compagnia aveva deciso di rincarare oltre il dieci percento senz’altro aveva le sue ragioni ed io le mie per cambiare.

Entro nell’ufficio e noto un clima piuttosto silenzioso. Dietro le scrivanie ben tre impiegate che avevo già visto in precedenza, ma mai tutte assieme. Non deve poi andare tanto male, ho pensato fra me. Ho colto qualche elemento di disarmonia. Nell’accedere alle pratiche riposte nell’enorme schedario mobile, le impiegate si ostacolavano a vicenda. Quella che stava servendo me forse non si è accorta di aver impedito l’accesso a quell’altra che per altro mi pareva la più anziana dell’ufficio. Non protesta minimamente, solo un compito gesto di disappunto. Non posso fare a meno di notare che non porta più la fede al dito.

Anni addietro l’avevo vista incinta. Forse il suo matrimonio sta attraversando qualche momento di crisi oppure è già finito. Non sono affari miei, però forse mi aiutano a capire l’umore di questo lunedì mattina. In fin dei conti solo io non sto andando al lavoro. Mentre l’impiegata mi prepara l’attestato di rischio mi guardo in giro e non posso fare a meno di notare una frase appesa alla parete che recita più o meno così. Le donne devono lavorare almeno il doppio per dimostrare di essere brave almeno la metà degli uomini. Per fortuna non è difficile… Ottenuto quanto richiesto sto per andarmene, ma non riesco a resistere ed aggiungo. Bella quella frase appesa alla parete. La condivido. Quale frase chiedono loro. Quella lì. E si lasciano andare tutte ad una risatina di consenso. Arrivederci e buona giornata aggiungo uscendo.

Mentre mi allontano in auto facilmente convengo che tra uomini e donne la parità, soprattutto nell’ambiente di lavoro, non è una conquista definitiva. Ritorno a casa e via internet stipulo una di quelle vantaggiosissime polizze on-line. Casomai dovessi incappare in qualche sinistro non mancherò di presentarvi il retro della medaglia, ammesso che ci sia. Già che ci sono ne approfitto anche per prenotare la visione del film appena uscito su Asterix e Cleopatra. Andare al cinema di lunedì pomeriggio non è il massimo ma dato che nel fine settimana avevo altro da fare la scelta può essere accettabile. E poi approfittando del fatto che sono a casa, possiamo evitare di andarci la sera dopo cena.

Durante il periodo scolastico è buona cosa che i figli vadano a letto presto anche se per una volta sarei stato disposto a fare un’eccezione. Più tardi mi metto riordinare la scrivania di Andrea e mi accordo che ha dimenticato a casa l’astuccio. Non è una cosa particolarmente grave eppure la cosa riesce ad irritarmi perché queste frequenti disattenzioni mi paiono piuttosto negligenza e malavoglia. Mi balena l’idea di appendergli alla mensola sopra il suo letto un foglio con uno scritto. Non vado a dormire se: non ho preparato la cartella; non ho fatto tutti i compiti; non mi sono lavato i denti; dimentico qualcosa.

Anche il vicino di casa ha un simile promemoria appeso in camera. Me l’hanno raccontato i ragazzi. Dovrei un pochettino allentare la presa. Rischio così di esasperarlo e sortire l’esatto effetto contrario. Nel pomeriggio sbrigato l’impegno principe ovvero la visita ortodontistica e poche altre incombenze, i compiti per i ragazzi, stirare le lenzuola per me, ci avviamo alla multisala. Bisogna presentarsi a ritirare i biglietti con sufficiente anticipo pena la riassegnazione dei posti. Mancano poco più di dieci minuti all’inizio della proiezione e quindi mi avvio correndo alla cassa.

