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domenica 28 gennaio 2018

Più giusto

E' più giusto fare quello che si deve oppure quello che si vuole? Dipende. Ci sono momenti in cui è necessario dedicarsi a ciò che in quell'istante reclama la nostra operosità e altri invece in cui si può tranquillamente lasciare che le cose restino come sono e fare un po' quel che ci pare.

Provo a lasciarmi andare un poco, senza farmi frenare da dubbi o ripensamenti. E nel farlo lascio perdere per un attimo il disegno introduttivo che mi piace sempre apporre, ma che poi finisce col togliermi la voglia di scrivere.

Ho rivisto due cose che mi han fatto tornare indietro negli anni. Ieri ha catturato la mia attenzione il vecchio porta ombrelli in rame di papà in cui mamma, probabilmente da sempre, ficcava dentro gli stracci utilizzati per spolverare casa. Sono rimasto un attimo a fissarlo, quasi lo vedessi in quel momento per la prima volta. Lo studiavo dall'alto e cercavo di richiamare alla mente qualche ricordo dell'infanzia in cui quelle scanalature e quelle sagomature a sbalzo mi si paravano davanti all'altezza degli occhi. Quasi non riuscivo a credere che vi possa essere stata un'età in cui, così piccino, mi potessi relazionare da pari a pari con quella specie di vaso che da sempre ha alloggiato in casa dei miei genitori. Dopo aver continuato a fissarlo per alcuni istanti non ho resistito alla tentazione e vi ho immerso la mano. Sì, uno straccio di lana era ancora lì dentro e con rassicurante continuità mi aveva ricollegato al mio passato.

Oggi invece stavo guardando fuori dalla finestra della cucina di mio padre ed una macchia sul marmo ha catturato di nuovo la mia attenzione e mi ha riportato ancora una volta indietro nel tempo. Quella macchia mi è sembrata insolitamente bassa, ben più di quel che avrei immaginato dato che non ricordavo di essere stato così piccino quando era stata spiaccicata lì sopra un po' di pasta gommosa che si poteva soffiare ad arte con una cannuccia per farne grandi bolle colorate. In verità io e mio fratello non siamo mai riusciti a forgiare niente di durevole ed un poco di pasta era finita sullo stipite da cui non siamo mai più riusciti a levarla via. Quell'impasto appiccicoso col tempo si è praticamente vetrificato ed oggi è ancora lì come un'anomalia fra le venature della pietra calcarea. Forse basterebbe un semplice pezzo di carta abrasiva per ridare all'infisso il suo originario splendore. Poi penso che se mio padre ha tollerato che vi restasse per così tanto tempo, allora posso pazientare anch'io e lasciare che questa specie di fossile resti lì dove si trova e possa continuare a solleticare i miei ricordi per molti anni ancora.

domenica 21 gennaio 2018

Lunga la strada

Mi sembra di essere tornato indietro agli anni del liceo quando sostavo diversi minuti davanti al foglio bianco per raccogliere le idee prima di partire con decisione nello svolgimento del componimento per la prova di italiano.

Altre volte le parole mi uscivano di getto e la mano faticava a star dietro ai pensieri che s'erano formati in testa con la rapidità di un lampo.

Non racconto una bella storia da molto, parecchio tempo. Poi ci sono momenti in cui senti inarrestabile il desiderio di tracciare qualcosa. La forma è lì dentro di te come un abbozzo, ma già compiuta e chiede solo di uscire ed essere riversata su qualcosa che le dia persistenza come un file di Paint ed arricchita con sfumature di colore secondo l'estro e l'inclinazione del momento.

Non sempre il risultato finale coincide esattamente con l'abbozzo originario. Man mano che il nostro elaborato prende corpo aggiungiamo questo o quel particolare che prima non avevamo nemmeno immaginato. Lo facciamo per puro piacere del tratto che la nostra mano va tracciando, ma anche come conseguente stimolo scaturito da una associazione di pensiero che spontaneamente viene forgiato dal nostro intelletto come un processo autonomo di cui non abbiamo piena coscienza, né padronanza.

E' l'inconscio che emerge una volta lasciato libero di affiorare e percorre vie inesplorate mai pago di quanto aveva raggiunto prima con sorprendente risultato.

sabato 20 gennaio 2018

Inafferrabile

Nell'approssimarsi della sera, quando pensieri malinconici affiorano sull'orlo di una giornata ormai compiuta ed arie di festa calano dall'alto come un mantello protettore, mi avvicino alla finestra e scosto per un attimo la tenda che m'impedisce di guardare lontano.

Dove sei intima essenza? Chi ti può afferrare?

sabato 6 gennaio 2018

Pensieri sciolti

Lasciami stare, non farmi parlare. Finirei col dire cose di cui mi potrei pentire poi.

Vorrei proferir parole che sgorgano dal di dentro come sintesi di un pensiero intimo, ma mi frena assai la tema dell'uso improprio che di essi verrà fatto.

Cercherò di tergiversare ancora un poco nella vana speranza che l'analizzatore automatico si scocci e rivolga altrove la sua indagine confuso dal periodare ermetico e contorto.

Peccato doversi prendere gioco dell'artificiale intelletto per fuorviare chi altra intenzione non ha se non quella di piazzarti un prodotto consumato già prima di essere giunto a compimento.

Quanta inutile opera che potrebbe esser meglio incanalata lontan dal profittevole guadagno che inutilmente ingrassa il cumulo di chi non riesce a goderne fino in fondo mentre tanti si dimenano dall'alba al tramonto tentando di affermare sé stessi nell'angustia di ogni giorno che passa.

Che sia l'astro in fase calante come l'estro che manca da diverse settimane ormai? Chi può dire quale sia il culmine della parabola per sancire la progressiva discesa dopo l'altrettanto momento di ascesa?

Mentre i giorni si sovrappongono identici come lo furon dopo sei e lo saranno ancora fra altrettanti quando il totale raggiungerà ventitré.