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sabato 14 dicembre 2013

La bellezza

C'è un piccolo pensiero prigioniero dentro di me che bussa con insistenza per uscire. Prima però di lasciarlo libero debbo raccontarvi di poco fa, mentre ero all'esterno per pulire i balconi. Da lì posso vedere i piccioni oziosi che passano inutili giornate sui tetti delle palazzine vicine. Mentre risciacquavo lo straccio ho potuto scorgere la mossa di un grosso pennuto, evidentemente un maschio, che si faceva vicino ad altri due volatili più esili e roteando su se stesso si prodigava in quella che ho giudicato essere una spudorata corte. Quanta velleità, nonostante il rigore di queste giornate. Anche se, in verità, oggi un tiepido sole può essere la buona occasione per ridestare qualche pensiero primaverile.

Orbene, dopo alcune giravolte, la coppia di piccioncelle ha pensato bene di scansarsi e farsi più in là sull'ampio tetto. Ma il maschio non demorde e va loro appresso come una giostra disarcionata dal suo perno. Niente da fare: le due non si danno per vinte e si scansano ancora. In quel mentre ne arriva un'altra che, forse attirata dalle evoluzioni dell'ardito, piomba in rapito volo nel mezzo del terzetto e dà chiaro segnale di esser più ben disposta rispetto alle rivali. Le altre due si allontanano ancora un poco, ma poi, non più inseguite, si girano indietro e mi par quasi di cogliere in loro la delusione per non esser più al centro dell'attenzione.

La nuova arrivata forse è troppo intraprendente e quindi il gonfio maschio dopo un paio di giri fatti quasi in automatico, batte in ritirata e svolazza fin sul camino dove prontamente viene raggiunto da quell'altra che, non paga, sembra lo voglia stuzzicare ancora un pochino. Ecco però costui dispiegare ancora una volta le ali ed arretrare più là, sul secondo comignolo della casa. E così mi sembra di assistere ad alcuni fotogrammi di vita del genere umano piuttosto che a movenze d'uccelli in calore. Se ti fai avanti, attratto da qualcuno, subito l'oggetto delle tue mire batte in ritirata. Ma se qualcuno vede il tuo ardore e decide che forse sei una buona occasione da non lasciar cadere, chi aveva preso l'iniziativa resta un po' sconcertato e pensa subito a ristabilire le distanze.

Ma non di piccioni volevo parlare. Anche se, lo ammetto, il curioso siparietto estemporaneo dei pennuti mi ha divertito in maniera inaspettata. Sì, perché ultimamente non faccio altro che agitare la scopa per allontanarli dal tetto della mia casa dove in passato trovavano molto comodo sostare e così le loro fatte alimentavano rigogliosi giardini pensili intasando le grondaie della nostra palazzina. Sciò, andate più in là, sul tetto del palazzo di fronte che è completamente disabitato e quindi non date fastidio ad alcuno.

In settimana ho visto un altro film per me ricco di spunti interessanti anche se la critica si è divisa equamente fra sostenitori e detrattori. La pellicola s'intitola "Lezione ventuno" e parla di un professore universitario tutto dedito a smontare quelli che sono universalmente considerati capolavori in vari campi dell'arte. Bersaglio della sua arringa è in particolare la Nona sinfonia di Beethoven che, a quanto pare, non è stata ben accolta dai contemporanei del musicista a dispetto di una rivalutazione successiva.

La mia sensibilità e preparazione musicale non è sufficientemente completa per avvalorare la tesi narrata nel film, ma tutto sommato non ha importanza perché il punto su cui intendo focalizzare la mia attenzione è un altro. Il docente, completando quella che è appunto la sua ventunesima lezione, rivela alla sua studentessa che dopo la laurea è venuta a trovarlo nell'ambiente misero e disordinato in cui lui alloggia, che l'anziano e ormai completamente sordo Beethoven non è più  riuscito nella sinfonia - che noi ricordiamo soprattutto per l'inno alla gioia finale - ad infondere altrettanta bellezza come nelle altre sue opere passate.

E così questa riflessione colpisce anche me. Quella cioè che i vecchi non sono più fautori o degni di bellezza. Anche se la meriterebbero ancora una volta in dono durante questo lungo declino che li porta inesorabilmente alla morte.

Non ho intenzione di confutare queste affermazioni, anche se le sento molto mie con tutto quello che vado scrivendo nell'ultimo periodo. Però, e c'è un però, la bellezza non è esclusivo appannaggio e sinonimo di gioventù. Forse bisognerebbe disquisire un po' più approfonditamente sul concetto di bellezza e così si potrebbe arrivare a sostenere che quella pura non svanisce col tempo e dunque la si può ritrovare ancora fresca anche in una persona dalle membra ormai rattrappite oppure nel suo pensiero che cristallino sgorga da alte vette e rinfranca e ridà gioia a chi sa ascoltare.


domenica 8 dicembre 2013

Incomprensioni

Ieri mattina stavo tornando a Brescia dopo l'ennesima serata passata con Maria Luisa e i suoi compagni di classe. Eravamo a Cremona con due automobili e così, nonostante la cosa non stia in vetta alla classifica dei miei gradimenti, viaggiavamo da soli. In verità mi ero messo in strada qualche minuto prima della consorte perché avevo in animo di colmare la lacuna del mancato regalo per il suo recente compleanno. Nel frattempo lei si sarebbe attardata ancora un attimo in casa della madre per le ultime incombenze domestiche.

Mentre percorrevo la strada che dall'azienda municipalizzata cremonese porta verso l'imbocco autostradale, scorgo in lontananza un'auto della Polizia che procede lentamente. Davanti alle forze dell'ordine intravedo un'anziana signora che cammina ondeggiante lungo la carreggiata. Dall'auto uno degli agenti, quello sul lato del passeggero, mi fa cenno con la mano di rallentare. Quasi contemporaneamente, quello alla guida, sporge il braccio fuori dal finestrino ed indica con il dito verso sinistra.

Mi appresto allora a superare con cautela l'auto della Polizia, ma immediatamente a suon di clacson mi viene intimato di fermarmi. Subito dopo aver arrestato la macchina, abbasso il finestrino e cerco di giustificarmi dicendo che avevo capito di superare a sinistra. Invece loro avevano intenzione di far attraversare la signora anziana che manifestava evidenti problemi di orientamento nello spazio. A fianco della carreggiata vi è una pista ciclabile separata, se non ricordo male, da un piccolo fossato. Era loro intenzione permettere all'anziana di raggiungere uno degli attraversamenti per poi condurla in sicurezza sull'altro lato.

Gli agenti avevano tutte le ragioni di questo mondo per intimarmi l'alt così bruscamente come in effetti è stato, ma io non avevo assolutamente compreso che il gesto di uno dei due stava ad indicare la direzione verso cui avevano intenzione di mandare l'insicuro pedone piuttosto che essere un segno rivolto a me per indicarmi dove sarei dovuto passare. Piccola incomprensione di poco conto che non ha dato adito a nessuno strascico successivo. Probabilmente il poliziotto alla guida si deve essere reso conto del segnale ambiguo che mi aveva inviato e si era poi rivolto a me con toni decisamente pacati, ben diversi da quelli del collega che, mentre mi apostrofava con decisione, scendeva solertemente dall'autovettura per accompagnare la signora in zona sicura.

Più avanti, mentre ormai viaggiavo tranquillo in autostrada, m'è venuto quasi naturale pensare a mamma. Una mattina, mentre stavo per andarmene al lavoro, sento squillare il telefono. E' papà che, molto preoccupato, mi avvisa del mancato ritorno di nonna Celina uscita di buonora per andare alla messa. Subito ci mettiamo affannosamente alla ricerca di mia madre per le vie del quartiere. Dopo diversi minuti di infruttuoso girovagare, mi chiama al telefonino mio padre e mi dice che è riuscito a trovarla in una zona non molto lontana da casa, ma in vie diametralmente opposte a quelle che stavo battendo io in quel momento.