C’è poca gente e fornisco velocemente i dati della mia prenotazione via internet. Dico che pago con carta di credito e mentre mi stampa i biglietti metto mano al portafogli. Incredulo mi tocco le tasche invano, quasi simulando il ballo della macarena come mostra una nota pubblicità di benzine. Non oso crederci l’ho proprio dimenticato. Un guizzo nella mente e non posso non ricordare la predica mattutina fatta ad Andrea. Cerco d’impietosire il cassiere. Fa un tentativo e contatta telefonicamente la direzione. Desolato mi comunica che non può. E’ pronto a stracciare i biglietti già emessi, ma lo imploro di aspettare che magari al bar qualcuno mi presta denaro di tasca sua.

Un signore gentilissimo mi avvicina venti euro. Sono restio ad accettarli. Penso di avere problemi per la restituzione. Avevo sentito che lui voleva visionare con la famiglia una pellicola in programmazione più tardi. Quando io uscirò, lui dovrebbe essere ancora in sala. Sarebbe per me più comodo tornare più tardi qui alla multisala a saldare il debito. Insiste dicendo che lui abita a Moniga sul lago di Garda. Che fortuna, io lavoro a Padenghe e quindi non sarebbe troppo scomodo.

A quel punto il cassiere, convinto della mia buona fede mi allunga i biglietti e m’intima di ritornare più tardi con la carta di credito. Capisco che aveva già confermato l’incasso e che sarebbe più comodo così. Salgo coi ragazzi e cerco di rilassarmi evitando di pensare a quell’impegno per tutto il tempo della proiezione. Non abitiamo lontano. Giusto dieci quindici minuti di macchina. Accendo l’acqua per la pastasciutta e dico ai ragazzi di preparare la tavola. Sono di nuovo in strada alla volta della multisala. Meglio non correre. Piove. Chi va piano va sano e lontano, recita il noto adagio. Sono quasi le venti e le strade sono ormai favorevolmente sgombre.

Arrivo alle casse e vedo chiusa quella presso cui mi ero rivolto. Chiedo a fianco dove possa essere il collega. Probabilmente la voce si era sparsa e forse si erano fatte scommesse e pronostici riguardo alla mia onestà. Così ho pensato. Il giovane che cercavo, mi sente da dietro la parete e si precipita verso di me. Entra nella sua cassa ormai con le tendine abbassate e avvia la transazione liberatoria. Firmo la ricevuta e dopo avergliela restituita sento irrefrenabile l’impulso di estrarre dieci euro dal portafogli. Li lascio sul banco ed aggiungendo: <> mi allontano in tutta fretta. Riesco a sentire che non devo, ed infine un rassegnato grazie.

Ho voluto premiare quel gesto di fiducia nei miei confronti. Aveva faticato un poco prima di lasciarsi andare. Eh si perché non è un ingenuo. Sicuramente ce li avrebbe rimessi lui, ma ha voluto ugualmente rischiare. Mentre mi gongolavo con questi pensieri rincaso. Appena entro Alessandra mi dice che non avevo salato l’acqua. La pentola l’avevo preparata prima di partire per il cinema per guadagnare qualche attimo al ritorno ed il sale si era sciolto aggiungo io. Un’altra volta assaggiate l’acqua, se avete il dubbio. Ma scotta replica prontamente mia figlia. Basta prendere un cucchiaio, prelevarne un poco ed aspettare un attimo. Piccola lezione per evitare di salare due volte o non salare affatto.

Poi me ne vado in camera a cambiarmi e cosa non ti vedo attaccato al cassettone. Un biglietto che loro avevano pensato bene di farmi per la circostanza. Non esco di casa se: non ho preso le chiavi di casa; non ho preso il portafoglio; non ho preso le chiavi ed il telecomando della macchina; non ho finito i lavori al computer; dimentico qualcosa… Bravi ragazzi. Botta e risposta. Avete ragione. Quello che predica bene e razzola male sono io. Non ho addotto scuse per la mia dimenticanza. Avete colto nel segno. Questo è materiale per un capitolo. Dopocena non c’è film che tenga, lo devo proprio raccontare.

