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sabato 10 gennaio 2009

Diamo una sedia al vescovo di Macapà


Qualche tempo fa la generosità dei benefattori di Cuore Amico ha permesso di aiutare il vescovo di Macapà, mons. Pedro Josè Conti a portare avanti la Pastorale Carceraria della Diocesi, nel penitenziario che raccoglie tutti i carcerati dello stato dell'Amapá: circa 1500 uomini e 300 donne. Gli sforzi e l'attivismo di mons. Pedro l'hanno poi portato a realizzare l'auditorium della missione, sempre grazie all'aiuto di molti benefattori.
E' un'opera di grande rilievo che dovrebbe diventare lo spazio di incontro della Comunità, ma che, allo stato attuale non è ancora pienamente utilizzabile perché necessita di essere arredata. Per questo don Pedro si rivolge ai suoi "amici di Cuore Amico" per l'acquisto delle sedie, senza le quali, ovviamente, la struttura non può funzionare come dovrebbe quale centro di evangelizzazione, ma anche di riferimento per le attività che richiedono la riunione di molte persone.
Sarebbe poi necessario attrezzare il tutto in blocchi di quattro sedie e tavolo relativo, in modo che i tavoli possano esser usati per scrivere, per esempio, o per qualche festa, dove si mangia e si beve qualcosa, come in tutte le parti del mondo.
Purtroppo anche in Brasile i prezzi sono in continua crescita, soprattutto in una regione remota come quella dove porta avanti la sua opera don Pedro, in cui le merci possono arrivare solo dopo un lungo viaggio via nave.

Servono mille sedie e duecentocinquanta tavolini:

  • costo di una robusta sedia di plastica 15 euro

  • costo di un tavolino per quattro sedie 30 euro.


"So che ricevete molte richieste e sicuramente molto più "serie" e urgenti della mia" ci scrive Dom Pedro, "ma la missione è fatta anche di ambienti e di... sedie. In luglio abbiamo realizzato una scuola di teologia per laici e hanno partecipato 255 persone. Se continuiamo così le sedie non possono mancarci!".
Diamo allora una sedia al Vescovo, costretto a stare seduto per terra, in quella lontana terra di missione e aiutiamolo a diffondere il messaggio del Vangelo anche all'Equatore.

Tratto dal periodico CUORE AMICO fondato da don Mario Pasini.

PS Non si dovrebbe dire -e pertanto questo non mi varrà come buona azione-, ma nel caso in cui questo possa stimolare qualcuno a fare altrettanto, rendo pubblico che poco prima della fine dell'anno ho fatto un versamento che si è rivelato sufficiente all'acquisto di almeno 20 sedie e 5 tavolini. Dell'amico don Piergiuseppe Conti ci si può fidare: lo conosco personalmente da quando avevo 14 anni.
Per l'eventuale oblazione vi potete appoggiare all'organizzazione CUORE AMICO di cui riporto link qui, ma anche a lato. E' la stessa con cui sostengo le mie adozioni a distanza. Lì potrete trovare i riferimenti bancari e postali per la vostra offerta che ricordo essere detraibile, nei limiti previsti dalla legge, dalla vostra dichiarazione dei redditi.

martedì 6 gennaio 2009

Nell'ombra


Questa cosa di fotografare le ombre l'ho presa da mia figlia Alessandra. In verità lei ha anche un'altra "mania": quella di fotografarsi i piedi. Inutile dire che ho emulato anche questa. Non so cosa ispiri lei; a me piace il carattere simbolico della cosa oltre al punto di vista insolito che tende a porre in risalto quello che sfugge ad un primo sguardo.

Fuori nevica poco ormai. Con un eccesso di prudenza ho invitato Maria Luisa a tornare a Cremona ancora questa mattina piuttosto che nel pomeriggio quando magari, con il rialzo della temperatura, poteva nevicare con più abbondanza. Che dire... chi è causa del suo mal pianga se stesso. Avremmo potuto trascorrere insieme altre ore di questa vacanza ormai agli sgoccioli. Domani si riparte dopo uno stop veramente lungo. Vedremo come andrà.

Con i piedi infreddoliti nonostante due paia di calze e le dita non troppo agili per l'identico motivo, ho sfrattato Alessandra dalla sua scrivania e mi sono messo davanti al computer con l'intenzione di stendere un altro post. Eppoi oggi è il terzo compleanno di "Piccola anima" e non posso lasciarmi sfuggire l'occasione per qualche commento in merito.