In un attimo è svanita tutta l'apprensione che noi familiari stavamo patendo, temendo che alla nonna potesse essere capitato qualcosa di grave. Non avevamo dubbi che potesse essersi smarrita perché in precedenza qualche episodio simile era già capitato, ma in qualche modo mia madre era sempre riuscita a guadagnare la via di casa. Quella volta invece non era stato così.

Cercando di dosare le parole e trovare il modo più adatto per non farla sentire umiliata, le dissi che sarebbe stato meglio per tutti se lei non fosse più uscita da sola per andare alla messa di buon mattino. Poteva andare a quella pomeridiana, accompagnata da papà. Come infatti avvenne e come talvolta mi è capitato di riscontrare rientrando in qualche occasione più presto del solito dal lavoro. Cominciava così l'inesorabile declino cognitivo di mia madre ed il percorso di amore e dedizione di mio padre che si prendeva cura della moglie come non aveva mai fatto in precedenza. Senza mai farne una colpa a lei per il suo stato di salute.

Tornando a quell'anziana signora di ieri mattina, che procedeva senza ombra di dubbio alquanto smarrita, voglio sperare che in qualche modo siano state avvisate le persone idonee per venirle immediatamente in soccorso. La pista ciclabile sarà stata certamente un posto più sicuro da percorrere a piedi rispetto alla strada, ma nessuna delle due mi sembravano un tragitto adatto per quella persona che si stava allontanando in maniera problematica dalla zona abitata.

sabato 30 novembre 2013

Stagione invernale

Dai, non è tanto male neppure la stagione invernale, se la si prende per il verso giusto. Me ne starei volentieri davanti ad un focolare acceso. Lo scrivo lo stesso, nonostante poi mi arriveranno un sacco di mail spazzatura con proposte di acquisto per un caminetto. La posta elettronica gratuita è una gran comodità, ma poi se scrivi di questo o di quello, puntualmente ti arriva un'offerta per qualcosa in proposito. Come quando parlo del fatto che non riesco a dormire, puntualmente mi arriva un rimedio per l'insonnia. Oppure se faccio accenno a qualche chilo di troppo, profferte a iosa per una dieta veramente efficace.

Ecco lo scotto che dobbiamo pagare per usufruire di un servizio per cui non sborsiamo esplicitamente qualcosa. E' come con la TV privata. Non la si paga, ma poi ti riempi la vita di tante cose inutili e di cui forse non sentivi neppure il bisogno. Ma tant'è. Non ne possiamo fare a meno ed allora via, a fare incetta in questo oppure in quel centro commerciale. Maledetta benedetta crisi. Mieti vittime ingiustamente, ma dai pure una scrollata alle persone così da permetterci di ridare il giusto valore alle cose. Sempre che duri a sufficienza per farlo, visto che ormai si son davvero messi tutti d'impegno per spazzarla via.

Ma non è di questo che volevo parlare. Come al solito divago e parto per la tangente. Basta che un pensiero fluisca dalle dita che subito si disperde in riflessioni collaterali. Vediamo se riesco a riprendere quello stato di grazia che mi pareva di avere nel momento in cui ho deciso di sedermi ancora una volta nell'angolo caldo del mio divano. Un po' di mestieri di casa sono stati archiviati, una buona tisana ha riempito lo stomaco. Chi oserà distogliermi ora da questo gradevole torpore?

Finisce la settimana, ma anche un mese. Presto saremo di nuovo a Natale, forse senza neppure averlo desiderato tanto. Come corre via veloce questa vita. E' come un treno ad alta velocità che scuote le foglie degli alberi che crescono silenziosi lungo il suo cammino, vicino a quei binari lunghi e diritti che gli permettono di portare lontano tante persone indaffarate a restare chiuse nei propri pensieri. Ma in un certo qual modo anch'io non resto fermo e viaggio veloce, su diverse autostrade che mi permettono in un attimo di arrivare ora qui, ora là.

Non dovremmo imparare tutti quanti un diverso stile di vita? Prendiamo a modello la natura che corre, corre, ma poi trova il giusto modo di riposarsi, di ritemprarsi, di raccogliere le proprie energie. Proprio come una pianta che le richiama dalle foglie e così facendo le dissecca e le lascia cadere al suolo. Se l'uomo non avrà perturbato troppo il clima, i suoi storti bronchi torneranno ancora a germogliare ed intorno si udirà il canto felice degli uccelli che, fatto ritorno dai paesi di migrazione, solerti si apprestano a preparare il nido perpetuando così il meraviglioso ciclo della natura che muore, ma poi risorge a vita nuova.

Voglio godermi ogni momento di questa pace, di questo silenzio ovattato reso ancora più reale da un po' di fresca neve che imbianca il paesaggio e rende felici i più piccoli. Voglio provare disagio per il freddo pungente che in queste notti si sta facendo sempre più intenso e provare sollievo nel trovare conforto poggiando le dita sopra il calorifero rovente. Voglio avere ancora un tozzo di pane da mangiare avido senza temere di fare torto a nessuno, senza sentirmi ingiusto se non lo tolgo di bocca e lo porgo a chi ha più fame di me. Voglio un bicchiere di buon vino per chiudere in allegria questa serata cittadina e non più contadina come una volta. Voglio che il dolce sonno dia sollievo alle membra stanche e l'abbraccio contento di Maria Luisa mi tenga compagnia finché verrà domenica e così noi faremo di nuovo festa.


sabato 23 novembre 2013

L'amore sbagliato

Questa settimana ho avuto il piacere di assistere a due proiezioni cinematografiche che hanno dato lo spunto ad alcune riflessioni riguardo all'amore.

Mercoledì sera a Cremona, per il ciclo "Serate Persiane", mia moglie ed io abbiamo assistito alla proiezione del film "Pollo alle prugne". Brevemente la trama presa a prestito da Wikipedia.

Un giovane violinista, Nasser Ali Khan (Mathieu Amalric), incontra Irâne (Golshifteh Farahani) e se ne innamora. Purtroppo i piani del padre di lei sono diversi, e Irâne è costretta a sposarsi con un soldato.

Nasser Ali continua a comporre musica sull'amore attraverso un violino speciale. Dopo essersi sposato, però, la nuova moglie, che non ha mai amato, distrugge questo violino. In seguito a questo fatto si originerà in lui il desiderio di uccidersi: pensa di suicidarsi in tutti i modi, ma arriva a decidere che lasciarsi morire sia la cosa migliore. Negli otto giorni che lo separano dalla morte si succedono varie immagini nella sua mente: sogni, visioni, frammenti del passato.

Ieri sera invece, comodamente seduti sul divano di casa, ci siamo goduti "Quel che so sull'amore" di Gabriele Muccino. Anche qui un breve sunto copiato ed incollato da Wikipedia.

George Dryer è un ex calciatore professionista che ha subito un grave infortunio che lo ha costretto al ritiro. Oltre al calcio, egli si è anche sposato con Stacie, ma il suo matrimonio sta naufragando dato che sua moglie convive con un altro.

Oltre alla sua ambizione di diventare un cronista sportivo in televisione, diventa anche allenatore della squadra di calcio del figlio, destando però le attenzioni delle mamme dei piccoli giocatori. Il suo obiettivo finale resta sempre quello di riuscire a riconquistare la stima del figlio e quella della moglie.

Più sotto si può leggere che il film ha ricevuto molte critiche negative negli Stati Uniti. Su Rotten Tomatoes ha una percentuale del 4% di critiche positive. Il film ha ricevuto durante l'edizione dei Razzie Awards 2012 una nomination come Peggior attrice non protagonista per Jessica Biel.

La cosa mi meraviglia un po' perché giusto ieri sera, in conclusione di visione, ho detto alla consorte che l'attrice che rivestiva il ruolo di moglie del protagonista è stata veramente brava a manifestare i suoi sentimenti di tormento interiore e di amore nei confronti del marito. Tutto il suo travaglio e la sua passione apparivano molto autentici, tali da farmi dimenticare che ci si stesse trovando in quel momento di fronte a due attori oppure che non fossimo noi stessi a manifestare o provare quelle medesime sensazioni.