Egoismo

Nell'anno appena passato ho avuto modo d'incontrare due donne che hanno avuto in amore un'esperienza molto simile, anche se ora guardano in avanti in modo differente. Entrambe mi confidarono che in passato avevano già avuto una storia d'amore, ma si erano viste costrette ad interrompere la loro relazione. Erano giunte alla conclusione che il fidanzato non era l'uomo adatto e quindi presero la decisione, immagino molto sofferta, di lasciarlo. Una di queste aggiunse che c'era nell'altro troppo egoismo per un sano rapporto di coppia.

Indubbiamente sono rimasto molto colpito da questa comunanza d'esperienza. Presuntuosamente ho addirittura pensato che forse le vere egoiste sono state loro. Non ottenendo quello che volevano hanno preferito abbandonare.

L'amore è libertà e nella libertà ci si sceglie. L'amore dovrebbe farci tendere al bene dell'altro piuttosto che alla ricerca del nostro piacere. Credo che solo così avremo in cambio quello che cerchiamo. E' donando che si riceve in dono. E' dimostrando pazienza che si viene ascoltati. E' donando gioia che si riceve felicità.

Strana la vita. Più lottiamo per una cosa e più difficilmente la otteniamo. Più la inseguiamo e più questa ci sfugge. Appena però ci fermiamo, ci sediamo per riposare o volgiamo lo sguardo altrove con animo sconfitto, essa ci sorprende e ci viene incontro. Ci offre spontanea quello eccasioni che invano abbiamo cercato.

sabato 21 gennaio 2006

Un altro capitolo

Essere vedovi - 13/09/2002

Sono stufo di essere vedovo! Questa esclamazione la vado facendo dentro di me da un po’ di tempo. Oggi sono esattamente venti mesi che Santina è morta. Tredici gennaio duemilauno. Lo spartiacque tra il prima ed il poi. La linea di confine fra l’incoscienza e la realtà. E’ com’essere salpati con un veliero verso un’ignota destinazione. Sai con chi parti, ma non sei sicuro se e con chi approderai. A metà del viaggio il tuo compagno preferito, l’amante perfetto, la tenera madre, l’orgoglioso padre cadono in mare perduti per sempre. A nulla vale tendere la mano. Impossibile arrestare la corsa, tornare indietro. Tu sprofondi nell’abisso ed io mi separo da te.

Quale forte tentazione fermare la mia corsa. Eppure bisogna andare avanti. La strada è ancora lunga. Chissà cosa ci riserverà il domani. E’ inevitabile che racconti la mia tragedia personale. Una storia strappalacrime in cui mi sono guadagnato il ruolo di primo attore. Una volta ho mostrato la mano ad una persona che per gioco o per scherzo diceva di saperla leggere. Ricordo ancora l’espressione di sorpresa. Il mio monte di venere è solcato da una netta cicatrice che mi sono procurato all’età di quattro - cinque anni armeggiando con le forbici. Avevo in mano una locomotiva di plastica e volevo recidere un’appendice. Data la poca forza e la scarsa perizia strinsi l’utensile con le due mani: la destra correttamente infilata e la sinistra che racchiudeva la parte altra. Non ricordo se riuscii nell’impresa. Quel che ancora oggi non ho dimenticato è il dolore per la recisione di un lembo di pelle proprio sulla sommità del monte di Venere.

Senz’altro una coincidenza. Come credo sia una coincidenza il fatto che Santina avesse la linea della vita che s’interrompeva a metà del palmo. Comunque è stato bello averti avuto. Anche di recente mi sono soffermato a pensare che se potessi tornare indietro sapendo come poi sarebbe andata a finire, sempre, ogni volta, con rinnovato entusiasmo ti avrei sposata. C’è stato un momento nella nostra vita matrimoniale in cui le cose non andavano per il verso giusto. Un momento in cui ho pensato che separarci potesse essere un modo per risolvere quei conflitti. Mi prese una gran pena il pensiero che tu, lontana da me, un giorno ti saresti potuta ammalare, magari di cancro, guarda un po’. Fui tanto angosciato da quel pensiero e mi vergognai con me stesso di aver pensato alla non-soluzione della separazione.

