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giovedì 27 dicembre 2007

La pepita d'oro

Domenica scorsa, dopo messa, Maria Luisa ed io siamo stati invitati a partecipare alle prove di canto per la celebrazione del Natale.

La sera stessa ci siamo quindi recati all'oratorio della nostra parrocchia e, assieme agli amici che avevano rallegrato il nostro matrimonio in settembre, abbiamo cercato di prendere confidenza con quelle nuove melodie.

Era parecchio tempo che non salivo nei locali posti al piano superiore dove un tempo anch'io m'ero dato da fare come catechista. Ho osservato con piacere gli ambienti ordinati e dato una fugace occhiata ai cartelloni appesi, frutto del lavoro di gruppo dei nostri ragazzi.

Terminate le prove, mentre guardavo distrattamente la libreria posta nel corridoio mi sono ricordato di un breve racconto che avevo scritto da giovane. La storiella era poi diventata un audiovisivo. Alla realizzazione delle diapositive avevano collaborato i ragazzi della mia classe di catechismo. Loro seguivano con pazienza le mie indicazioni per dar vita ai personaggi della storia ed io, munito di reflex, immortalavo le loro pose.

La storiella, a grandi linee, è questa.

Un giorno un uomo, mentre arava il suo campo, trova una grossa pepita d'oro. Lo stupore e la gioia per il ritrovamento erano state grandi. Quest'uomo si considerava generoso ed altruista e quindi non voleva tenere questo tesoro tutto per sé. Mise dunque la pepita al sicuro in banca in attesa di decidere come impiegarla. Intanto si era diffusa la notizia di questo eccezionale ritrovamento come pure le intenzioni di quell'uomo. Presto numerose persone vennero a cercare questo signore per chiedergli un poco di quell'oro per i loro bisogni. Però lui rispondeva garbatamente a tutti che non aveva intenzione di disperdere e frammentare quella risorsa per tante piccole necessità. Doveva infatti servire per un'unica grande opera buona, quando se ne sarebbe presentata l'occasione. Il tempo passava ed intanto la pepita continuava a restare inutilizzata in banca. Un giorno quell'uomo morì e dato che non aveva eredi si decise di mettere la grossa pietra d'oro nella sua cassa perché fosse sepolta con lui. Non era servita a niente.

Il finale può risultare amaro, allora come oggi. Nelle mie intenzioni voleva essere uno stimolo. Meglio una storia senza lieto fine ed una vita ben spesa piuttosto che il contrario.

Mentre meditavo di scrivere queste cose ho ricevuto una telefonata da mio figlio Andrea. Ieri è partito per la montagna con un gruppo di amici. Quando l'ho accompagnato in stazione ed ho visto alcuni membri della compagnia, avevo avuto la sensazione che con loro non si sarebbe trovato troppo a suo agio. M'erano parsi un po' troppo "fighettini", come quelli che abbondano nei frivoli film del periodo natalizio. Ho cominciato a cogliere il suo disagio dai vari sms che ogni tanto ci spediva. Quando uno si diverte, ha poco tempo per scrivere a casa, ma se le cose non vanno come uno si aspetta...

L'ho sentito sconsolato e già desideroso di ritornare a casa. Questi ragazzi più giovani di lui, studentelli imbottiti dei soldi dei genitori prodighi ed irresponsabili, si stanno dando al vizio più sfrenato illudendosi di trovare gioia in cose malsane. Alludendo alla droga, ha ammesso che fra di loro circola di tutto e di più.

Credo che ora sia già sul treno che lo riporta a casa. Sono contento ed orgoglioso della scelta che ha fatto, anche se questa resa gli apparirà come una piccola sconfitta.

martedì 27 novembre 2007

Il fiore più bello

Probabilmente sarebbe meglio tacere, mantenere il riserbo. Eppure ho voglia di scrivere due righe riguardo a te, mamma.

Nella notte fra sabato e domenica ci hanno chiamato dal ricovero dicendo che eri spirata. Siamo subito accorsi e ti abbiamo trovata nel letto leggermente piegata su un fianco che parevi continuare a dormire. Sorella morte che a lungo hai invocato in tanti momenti di dubbia lucidità è venuta e ti ha preso per mano. Siamo rimasti un poco sorpresi perché quando ti abbiamo visto al mattino, Maria Luisa ed io assolutamente non avremmo pensato che quelle sarebbero state le tue ultime ore. Ti lamentavi, come facevi spesso e come la malattia ti consentiva di esprimerti. Ti dissi che comprendevo tutta la tua pena, ma che non toccava a noi stabilire i tempi ed i modi della tua dipartita e che c'era una ragione del tuo permanere fra noi. Il tuo percorso di dolore era però giunto al termine e quindi sei stata liberata da tutte le tue sofferenze e condotta nell'abbraccio di Dio. Sì, ne sono sicuro. Seguendo il Vangelo, ti sei sempre prodigata per gli altri e col tuo esempio ci stimoli a fare altrettanto.

Ed è anche per questo che il tuo funerale di oggi non è stato per me un momento di dolore intenso. Ha prevalso l'orgoglio di averti avuto come madre generosa ed aperta alla carità. Abbiamo cercato di esserti vicino come meglio potevamo in questi mesi difficili. Tu hai aiutato noi a trovare il tempo per non dimenticarci di te, per venirti a portare il nostro affetto, per apprezzare il grande carico di umanità che ancora animava le tue membra malate.

Sei stata il fiore più bello.

Grazie per il dono della tua vita.

giovedì 8 novembre 2007

Non solo soldi

L'ho rifatto. E' la seconda volta che chiedo un permesso aziendale per scrivere sul blog in orario di lavoro.

Ieri sera sono stato nuovamente a cena con i miei compagni di classe. Questa volta c'era anche don Felice Bontempi rientrato in Italia per un lungo periodo di vacanza e quindi non potevo mancare. Qualche attento lettore si ricorderà di lui per averne parlato in un precedente post (http://piccola-anima.blogspot.com/2007/03/sui-passi-di-pollicino.html) in cui illustravo l'iniziativa che ha portato alcuni dei miei compagni a costituirsi in associazione e fondare una ONLUS. Il progetto, nato in collaborazione con don Felice, sta andando avanti e su http://www.suipassidipollicino.it potete leggere altre informazioni e vedere alcune immagini.