A parte i commenti collaterali, non c'è dubbio che fra queste due pellicole ci possa essere un legame molto stretto, se non altro perché entrambe parlano d'amore. Da una parte c'è la storia triste e malinconica di colui che ormai privato del simulacro del vero amore, si lascia morire nonostante una moglie energica e di buon senso e due figli meravigliosi da bistrattare a suon di buffetti sulle guance. E dall'altra c'è un marito che pentito degli errori che lo hanno condotto al naufragio del proprio matrimonio, non si da per vinto e fa di tutto per riconquistare un rapporto nuovo con quella che a tutti gli effetti è una ex moglie e con il figlio che non riesce neppure a fermarsi a dormire da lui quando ha tempo di occuparsene.

Come non scorgere in entrambe le situazioni un amore sbagliato? L'epilogo nei due film è decisamente diverso. Con l'amaro in bocca al termine della prima proiezione. Con la contentezza nel cuore per un amore ricomposto nel secondo caso. Ma nella realtà, in caso di situazioni analoghe, non sono gli spettatori a pagarne le conseguenze o a godere delle ricomposizioni familiari. Gli sbagli si pagano in prima persona sulla propria pelle e non esiste un'altra vita per rimediare. Possiamo farlo soltanto in questa.


venerdì 1 novembre 2013

Ubiquità

Mi sento un po' stanco dopo aver camminato avanti e indietro con mia moglie fino al cimitero di S. Bartolomeo dove sono sepolti quasi tutti i nostri morti. Vediamo se riesco a trovare ugualmente la concentrazione necessaria per stendere una breve riflessione di cui ho fatto un rapido abbozzo mentre salivo in auto da Cremona ieri mattina.

Qualche tempo fa, in un altro post sempre su questo blog, ho provato a raccontare "chi sono". Questa volta invece vorrei provare a dire "dove sono".

Certamente ora, in questo preciso momento, son qui sul divano nell'angolo del salotto. Ho sulle ginocchia il portatile con aperto Notepad su cui sto scrivendo queste prime parole. Se sono bravo abbastanza, in questi pochi capoversi, riesco ad infondere qualcosa di intimo così da poter dire che parte di me si trovi anche in un file su questo PC. In verità, nella cartella in cui ho salvato questo documento, ce ne sono anche tanti altri che fan tutti parte di vecchie riflessioni.

L'applicazione che utilizzo per la scrittura è abbastanza spartana, ma è da me prediletta perché non applica al testo nessuna formattazione particolare e la trovo adatta per la successiva pubblicazione avvalendomi di una semplice operazione di copia-incolla. E così queste parole, oltre a sostare memorizzate all'interno dell'hard disk del mio computer, grazie alla magia di internet, fra qualche istante finiranno poi nei dispositivi di memorizzazione di massa di qualche data center in giro per il mondo, qui in Italia oppure nel resto dell'Europa o addirittura in America.

Sì, perché del mio blog ne mantengo pure un paio di copie anche su altri portali. Pertanto questi pensieri subiscono una sorta di ubiquità che si moltiplica ed amplifica ogni volta che qualcuno s'imbatte nel link che ad essi rimanda. In quel momento, quel che era sparso qua e là registrato su qualche traccia magnetica, viene nuovamente catapultato altrove fino ad arrivare nella memoria temporanea del browser dell'occasionale lettore e per qualche istante anche nella mente di chi ha la pazienza di scorrere queste parole.

Certamente questo non è un privilegio mio esclusivo. Tutti possono goderne appieno condividendo pubblicamente qualcosa di sé. E moltissimi già lo fanno. Semplicemente m'intriga il pensiero di questa interconnessione di pensieri che sopravvivono in maniera persistente anche fuori dalla nostra mente per entrare poi nella testa di qualcun altro. Esattamente come succede quando apriamo un libro e leggendo ci mettiamo in contatto con chi l'ha scritto e di lui cogliamo in qualche modo l'intima essenza.


domenica 27 ottobre 2013

Mi piace questa foto perché...

... C'è sempre un bimbo che guarda fuori dal finestrino e vede l'acqua del fiume e le case scorrergli accanto e forse dentro di sé pensa come sarà il suo domani. O forse è solo stanco ed ha una grande voglia di arrivare presto alla destinazione che mamma e papà hanno scelto per lui.

... C'è sempre qualcuno che in motocicletta arriva prima di noi e non si capisce se sta partendo oppure è appena arrivato. Il rombo del motore scuote per un attimo la città dal suo torpore ed un refolo di vento agita i nostri capelli mentre lui se ne va lontano coi suoi pensieri ben chiusi nel casco.

 ... Ci sono variopinte righe orizzontali che contrastano le spinte ascensionali delle linee gotiche sullo sfondo. La vita non è sempre generosa con tutti e spesso gli altri ti fanno largo intorno, ma se tu hai voglia di andare, là fuori c'è un ampio mondo che attende lo sguardo curioso dei tuoi occhi.

... Ci sono motivi di contemplazione anche fuori dalle mura di un convento. Sereno il volto di chi ha fatto un giorno la scelta d'amore per l'Assoluto senza dimenticare che la vita è qui ora e adesso e chi la dona per gli altri non la spreca neppure per sé stesso.

... Ci sono ruote adatte ad essere spinte, ma ci vogliono mani per farlo. Il colore dei capelli non è più lo stesso, ma gli occhi sanno ancora guardare con attenzione quel che c'è da ammirare. Le parole possono ancora raccontare i suoni ed i colori che ci hanno accompagnato lungo tutto il nostro cammino.

giovedì 10 ottobre 2013

Strana sensazione

Ecco in arrivo dal nord una bolla di aria gelida e con il vento che agita le piante e le spoglia delle foglie si fa largo nell'animo una strana sensazione, quasi un turbamento. Mi par di respirare un clima da Getsemani, come un presagio di sventura. Mi sto sbagliando, questa non è la solita premonizione che ogni tanto mi assale. Mi distraggo un po' ed il cuore ormai è quieto e sereno.

Domani un altro viaggio ci attende.


domenica 1 settembre 2013

Realtà e fantasia

Quando siamo tornati dal tour nel nord Europa, i ragazzi ci hanno fatto trovare la casa abbastanza in ordine. Loro però avevano messo le mani avanti con un SMS giustificandosi con il poco tempo rimasto a disposizione prima della partenza e da poter dedicare alle pulizie. Nonostante questo non abbiamo avuto particolari motivi di lamentela. Cosa non da poco, si erano addirittura ricordati di buttare la spazzatura indifferenziata e gli scarti organici. Il vetro e la plastica invece erano rimasti rigurgitanti nei contenitori loro adibiti in terrazza.

L'indomani ho provveduto personalmente a sbarazzarmi delle cose che non erano state gettate dai figli. Mentre mi avvicino all'area ecologica, mi rendo conto che qualcuno sta rovistando nei capienti cassonetti. Si tratta di un giovane di colore munito di un lungo arnese utile ad agganciare oggetti anche fin sul fondo dove le proprie mani non riescono ad arrivare.

Lo lascio proseguire indisturbato il suo lavoro di recupero e cerco di non far trapelare meraviglia alcuna per il suo operato. Mi vien spontaneo pensare che in questi tempi di crisi è forse possibile ricavare qualche spicciolo con oggetti o cose rinvenute fra i rifiuti. Dopo aver gettato le bottiglie di vetro e le lattine nell'apposito contenitore, mi sono spostato per buttare la plastica nell'apposito cassonetto vicino a quello dell'indifferenziato presso cui il giovane stava armeggiando.

E così mi sono accorto che il ragazzo era riuscito a recuperare un piccolo televisore portatile a tubo catodico. Lo aveva collocato a terra e con le mani faceva come il gesto di spolverarlo per bene nonostante non sembrasse averne bisogno. Mentre continuavo imperterrito a buttare i miei contenitori di plastica, gli rivolgo la parola ed accennando all'apparecchio TV dico che i possessori l'hanno gettato, ma forse è ancora funzionante e magari se ne sono liberati perché ormai obsoleto.