Ti sono stato accanto. Quando stavi per andartene io c’ero. Mi sono pentito di non essere stato un marito migliore. Te l’ho anche detto piangendo quando ho letto le tue prime analisi. Quando ancora non sapevamo nulla della malattia. Quando quella massa ingombrante albergava già nel tuo intestino. Ignorante sì, ma non abbastanza per non notare che un esame che andava sotto il nome di CEA (Carcino-Embrional-Antigene) era oltre i limiti di normalità.

La mia conversione tardiva è cominciata quel giorno. Intuivo come sarebbe andata a finire, ma non ho mai smesso di sperare. Neanche dopo. Neanche dopo aver chiesto chiarimenti al patologo che fu costretto ad ammettere che ti avrebbero allungato la vita, ma non te l’avrebbero salvata. Ho creduto alla possibilità del miracolo fino alla sera prima del tuo decesso, quando hai chiesto ed ottenuto l’estrema unzione.

Quando Manuela ti venne a trovare la mattina dell’ultimo tuo giorno, di soppiatto ti mise un’immaginetta di Padre Pio sotto il cuscino con la speranza che ti potesse aiutare. Quando gliel’ho restituita dopo la tua morte, sconsolata mi disse che sperava proprio che avrebbe “funzionato”. Le ho risposto che forse lo aveva fatto anche se non come ci saremmo aspettato noi.

Mentre ti vegliavamo, coricando a letto i bambini, Alessandra singhiozzando mi disse che se ce ne fossimo accorti prima della malattia, miracolo, la mamma ci sarebbe ancora. Il miracolo grande della tua salvezza in quelle condizioni non è avvenuto e probabilmente sarebbe stato inutile perché non eravamo pronti per accoglierlo. Quando eri in terapia ed imploravo mentalmente la tua guarigione pensai che se fosse avvenuto il miracolo non lo avrei riconosciuto. Avrei pensato piuttosto che i medici si erano sbagliati. Che tu non eri così grave da andartene per sempre.

Il miracolo vero doveva avvenire anni prima. Aveva ragione Alessandra. Un marito meno disattento doveva e poteva cogliere quei pochi presagi di malattia che in passato si sono manifestati. Mentre stavi per morire ti chiesi se tu eri contenta di me. Mi rispondesti che eri molto orgogliosa di me. Non mi rimprovero quasi nulla per come mi sono comportato durante i quattordici mesi della tua malattia. Per tredici anni hai conosciuto un certo tipo di marito. Ne avrei voluti almeno altrettanti per fartene conoscere uno migliore.

I vedovi tendono ad idealizzare quelli che hanno perso. Credo comunque di essere obiettivo perché i tuoi difetti, le imperfezioni del tuo carattere li ho ancora presenti. Diciamo che spesso ero più attento a quelli che al resto. Non si può dire però che non abbia cercato di stimolarti al meglio. Sono stato un marito fin troppo esigente e spesso non per giuste ragioni. Dal mio punto di vista tu invece sei stata arrendevole. Non hai mai preteso che io cambiassi. Hai sempre detto che ti andavo bene così com’ero.

Sono stufo di essere vedovo. Mi manca una donna da amare e da cui ricevere amore come tu ne hai dato a me. Non ho mai avuto il coraggio di chiederti un bilancio della nostra vita di coppia. Avrei tanto voluto sapere se anche tu, potendo tornare indietro, mi avresti sposato ancora. Non come a pochi mesi di distanza dal matrimonio quando una mattina, mentre rifacevamo il letto prima di andare al lavoro, tu mi dicesti che se fossi tornata indietro non ti saresti più risposata.