Quasi per caso, (anche se nulla accade per caso, come ho imparato bene in questi ultimi tempi) mi sono trovato a sedere proprio accanto a don Felice. Avrei voluto cedere il posto ad altri amici che lo conoscono meglio, ma lui ha insistito perché restassi dov'ero. Fra un boccone di pizza e l'altro ho quindi avuto la possibilità di ascoltare alcune delle iniziative in cui si è trovato coinvolto in Brasile dove svolge il suo lavoro di missionario da ormai più di trent'anni.

Nelle zone rurali del Brasile i bambini non venivano mandati a scuola. Don Felice era in possesso di un camioncino e quindi ha scelto una delle tante comunità e per un paio d'anni si è preso la briga di portare a studiare un gruppo di ragazzi. Al termine di questo periodo ha comunicato che non avrebbe più continuato in questa attività di scuolabus. In seguito alle proteste dei genitori il sindaco del paese è riuscito a convincere don Felice a prolungare il servizio per un altro anno. Poi l'amministrazione pubblica si è dotata di mezzi propri ed ha continuato questo servizio. Negli anni successivi anche altre comunità, che non volevano essere da meno, hanno chiesto ed ottenuto dalle loro amministrazioni comunali lo stesso servizio.

Un'altra fetta di pizza e poi la narrazione prosegue con un altro racconto. Avendo visto i contadini svolgere il lavoro muniti di semplici zappe, decise di scrivere a diverse persone influenti per ottenere i finanziamenti per acquistare un trattore. Fra queste persone rispose solo Giulio Andreotti che tramite l'ambasciatore disse che potevano andare dove volevano a comperare il trattore e lui avrebbe provveduto a pagarlo. E così è stato. Giulio Andreotti scrisse anche che sarebbe andato a trovare don Felice, ma poi in seguito fu costretto a rinunciare per subentrati impegni di governo. Il trattore avuto in dono e messo a disposizione dei contadini per arare meglio i loro terreni fece nascere il desiderio di acquistarne altri da parte delle amministrazioni comunali. In seguito quasi tutti i paesi vicini ne avevano un paio da dare in uso ai coltivatori a prezzi di favore.

Per essere maggiormente incisivo don Felice si era buttato anche in politica, ma poi con l'uccisione del suo segretario e l'arresto di altri collaboratori è stato costretto a rinunciare. Decise allora di finanziare gli studi di alcuni bambini dicendo che il loro obiettivo sarebbe stato quello di vincere le elezioni nel 2015. Tanti di questi ragazzi sono ormai diventati adulti, si sono laureati e già oggi hanno vinto le elezioni e stanno cambiano le cose dal di dentro.

Mentre la pizza sta per finire rivolge a tanti di noi l'invito di andarlo a trovare. Ci dice di pensare solo al costo del viaggio, ma una volta là saremo suoi ospiti graditissimi, come lo è stato Luciano, il carabiniere, uno dei soci fondatori della ONLUS.

Gli accenno alle mie adozioni a distanza e gli dico che è bello andare a vedere, ma forse si dovrebbe rinunciare e mandare i soldi del viaggio per aiutare ancora di più. Con mia sorpresa dissente e dice che non è tanto importante il denaro, ma conoscere ed operare un interscambio. Mi sento punto sul vivo. Appena arrivato all'incontro avevo consegnato a don Felice una busta con un po' di soldi, come viatico per la sua missione.

Sento che ha ragione. Faccio un'offerta, magari anche generosa, ma il mio cuore è distante. In questo mondo sedicente globale ed interconnesso non conosco proprio nulla di questi miei fratelli brasiliani. Ho la pretesa di dare a loro, quando loro invece potrebbero restituirmi molto di più in cose che non si consumano.

Sopra di noi i politici si dibattono inutilmente in demagogiche questioni relative all'espulsione di cittadini stranieri e così prendono fiato incapaci di far fronte ai veri problemi del nostro paese. Nulla si sa di quanto avviene fuori dai nostri confini. Don Felice mi ha raccontato anche di una quindicina di ospedali che sono stati costruiti in Brasile finanziati dai bresciani. Mi parla di tante altre iniziative che con il governo presieduto da Silvio Berlusconi si son viste mancare dall'oggi al domani i fondi necessari per essere portate avanti. Ora il governo Prodi vorrebbe rivedere questa cosa, ma la destra preme sostenendo che i soldi devono restare in Italia. Un ragionamento molto miope. Ed intanto la gente va per un'altra strada e non fa nulla. Chi da noi ha voglia di far studiare i bambini perché un domani siano la nostra nuova classe dirigente?

martedì 9 ottobre 2007

Ringraziamento finale

Al termine della celebrazione per il nostro matrimonio, Maria Luisa ha pronunciato queste parole di ringraziamento.

"Il Signore è il mio Pastore: non manco di nulla".
Con questa fede in Lui vogliamo esprimere il nostro povero, ma sincero grazie a chi ci ha sostenuto e ci sostiene nel nostro percorso di quotidiana scoperta di una vita che, nella gioia e nel dolore, è sempre un tesoro prezioso. E un grazie è per tutti quelli che hanno partecipato, in vario modo, a questa cerimonia. In particolare vogliamo ricordare:
  • Maria, la nostra Madre celeste, che ci ha fatto incontrare.
  • Andrea ed Alessandra, che sono per noi germe di speranza e grande fiore di autentica bontà.
  • I nostri genitori, presenti e non, che ci hanno dato un esempio silenzioso e credibile di come l’amore di Dio possa ogni giorno tradursi in amore umano e in tenerezza; e, con loro, i nostri fratelli, generosi e cari.
  • I familiari di Santina e Santina, per la loro testimonianza sorprendente di bontà ed altruismo.
  • I nostri testimoni, che ci hanno accompagnato in questa prima fase della nostra storia.
  • Flavia, amica cara e saggia.
  • I lettori e i Sacerdoti che hanno celebrato questo rito e ci hanno preparato al matrimonio, incoraggiandoci. I Parroci e le comunità di S. Agostino e S. Spirito, ed in particolare il gruppo dei cantori di S. Spirito, che ha allietato questa cerimonia, e Don Giuseppe, che ha suonato l’organo.
  • I colleghi miei e di Romano, cui siamo sinceramente affezionati, gli alunni che ho incontrato e incontro nel mio cammino, che ci comunicano ogni giorno l’entusiasmo e la voglia di vivere.
  • Tutti gli amici e le amiche di scuola, di Casalbuttano, del Gruppo Giovanile, e tutti i presenti, conosciuti in tante tappe della vita, che hanno contribuito con un sorriso, una lacrima, un gesto di bontà o una parola alla nostra gioia di oggi.