Mi sorride e mi chiede se sono un tecnico elettronico in grado eventualmente di ripararlo. In realtà non è così confidente con l'italiano e la frase pronunciata dalle sue labbra è un'altra, ma il senso si capisce che è esattamente quello. Scuoto la testa e, mentre mi allontano, vedo il giovane collocare il piccolo apparecchio in una delle capienti, ed in verità già piene, borse agganciate alla sua bicicletta.

Dopo aver sistemato alcune cose, nel pomeriggio mia moglie ed io scendiamo a Cremona per portare un saluto a nonna Carla che non ci vede da qualche giorno. Durante questa visita ci avanza ancora un po' di tempo e ne approfittiamo per fare due passi fra le vie del centro insolitamente animato di persone nonostante la calura ed il periodo estivo.

Sotto i portici ci sono alcune bancarelle di uno svogliato mercatino delle pulci. Giovani coppiette e attempati signori vagabondano lì attorno gettando di tanto in tanto un'occhiata sui banconi con la medesima flemma di cui siamo investiti anche noi. Più avanti mi sembra d'intravedere un oggetto familiare: un televisore portatile esattamente identico a quello recuperato in mattinata dal ragazzo di colore. Facendomi più vicino mi par di notare una coppia di signori di mezza età particolarmente interessata alla TV.

Avvicinandomi ancora ho modo di sentire che lui dice alla moglie, o compagna che sia, che ve n'era uno uguale in casa dei suoi genitori e gli piacerebbe acquistarlo per metterlo in taverna, vicino alla macchina da cucire della nonna. Sorrido fra me e me e non posso far a meno di pensare che a volte, per nostalgia, finiamo per pagare nuovamente cose di cui un giorno ci siamo sbarazzati con fin troppa facilità.



mercoledì 7 agosto 2013

Chi sono io?

Ieri sera ho avuto il piacere di assistere alla proiezione di un bel film in un cinema all'aperto. Non mi capitava ormai da un sacco di anni di prendere posto in una platea sotto le stelle. Una delle primissime esperienze da me fatte risale al periodo della fanciullezza. Mi trovavo in colonia estiva a Cesenatico e la sera ci portavano sul retro dello stabilimento balneare dove avveniva la proiezione della pellicola direttamente sul muro dipinto di bianco.

Poi bisogna fare un grande balzo fino al periodo del servizio militare. Nell'approssimarsi dell'estate mi trovavo ad espletare un corso per telescriventista nella caserma di San Giorgio a Cremano e là dentro, in quella che veniva definita dai comandanti un'isola felice, vi era la possibilità di vedere per poche lire un film all'aperto. Era il tempo delle mele, ma anche di qualcos'altro in divenire.

Negli anni successivi, dopo il primo matrimonio, m'è capitato ancora di assistere a qualche proiezione estiva nel chiostro di Santa Chiara oppure su nel piazzale del castello di Brescia, ma le occasioni sono state decisamente minori di quante in realtà avrei desiderato. E così, dopo diversi anni andati a vuoto, ieri sera si è fatta concreta la possibilità di entrare nell'Arena Giardino di Cremona per la proiezione di "Flight".

Maria Luisa ed io non sapevamo assolutamente a cosa saremmo andati incontro dato che la decisione è stata abbastanza estemporanea subito dopo cena. A volte va male. Altre volte invece tentare la sorte porta i suoi frutti e la storia a cui abbiamo assistito è risultata decisamente interessante, ricca di emozioni forti nella parte iniziale ma non banale e scontata nel prosieguo e nella parte finale.

Non è mio costume fornire troppi particolari rischiando così di guastare la visione a chi non ne ha avuto ancora l'occasione e quindi me ne asterrò volentieri. Credo però di non compromettere nulla se riporto una domanda che il figlio rivolge al protagonista per assolvere un compito scolastico. Chi sei tu? Ecco il quesito a cui D. Washington riesce soltanto a ribattere che è una bella domanda subito prima dei titoli di coda.

Chi sono io? Molto difficile rispondere a bruciapelo ed anche dopo diverse ore di riflessione. Indubbiamente sarebbe più giusto che a questo interrogativo rispondessero per noi gli altri, le persone che ci conoscono, quelli che ci hanno frequentato, almeno per un po'. Cosa ci piacerebbe sentirci dire? Forse è meglio il silenzio sperando in un giudizio clemente.

Nel mio caso ho la sensazione di essere percepito un po' diversamente da come io stesso mi giudico intimamente. Forse Maria Luisa soltanto riesce a cogliere l'essenza di me perché solamente chi è carne della propria carne riesce ad arrivare al nucleo centrale là dove ogni involucro viene dischiuso, ogni diaframma cade o meglio, si lascia dissolvere pienamente perché le difese non hanno più senso di fronte a chi ci ama. E così, sollevato l'ultimo velo, mi piacerebbe che di me si potesse dire un giorno: ecco, era una piccola anima.

sabato 20 luglio 2013

Scelta


Al di là delle curiosità personali, il punto di partenza della mia riflessione è stato la constatazione di una tendenza data ormai per assodata da tantissimi analisti, e cioè che nelle nostre società aperte europee anche quella di credere in Dio sta diventando sempre di più una "scelta", un'opzione chiaramente soggettiva, che richiede forti motivazioni personali. Non quindi un comportamento dato per scontato, semplicemente ereditato dalla tradizione o addirittura imposto dall'esterno, ma l'oggetto di una decisione individuale consapevole. Il filosofo Charles Taylor (2009) ha definito nel modo migliore questo atteggiamento parlando di "cultura dell'autenticità", ovvero della convinzione tanto diffusa nelle società europee che il conformismo vada rigettato e che ciascuno di noi abbia il diritto/dovere di trovare un suo modo specifico di realizzare la propria umanità. Nel suo L'era secolare, Taylor ha descritto l'origine e le conseguenze di questa avvenuta rivoluzione nelle "condizioni della credenza", per usare la sua espressione. Una rivoluzione che non coincide necessariamente con la "morte di Dio", anche se alcuni pensano che ne sia la logica premessa (Bruce 2002).


MARCO MARZANO
QUEL CHE RESTA DEI CATTOLICI
INCHIESTA SULLA CRISI DELLA CHIESA IN ITALIA
FELTRINELLI

sabato 6 luglio 2013

La luce della fede

Eppure, parlando di questa luce della fede, possiamo sentire l’obiezione di tanti nostri contemporanei. Nell’epoca moderna si è pensato che una tale luce potesse bastare per le società antiche, ma non servisse per i nuovi tempi, per l’uomo diventato adulto, fiero della sua ragione, desideroso di esplorare in modo nuovo il futuro. In questo senso, la fede appariva come una luce illusoria, che impediva all’uomo di coltivare l’audacia del sapere. Il giovane Nietzsche invitava la sorella Elisabeth a rischiare, percorrendo « nuove vie…, nell’incertezza del procedere autonomo ». E aggiungeva: « A questo punto si separano le vie dell’umanità: se vuoi raggiungere la pace dell’anima e la felicità, abbi pur fede, ma se vuoi essere un discepolo della verità, allora indaga ». Il credere si opporrebbe al cercare. A partire da qui, Nietzsche svilupperà la sua critica al cristianesimo per aver sminuito la portata dell’esistenza umana, togliendo alla vita novità e avventura. La fede sarebbe allora come un’illusione di luce che impedisce il nostro cammino di uomini liberi verso il domani.

LETTERA ENCICLICA
LUMEN FIDEI
DEL SOMMO PONTEFICE
FRANCESCO
AI VESCOVI
AI PRESBITERI E AI DIACONI
ALLE PERSONE CONSACRATE
E A TUTTI I FEDELI LAICI
SULLA FEDE

domenica 30 giugno 2013

Indecisione

Mi trovo come fermo ad un bivio e non so quale direzione prendere.