Non dicesti che non ti saresti più sposata con me. Dicesti solo che preferivi la vita di prima ed io ci rimasi male, ti ricordi? Tornerò spesso a parlare di te. Ne vale la pena. Pochi mesi dopo la tua perdita, un’amica mi chiese di raccontarle qualcosa di bello. Mi venne spontaneo rispondergli che avrei dovuto parlarle di te. Ed è quello che farò.

Il libro incompiuto

Alla ricerca del titolo - 11/09/2002

Alcuni mesi fa ho progettato di scrivere un libro che raccogliesse tutte quelle riflessioni che da un po’ di tempo vado facendo. Scrivere è un’arte ed io non sono sicuro di saperla esercitare con maestria. Mi approccio più come un dilettante spinto dal desiderio di arrivare al cuore ed alla mente di chi mi leggerà. Spesso entrando in una libreria, osservando la massa di volumi che la animano, mi sono soffermato a pensare che con la poca voglia di leggere che anch’io stesso ho, come tanti altri, il destino di quell’ammasso di carta certamente non sarà quello pensato dai propri realizzatori.

Quindi perché darsi tanta pena per qualcosa che molto probabilmente passerà inosservato? Se tutti gli scrittori od aspiranti tali la pensassero così, l’offerta certamente sarebbe alquanto più ridotta, la scelta decisamente meno varia. A chi vorrei rivolgermi? Sicuramente quando l’opera sarà compiuta non avrà il carattere di romanzo. Sì, ne sono convito. Non dovrebbe trattarsi neppure di un saggio. Che genere di letteratura ci possiamo aspettare allora?

Credo che per forza di cose l’unica cosa che abbia un minimo di successo, sarà quella di raccontare e lasciarmi raccontare quanto di volta in volta la mia mente richiamerà dagli angoli più reconditi della mia memoria. La mia storia in sé è poca cosa se non fosse per quella dolorosa esperienza che a taluni capita, ma non a tutti. Ritrovarsi vedovi nell’età di mezzo è un’ottima scusa per intensificare le riflessioni, aumentare le retrospettive, guardarsi dentro, cercare nuovi punti di vista. Tentare, insomma, di restare ancorati alla vita. Darsi uno scopo, magari migliore di quello che ci ha guidato fino a ieri e che ora non ci basta più, non è più sufficiente per mantenere alta la qualità della vita.

Le riflessioni che riverserò in queste pagine hanno avuto origine in diversi momenti della mia esistenza. Sono capitoli abbozzati, argomenti sorvolati, pensieri dimezzati che non completamente compiuti escono dalla mia testa e tentano di farsi comprensibili a chi avrà la pazienza di seguirmi fino in fondo. Più d’una volta ho pensato a quale dovesse essere poi il titolo adatto da dare a questo mio sforzo letterario. Si sa, un titolo d’effetto richiama l’attenzione non meno di una copertina azzeccata. Forse non serve darsi tanta pena. L’editore ne troverà uno adatto al posto mio. Magari ne sceglierà uno fra quelli che aprono un capitolo e gli darà l’onore della bandiera.

Fin da bambino ho desiderato di raccontare il mio passato, ma sempre me n’è mancata l’occasione oppure non reputavo l’occupazione adatta all’età o alle mie capacità. Avrei voluto immortalare la mia infanzia, quel periodo della fanciullezza che va dai primi ricordi fino all’età della scuola. Immagini, colori, situazioni che allora erano molto fresche nella mia mente e che volevo fissare a beneficio di chi non le aveva vissute in prima persona come me.

A quarant’anni questa fissazione mi ha nuovamente preso. Un giorno m’è capitato di sentir dire da una persona che aveva scritto alcuni libri che il rammarico più grande era sapere che gli sarebbero sopravvissuti. A pensarci bene è vero. Un libro può sopravvivere al suo scrittore. Un modo come un altro per cercare immortalità. C’è chi si accontenta della prole e chi invece vuole realizzare qualcosa di materiale da tramandare ai posteri. Qualcosa che dica: “io c’ero, io ci sono, io ci sarò sempre”.