GRAZIE!

Scene da un matrimonio


Prima che la memoria perda consistenza voglio raccontare, così come mi suggerisce il cuore, alcuni degli eventi che hanno avuto come perno la celebrazione del nostro matrimonio.

Col desiderio di preservare l'intimità ed il raccoglimento, Maria Luisa ed io abbiamo fatto precisa scelta di limitare il numero degli invitati alla cerimonia. La mia generosa sposa però ha voluto convocare in tempi diversi i numerosi amici, conoscenti e parenti per condividere la gioia di questo momento. Ben conscia dell'alto numero di persone coinvolte, ha cominciato ad organizzare pranzi e cene fin da giugno. Ad alcuni di questi incontri conviviali ho partecipato anch'io. Ad altri la mia presenza è stata solamente spirituale.

L'ultimo di questi festeggiamenti, da noi impropriamente battezzato come addio al celibato, si è tenuto la sera del 6 settembre. Inizialmente ho avuto modo di sentirmi un poco in imbarazzo per non essermi vestito di tutto punto come tanti fra gli invitati. Aveva organizzato tutto Maria Luisa e mi ero fatto l'idea di una cosa più informale. Poi questa sensazione di disagio è sparita. In realtà è stato un vero e proprio assaggio del matrimonio e già quella sera abbiamo cominciato a sperimentare la grazia e la gioia dei giorni successivi. Per forza di cose non c'è stato modo di parlare diffusamente con tutti, ma con alcuni si è potuto toccare anche argomenti meno banali e di circostanza. In seguito ci sono giunte numerose attestazioni di gratitudine per la lietissima serata che ha offerto a molti l'occasione di rivedersi dopo tanto tempo.

Il giorno seguente, vigilia della celebrazione sacramentale, si è aperto per me con la confessione. In quest'incontro con Dio volevo presentare soprattutto la mia riconoscenza e gratitudine per quello che avrei vissuto l'indomani. Invece è stato occasione di qualche lacrima riconoscendo le debolezze di sempre.

Nel pomeriggio sono tornato a trovare il mio barbiere di un tempo. Ultimamente ero solito frequentare le parrucchiere del centro commerciale vicino a dove lavoro. Non c'era stato un motivo importante per questo cambiamento. Probabilmente la possibilità di recarmici durante la pausa pranzo ed il desiderio d'incontrare un volto femminile in quei terribili anni di vedovanza l'hanno avuta vinta su una consuetudine ed amicizia che dura fin dall'infanzia. Ma in agosto, quando sono andato al mare a Roseto con la famiglia, con grande sorpresa ho ritrovato nella nostra stessa pensione proprio il mio barbiere di sempre. Gli annunciai il nostro imminente matrimonio e nessuno dei due spese parole riguardo alle mie defezioni degli ultimi tempi. Fra me pensavo che sarei potuto tornare da lui per farmi sistemare i capelli per il lieto evento. E così è stato. Venerdì pomeriggio mi sono presentato sulla porta del suo negozio ed ho chiesto il solito taglio prenotandomi inoltre per il mattino seguente in modo che mi desse l'ultima sistemata.

La notte della vigilia è trascorsa tranquillamente. Maria Luisa ed io ci siamo sentiti solo telefonicamente sciogliendo le ultime tensioni, dovute ai preparativi, in pensieri di speranza ed augurio di reciproca felicità.

Ed è venuta l'alba dell'8 settembre dopo una notte, almeno per me, di buon riposo. Prima delle 8 mi son recato dal mio barbiere per farmi pettinare i capelli. Non era ancora l'ora, ma il negozio era già aperto. Ho insistito per prenderci un cappuccino al bar lì a fianco, ma contrariamente al mio volere l'ha offerto Ferruccio come compensazione per quel caffè che al mare non siamo mai riusciti a prendere insieme.

Tornato a casa ho sollecitato, probabilmente un po' troppo bruscamente, i ragazzi perché si sbrigassero a vestirsi e poi via in macchina alla volta di Cremona. La cerimonia era fissata per le 11. Brescia non è distante, ma lo sposo non deve farsi aspettare ed io mal celavo una certa impazienza. Raccolto per questioni logistiche anche un nipote, siamo giunti a casa di Maria Luisa con un certo anticipo rispetto all'orario convenuto. Com'è consuetudine, avevamo scelto di non vederci prima della cerimonia. Mentre cominciavo ad indossare l'abito, Alessandra che non sottostava a questa restrizione ed aveva visto la sposa, mi è venuta a dire che Maria Luisa stava benissimo ed era bellissima.

Dopo non molto, terminata la vestizione ed ottenuto il bouquet, con al seguito i figli e mio nipote, sono uscito per andare in chiesa ad attendere i parenti che man mano sarebbero arrivati. La scuola antistante era animata da alcuni studenti di Maria Luisa che sicuramente volevano vedere l'uscita della loro prof.

Alla chiesa c'erano poche persone. Sono entrato un attimo per posare alcuni libretti che avremmo poi utilizzato per la celebrazione del rito. In un angolo appartato scorgo una signora. Mi viene naturale salutarla anche se non la conosco. Le sorrido e lei ricambia il saluto. Esco e mi fermo davanti al portone d'ingresso. Dopo poco quella signora mi si avvicina e quasi sussurrando mi dice che la persona che sto per sposare è una bravissima persona e che lei la conosce bene. Le rispondo che ne sono sicuro, non ho dubbi. Eppure penso a questa conoscente come ad un angelo che voglia farmi coraggio, casomai ce ne fosse bisogno.

Poi man mano mi perdo negli sguardi gioiosi, negli abbracci delicati, nei baci affettuosi dei numerosi amici e parenti, miei e della sposa che via via s'infittiscono. Manca ancora qualche minuto alle 11 e la sposa già arriva in auto condotta dal fratello. Quando Maria Luisa mi sfila davanti nella sua utilitaria di recente acquisto, provo un sussulto e freno a stento la commozione che m'induce alle lacrime. Le vado incontro. Le porgo i fiori e la bacio sulle gote.