Non c'è che dire. Il tempo è passato velocemente e quest'avventura continua ancora. Qualcosa nel frattempo è cambiato. Ora non pubblicherei nulla senza aggiungere un'immagine oppure una fotografia fra quelle scattate da me personalmente. Perché un'immagine vale più di tante parole, anche se condivido quello che dice l'amico Lorenzo sul suo sito (www.castegnero.eu): che, cioè, una parola giusta detta al momento giusto vale più di tante immagini.

Col tempo ho fatto l'abitudine anche ad un'altra cosa: riportare un pensiero significativo tratto dalla lettura del momento, sia esso un libro oppure un articolo di rivista o giornale. E' una cosa molto comoda, lo ammetto (trascurando la poca pena di doverla ribattere). Qualcuno avrà già avuto modo di leggere quanto da me inserito. Non importa, una ripassatina non fa mai male. Forse in qualche lettore -in verità non credo di averne molti- nascerà il desiderio di accostare l'autore da cui tale spunto è stato tolto e questo mi pare una buona cosa, in ogni caso. In genere non aggiungo un mio commento personale perché trovo il pezzo di per se stesso completamente eloquente: finirei solo per sminuirne il significato e la forza del messaggio.

Di solito a fine anno si fanno i bilanci e si tirano le somme per quanto di buono o, più spesso, di meno buono che c'è stato. Il nuovo anno è già iniziato, ma posso dire ancora qualcosa riguardo a quello appena passato.

Nei mesi scorsi ho sperimentato personalmente cosa vuol dire stare sdraiati in un letto d'ospedale. Fino ad allora, per mia fortuna, non l'avevo ancora provato, ma a conti fatti m'è andata bene. Come ho già scritto su queste pagine, la ripresa fu rapida anche se poi mi sono trovato, ancora convalescente, ad assistere Maria Luisa per i suoi problemi di salute. Nonostante tutto è stato per me un piacere. Certo, avrei preferito poterne "approfittare" un pochino ancora della mia condizione di ammalato e godermi più a lungo il surplus di "coccole" per la circostanza. Diversi anni fa avevo desiderato di trascorrere in ospedale una o due settimane per un qualche lieve ammanco di salute, come un'appendicite o cosa simile, e potermi così tuffare nella lettura libero da impegni di lavoro e di famiglia. Niente di più stupido. Nonostante il ricovero mi abbia concesso di leggere parecchio ed inoltre permesso la visita di molti amici, mi sono convito che la lettura sul divano di casa è migliore e gli amici si apprezzano di più intorno ad una tavola piuttosto che a fianco del letto.

La buona ripresa mia e di Maria Luisa sottolineano questa grande verità: siamo tutti temporaneamente malati e provvisoriamente in salute. Secondo il mio punto di vista, non è tanto importante ammalarsi poco, anche se sarebbe meglio, ma ogni volta recuperare presto la salute. Questa, in sostanza, è anche la nostra preghiera.

Ridonaci Signore la salute del corpo e facci tornare presto agli "affanni" di ogni giorno.

lunedì 5 gennaio 2009

Per non dimenticare


Forse sto parlando troppo di cose che non vorreste sentire. Tuttavia devo farlo per dirvi come ha vissuto Elisabeth e come non ha mai rinunciato alla bontà e al coraggio. Vorrei che lo sapesse anche sua figlia.
Ora devo raccontarvi il motivo della sua morte. Spesso, dopo mesi di vita nel campo, alcune donne smettevano di avere le mestruazioni. Altre invece no. I medici non avevano provveduto a nessun tipo di misure per l'igiene delle prigioniere in quelle circostanze: niente stracci, niente assorbenti, niente sapone. Chi aveva le mestruazioni non poteva fare altro che lasciar scorrere il sangue lungo le gambe. Ai sorveglianti questa vista così sgradevole del sangue piaceva, perché forniva loro una scusa in più per gridare e picchiare. Una donna di nome Binta, la sorvegliante dell'appello serale, cominciò a inveire contro una ragazza sanguinante. S'infuriò con lei e la minacciò con il manganello. Poi prese a colpirla.
Elisabeth uscì dalla fila con uno scatto rapido, rapidissimo. Le strappò il manganello di mano e lo abbassò su di lei, dandole botte su botte. Arrivarono di corsa le guardie e due di loro immobilizzarono Elisabeth a terra con i fucili. La buttarono su un camion e la riportarono al bunker di punizione. Una delle guardie mi disse che il mattino dopo un picchetto di soldati prelevò Elisabeth dalla cella. Fuori dalle mura del campo c'era un boschetto di pioppi. I rami degli alberi formavano un viale lungo il quale Elisabeth arrancò sola, senza alcun aiuto. S'inginocchiò a terra e le spararono alla nuca.