Non tutti scelgono carta e penna per questo scopo. Alcuni realizzano opere grandiose. Tanto più grande è il loro potere, tanto più maestoso è il faro che erigono nella notte nella vana speranza di essere ricordati. Sicuramente l’opera resta. E l’operatore? A ben pensarci solo un pensiero nella nostra mente. E’ quello che voglio anch’io?

Non credo di essere alla ricerca di fama che vada oltre la mia esistenza. Ho forse la pretesa di voler insegnare qualcosa agli altri? Cose che anch’io non ho compreso fino in fondo ed in maniera definitiva. Vivendo si commettono alcuni errori. So benissimo che il più delle volte mettere in guardia qualcuno dal commettere gli stessi sbagli non sortisce quanto desiderato. Le cose non si capiscono mai a fondo se non si sperimentano sulla propria pelle.

Voglio tentare ugualmente. Voglio correre il rischio di passare inosservato, di essere tralasciato, inascoltato. Non mi si potrà rimproverare di non aver tentato. Vivere è osare, ma se lo si fa, meglio che sia per qualcosa di utile piuttosto che per qualcosa di stupido o banale. Senza pretese. Non mi pongo al di sopra del coro.

Immagino di essere uno dei tanti che ha preso il coraggio di alzare la voce, di dire la sua. Uno che sente dentro di poter dire ancora qualcosa di nuovo, qualcosa che non è ancora stato scritto o almeno non a questo modo. Sarà il mio percorso di purificazione definitiva. Pareggerò i conti con l’esistenza che non tollera vite sprecate. Chi non vive per servire, non serve per vivere. Ma c’è sempre tempo. Non si è mai in ritardo per rendersi utili, per occupare questo suolo da protagonisti.

Un altro sogno lontano

09/02/2001 - Ecco cosa scrivevo a meno di un mese dalla tua morte ai tuoi fratelli ed alle tue amiche più intime.

Sono da poco passate le 6. E' ancora presto per alzarsi, ma visto che passerei quest'ultima ora di sonno a rigirarmi nel letto, ho deciso di raccontarvi il sogno che mi ha fatto svegliare di soprassalto. 

Ero in macchina con i miei colleghi, molto probabilmente stavamo andando a pranzo, come faccio abitualmente tutti i giorni. Arrivati scendiamo ed io mi attardo un po' nel cortile di quel posto. Mi si avvicina un uomo che mi vuole condurre in un locale. Ha a che fare con il funerale di Santina ed infatti mi chiede se è già stato pagato tutto. Io preciso che è stato saldato tutto ancora il sabato stesso. Mi conduce in una stanza dove dice di volermi far vedere qualcosa. Capisco che vuole mostrarmi il corpo di Santina: ci troviamo in una specie di obitorio dove conservano i cadaveri. 

All'inizio sono titubante. Vorrei dirgli di non farmela vedere per non alterare il ricordo di quando l'ho vista morta: sarà senz'altro deteriorata. Insiste e mi dice di aver fiducia. A quel punto sposta una panchina dov'era seduta a vegliare una signora. La solleva per un estremo e l'avvicina a me. Capisco che il corpo è riposto dentro la panchina. Comincia a sfilare il cassetto di lato e a quel punto vedo il volto di Santina. Che sorpresa: la pelle è intatta, ben conservata. Noto subito le labbra pitturate con il rossetto di un colore rosso vivo. A quel punto faccio un sobbalzo: Santina si muove e si mette a sedere sulla panchina e sorride. Io m'inginocchio di fronte a lei e le sussurro: "Cosa hai fatto...".

