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sabato 21 aprile 2012

Il piccolo seme



Siamo rimasti qui a Cremona ancora per un po' perché una nostra carissima amica è morta e stiamo aspettando di poterle fare visita in camera mortuaria.

Ho conosciuto questa persona grazie alla profonda amicizia di mia moglie che l'ha avuta come compagna di viaggio in numerosi soggiorni all'estero ed in Italia durante il periodo estivo. Alla fine delle vacanze, poco prima dell'inizio della scuola oppure anche più avanti, era solita organizzare una cena a tema per festeggiare in amicizia e prolungare così virtualmente i bellissimi momenti passati insieme in questo o quel luogo.

E' stato facile volerle bene e ricambiare in qualche modo quel sorriso e quell'affabilità che riusciva a dispensare con generosità. Ecco perché, quando ieri ho riacceso il cellulare, mentre uscivo dal lavoro, leggendo l'SMS di Maria Luisa che mi dava il triste annuncio, ho provato un dispiacere profondo e mi sono commosso fino alle lacrime.

La sua scomparsa non ci coglie del tutto impreparati perché era ammalata da tempo e ci avevano detto che non c'erano speranze. Solo non sapevamo il momento in cui ci saremmo dovuti separare da lei. Da ciò che diceva a mia moglie quando andava a trovarla, capivo che era pienamente consapevole del suo stato di salute e, nell'ultimo periodo, non faceva mistero di avere ancora pochissimi giorni di vita. Anche se a distanza, questo resta per me un grandissimo esempio - se mai non ne avessi già ricevuti abbastanza - di una morte affrontata con estrema dignità, senza disperazione.

Non siamo mai preparati a perdere le persone care. Tocca a noi continuare a portarle nel cuore e seguitare a far vivere tutto quel bene che abbiamo conosciuto assieme a loro. E così, mentre attendiamo che l'ora sia propizia per poter andare da lei, trovo il modo di fissare alcuni pensieri che stavano mettendo radice in questi giorni.

In settimana mi trovavo al ristorante con alcuni colleghi per l'usuale pranzo di lavoro. Per un lieve disguido avvenuto in cucina, le nostre portate tardavano ad arrivare. E' bastato un cenno al personale di servizio per porvi rimedio. Dato che ci sarebbe voluto ancora del tempo per effettuare la cottura dell'hamburger da me scelto, per farsi perdonare il protrarsi dell'attesa, il nostro amico cameriere mi ha repentinamente servito una porzione ridotta di prosciutto di Praga ai ferri con senape.

Al momento dell'ordinazione, pensando che l'abbinamento fosse con la nota salsa, l'avevo scartato. Ora, guardando nel piatto non ne vedevo traccia. Poi, osservando con maggiore attenzione, lungo il bordo della fetta leggermente incrostata, noto delle piccolissime palline rotonde, minuscole come i semi di papavero, ma in verità ancora più piccole. Ne assaggio alcune e, anche per me che non le avevo mai viste, non vi sono dubbi: sono semini di senape. L'indicazione nel menu non era errata.

Con meraviglia mi è tornato alla mente quel passo del Vangelo in cui si dice che il Regno dei Cieli è simile ad un granellino di senape che è il più piccolo fra tutti gli altri semi, ma poi quando cresce diventa una grande pianta. Certamente non così enorme come quel grosso platano che abbiamo visto lo scorso anno nel parco Ducale di Parma, ma sufficiente per ospitare gli uccelli che vengono a fare il nido sui suoi rami.

E così, mentre mi prendo una piccola pausa con lo scrivere per rifare il letto in cui abbiamo dormito questa notte, spalanco le finestre e guardo giù dal balcone fissando distrattamente per un attimo il vociare frenetico delle persone che proviene dalla strada. Poi alzo lo sguardo in alto verso l'azzurro del cielo e respiro desiderio e voglia di armonia in questo mondo così bistrattato in cui basterebbe veramente poco per farlo diventare il nostro Regno dei Cieli.


domenica 15 aprile 2012

Aperti a qualsiasi ipotesi

Mi sto accingendo a scrivere altre due righe sul blog ed improvvisamente, dopo aver controllato la posta on-line, vengo distratto da una frase attribuita ad un membro del governo: serve un' "ideona" per contrastare la crisi. Evidentemente la "bella pensata" d'imbottirci di nuove tasse, sia pure per evitare la caduta nel baratro, non dev'essere stata una grande soluzione, se ora ci si ritrova a doversi inventare qualcosa di nuovo nella speranza di far ripartire i consumi.

