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sabato 29 novembre 2014

La bicicletta

Quello che sto per dire credo che sia successo a tanti di noi, anche se magari il ricordo potrà perdersi nella notte dei tempi. Mi riferisco al fatto di aver desiderato una cosa così intensamente e così a lungo da aver reso l'attesa stessa piacevole come il dono che, a tempo debito, avremmo ricevuto.

A me è capitato di sognare da bambino di avere una bicicletta nuova. Diversamente da oggi, allora non si esaudivano i desideri dei figli appena espressi né tanto meno li si preveniva come noi genitori moderni facciamo con i nostri ragazzi, rinunciando così ad un momento estremamente educativo e che forse soltanto il prolungarsi della crisi riuscirà a riportare indietro.

Così poteva capitare che la nostra entusiastica voglia di pedalare espressa nel periodo natalizio trovasse soddisfazione soltanto a fine anno scolastico come premio per una buona promozione. Ma in tutti quei lunghi mesi d'attesa, noi tornavamo spesso a baloccarci con il pensiero di ciò che sarebbe arrivato un giorno e che sembrava alquanto lontano. Ed in questo sogno ricorrente cresceva l'attesa, la voglia, il desiderio a cui solo il mantenimento della promessa poteva dare compimento e soddisfazione piena.

Ho avuto ieri un breve scambio con un collega che asseriva di non aver ancora avuto modo di sentir voglia di Natale, come pronta risposta al mio desiderio di ferie e feste da passare in famiglia. Continuando il discorso aggiungevo che non tantissimi anni fa le pubblicità del panettone cominciavano a comparire già subito dopo l'inizio di novembre ed era ormai forte ed insistente lo sprone per indurre la gente ad acquistare regali.

Purtroppo non è infrequente arrivare alla vigilia di Natale e, non solo sentire di averne perso il senso come sottolineato in tantissimi film americani, ma addirittura di avere completa indifferenza per l'albero da addobbare, il presepe da allestire, i messaggi di auguri da spedire, le cene da imbandire.

Ce lo dice la liturgia, bisogna preparare la via a Colui che sta per arrivare. Aprire la porta a quel Bambinello che è venuto tra noi una volta soltanto, ma che nel ricordo perpetuo, viene a porre la sua tenda fra di noi sempre ogni volta che lo invochiamo e lo desideriamo. Come una bicicletta nuova, dovremmo pensare per tempo a questo grande dono d'amore che ci è stato fatto e che continuamente è per noi, se soltanto abbiamo la voglia di riceverlo.

Vogliamo provare una gioia più profonda ed una felicità più durevole quando saremo riuniti attorno ad una tavola insieme ai nostri amici e famigliari durante il periodo natalizio? Cominciamo fin da ora a desiderarlo intensamente. La serenità non viene dal rimpianto di chi ormai non c'è più o dalle cose che non abbiamo, ma dal bel ricordo dei giorni passati insieme apprezzando chi ancora c'è.