Lei non ha tempo di rispondermi perchè mi sveglio. Penso che mi ha fatto un bel regalo di compleanno apparendomi in sogno così nitida. Unica cosa che non mi spiego è perchè avesse le labbra così rosse, dato che lei metteva raramente il rossetto. Poi mi viene in mente che ieri a tavola, al ristorante dove di solito andiamo a mangiare, c'era una rosa rossa vicino a me. Ecco perchè mi sentivo così allegro: Santina era al mio fianco sotto l'aspetto di una rosa: la stessa che io ho voluto venisse messa sulla sua lapide. Dico a bassa voce "Che stupido che sono: non l'avevo capito" e scoppio a piangere nel letto.

Mi sono alzato e ho scritto di getto queste parole per farvene partecipe. Non sono sicuro che ieri a pranzo ci fosse una rosa sul tavolo: chiederò conferma ai colleghi oggi. Forse è tutto uno scherzo della mia fantasia che desiderava per il suo compleanno un incontro speciale. Sono stato accontentato più di quanto osassi sperare.

Grazie Santina, amore mio. 

Ciao Romano.

Il sogno.

Anche questa notte, come tante altre, ti ho sognata. Ero a casa dei miei, non quella attuale, ma quella precedente e scrutavo sopra i mobili alla ricerca delle tue lettere. Quelle lettere che mi scrivesti quando eravamo fidanzati e durante il mio periodo di ferma obbligatoria. Lo sai, le ho cercate tanto dopo la tua morte, ma non sono stato in grado di trovarle.

Che poca cura ne ho avuto. Le tue invece, quelle che ti scrissi io, sono ancora ben riposte in una scatola di latta in mezzo a quel che resta della tua biancheria. Eh sì perché nei mesi successivi dalla tua dipartita dissi a tua madre di venir pure a prendersi quanto desiderava dei tuoi indumenti. Le chiedevo solo di farlo quando io ero al lavoro in modo che per me lo strazio fosse limitato. Ricordi il film "Le parole che non ti ho detto"? Il marito ci mise un po' prima di dare i quadri della moglie alla suocera ed al fratello. Avevo capito la lezione.

Non potevo restituirti ai tuoi genitori, ai tuoi fratelli, ormai non più. Quello che potevo fare era permettere che mettessero le mani nei nostri cassetti, nei nostri armadi e si prendessero di te quanto desideravano. Chiesi a tua madre se per caso in quest'operazione avesse addocchiato le tue lettere. Magari tua sorella le aveva viste. Mi disse di no. Nel sogno ho pianto per non essere riuscito a trovarle. Forse è meglio così. Magari sarei tentato di rendere pubblico qualche tuo scritto, mentre invece non dovrei.

Poi il sogno ha cambiato scenario. Forse mi trovavo in un corridoio d'ospedale. Mi viene incontro un medico, almeno così lo giudico io, e vedendo me, Alessandra ed una donna si complimenta augurandosi che ora stiamo tutti bene. Gli rispondo che quella non è mia moglie, ma una tua conoscente che mi chiedeva di te. Se i sogni son desideri di felicità, beh allora quello che il mio inconscio continua a cercare è quello che forse non potrò mai più avere.

Non si può mai sapere quello che la vita ci riserva e per questo val la pena di continuare a lottare. Eppoi ci sono loro. Me li hai affidati ed io debbo averne cura, anche se tante volte mi sento inadeguato.

Qualche giorno fa mi sono soffermato a pensare che Alessandra, diventando donna, sta lentamente colmando quel vuoto che tu hai lasciato in me. Non ho con lei quell'intima confidenza che c'era tra noi, ma pur non di meno i suoi discorsi che si stanno facendo via via più maturi appagano in certo qual modo quel desiderio di completezza che mi viene solo dal confronto con un altro essere umano. Non ne ho mai affrettato la crescita. Non ho mai chiesto ai nostri figli di portare il peso del mio dolore. Se ci sono riuscito, sono contento di averlo fatto.

Lo so che corro troppo, ma ora mi sembra già di temere il giorno in cui prenderà il volo per formare una sua famiglia. L'augurio più grande che posso far loro, ad entrambi, è di darmi dei nipoti per la loro e la nostra gioia. Ciascuna cosa però a suo tempo.

domenica 15 gennaio 2006

Dedica

Appongo una dedica per i miei figli adottivi a distanza.