Vorrei parlare di "Amore e necessità" e di come tutta la vita sembri dibattersi fra queste due pulsioni naturali. La prima che spinge al rispetto, al dono, al sacrificio di sé e la seconda che taglia corto con le esigenze di sopravvivenza e coniuga alla perfezione la frase "mors tua vita mea". Lo si vede nella natura o meglio nel regno animale: solo le piante sembrano esserne esenti. I vegetali non hanno bisogno di uccidere per sopravvivere. A loro basta trasformare la materia per trarne linfa vitale. Non è così per la fauna e per l'uomo stesso che ha bisogno di alimentarsi con piante o animali di ogni genere e specie.

D'altra parte mi piacerebbe parlare anche di "Elemosina e dignità" e di come spesso nelle nostre oblazioni dimentichiamo o non vediamo per nulla chi ci sta di fronte e tende la mano. Sentiamo dentro di noi l'impulso a staccarci da ciò che possediamo e farne dono a chi ne ha bisogno, ma il nostro diventa un gesto meccanico che non trasmette umanità. E' un'azione che cala dall'alto e non pone l'altro su un piano di uguaglianza. Vorrei raccontare di come una donna, col suo sorriso, con la sua dolcezza nel domandare, nel cercare da me una parola e non solo dei soldi, sia riuscita a farmi salire di un gradino su quella lunga scala che porta l'uomo ad incontrare l'uomo.

Vorrei parlare un po' più diffusamente di una di queste due cose, ma mi scopro ad essere come l'automobilista indeciso e smarrito che si ferma pericolosamente in prossimità del bivio, proprio lì sotto alla segnaletica stradale ed ha bisogno di un po' di calma per afferrare il senso di quelle indicazioni per poter finalmente imboccare la direzione giusta.


sabato 15 giugno 2013

Fallimento

Ultimamente sembra che io sia attratto dai titoli di una sola parola che invitano a concentrare la riflessione sull'essenza delle cose. Forse sarà anche perché il periodo economico è particolarmente sfavorevole e di debacle aziendali se ne susseguono in continuazione in un turbinio inarrestabile, come un fiume in piena che, dopo aver eroso l'argine, mina inesorabilmente la stabilità delle case che si erigono a fianco lungo il suo corso.

Questa settimana sono rimasto molto colpito da una frase pronunciata in un film dato in tv che poi non ho avuto la pazienza di vedere sino in fondo, vuoi perché abbastanza assonnato, vuoi perché la pellicola non mi sembrava avere eccessivo mordente da tenere completamente desta la mia attenzione. Orbene, in una sequenza si vedeva un islamico parlare a dei giovani ed affermare che il Capitalismo aveva fallito e pure anche il Cristianesimo.

Che il modello economico occidentale non goda più di ottima salute, credo che ne siamo tutti abbastanza consapevoli. Ma che non stia più tanto bene neppure un messaggio che avrebbe la pretesa di essere una parola definitiva nella vita dell'uomo, questo mi ha sorpreso non poco.

Dopo il fallimento delle ideologie di sinistra, sembrava inevitabile il trionfo dell'ultimo credo rimasto: l'affermazione dell'individuo, il successo personale, il trionfo di chi si è fatto da sé e si è elevato in alto sopra tutti così da divenire ben presto modello a cui guardare con invidia pensando vanamente che, se ce l'ha fatta lui, forse potremmo farcela anche noi.

Ma non è stato così. Chi ha denaro sta diventando sempre più potente e chi non lo ha sempre più miserabile. Non solo, nella corsa all'accaparramento, all'accumulo fine a sé stesso, si fanno proseliti sempre più numerosi verso il malaffare, perché tanto è così che va il mondo e se non arraffi tu, lo faranno altri al posto tuo e tu sei uno stupido se non ne approfitti.

Quindi, dal mio punto di vista, non è il Cristianesimo ad aver fallito, ma il trionfo di una filosofia di vita profondamente inumana ed ingiusta ad averne adombrato il valore. Certamente si deve credere ed è in base alla mia fede che posso ritenere immutabile e definitiva una parola di speranza arrivata al cuore dell'uomo ormai più di duemila anni fa.

Come un buon padre che sa dare solo cose buone ai propri figli, non convenite anche voi con me che se noi tutti fossimo figli dello stesso Dio, e lo siamo realmente, Lui non ci avrebbe lasciati soli e ci avrebbe indicato la via? Come una madre che non si dimentica di ciò che ha generato ed è uscito dal suo grembo. Ma se anche vi fosse una madre così sconsiderata, Lui non ci dimentica e si prende cura di noi.

Idee nuove per il futuro, per uscire dalla crisi? Son tutte lì in quei quattro libretti. Basta aprirli e lasciarsi ispirare.


sabato 25 maggio 2013

Immagine

Questo pomeriggio mi trovavo in cattedrale a Brescia per partecipare alla Cresima dei ragazzi della nostra Unità Pastorale. Eravamo entrati nel duomo con un certo anticipo, quando ancora molti banchi erano vuoti. Su ciascuno di essi vi era un fogliettino con l'indicazione della parrocchia assegnataria di quel posto. Dopo un breve zig zag sono riuscito ad individuare il luogo a noi assegnato. A fianco dei banchi vi erano pure delle seggiole con sopra un analogo foglietto, ma con l'indicazione che esse erano riservate ai catechisti.

Pensando che fossero destinate a noi, ho fatto cenno a mia moglie di sederci lì. Intanto la chiesa cominciava a riempirsi e gruppi sempre più folti di ragazzi, genitori e parenti confluivano dentro quella grande casa comune. Contando le seggiole però qualcosa non mi tornava. Erano soltanto quattro e mi sembrava strano che avessero previsto un posto anche per noi proprio lì vicino ai cresimandi.

Dopo qualche altro istante di attesa, ecco giungere anche il gruppo della nostra parrocchia. Li vedo un po' smarriti e confusamente trovano posto nei banchi affiancati dai rispettivi padrini e madrine. Nel gruppo scorgo anche la catechista e gli assisenti più giovani che hanno accompagnato i ragazzi in tutti questi anni. Sono quattro, come le seggiole riservate, di cui noi ne stiamo occupando due. Capisco che c'è un errore. O meglio, che abbiamo commesso uno sbaglio sedendoci lì in quel posto ed allora invito Maria Luisa ad alzarci e a spostarci più a lato dove nel frattempo han preso posto anche i genitori ed altri parenti.

Prima di abbandonare definitivamente le seggiole faccio un cenno agli assistenti ed indico loro dove possono sedersi. Poi noi ci ritiriamo in buon ordine cercando, se possibile, un altro posto dove metterci a sedere. Non è rimasto che l'ultimo banco in fondo. Sul lato dello schienale, invece del semplice inginocchiatoio, vi è anche un ripiano a mo' di panca che va benissimo per non dover assistere in piedi alla cerimonia.

A Maria Luisa pare strano di dover dare le spalle al centro della cattedrale. In effetti lo è un po' anche per me, ma non più di tanto perché lì siamo proprio di fronte all'altare del Santissimo e quando staremo seduti, in realtà volgeremo lo sguardo a Lui ed avremo il privilegio di stare proprio in prima fila.

Inizia la funzione ed i prelati, fuoriuscendo dalla sacrestia, in breve processione passano proprio davanti a noi. Lì in mezzo a loro c'è anche il Vescovo e pertanto possiamo vedere il suo passaggio da vicino e scambiare un sorriso con il sacerdote che ci ha aiutato nel preparare gli incontri in cui noi siamo stati gli accompagnatori dei genitori dei ragazzi.

Durante l'omelia monsignor Vescovo ci parla di Giovanni, l'evangelista, che ha scritto le parole di Gesù riguardo all'amore del Padre. Chi vede Lui vede il Padre perché i due sono una cosa sola. E come in un libro bilingue possiamo capire il messaggio steso in un idioma per noi sconosciuto, così ora noi possiamo conoscere Dio, che non vediamo, per le opere e le parole di suo figlio che è venuto in mezzo a noi e ci ha mostrato il Padre.

