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sabato 15 gennaio 2011

Il lungo inverno


<< Quest'inverno non finisce mai! >> Così affermiamo sovente, con sentimento di stizza, quando, invece dell'atteso tepore primaverile ingentilito da una luce nuova, assaporiamo giornate ancora fredde, umide, tristemente buie per via di nuvole che gravano su di noi come una cappa oscura. Nei vecchi poi questa lamentela assume un tono quasi ossessivo: vedono l'inverno come una stagione brutta perché li costringe a restare in casa, uscendo solo se strettamente necessario, una stagione di cui si temono i tipici << malanni >>, percepiti come uno scalino da scendere inesorabilmente. Con la sua scarsa luce, che tarda a giungere al mattino per sparire già nel primo pomeriggio, l'inverno incupisce l'umore e sui vecchi ha a volte addirittura l'effetto di renderli un po' curvi, rinserrati nelle spalle, con un passo che sembra sempre una fuga.

Non a caso, allora, nel cuore dell'inverno si cerca di moltiplicare le occasioni per far festa: Natale, l'anno nuovo, l'Epifania, il carnevale... quasi si volesse combattere contro una quotidianità dura, faticosa un po' triste. E poiché scarseggia la luce naturale si moltiplicano le << luci >> create dagli uomini: si illuminano le vie di città e paesi, si accendono gli alberi che paiono o morti denudati di foglie o dormienti nel loro letargo sempreverde.
(...)

Ma l'inverno è anche una stagione prodiga di insegnamenti, se solo lo si vuole ascoltare: è sufficiente pensare che tutto ciò che appare come una morte è in realtà un riposo, un modo diverso di operare, carico di attesa.
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A volte l'inverno diventa una metafora della nostra vita: una stagione che sembra non finire mai, ora nebbiosa, ora uggiosa, privata della speranza di un nuovo slancio, a volte addirittura prossima alla morte. Sì, l'inverno può anche essere dentro di noi e talora riusciamo a dirlo a noi stessi e agli altri.
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Da parte mia, avvicinandomi ai settant'anni, l'aspetto dell'inverno che vivo con più costanza fin dalla mia infanzia è il camino, quella straordinaria nicchia che già regnava nella cucina della mia casa di paese e che regna ancora nella mia cella di monaco.
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Confesso che nella mia vita stare accanto al camino acceso verso sera, all'ora del tramonto, è una delle gioie più grandi che mi è stato dato di vivere. Quando sono solo, mi addolcisce e mi aiuta a pensare in modo pacato e lucido; assieme ad altri mi offre in dono poche parole, dense di rara capacità comunicativa.
(...)

Giunta la notte, poi, prima di andare a letto, si prende congedo dal camino con un rito che è quasi una compieta laica, il <<coprifuoco>>: si seppelliscono le braci sotto la cenere, con la cura ricca di speranza con cui si seppellisce un seme. E' un gesto di fede: domani ci sarà ancora fuoco, un fuoco che si riaccenderà nel camino per ardere ancora nel cuore.

ENZO BIANCHI
OGNI COSA ALLA SUA STAGIONE
EINAUDI


mercoledì 5 gennaio 2011

Cara Santina

Cara Santina,

lo hanno detto anche a tua madre che ormai sono quasi dieci anni che non ci sei più. Sembra ieri eppure è già lunga la fila dei giorni che ci separa da te. Quante cose sono accadute nel frattempo. Molte di buone; altre più tristi la cui pena ti è stata risparmiata a causa del tuo prematuro congedo.

Sto pensando a questo post da diversi giorni. Avrei voluto porre con le mie parole un ricordo dei tuoi ultimi momenti. Dieci anni sono tanti, ma la pena di quei giorni non è ancora cancellata e forse non è giusto ricordarti solo in quel modo.

Alessandra è ormai alla soglia della maggiore età. Ho ritrovato negli angoli del mio PC qualche fotografia che la ritraeva fanciulla, un suo video divertente che aveva registrato con la webcam. Non mi sembra più la stessa persona. Fatico a ritrovare in lei la bambina paffutella che si può scorgere nelle immagini appese in corridoio e che restano a ricordo delle sue attività alla scuola materna.

Qualche volta, grazie alla sua statura che ormai ha raggiunto la tua ed ai suoi boccoli dorati che tanto mi ricordano i tuoi, t'incontro nuovamente nei miei sogni senza però lo strazio delle pene per la tua malattia, come succedeva più addietro.