Entriamo in chiesa. Io accompagnato dalla mamma di Santina che ha risposto con generosità al mio invito; Maria Luisa a fianco del fratello Federico, perché papà Dario assiste dal cielo.

Il rito inizia e prosegue in pieno raccoglimento come nostro desiderio. L'organo accompagna discreto l'introduzione. Alcuni miei parrocchiani, che con nostra sorpresa hanno deciso di partecipare, allietano col canto ed il suono della chitarra i momenti centrali della messa. Davanti a tutta la comunità abbiamo detto il nostro sì che ci ha uniti per la vita.

All'uscita ci attende un bagno di folla gioiosa e festante, ma mai quanto noi due. Ce ne vuole prima di riuscire a congedare tutti ed avviarci con una cerchia ristretta di parenti ed amici per il pranzo di nozze.

Il pomeriggio passa velocemente in serenità, cercando di dedicare un momento d'attenzione ed un saluto ad ognuno.

Terminato il pranzo, lasciamo l'agriturismo e ci dirigiamo, Maria Luisa ed io soli, verso il cimitero per portare alcuni fiori alla tomba di famiglia e recitare una preghiera per il papà defunto. Poi di nuovo in macchina verso il ricovero dove alloggia mia madre. Le avevo promesso che, se ci sarebbe stato spazio, saremmo andati da lei col vestito di nozze. La malattia non le ha consentito di gioire pienamente per la nostra visita, ma noi abbiamo gradito l'applauso spontaneo e festante degli altri ospiti, che seduti a tavola, hanno tramutato la loro sorpresa in un corale evviva.

Per il viaggio di nozze a Parigi abbiamo aspettato ancora qualche giorno in modo da consentire ad Alessandra di ambientarsi un poco con le novità della scuola superiore. I ragazzi sono stati bravi e se la sono cavata egregiamente anche in nostra assenza.

Ed ora eccoci di nuovo qua. Non tutto il miele è finito ed il segreto è serbarne sempre ancora un poco.

domenica 30 settembre 2007

Noi sposi

Tutto è andato bene. Amici e parenti hanno contribuito a rendere meraviglioso il nostro matrimonio. Abbiamo provato una grande gioia nel sentire Dio a noi vicino nell'intimo del cuore, nel sorriso e nell' abbraccio di tutti i presenti.

L'album con le foto ricordo di noi sposi non è ancora pronto, ma di seguito ci mostriamo in un paio di istantanee.


sabato 25 agosto 2007

Uniti per la vita

Ormai ci siamo. Mancano solo due settimane e poi Maria Luisa ed io saremo uniti per la vita.

Con un poco d'affanno ci accingiamo a preparare le ultime cose e tu, mia dolce sposa, ti stai facendo maggiormente carico delle varie incombenze che ancora restano.

Il nostro percorso l'abbiamo fatto ed ora siamo pronti per una nuova partenza. Chissà cosa ci riserverà il domani. Sicuramente tante cose belle, altre meno, ma domandiamo a Dio la Grazia di accogliere sempre ogni cosa nel miglior modo possibile.

Tante persone ci sono vicine ed hanno fatto sentire forte il loro tributo d'affetto, di stima e d'incoraggiamento. A loro va il nostro grazie e l'augurio di tanta felicità per tutti quanti.

C'è un tempo per piangere ed un tempo per ridere, come dice Qoelet. Indubbiamente questo è il tempo della gioia , anche se scherzosamente qualcuno per la circostanza ci ha fatto le condoglianze.

Eppure forse non sono del tutto fuori luogo perché spesso capita che il matrimonio diventa poi la tomba dell'amore. Non sia così per noi.

GRAZIE.

domenica 22 luglio 2007

Solitudine


Sui biglietti di partecipazione per le nostre nozze Maria Luisa ed io abbiamo fatto stampare la seguente frase.

Desideriamo che la gioia del nostro matrimonio possa trasmettersi a tutti voi ed anche a chi non vive nella serenità ed ha problemi.
Per questo saremmo felici di sapere che avete devoluto in beneficenza quanto pensavate di destinarci come regalo.
Se volete, potete farci partecipi della vostra iniziativa.

Ieri pomeriggio ha telefonato mia suocera per un suggerimento circa la destinazione di questa oblazione. Per scelta non ho voluto darle nessuna indicazione precisa appoggiando invece le proposte che via via andava facendo in autonomia.

Proseguendo la piacevole chiacchierata mi parlava di un'anziana conoscente che l'aveva chiamata per avere un poco di latte a negozi ormai chiusi. Non è difficile pensare che quella in realtà fosse una scusa per fare due parole e sottrarsi così a quello stato di solitudine che tanti anziani patiscono in ogni periodo dell'anno, ma soprattutto nei mesi estivi.

Poi nel pomeriggio ho ricevuto la visita di una delle mie vicine che veniva a portarmi la sua quota per le spese condominiali. Era raggiante e felice per aver trovato nella buca delle lettere il cartoncino con l'annuncio delle nostre nozze. Questa stessa vicina, con una punta di orgoglio, mi aveva confidato lo scorso anno che di lì a pochi giorni avrebbe celebrato col marito il suo cinquantesimo anniversario di matrimonio. Oltre alle mie felicitazioni non avevo potuto nascondere un poco di rammarico per un traguardo che a me non sarebbe toccato. Quello probabilmente no, anche se non si può mai dire, ma un nuovo percorso di vita a due, contro ogni aspettativa, stava già germogliando.

La briosa vicina nel continuare il discorso sul matrimonio aggiungeva che l'amore dei figli è grande, ma è ancora dallo sposo che si riceve un complimento gratificante, una parola d'incoraggiamento in un momento di stanchezza. Lei lo dice sempre alle sue amiche anziane ed anche a quelle più giovani: "tenetevi strette il vostro marito".

Per parte mia aggiungevo che comunque, in ogni caso, anche quando le cose sembrano andar male, vale sempre la pena di investire sul proprio coniuge e sforzarsi di ritrovare motivi d'intesa anziché rivolgere lo sguardo altrove.