Mentre il Vescovo seguita nell'esposizione della sua riflessione, usando immagini semplici per farsi comprendere bene dai più piccoli, senza per questo risultare banale o scontato per gli aduti, per un istante mi sfiora il pensiero d'incontrare Dio e di vederlo faccia a faccia. E la cosa mi pare sorprendente e sconvolgente al tempo stesso, così che tutto il resto ormai non conti più.


venerdì 17 maggio 2013

Io non sono come James Bond

Il titolo di questo post è una fin troppo facile parafrasi del film che mia moglie ed io abbiamo visto in settimana a Cremona. "Noi non siamo come James Bond" non è di certo una pellicola destinata al vasto pubblico, ma più propriamente può trovare la sua giusta collocazione in una rassegna cinematografica dedicata a spettatori dal gusto particolare che non disdegnano degustazioni di frontiera.

Fin dalle prime sequenze si ha l'impressione di assistere ad una sorta di documentario introduttivo all'azione filmica che dovrà svolgersi successivamente. In realtà ci si trova ben presto immersi nelle vicende personali dei due protagonisti - di cui uno è il regista stesso - che, riprendendo in mano un vecchio progetto, tentano di mettersi in contatto con Sean Connery, l'attore che sicuramente ha interpretato meglio e con più successo il ruolo di James Bond.

Attorno a questo debole filo conduttore, che si dipana come una sorta di auto intervista, emerge ben presto il tema della malattia e della prodigiosa guarigione di cui entrambi i protagonisti han fatto esperienza nella vita reale. Il film vien quasi a colmare un vuoto di senso dell'esistenza di cui improvvisamente si prende coscienza nel momento in cui una leucemia ed un cancro investono prima uno e poi l'altro dei due interpreti.

Come vien detto brevemente in alcune sequenze, in questa rappresentazione, più che tentare di dare delle risposte emerge tutta una serie di domande aperte al libero contributo individuale dello spettatore.

Il tentativo è lodevole, ma in alcuni passaggi - a mio modo di vedere - si procede fin troppo speditamente e i protagonisti perdono l'occasione per arrivare in maniera più profonda ed incisiva al nocciolo della questione. Come rapide pennellate che lasciano i contorni non ben definiti ed i tratti fin troppo sfumati. E così, dal crescendo iniziale denso di aspettative e ricco di filoni narrativi tutti equamente possibili, si arriva nel finale ad una sorta di tono minore che lascia in bocca il sapore dell'incompiuto.

domenica 28 aprile 2013

Tra inferno e paradiso

Chi resta ancorato ai ricordi, si sa, non può andare lontano. D'altra parte i ricordi sono l'ampio bagaglio di chi ha viaggiato tanto. Così, quasi in maniera aforismatica, mi veniva da chiosare un po' di tempo fa ad un amico su Facebook. Talvolta però ci si muove più con la mente che con il piede e, se la fantasia non fa difetto, le meraviglie da scoprire sono certamente più numerose di quelle che potremmo scorgere realmente con i nostri occhi.

Un buon libro è spesso il nostro biglietto di viaggio più caro, non economicamente parlando. Saliamo sul treno di una nuova lettura e non è infrequente scoprirsi dispiaciuti di essere ormai giunti a destinazione. Ora che eravamo entrati in sintonia con i nostri compagni di viaggio, ci tocca a malincuore di scendere da quel vagone che ci aveva tenuti ben al riparo per alcune ore dal mondo agitato che c'è là fuori intorno a noi.

A volte di un romanzo non sappiamo trattenere che una frase soltanto. Forse dell'intero scritto ne conserva il sapore intenso o magari siamo noi soltanto a darle un valore alto perché quel capoverso risuona e fa muovere le corde del nostro animo. E così per un attimo restiamo sospesi in quel limbo che è a metà strada fra l'inferno delle nostre preoccupazioni quotidiane ed il paradiso che custodisce i nostri sogni migliori.


domenica 7 aprile 2013

Aria nuova

Esco per un attimo sul balcone
 e sento dapprima sulle gote
 e poi su per le narici
una fresca brezza come d'aria nuova.

Ma non c'è il sole
 e tutt'attorno splende il grigio
in questo cambio di stagione
che forse non meritiamo
 e che pertanto seguita a non tornare.

Basta pioggia, che è benedetta sì,
 ma quando è troppa
mina la salute delle ossa fin al punto
che poi anche lo spirito ne risente.

Ma non s'odono gli uccelli cantare intorno?
 Dove saranno mai invece di far da sottofondo
nel lento fluire delle nostre giornate?

Mi dedicherò ancora un po' agli affanni di sempre
 e chissà se è giusto che io spenda così
il prezioso tempo che più non torna.

Dimmelo tu qual è il modo più opportuno
di venirti incontro amore
senza temere di aver preso la strada più lunga
come un navigatore configurato male.

Eppure non dovrei esitare ancora
 perché è lontana l'ora in cui imparai
come imboccare la diritta via.

Tienimi per mano perché il giorno presto muore
e se ti ho accanto
anche l'aria nuova di cui ho bisogno non manca.

Nella tremula luce di una candela
contemplo il tuo sorriso
e non c'è cena che mi possa dare
identica sazietà, come starti a guardare.


martedì 26 marzo 2013

L'ateo perfetto

Eravamo degli atei perfetti, di quelli che non si pongono più interrogativi sul loro ateismo. Gli ultimi militanti anticlericali che si scagliavano ancora contro la religione nelle riunioni pubbliche ci parevano patetici ed un po' ridicoli, quali lo sarebbero degli storici che s'impegnassero a confutare la favola di Cappuccetto rosso. Il loro zelo non faceva altro che prolungare inutilmente un dibattito chiuso ormai da lungo tempo dalla ragione.

L'ateo perfetto non era infatti ormai più colui che negava l'esistenza di Dio, ma colui per il quale non si poneva neppur più il problema dell'esistenza di Dio.

ANDRÉ FROSSARD
Dio esiste
io l'ho incontrato


SOCIETÀ EDITRICE INTERNAZIONALE
TORINO

Ecco un altro libro letto tutto d'un fiato nel breve spazio di un pomeriggio passato in ospedale a fianco di Maria Luisa sottoposta ad intervento chirurgico per la ricostruzione del tendine del pollice sinistro.

sabato 23 marzo 2013

Meno di 75 minuti

Con l'avvento della Quaresima, mia moglie ed io avevamo espresso il desiderio di accostarci al Sacramento della confessione per tempo, ben prima della Settimana Santa. Ed invece, nonostante tutte le nostre buone intenzioni, non siamo riusciti a dare concretezza a questo proposito se non oggi pomeriggio soltanto, giusto alla vigilia della domenica delle Palme.

Dopo l'immancabile riposino pomeridiano, fonte di riconciliazione con le energie fisiche disperse durante la settimana lavorativa, abbiamo preso la macchina e ci siamo diretti verso il centro cittadino. Lasciata l'auto in un affollato parcheggio ad accesso libero, ci siamo incamminati verso la chiesa di S. Francesco dove numerosi frati sono disponibili ad accogliere i penitenti di ogni età.

Giunti là, vorrei trattenere Maria Luisa presso il confessionale che è collocato in fondo alla navata laterale, proprio lì a fianco del portale d'ingresso. Ma lei, nonostante non ci sia nessuno e si debba presumibilmente aspettare soltanto che esca chi ci ha preceduto, ne scorge un altro che si sta liberando più avanti e m'invita a seguirla. Con passo affrettato lo raggiungiamo e lascio che sia lei ad entrarvi per prima. Mentre mi guardo intorno per trovare un posto dove sostare, mi accorgo che è appena uscito un signore anche dal confessionale che avevamo abbandonato. Ritorno allora sui miei passi e con circospezione entro anch'io a chiedere perdono.