A

Mallampalli Pradeep Kumar,
Nandikolla Prasanna - India e
Sofia Rufael - Eritrea

con grande affetto.

Fate come me. Adottate anche voi almeno un bambino a distanza.

Le ragioni del nome

Anche se mi occupo d'informatica da più di vent'anni, solo in tempi recenti ho cominciato a conoscere quest'oggetto chiamato Blog.
L'idea di pubblicarne uno tutto mio m'é balenata come una folgorazione durante l'omelia dell'Epifania 2006.
Il 14 gennaio ho quindi dato seguito a quest'impulso. Meditando un poco sul nome da dare al Blog mi era piaciuto "Anima". In fase di registrazione questo nome mi è stato respinto (Probabilmente perché utilizzato da altri) e quindi ho optato per "Piccola Anima".
Nella dichiarazione programmatica annunciata con il primo post ho scritto che intendo rendere pubblico il mio pensiero, anche quello più intimo e quindi aggiungo ancora qualche particolare in merito alla scelta del nome.
Nel nome c'é un richiamo ed una contrapposizione alla Grande Anima dell'India. Con un certo grado di presunzione e malcelata modestia anch'io vorrei lasciare in qualche modo un segno tangibile. L'augurio che mi faccio è di compiere "qualcosa di meraviglioso per Dio".
Il 2005, da poco chiuso, è stato per me un altro anno di sofferenza. Ieri l'altro, il 13 gennaio, è stato il quinto anniversario della morte di Santina, mia moglie. Il tempo è un'ottima medicina per rimarginare quasi tutte le ferite e vedo che sta facendo buon lavoro anche con me. Quando chiesi a Santina, malata terminale di cancro, di lasciarmi una sorta di testamento spirituale, ella mi disse solamente di aver cura dei bambini. Potete quindi immaginare come possa essermi sentito qualche mese fa dopo una discussione in cui sarei stato accusato di non essere un buon padre per non aver costretto il primogenito a proseguire gli studi, pur a costo di "calci nel sedere". Ora quei momenti terribili sono lontani. Andrea lavora nella mia stessa azienda ed io non ho mai smesso di essere orgoglioso di lui, anche se non glielo dico quasi mai.
Nel 2005 c'é stato però anche qualcosa di molto positivo. Ho ricevuto in dono dalla catechista di Alessandra una biografia su Madre Teresa. Questo libro è rimasto per diversi mesi sul mio comodino. Poi in ottobre ho cominciato a leggerlo e senza dubbio la pubblicazione di questo blog è frutto anche di quella lettura. Una vita straordinaria, quella di Madre Teresa, tutta tesa alla sequela di Gesù per realizzare, come diceva lei, Something beautiful for God.
Spero di non deludere le attese. Dissotterro il talento e lo reinvesto perché nel frattempo troppi interessi sono andati persi.

sabato 14 gennaio 2006

Picoola Anima

Questo era il nome inizialmente attribuito al Blog.

Per mia fortuna nelle impostazioni del Blog è stato possibile correggerlo.

Ho fatto questa precisazione perché altrimenti non si capisce bene il contenuto del post di fondazione.

E qui emerge già qualcosa del mio carattere. Psicanalisti avanti! C'é grande lavoro per voi ;-).

Quando nasce un Blog

Quando nasce un Blog...

... spesso si commettono errori ed uno dei tanti è stato fatto nell'attribuzione del nome. In verità non sono sicuro che sia completamente colpa mia, ma me ne voglio assumere la responsabilità ugualmente.

La dichiarazione programmatica.

Questo Blog nasce con l'intento di pubblicare il pensiero, anche quello più intimo, di una piccola anima.

Comincia l'avventura. Avrò modo di aggiungere altro in seguito. Per ora mi fermo qui.