In questi mesi di vacanza capita spesso di vedere, al mare od in montagna, spose sole con al seguito i figli e magari anche i nonni. Ed i mariti dove sono? Rimasti in città ad occuparsi del lavoro? Bisognerebbe trovare il modo di trascorrere le ferie insieme anziché farne ottima scusa per momenti di reciproca evasione alla ricerca poi di chissà quale emozione che non ha pari con quella che possiamo provare per chi ha condiviso con noi la buona, ma anche la cattiva sorte, la salute, ma anche la malattia. E' un fisico più aitante che distoglie il nostro sguardo e fa nascere in noi un cuore diviso? E' lo sbandamento di mezza età che coglie noi uomini e ci fa pensare o meglio temere di aver perso il lato migliore della vita? E' un qualche desiderio di eterna giovinezza che spinge voi donne a stuzzicarci e sentirvi così ancora desiderabili e desiderate come in gioventù?

Poi un giorno ci sediamo e ci rendiamo conto che ci siamo affannati tanto a cercare quello che avevamo già lì accanto a noi.

domenica 24 giugno 2007

Fragoline di bosco

Non ho niente da dire. La sazietà ed il benessere uccidono l'artista ed il poeta. Chi sente il capo
schiacciato dalla malvagità dell'oppressore si dibatte nel tentativo di scrollarsi di dosso il peso che l'opprime. Non c'è rivoluzione senza tirannia, non c'è rivolta senza ingiustizia. Un mondo in pace sa di noia mortale. Ma non c'è pericolo: l'uomo non è fatto per la vita tranquilla equa e solidale.

Dopopranzo ho portato Maria Luisa in montagna. Volevamo fare un salto a trovare papà. Avevo in serbo per lei la visione di alcuni luoghi che ancora non conosce. Prima di arrivare al paese abbiamo fatto una deviazione verso il piccolo laghetto di Bongi. Chi non è delle nostre parti non può conoscere questa esigua riserva d'acqua per una delle tante centrali giù in fondo alla valle. Ci siamo arrivati con calma, senza fretta, assaporando il piacere del viaggio con la piacevole compagnia di noi stessi.

Abbiamo lasciato l'auto nel solito spazio dove la parcheggiavo anche gli anni passati quando ci venivo con Santina ed i figli piccoli. E' stato bello vedere dall'alto lo specchio d'acqua per ampio scorcio. Una volta la fitta vegetazione ne impediva la visione. Giù in basso, sulle sponde, ci siamo fatti il bagno nei sali d'argento. Chi non ha visto quel film non può capire ed un po' di mistero non guasta.

Mano nella mano ci siamo incamminati lungo la vecchia strada che conduce al fienile di papà. La frondosa volta del bosco era per noi riparo dalla calura pomeridiana ed insieme strizzava l'occhio al nostro incedere estatico ed intimo.

Lo sguardo in basso per mettere i piedi all'asciutto ed evitare di sporcarci le scarpe nei tratti ancora umidi per le recenti piogge. Fra il verde alcuni puntolini rossi calamitano la nostra attenzione. Fragoline di bosco, minuscole, ma dense di gusto per il nostro diletto. Piccoli cuoricini come viatico sul nostro cammino. Il benessere non dev'essere poi tanto diverso da questo.

Attraversando per piccolo tratto il bosco di proprietà raggiungiamo poi la piccola radura dove il fienile solitario è testimone austero delle stagioni che colorano la valle sul cui fondo noi ora ci troviamo. Leviamo lo sguardo in alto e scorgiamo le case periferiche del paese paterno. Tutto questo un giorno sarà nostro, ma lo è già. Non per possederlo. Bensì per amarlo ed averne cura, se non l'avremo ceduto a qualcun altro per poco denaro.

Qualche altro passo nel verde prato, un giro intorno all'edificio, quasi per controllare che tutto sia in ordine anche se ormai nessuno se ne cura più di tanto. Un bacio sotto le fresche frasche. Il rammarico di non aver portato al seguito una coperta da picnic, un saluto ai signori del fienile appresso ed è già ora di rientrare per passare da papà.

Poi per strada altre fragoline di bosco ammiccano e noi ci chiniamo a raccoglierle.

martedì 12 giugno 2007

Patente di Guida


Oggi Andrea ha superato l'esame per il rilascio della patente di guida. I miei migliori auguri perché ne faccia buon uso.

sabato 5 maggio 2007

Caleidoscopio

Qualche giorno fa Alessandra ha compiuto gli anni e Maria Luisa le ha regalato un caleidoscopio. A chi non piace guardarvi dentro ed ammirare le simmetriche composizioni colorate che magicamente compaiono ruotando lentamente il tubo in direzione della luce? In genere non ci si sofferma più di tanto, ma sempre con stupore e meraviglia si gira fra le mani questo cilindro che non contiene altro che specchi e frammenti colorati.

Sono appena tornato da una visita alla mamma. Ieri papà mi aveva detto che l'altra notte si era strappata la PEG e lunedì prossimo la porteranno all'ospedale. Confesso di aver fatto qualche pensiero triste sulla sua sorte perché so che da quel tubicino mamma si alimenta e nonostante questo negli ultimi mesi è continuamente calata di peso. La sua è una malattia degenerativa e le prospettive non sono delle migliori, ma da quando è al ricovero l'abbiamo vista abbastanza stabile. Ultimamente le portavamo anche un poco di gelato della nostra rinomata Cremeria Italia ed ha cominciato a mangiarlo con una certa golosità. Morbido, cremoso, fresco. Dev'essere stato un sollievo per la sua gola secca ed impastata. La cosa non è passata inosservata alle infermiere ed un giorno durante una visita siamo arrivati proprio mentre terminavano di somministraglielo. Personalmente sono molto contento di queste attenzioni spontanee nei confronti di mamma. E' il loro lavoro, sicuramente. Ma la differenza che passa tra le cose fatte per dovere e quelle per amore è grande. La dottoressa oggi mi ha detto che sta riprendendo a mangiare anche altre cose e questo ci rende contenti.

Quando nei mesi scorsi diedi il consenso per l'applicazione del sondino gastrico (PEG) ricevetti alcune critiche dai parenti perché secondo loro questo avrebbe contribuito a tenere in vita mamma in uno stato vegetativo prolungandole inutilmente la sofferenza. La durata dei nostri giorni non la conosciamo. Sono contento della scelta che abbiamo fatto. Quando stamane papà ha detto che secondo lui mamma è bene assistita, gli ho risposto che mai una volta ho dubitato di questo.