C'è decisamente meno ressa delle altre volte, nonostante ormai la Pasqua non sia più tanto lontana e così, a conti fatti, ci avanza più tempo del previsto. Propongo allora a mia moglie di arrivare fino in piazza Vittoria per visitare una stazione del nuovo metrobus. Nei giorni scorsi c'è stata l'inaugurazione. Saremmo voluti accorrere anche noi per dare un'occhiata a questa nuova grande opera della nostra piccola cittadina, ma dopo aver letto su facebook delle lunghe attese patite da alcuni amici per la gran folla di metroentusiasti, abbiamo deciso di rimandare la visita ad un momento più favorevole.

Mentre ci avviciniamo al centro della città, ci viene incontro una ragazza che ci domanda a bruciapelo qual è stato l'ultimo libro da noi letto. Quasi fosse passato ormai un decennio, non riesco a dirle nulla e la mia espressione smarrita la disarma totalmente e, non riuscendo più a chiederci nulla, ci lascia proseguire per la nostra strada. Mentalmente ripenso al libro di Gramellini che sono riuscito letteralmente a divorare nel ristretto spazio di un fine settimana. Possibile che non sia stato in grado di ricordarmi tempestivamente di quel romanzo? Fai bei sogni. Ecco, ora mi rammento il titolo e cerco subito di fissarmelo bene in testa per poter fornire una pronta risposta, casomai dovessimo essere bloccati nuovamente al nostro ritorno.

In direzione della chiesa di S. Agata noto un moderno ascensore che riporta in superficie alcuni viaggiatori. Noi decidiamo di girare l'angolo e di scendere a piedi giù per le scale che trovano sbocco su via Verdi. Una volta scesi di sotto, ci guardiamo un attimo in giro, ma in realtà non c'è granché da vedere. Non ho voglia di fare come quello che schiaccia il naso sulla vetrina della pasticceria e poi non entra a prendersi neppure una fetta di torta. Ed allora propongo a Maria Luisa di acquistarci un paio di biglietti e fare il nostro primo giro esplorativo in metropolitana.

Mentre armeggio un attimo impacciato di fronte al distributore automatico, mia moglie mi viene provvidenzialmente in soccorso e mi consiglia di selezionare sul touch screen il tipo di biglietto da acquistare senza che io continui ad insistere nel voler infilare le monete in quella che evidentemente non è la fessura adatta. Mi viene in mente lo stesso tipo d'impasse da me patito nella metropolitana di Parigi, quando vi portai i ragazzi nel 2002. Anche allora, dopo alcuni istanti di sconcerto, fui provvidenzialmente assistito da Alessandra che dall'alto dei suoi nove anni dimostrava di sapersi districare meglio di me davanti ad un dispositivo elettronico.

Con il nostro bel biglietto in mano, scendiamo altre due rampe di scale e subito approdiamo al punto d'imbarco. Questa stazione è situata esattamente a metà del tragitto. Noi ci muoveremo in direzione di S. Eufemia, lasciando l'esplorazione dell'altro tratto ad un'altra occasione. Il pannello a messaggio variabile ci avvisa che l'attesa si protrarrà per altri 6 minuti. Mi guardo intorno ed osservo le pareti ancora immacolate. Speriamo che non le insozzino troppo presto. La struttura è ancora nuova e temo che non resterà così a lungo.

Un rapido scambio di battute con Maria Luisa ed il convoglio è subito in arrivo. Salgo, quasi con lo spirito di chi non ha mai preso un mezzo pubblico di questo genere e, mentre mia moglie trova comodamente posto a sedere, nonostante vi sia ancora posto, preferisco restarmene in piedi. Intanto una gradevole voce registrata annuncia le varie fermate che man mano andiamo velocemente raggiungendo. Ben presto il metrò emerge dalle viscere della terra e dopo alcuni tratti in trincea eccoci ora a percorrere gli ultimi chilometri in viadotto sopraelevato.

Giunti alla stazione di fine corsa il piccolo treno di carrozze fa uno scatto di lato e si posiziona sul binario dell'opposto senso di marcia. Chiedo conferma ad un addetto dell'azienda di trasporto ed apprendo così che non siamo costretti a scendere per fare ritorno. Ha cominciato a piovere e non è il caso di sostare un attimo all'aperto. Invito Maria Luisa a portarci in testa al vagone da dove potremo meglio apprezzare la corsa del mezzo. La faccio sedere di lato mentre mi soffermo a guardare alcuni genitori che fanno accomodare i loro bambini proprio in prima fila. Mi viene spontaneo pensare che a loro tocca assecondare la curiosità dei propri piccoli mentre invece mia moglie deve dar retta al bambinone che s'è portata appresso.

E così in meno di 75 minuti ritorniamo al punto di partenza senza aver usufruito appieno del tempo concesso dal nostro biglietto. Questo breve viaggio esplorativo mi sembra quasi una metafora della vita. Talvolta si attraversano velocemente alcuni luoghi e non ci si ferma neppure un attimo per prendere visione con calma del posto, né per incontrare le persone che vi abitano.


sabato 2 marzo 2013

Sede vacante





Sul finire dello scorso anno, ricevuto l'annuncio che il Papa avrebbe aperto un account su Twitter, mi sono deciso anch'io a fare altrettanto. L'idea mi era balenata in testa un bel po' di tempo prima, forse giusto per esplorare anche questo angolo del web, ma poi mi aveva frenato una sorta di diffidenza ed avevo lasciato perdere. Con l'ingresso ufficiale di Sua Santità, scioglievo ogni riserva e facevo, per così dire mia, la scelta del Pontefice, con piena fiducia nelle buone possibilità offerte da questo ennesimo sistema di comunicazione di massa.

Creato un account personale, ho cominciato esordendo nel più classico dei modi, secondo lo stile prevedibile di ogni programmatore della vecchia scuola. "Hello world!" è stato il mio primo Tweet datato 3 dicembre 2012. Il 7 dicembre, vigilia dell'Immacolata e festa di S. Ambrogio, ho voluto ripetere l'esperienza ed ho proferito un altro cinguettio: "In trepidante attesa". Chiaramente indirizzato a colui che era stato l'ispiratore e mi aveva spinto ai primi gorgheggi. Quello stesso giorno, pieno di ardimento, mi sono cimentato anche in un breve saluto all'indirizzo di @Pontifex_it ed ho scritto "Resta con noi perché ormai si fa sera".

Anche se il Papa non aveva ancora iniziato a lanciare messaggi per questa via, tutti eravamo invitati a mandargli un saluto e questa citazione del vangelo, proferita dai pellegrini di Emmaus, sembrava per me il modo migliore per accoglierlo e farlo partecipe del mio desiderio di continuare a godere della sua presenza. Non ho la pretesa, con tutti i messaggi a lui indirizzati fin dai primi giorni, di essere arrivato direttamente agli occhi del Papa, ma chissà se avrebbe potuto sorprendersi di leggere qualcosa che - con il senno di poi - poteva anche riferirsi a quella difficile scelta che di lì a pochi mesi avrebbe annunciato e che sicuramente albergava con grande travaglio nel suo cuore?

Ora l'account Pontifex_it è stato chiuso, causa la sede vacante, e quindi le poche conversazioni con lui restano in un certo qual modo monche perché mancano del suo tweet originario che non riesco a riportare con precisione, ma soltanto citare a senso per inquadrare meglio la mia risposta.

All'invito di raccontare qualche nostro ricordo relativo al periodo natalizio dell'infanzia, ho così scritto: "Abitavamo in campagna e ricordo che mia madre mi portava a visitare i presepi nelle cascine vicine. Che meraviglia di colori!". All'invito a pregare per l'unità dei cristiani, con una certa sfacciataggine ho risposto: "Santità mi permetta un commento. Aggiungerei anche di andarsi reciprocamente incontro e non aspettare soltanto il passo altrui". Per una bella frase sull'amore di Dio che non viene mai meno: "Basterebbe questo a cancellare la disperazione di certi momenti. L'amore davvero basta a salvare una vita".