domenica 23 novembre 2014

Purgatorio

Io mi ero già allontanato da quelle anime e seguivo i passi della mia guida, quando dietro a me, drizzando il dito, una di esse gridò: «Vedete che il raggio del sole da sinistra non sembra attraversare quello che segue, che sembra proiettare un'ombra come un vivo!»
Rivolsi lo sguardo al suono di queste parole e vidi quelle anime che meravigliate guardavano me, proprio me, e la luce del sole interrotta dal mio corpo.
Il maestro mi disse: «Perché il tuo animo si lascia distrarre al punto di rallentare il cammino? che t'importa di ciò che si mormora qui?
Seguimi e lascia che la gente parli: sta' come una torre salda, che non ondeggia mai la sua cima per quanto i venti soffino;
infatti, l'uomo in cui un pensiero ne fa nascere un altro allontana da sé la propria meta, perché la forza dell'uno indebolisce quella dell'altro».
Che potevo dire, se non «Ti seguo»? Lo dissi, alquanto cosparso del rossore che talvolta fa l'uomo degno di esser perdonato.
E intanto, su un ripiano roccioso che tagliava il monte trasversalmente, venivano verso di noi delle anime poco lontane, che cantavano il Salmo 'Miserere' a versetti alternati.
Quando videro che io, col mio corpo, non permettevo ai raggi del sole di passare, mutarono il loro canto in un «oh!» lungo e fioco;
e due loro, in qualità di messaggeri, corsero verso di noi e ci chiesero: «Informateci della vostra condizione».
E il mio maestro: «Voi potete tornare indietro e riferire a quelli che vi hanno mandati qui che il corpo di costui è in carne e ossa.
Se essi, come penso, si sono fermati per aver visto la sua ombra, vi ho detto abbastanza: lo accolgano cortesemente e ciò potrà tornare loro utile».
Io non ho mai visto stelle cadenti fendere il cielo all'inizio della notte, né lampi squarciare le nuvole d'agosto al calar del sole, tanto rapidamente quanto quelle anime tornarono in alto; e arrivate là, corsero verso di noi con le altre come una schiera sfrenata.
Virgilio disse: «Questa gente che si accalca intorno a noi è molta, ed essi vengono a pregarti: perciò continua a camminare e ascolta mentre procedi».
Essi venivano gridando: «O anima che vai per essere felice, con quel corpo col quale sei nato, rallenta un poco il passo.
Guarda se hai mai visto qualcuno di noi nel mondo, così che tu possa portare sue notizie sulla Terra: suvvia, perché continui a camminare? Suvvia, perché non ti fermi?
Noi tutti siamo stati uccisi violentemente e siamo stati peccatori fino all'ultima ora; in punto di morte una luce del cielo ci illuminò la mente, cosicché, pentendoci e perdonando, uscimmo fuori dalla vita in grazia di Dio, il quale ci strugge nel desiderio di vederlo».
E io: «Per quanto io guardi i vostri volti, non ne riconosco nessuno; ma se voi volete qualcosa che sia in mio potere, spiriti fortunati, ditelo e io lo farò, in nome di quella pace che io, seguendo i passi di questa guida, cerco nei regni dell'Oltretomba».
E uno iniziò: «Ciascuno si fida della tua promessa senza bisogno di giuramenti, purché l'impossibilità (nonpossa) non impedisca la tua volontà.
Perciò io, che parlo da solo davanti agli altri, ti prego, se mai andrai in quel paese (la Marca Anconetana) che sta tra la Romagna e il regno di Carlo d'Angiò, che tu preghi i miei congiunti a Fano, così che essi preghino per me e mi permettano di espiare le mie colpe.
Io ero originario di Fano, ma le profonde ferite da cui uscì il sangue nel quale risiedeva la mia anima, mi furono inferte nel territorio di Padova,
là dove credevo di essere al sicuro: artefice di questo fu Azzo VIII d'Este, che mi odiava assai più di quanto avesse ragione.
Ma se io fossi fuggito verso il borgo della Mira, quando fui raggiunto dai miei sicari ad Oriago, sarei ancora nel mondo dei vivi.
Invece corsi verso la palude, e le canne e il fango mi impacciarono al punto che caddi; e lì vidi il sangue che mi usciva dalle vene e formava un lago al suolo».
Poi un altro disse: «Orsù, ti auguro che si realizzi quel desiderio che si spinge su per l'alto monte; tu con buona pietà aiuta il mio!
Io fui uno di Montefeltro e mi chiamo Bonconte; né la mia vedova Giovanna né gli altri miei congiunti si curano di me, per cui io mi vergogno fra queste anime».
E io a lui: «Quale forza o caso fortuito ti trascinò fuori da Campaldino, così che il tuo corpo non fu mai ritrovato?»
Lui rispose: «Oh! Ai piedi del Casentino scorre un torrente chiamato Archiano, che nasce in Appennino presso l'Eremo di Camaldoli.
Nel punto dove si getta in Arno e perde il suo nome, arrivai io con la gola trafitta, fuggendo a piedi e insanguinando la pianura.
Qui persi la vista e la parola; morii pronunciando il nome di Maria e caddi, e rimase solo il mio corpo.
Ora ti dirò la verità e tu riferiscila ai vivi: l'angelo di Dio mi prese, e quello d'Inferno gridava: "O tu del cielo, perché mi togli ciò che mi spetta?
Tu porti via la parte eterna (l'anima) di costui per una lacrimetta che me la toglie; ma io riserverò ben altro trattamento al corpo!".
Tu sai bene come nell'atmosfera si raccolga quel vapore umido che ridiventa acqua, non appena sale dove è più freddo.
Quel diavolo unì la sua volontà malvagia, che cerca solo il male, con l'intelletto, e mosse il fumo e il vento grazie al potere che la natura gli ha concesso.
Poi, appena calò il sole, coprì di nebbia tutta la pianura da Pratomagno fino alle alte vette dell'Appennino; e rese il cielo soprastante gonfio di umidità, tanto che questa si trasformò in pioggia; essa cadde e ciò che la terra non riuscì ad assorbire riempì i fossati;
e quando confluì ai corsi d'acqua, si riversò verso l'Arno tanto velocemente che nulla poté arrestarla.
L'Archiano rapinoso trovò il mio corpo morto sulla foce e lo spinse nell'Arno, sciogliendo la croce che avevo fatto sul mio petto con le braccia quando fui giunto alla fine; mi fece rotolare per le rive e sul fondale, poi mi seppellì coi detriti che aveva trascinato».
«Orsù, quando sarai tornato sulla Terra e avrai riposato per il lungo cammino», proseguì un terzo spirito dopo il secondo, «ricordati di me, che sono Pia (de' Tolomei); nacqui a Siena e fui uccisa in Maremma; lo sa bene colui che, dopo avermi chiesto in sposa, mi aveva dato l'anello nuziale».


Tratto da http://divinacommedia.weebly.com/