Mi rendo conto che la distanza da casa c'impedisce di vederla tutti i giorni e ci richiede qualche sforzo maggiore per visitarla con una certa frequenza. Mi rendo anche conto del disagio per i parenti anziani e non tutti in grado di viaggiare in automobile autonomamente, ma la comodità dev'essere per mamma e non nostra di andarla a trovare. Eppoi viaggiando con papà abbiamo occasione di passare del tempo con lui che ora si ritrova più solo.

Attraverso un tubicino abbiamo preso forma nel grembo di nostra madre. Attraverso un tubicino ci alimentiamo ancora oppure ci dissetiamo nella calura dell'estate. Attraverso un tubicino di specchi e colori vediamo che la vita è bella e merita di essere vissuta.

sabato 14 aprile 2007

Davanti al bar


Dopo diverso tempo che non lo facevo, questa mattina sono tornato a prendermi un cappuccino con brioches al bar della pasticceria che in passato è già stata per me fonte di pubbliche riflessioni.

Mentre parcheggio l'automobile sul piazzale antistante, scorgo nei pressi dell'ingresso una giovane coppia che si scambia un appassionato lungo bacio. Lui la stringe fra le braccia e nella concitazione del momento arriva anche a sollevarla un poco da terra. Poi, mentre abbandono la vettura, incrocio lo sguardo di entrambi. Forse si sentono osservati, ma non sembrano scomporsi più di tanto perché evidentemente troppo presi dal loro sentimento. I loro occhi sembrano tradire una notte altrettanto appassionata. Continuando a sorridere entro nel locale ed ordino un cappuccino normale. Questa mattina ho bisogno anch'io di un po' di caffeina per tenermi desto. Eh sì! Aprile dolce dormire...

Mentre attendo che la gentile barista mi serva, non posso fare a meno di rimandare il pensiero indietro nel tempo. Esattamente un anno fa ieri, ricevevo da Maria Luisa il suo primo sorriso. Quella mattina eravamo entrambi in partenza per Lourdes e da quel giorno, come ben sa chi ha avuto la pazienza di leggermi su queste pagine, la nostra vita è cambiata. Oggi anch'io posso sostenere senz'invidia lo sguardo felice di due giovani innamorati.

Sì, perché anch'io ora sono di nuovo un uomo felice e sento di non aver bisogno nient'altro se non di poter continuare ad amare, come credo di aver imparato in questi ultimi anni.

Lo so che la vita ha i suoi cicli e, se abbiamo la fortuna di continuare a calpestare questo suolo, altra sofferenza, come un amaro calice, ci attende da bere. Ma se ci siamo dissetati a quella fonte, non avremo più sete. Come chi si accosta con fede all'acqua di Lourdes pregando di essere risanato nella mente e nel corpo e poi scopre, piangendo, che quell'acqua ha davvero il potere di guarire ogni malattia e ridarci la salute dell'anima.

venerdì 2 marzo 2007

Sui passi di Pollicino

Una di queste sere sono stato a cena con i miei compagni di classe. Alcuni di essi hanno dato vita ad un'associazione le cui finalità sono da me ampiamente condivise. Riporto di seguito il contenuto di un volantino di presentazione allegato al calendario realizzato con lo scopo di farne conoscere gl'intenti.

L'associazione "Sui passi di Pollicino - ONLUS" nasce su iniziativa di un gruppo di amici che, stanchi di guardare sempre e solo al passato vissuto insieme, hanno voluto iniziare a volgere lo sguardo anche al futuro dando un senso nuovo al proprio ritrovarsi.
L'Associazione persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale, esercitando la propria attività prevalentemente come sostegno morale ed economico in favore di persone e bambini disagiati che vivono in stato di emarginazione, soprattutto e non esclusivamente, in Paesi Esteri in via di sviluppo. In particolare si prefigge l'organizzazione, la gestione e la promozione di progetti di sviluppo e assistenza, in Italia e all'estero, destinati al miglioramento delle condizioni di vita delle persone disagiate, in particolare bambini.

Uno dei nostri soci fondatori ha ricevuto questa lettera da un amico, don Felice Bontempi, che opera in Brasile: "... in nessuno dei paesi della nostra regione (Valle del Jequitinhonha) c'è un metro quadrato di spazio libero per i bambini e i ragazzi al di fuori dei cortili delle scuole che chiudono, inesorabilmente, il venerdì sera per riaprire il lunedì mattino; come a dire che tutto il tempo libero di un minorenne deve consumarsi o in casa o nella "rua"... mi è nata l'idea di costruire un parco aperto per i bambini al Centro Santa Lucia in quel di Itaobim... Se l'ambiente educativo di un bambino si riduce alla strada non possiamo certo pretendere di raccogliere buoni frutti e mentre si moltiplicano le iniziative per aiutare gli "sviati" non si fa quasi nulla per impedire che lo diventino... Il progetto prevede un ampio spazio destinato ai bambini accompagnati, o non, dai loro genitori, ma sempre con la presenza di educatori formati "ad hoc"... Voglio far notare che abbiamo già il terreno e le pietre per la costruzione. Potremmo anche dare un nome al progetto: "Salviamo il piccolo Mosé prima che le acque lo inghiottano".

Questo è il primo progetto che la nostra associazione si accinge a sostenere e mantenere per almeno cinque anni. Ci impegnamo anche a tenere debitamente informati e documentati i sostenitori circa lo stato di avanzamento del progetto in modo da offrire sempre la massima trasparenza e visibilità.

Per informazioni:
Borghetti Luciano cell. 333 3011089
Mazzotti Maurizio cell. 335 6833575
Zanelli Piero cell. 338 4507012

Per le eventuali donazioni:
Conto corrente n°al: CC8500219286
ABI: 03075 - CAB: 02200 - CIN: P
Intestato a "SUI PASSI DI POLLICINO - ONLUS"
Presso Banca Generali, Filiale di Trieste (TS)

sabato 3 febbraio 2007

L'intervista


Marta è un'amica di Maria Luisa ed ora è anche amica mia. Recentemente ha rilasciato un'intervista ad una radio locale della sua città. Ho letto il testo dell'intervista e l'ho molto apprezzato. Volentieri lo ospito riportandolo di seguito.


Domanda: Di che cosa deve essere capace una famiglia che è chiamata ad accogliere la nascita di un figlio disabile?