Appresa la notizia delle sue dimissioni ho scritto soltanto questo: "Grazie per il bene fatto". Avrei voluto scrivere semplicemente "Grazie", come ho fatto altre volte, convinto che questa parola di sole sei lettere sia così densa di significato che ogni altra sfumatura accessoria sia inutilmente ridondante. Avendo però appreso da un servizio televisivo che l'account del Papa in queste poche settimane di vita era stato fatto oggetto d'insulti e di messaggi negativi in percentuale così elevata da superare di gran lunga qualsiasi stato fisiologico, onde evitare di essere frainteso e che potesse essere male interpretato il mio messaggio, ho voluto far seguire esplicitamente anche la motivazione.

Ed ora, come tutti sappiamo, la sede è vacante. Ci vuole, molto, tanto coraggio a riconoscersi inadeguati a portare avanti l'alto compito di guidare la Chiesa, riconoscendo umilmente di non esserne più capace. Non così i nostri governanti che, perduta una poltrona, ne guadagnano subito un'altra altrove, prima ancora che riescano a freddarsi loro le terga. E forse, nonostante non ce ne siamo ancora accorti, la fine del mondo - almeno di quello che conoscevamo prima - è già iniziata e cambiamenti epocali sono già in atto.


sabato 9 febbraio 2013

Le parole degli altri son meglio delle proprie

In Fai bei sogni scrivo che non essere amati è una sofferenza grande, ma non la più grande. La più grande è non essere amati più. Assaggiati e sputati come una caramella cattiva. E' il timore di venire abbandonati che ci impedisce di abbandonarci.

Quando illustro in pubblico questi concetti mi capita di incrociare smorfie perplesse. Allora li attribuisco a Jung.

Per non avere più paura di soffrire è indispensabile liberarsi dal dolore. Milioni di persone provano a farlo ogni giorno, prodigandosi in preghiere e buone azioni oppure stordendosi con droghe ed esperienze estreme. Ma, come diceva Jung, i ricordi dolorosi non si possono eliminare. Quello che si può eliminare è il dolore associato ai ricordi.

Oggi riesco a pensare a mia madre senza più provare dolore perché ho accettato intimamente una verità indimostrabile: che tutto ciò che accade è sempre giusto e perfetto. Che il dolore è qualcosa che ci capita addosso non per sfortuna, ma per concederci l'opportunità di conoscere la parte irrisolta di noi.
 
(...)

Se da quando nasci a quando muori nella tua vita non è cambiato tutto o almeno qualcosa, significa che la vita non ti è servita a niente.


A SOGNI FATTI in Fai bei sogni di MASSIMO GRAMELLINI - LONGANESI


sabato 2 febbraio 2013

Altri organi





   Certo, accadono cose che un tempo la nostra ragione non avrebbe creduto possibili. Ma forse possediamo altri organi oltre alla ragione, organi che allora non conoscevamo, e che potrebbero farci capire questa realtà sconcertante.
 
Io credo che per ogni evento l'uomo possieda un organo che gli consenta di superarlo.
 
    Se noi salveremo i nostri corpi e basta dai campi di prigionia, dovunque essi siano, sarà troppo poco. Non si tratta infatti di conservare questa vita a ogni costo, ma di come la si conserva. A volte penso che ogni situazione, buona o cattiva, possa arricchire l'uomo di nuove prospettive. E se noi abbandoniamo al loro destino i duri fatti che dobbiamo irrevocabilmente affrontare - se non li ospitiamo nelle nostre teste e nei nostri cuori, per farli decantare e diventare fattori di crescita e di comprensione -, allora non siamo una generazione vitale.

Etty Hillesum

Lettere
1942 - 1943

GLI ADELPHI


sabato 19 gennaio 2013

La sconfitta

 Ho combattuto con le parole ed ho perso
 perché la mia lingua era affilata,
ma non abbastanza da penetrare fino al
 punto di divisione del corpo e dell'anima.

Ho lottato tenacemente oltre ogni
 possibilità di resistenza, tenendomi
in piedi anche quando sentivo le forze
 venir meno, quando il vigore finiva.

Ho amato ogni momento come se non
 ve ne fosse un altro, perché è giusto
bere fino in fondo il calice che
 ci vien servito, dolce o amaro che sia.

Ho pregato che venisse un giorno migliore
 dove ognuno potesse sorridere,
ma la cattiveria è stata superiore alla
 grazia e lo sconforto ha regnato sovrano.

Ho desiderato tornare indietro nel tempo
 per cambiare le scelte di un giorno,
ma una sola possibilità è data e quel che
 non si sceglie resta perduto per sempre.

Ho messo pace nell'animo perché ormai
 tutto era compiuto e non sarebbe servito
implorare un diverso destino.
 Più di ogni cosa ora conta accettare.


Dove ti porta il cuore

Ci sono pochissimi libri che io sia mai riuscito a leggere per intero nell'arco di una sola giornata. Certamente fra questi posso annoverare "Va' dove ti porta il cuore", il famosissimo romanzo scritto da Susanna Tamaro nel 1994. Qualche anno più tardi mi è capitato di ascoltare la scrittrice in un'intervista televisiva. Rimasi meravigliato per il giudizio totalmente negativo che lei stessa dava alla protagonista del suo libro, l'aziana signora che fa alla propria nipote una confessione in cui emerge silenziosamente una menzogna che ha travolto la sua famiglia. Per me non era stato così: non avevo dato questa interpretazione. Semplicemente avevo trovato nel libro un invito esplicito, rivolto prima alla nipote e poi anche al lettore stesso, a lasciarsi trasportare là dove il cuore ci suggerisce per non dover stilare, al termine della propria vita, un bilancio ricco di rimpianti.

Nello stendere di seguito un elenco dei miei post precedenti, sono ben conscio che quanto a me può apparire gradevole e significativo in realtà potrebbe non trovare un'eco altrettanto favorevole nel lettore, proprio perché differente è il vissuto di ciascuno di noi.
 

Quello che le donne non vogliono più 

Sabato italiano

L'uomo nuovo

Pane e sorriso

Rivelazione

Desideri realizzati 

L'umanità negata 

Il pettine sdentato

Ladri di biciclette

L'orchidea

Davanti al bar

Fragoline di bosco 

Solitudine 

Uniti per la vita 

Scene da un matrimonio

Non solo soldi

Il fiore più bello

Cinema di periferia 

L'eleganza del riccio

La croce

La bambolina di Anna

L'autostrada dei Rosari

Dormire 

Quanto dura l'amore

Morto che parla

Luce nelle tenebre

L'altro diario

Ciao Piera

La torre di Babele 

Livemmo centro del mondo

Mio nipote

Mio padre

La solita vita di sempre 

Crisi solidale

Straniero in patria

Le scarpe

Sette vite

Dietro quella porta

Chicchina

C'era una volta in Australia 

Troppa montagna può far male 

SMS

Al titolo ci penso dopo

Cara Santina

Uno sguardo a domani 

Passato che ritorna

Buon compleanno Ale 

Bontà d'animo

Matrimoni preziosi 

Summer time

Vita a due

Contro natura

Bozze di vita

La Serva di tutti

Maria, Lui sa 

Mentre il giorno muore

Aspettando l'autobus

Facebook mania

Come dimenticare?

Un ventesimo di millennio

Le ossa dei morti sorreggono la chiesa 

Volere volare

Aperti a qualsiasi ipotesi 

Il piccolo seme

Il coro

Teoria del mondo imperfetto 

La settimana prima degli esami 

La montagna

Pazienza infinita

Verso la meta 

Fare un fioretto 

Il mio nome 

Incorrisposto amore

Pomeriggio di novembre

Passato il giorno

La difficoltà di essere se stessi

 
Concludendo questa sorta di indice, autoreferenziale per antonomasia, debbo convenire che avevi ragione tu, Alessandra. Stamane l'avrei passata davanti al computer e non in singolar tenzone per spazzar via da casa lo sporco e la polvere.


domenica 13 gennaio 2013

Le ultime parole

- "Riconosci questa mano?"
- "Certo! E' quella del mio Ciccio"
- "Se vuoi andare, io ti lascio andare"
- "Dove?"
- "Ovunque andrai, certamente starai meglio che qua"
- "Ah..."