In questi anni ho visto invecchiare i tuoi genitori. Tuo papà più di tutti, che si domanda continuamente come mai lui c'è ancora mentre invece tu e Piera ve ne siete dovute andare prima del tempo. Ma noi siamo certi che, nonostante tutti i suoi problemi, nonno Filiberto continua ad esserci per merito vostro, perché voi volete che sia così.

Oh, come mi piacerebbe che i tuoi genitori riuscissero a celebrare le loro nozze d'oro il prossimo 3 giugno. Si potrebbe davvero fare una bella festa e sicuramente vorrei dare in qualche modo il mio contributo. Cinquant'anni di matrimonio: un traguardo che i miei genitori hanno solo sfiorato, ma non sono riusciti a raggiungere.

Se ho un rimpianto, che ancora oggi continua a commuovermi al solo pensiero, è quello di non aver mai voluto partecipare con te alla bellissima cerimonia dei lustri matrimoniali che si celebra qui in parrocchia. Quanta tenerezza per quelli che festeggiano i loro primi 5 anni insieme. Ma ancor più tenerezza ed ammirazione per quelle coppie che vengono ricordate per ultime a motivo dei cinquantacinque e talvolta sessant'anni di matrimonio.

Maria Luisa non mi fa sentire troppo la tua mancanza. Oggi eravamo a pranzo con don Angelo e lui ci ha esortati a rendere grazie a Dio per questa nostra unione. Mi sarebbe davvero piaciuto che vi foste conosciute, tu e Maria Luisa. Sono sicuro che avreste trovato tantissimi punti di contatto e di amicizia. Sono anche certo che non ne sei gelosa perché, diversamente da me, tu non lo sei mai stata.

Grazie perché davvero averti conosciuto ha fatto di me un uomo migliore.

sabato 1 gennaio 2011

Congedo

(...)
Sentirai molto la mia mancanza, ma non sfuggirai gli altri per questo. Lascia passare un paio di mesi, ma non di più. Gertrud e Claus hanno bisogno di un padre. Non dimenticare che devi vivere per i figli, non darti tanta pena per il loro padre. I bambini dimenticano in fretta, soprattutto alla loro età. Guarda bene all'uomo che scegli, sta' attenta ai suoi occhi e a come stringe la mano, come abbiamo fatto noi, e non sarai delusa. Una cosa soprattutto: educa i bambini a diventare gente che può camminare a testa alta e che può guardare in faccia a tutti. Ti scrivo queste righe col cuore pesante. Del resto tu non mi crederesti, se ti dicessi che mi è facile scrivere così, ma non ti preoccupare, non ho paura di ciò che avviene. Ripetilo sempre e continuamente, e anche ai bambini, quando saranno più grandi, che il loro padre non è mai stato un vigliacco e che anche loro non dovranno esserlo mai.

Ultime lettere da Stalingrado
Gli struzzi, 18 - Einaudi

Ma a Stalingrado, no

... Porre il problema dell'esistenza di Dio a Stalingrado, significa negarlo. Te lo devo dire, caro padre, e mi rincresce doppiamente. Tu mi hai educato, perché mi mancava la mamma, e mi hai sempre messo Dio davanti agli occhi e all'anima.
E doppiamente mi rincrescono queste mie parole, perché saranno le mie ultime, e non potrò mai più dirne altre capaci di cancellarle e di espiarle.
Tu sei pastore di anime, padre, e nell'ultima lettera si dice solo la verità, oppure ciò che si ritiene vero. Ho cercato Dio in ogni fossa, in ogni casa distrutta, in ogni angolo, in ogni mio camerata, quando stavo in trincea, e nel cielo. Dio non si è mostrato, quando il mio cuore gridava a lui. Le case erano distrutte, i camerati erano tanto eroici o così vigliacchi quanto me, sulla terra c'erano fame ed omicidio e dal cielo cadevano bombe e fuoco. Soltanto Dio non c'era. No, padre, non c'è nessun Dio. Lo scrivo di nuovo, e so che è una cosa terribile e per me irreparabile. E se proprio ci deve essere un Dio, è solo presso di voi, nei libri dei salmi e nelle preghiere, nelle pie parole dei preti e dei pastori, nel suono delle campane e nel profumo dell'incenso. Ma a Stalingrado, no.

Ultime lettere da Stalingrado
Gli struzzi, 18 - Einaudi