Risposta: Passato il primo e umano disorientamento che fa dire “Perché proprio a me”, i genitori devono cercare di non sentirsi colpevolizzati per quanto è successo al loro bambino e quindi non considerarsi genitori di serie B. Al contrario dovrebbero pensare, anche se questo procedimento mentale implica e richiede un retroterra di fede: ”il Signore si particolarmente fidato di me perché mi ha affidato questa creatura del tutto speciale”. Da qui parte e si sviluppa l’accettazione, che non è un procedimento semplice perché non ci si accetta una volta sola, per sempre, ma tutti i giorni, vivendo e affrontando con sereno coraggio le non poche difficoltà che comporta il vivere con un figlio disabile.

Domanda: Anche la scuola deve essere un ambiente di accoglienza?

Risposta: La scuola ha aperto ufficialmente le porte ai disabili nell’ormai lontano 1971. Una rivoluzione più che copernicana perché ha dato la possibilità ai bambini diversi di non stare più nascosti, ma di uscire, di socializzare con i propri coetanei, di imparare. In una parola sola di normalizzarsi.
Questa normalizzazione deve costantemente progredire, migliorare...
C’è però anche il rovescio della medaglia. L’inserimento dell’alunno disabile non deve essere assolutamente strumentalizzato. Non deve esserci per creare nuovi posti di lavoro. L’insegnante di sostegno non si può improvvisare. Deve essere una persona veramente valida e capace. Altrimenti la scuola si riduce ad un parcheggio. Certo servono anche i parcheggi, ma non sono più scuola.


Domanda: Lavoro. La nostra è una società che offre giusti spazi in questo ambito?

Risposta: Purtroppo no. Si dovrà faticare ancora molto per ottenere un giusto ed equo inserimento. Attualmente la situazione è decisamente critica. Riesce preferibilmente ad avere un posto di lavoro chi è lievemente disabile o chi diviene disabile in un secondo tempo e con molta fatica riesce a mantenere il posto di quando non era ancora svantaggiato. Scoperta e maggiormente penalizzata resta la fascia, per altro molto numerosa, di quelle persone nate o cresciute con una disabilità importante. Perché la loro situazione lavorativa possa mutare in modo significativo è necessario un cambiamento radicale di mentalità. Si deve smettere di pensare che il disabile è meglio che stia a casa sua con la pensione. Si deve capire la validità assoluta del lavoro misto, costituito dall’insieme di persone normodotate e diversamente abili. E’ un arricchimento prezioso per entrambi. Per il soggetto disabile che smette di sentirsi solo ed esclusivamente oggetto di assistenza e può con soddisfazione, servirsi, mettere in campo, le capacità residue. Per la persona normale sarebbe un’ottima occasione, invece, per perdere in arrivismo e guadagnare in umanità. Se emergesse e si facesse strada questa logica di pensiero verrebbe conseguente una rivoluzione nei trasporti per maggior circolazione e traffico di persone sedute e di seguito a questa finirebbero anche di esistere le barriere architettoniche.

Domanda: Amici?

Risposta: Senza amici non potrei e non saprei vivere. Sono una parte essenziale di me.
Più delle mie braccia, più delle mie gambe. Senza di loro mi sentirei nuda. Senza contare che un’esistenza senza amici sarebbe molto più difficile da affrontare. Rischierei, con estrema facilità, di chiudermi in me stessa, vedendo soltanto il mio microcosmo, cosa questa veramente terribile: la patologia più seria e grave che possa colpire una persona disabile.

Domanda: Sì, abbattere le barriere archittettoniche è un procedimento essenziale, ma le barriere mentali non sono certo meno difficili da superare?

Risposta: Mi limito solo a sottolineare, visto la vastità dell’argomento, quanto sia sbagliata una società che ci voglia forzatamente tutti sani e belli.
La malattia, la diversità non è contemplata nei suoi canoni. Ma una società che non sa accogliere nel suo grembo la malattia, la diversità, è una società terribilmente sofferente.

Domanda: Davvero si può amare la vita stando in sedia a rotelle?

Risposta: Non vorrei scandalizzare, ma io che vivo da più di quaranta anni, da quando sono nata, con una tetraparesi spastico distonica per asfissia neonatale, una malattia da cui non si può guarire, perché il tessuto cerebrale è l’unico che non si rifà e pur non essendo questa una malattia a carattere progressivo è facilissimo peggiorare e perdere le capacità faticosamente acquisite
Perciò, non mi faccio illusioni. So che mi aspetta una strada in salita.
Un giorno, forse, la paralisi mi rinchiuderà completamente nella suo guscio. Ma adesso sono felice e sarò felice anche in futuro perché la felicità non è direttamente proporzionale alle capacità motorie.
E’un atteggiamento interiore.
Anzi, dico di più, mi sento una persona privilegiata perché sto in carrozzina.
E’ una condizione particolarmente favorevole per avvicinare e comprendere gli altri.
Perché andare verso gli altri è un movimento che si può compiere anche nella più completa e assoluta immobilità.

domenica 28 gennaio 2007

L'orchidea


Nell'autunno del 2005 mi sono iscritto ad un corso di ballo. Avevo ricevuto il volantino direttamente nella buca delle lettere e dato che si teneva nei locali dell'oratorio della mia parrocchia vi aderii con entusiasmo. Immaginavo la possibilità di qualche incontro e, se non altro, di passare qualche ora in allegria.

Al primo incontro, superato l'iniziale imbarazzo, quasi con naturalezza formai coppia con una signora che non avevo mai avuto occasione d'incontrare prima. Ballai tutto il tempo molto concentrato limitandomi a scusarmi per i miei errori. Al termine della lezione, mentre stavo per andarmene, la dama mi chiese il nome non prima avermi detto il suo. Emotivo come sono, interpretai quel semplice gesto un'attenzione particolare nei miei confronti. Confesso che rincasando, e poi la notte stessa, lavorai molto di fantasia e cominciai a costruire su quel breve incontro un grande castello di possibilità.

Dopo la seconda serata di ballo cercai di attardarmi un poco in modo da accompagnare la mia dama fino alla sua automobile. Riuscii a convincerla a prendere insieme qualcosa da bere ad un pub lì vicino. Ne approfittammo per conoscerci un po' di più di quanto il corso ci consentisse e le cose che mi diceva me la facevano piacere sempre di più. Quando si è in lieta compagnia non si guarda il tempo che passa. Ad un certo punto però si rese conto che il tempo era volato e m'invitava a lasciare il locale.