Non vorrei tediare più di tanto, ma a me la soluzione sembra abbastanza semplice. Se l'aumento delle tasse per far fronte all'inesorabile incremento della spesa non sortisce gli effetti sperati, non è forse giusto fare marcia indietro? No, meglio proseguire ancora un po' e vedere come va a finire. Di questo passo sono sicuro che un obiettivo lo raggiungiamo di certo: impariamo tutti a vivere con più sobrietà, lasciando perdere ciò che non ci serve veramente. Il che non sarebbe un male.

Mi sembra quasi un atto di selezione naturale. Se non riusciamo noi a darci un'organizzazione giusta ed efficiente, ci pensa "il sistema globale" a ricondurci in pista su binari più corretti. Però ci vuole tempo e noi nel frattempo abbiamo bisogno d'imparare dai nostri errori. Scoccia però che quanto è chiaro ad ogni cittadino nella conduzione della propria vita familiare, non lo sia altrettanto per chi deve governare la comunità più ampia nella vita  sociale. Ed allora armiamoci di pazienza ed aspettiamo che le cose facciano il loro corso. Sopra le nuvole splende sempre il sole e dopo la pioggia torna immancabile il sereno. Ma se i danni li causiamo noi abbattendo gli argini, non lamentiamoci poi di doverci leccare le ferite perché siamo stati travolti dalle acque.

E dopo questa divagazione, che ha più il sapore di uno sfogo estemporaneo che di una lucida presa di coscienza su ciò che serve fare veramente, vediamo se riesco a ritornare proficuamente a quella che doveva essera la mia riflessione originaria.

Vorrei partire da una frase attribuita ad Indro Montanelli che un giorno ebbe a dire: "La fede è un dono. A me Dio non l'ha dato. Un giorno gliene chiederò conto". Pensandoci bene, è abbastanza paradossale questa affermazione che sembra implicitamente ammettere ciò che di primo acchito vorrebbe negare. Che cos'è infatti la fede se non credere in Dio e cercare da Lui delle risposte?

Tempo fa, mentre stavo sviluppando qualche riflessione personale, sono arrivato quasi a pensare che, con qualche buona argomentazione, avrei potuto persuadere a credere. Pensandoci ora la cosa mi fa sorridere non poco perché se così fosse, qualcuno di gran lunga più bravo di me già sarebbe riuscito nell'intento. Addirittura non riesce a convincere tutti neppure Dio in persona, che in un momento particolare della storia si è fatto presente ed ha camminato in carne ed ossa inseme a noi.

A chi nutre seri dubbi sulla divinità di Gesù Cristo, posso soltanto obiettare che se non fosse veramente Dio, come uomo non avrebbe potuto essere così coerente in tutto quanto da lui affermato. Avete voi provato mai ad essere buoni e giusti per sempre? Forse ci riuscite per un'ora, un giorno intero. Ma il dì appresso siete da punto a capo ed avete bisogno di ripartire nuovamente.

Ma allora, se la perfezione non fa per noi, è giusto inseguirla con così grande fatica oppure dovremmo abbandonare ogni tentativo di elevarci in alto e dare continuo sfogo alle nostre passioni ed agli impulsi più umani? Non credere potrebbe autorizzarmi ad inseguire senza sosta tutto ciò che mi va di fare, senza necessariamente rispettare la libertà degli altri. Magari poi col tempo arriviamo a maturare la convinzione che, se vogliamo durare a lungo, non possiamo proprio arraffare tutto ciò che vogliamo sempre incuranti di quelli a cui pestiamo i piedi. Questo perché è così che ci siamo organizzati e non si usa dire che la mia libertà finisce dove comincia quella dell'altro?

Ma se siamo furbi abbastanza, forse un modo lo troviamo. Per arraffare più degli altri, per godere più degli altri, per star bene più degli altri. E perché poi non si dovrebbe fare? Per timore di un castigo eterno in cui non crediamo e che neppure ci spaventa più? Non è forse questa la pena più grande? Quella cioè di buttare via la nostra vita e non goderla a pieno fino in fondo perché, lo dicono tutti, tanto si vive una volta sola.

Siamo così, senza costrizione alcuna, lasciati liberi di aprirci a qualsiasi ipotesi. A quella che ci vuole come sofisticato sottoprodotto del caso governato dalle imperscrutabili leggi della natura. Oppure anche ad una lucida follia che trascende l'attimo presente ed aprendosi al mistero fa della sconfitta la sua vittoria.