Nei pressi della sua automobile le dissi che, se le andava, avremmo potuto rivederci ancora al di fuori del corso di ballo. Mi rispose un "vedremo" la cui musica però era tutt'altro che possibilista.

Nei giorni seguenti meditai di telefonarle a casa. Dalle informazioni scambiate sapevo come rintracciare sulla guida il numero di telefono dei genitori presso cui abitava. Il primo tentativo andò male. Ci fu uno strano tichettio e fui costretto a chiudere la linea. Pensai per un attimo se quello poteva essere un segnale che m'invitava a desistere. Insistetti e riuscii a parlare brevemente con lei perché era in procinto di uscire per compere.

Non soddisfatto per quel breve contatto, decisi allora di scriverle una lettera in cui esplicitavo le mie intenzioni e la invitavo, mi resi conto più tardi, un po' troppo insistentemente a darmi una risposta in merito. Invece che spedire la lettera per posta andai dal fiorista e gliela feci recapitare con un vaso di orchidee. Volevo che le arrivasse presto e nutrivo il dubbio che per posta ordinaria potesse andare persa.

Il giorno trascorse nell'ansia di una sua telefonata di ringraziamento per il fiore ricevuto. Verso sera, temendo che non le fosse stato recapitato, chiamai la fiorista che un poco perplessa mi confermò dell'avvenuta consegna.

Mi presentai al terzo incontro di ballo con una certa trepidazione. Della mia dama neanche l'ombra. Rimasi parecchio tempo a bordo pista finché qualcun'altra mi diede modo di fare qualche giro di danza.

Mi domandavo se la sua assenza era dovuta al mio comportamento e ne ero quasi certo. L'indomani rientrando dal lavoro ero deciso a chiamarla al telefono per sentirne dalla sua viva voce i motivi. Speravo in un malanno oppure un impegno improvviso, ma ci credevo veramente poco.

Arrivato a casa trovai nella cassetta della posta la lettera che riporto integralmente di seguito.


Gentile Romano,

mi dispiace tanto che il mio modo di essere, sincero e aperto,
sia stato da te frainteso.
Ti chiedo scusa se ho alimentato in qualche modo e involontariamente
pensieri e progetti lontani dai miei.
Il corso di ballo liscio, da me intrapreso, aveva come unico scopo quello di
imparare i passi corretti, che mi avrebbero resa meno insicura e
impacciata in occasione di balli aziendali.
Non nascondo il mio timore iniziale nel procedere all'iscrizione di
questo corso, alimentato dalla non conoscenza del cavaliere con il quale
avrei dovuto muovere i miei passi di danza e dalla possibilità di
incontrare un cavaliere troppo ardito.
L'incognita era diventata per me una sfida al mio pensare
sempre e unicamente positivo.
Il giorno 18 ottobre, data di inizio corso, il mio timore svaniva
ma ad oggi la paura di alimentare in te vana speranza, e farti soffrire,
prende il sopravvento.
Comprenderai dunque la mia decisione di abbandonare il corso di ballo
per evitare di comportarmi in modo a me innaturale, soppesando ogni
mia parola e mio agire.
Ti ringrazio del bellissimo fiore ricevuto, che ho a mia volta donato a
Maria Santissima insieme ad una preghiera personale per te e per
la tua famiglia.
Con l'augurio che tu possa trovare quanto vai cercando, ti saluto cordialmente

Nicoletta

Brescia, 03-11-2005


E' parecchio tempo che medito di telefonare a Nicoletta e ringraziarla per aver offerto il fiore ed una sua preghiera alla Madonna. Penso che non lo farò, anche se è grande il desiderio di farle sapere che la Madonna di Lourdes mi ha portato ad incontrare Maria Luisa, la donna che sta per diventare mia moglie.

sabato 13 gennaio 2007

Sposalizio


Questa settimana abbiamo partecipato al primo incontro del corso per fidanzati che si preparano a celebrare il matrimonio nella Chiesa cattolica.

Il sussidio fornito a corredo reca sulla pagina di copertina l'illustrazione dello sposalizio della Vergine realizzato nel 1504 dal pittore Raffaello Sanzio.

Il tema del quadro è ripreso da una leggenda medievale secondo la quale, tra i molti pretendenti della Vergine Maria, Giuseppe venne scelto grazie ad un segno divino che fece improvvisamente fiorire il suo bastone.
Sullo sfondo un tempietto di forma circolare a sedici lati, a cui si accede da una scalinata. Il punto focale dove convergono tutte le linee prospettiche è il portale dell'edificio che si apre sull'infinito.

Nella vita di coppia ci si incontra e ci si sceglie. Succede spesso di pensare che questo non sia dovuto al caso. Si prova insomma la netta sensazione che Qualcuno ci abbia guidati dall'alto.

Poco tempo dopo esserci conosciuti, Maria Luisa mi mostrò un foglietto che teneva con sé nella borsa. Su questo pezzetto di carta ormai sgualcito c'é scritta la seguente poesia.


Luisa,

la pace
scivola in cuore a chi parla con te;
e la tua voce, dolcissima,
lenisce il dolore.

Non so se hai già
detto
parole d'amore;
ma
una cosa
ti dico,
sicuro.

Beato quell'uomo
che
la pace
e il dolore lenito
berrà dai tuoi occhi,
con trasporto infinito.

Giuseppe Stagnitto

sabato 6 gennaio 2007

La strada


Oggi "piccola anima" compie un anno.

Tempus fugit come dicevano i latini ed è vero! Quando partii per il servizio di ferma obbligatoria ricordo di essermi coricato la prima sera pensando che un anno sarebbe stato lungo da passare, ma allo stesso tempo breve e presto mi sarei ritrovato congedante. Così è stato e qualcosa di buono è venuto anche in quel periodo, contro ogni mia aspettativa.

Quando mi sono buttato in quest'avventura non avevo desideri particolari se non quello di comunicare la mia fede e speranza in cieli nuovi e terra nuova. Ho intrapreso questa strada attraverso il semplice racconto delle mie giornate passate e di quelle presenti.

Se qualcuno ha tratto dalle mie parole motivo di conforto per tornare a sorridere, sono contento. L'augurio è che possa donare a sua volta il sorriso agli altri.

La strada è ancora lunga, ma insieme il viaggio è più piacevole.