MARY ANN SHAFFER

La Società Letteraria di Guernsey

SONZOGNO EDITORE

venerdì 2 gennaio 2009

Dormire


Mentre Alessandra era in montagna, Maria Luisa ed io ci siamo concessi una breve vacanza in Liguria.

Non eravamo certi riguardo alla destinazione del nostro viaggio e quindi, in attesa di schiarirci le idee, abbiamo sostato alcune ore a Cremona pranzando in compagnia di nonna Carla.

Poi m'è venuto in mente che Emanuela, alcuni anni fa, quando avevo progettato di far visita alle Cinque Terre con i ragazzi, mi aveva lasciato il recapito telefonico di un santuario nei pressi di Monterosso. Nel frattempo il numero di telefono è cambiato, come puntualmente ci avvisa il messaggio vocale del gestore telefonico.

Niente paura. Sono bastate una rapida occhiata allo stradario per rilevare il nome corretto, dato che quello segnato dall'amica appariva impreciso, ed una semplice ricerca in Google per reperire sito e recapito telefonico del santuario della Madonna di Soviore.

Prenotiamo una camera e ci mettiamo in viaggio decisi a non perdere neanche un minuto di quella bella giornata di sole.

Lasciata l'autostrada A1 e presa la direzione di La Spezia, poco dopo Parma, già il tempo cambia con tutto il nostro disappunto. Le nubi diffuse che coprono l'Appennino e le tracce di nevicate pregresse ci mostrano il lato freddo dell'inverno, com'è giusto che sia.

Procedendo senza affanno, seguendo le indicazioni stradali, arriviamo ancora in piena luce alla nostra meta. Siamo leggermente in quota: 465 metri sopra il livello del mare, che si può scorgere in basso in gradevole veduta.

Entriamo e ci registriamo. Fissiamo la stanza per due notti e poi saliamo a prendere possesso del nostro locale.

L'impatto iniziale non è per me dei migliori. L'alloggio, intendiamoci, è accettabile. Forse un tantino modesto. Il pavimento in cotto e le stanze basse fanno andare la memoria alla vecchia casa dei nonni paterni instillando tenui sensazioni di melanconia nel buio della sera che avanza. Spalanco le ante. Il vento ne richiude subito una. Ci sono due stanze con due coppie di letti singoli a disposizione. Il bagno comune ordinato e pulito, ma mancano salviette e lenzuola su ogni branda.

Non possiamo lamentarci troppo. Un cartello appeso internamente sulla porta d'ingresso ci aveva avvisati che avremmo potuto patire qualche disagio perché questo non è e non vuole essere un albergo. Torniamo da basso per una cioccolata calda, senza troppi fronzoli.

Esponiamo il nostro problema e quindi seguiamo la suora che ci consegna le lenzuola e le salviette. Evidentemente a lei tocca la gestione di questi ambienti e lascia trapelare un certo disagio perché la stanza avrebbe dovuto essere in ordine.

Non importa. Così abbiamo modo di accostare le due cuccette, stendere le lenzuola di traverso ed il letto matrimoniale in breve è allestito.

Per oggi non ci muoviamo. Restiamo in stanza attendendo l'ora di cena. Per ingannare l'attesa apro il libro di Enzo Bianchi che ho regalato poco prima di Natale a Maria Luisa ed inizio a leggere a voce alta il primo capitolo.

"Il pane di ieri": ecco il titolo del libro che ci fa entrare nel giusto spirito di questa vacanza. Eliminare il superfluo e tornare al sapore autentico delle cose.

Dopo non molto ci viene spontaneo pensare che in questo posto, privo di orpelli, si riceve molto di più di quanto si corrisponde per il soggiorno.

Partecipiamo alla messa prefestiva nella chiesa adiacente. C'è un gruppetto di giovani ragazzi ed un gruppo poco più numeroso di scouts. Ci stringiamo attorno all'altare. Un sacerdote di colore che parla un buon italiano, ma che tradisce un accento francese, celebra l'Eucarestia. Mentre tiene la sua omelia non posso impedirmi di pensare alla stranezza di quest'uomo di una razza adatta ad un clima decisamente più caldo che svolge parte del suo ministero in questo luogo così freddo, come l'ha reso la perturbazione che in questi giorni è filtrata dai Balcani.

Dopo una cena gradevole ed in linea con le aspettative, ritorniamo in stanza.

Non passa molto tempo e ci tuffiamo sotto le coperte. La camera è ancora un tantino fredda perché il calorifero era chiuso e l'abbiamo aperto noi da poche ore.

Questa volta è più il clima che la voglia a farci desistere dallo spogliarci d'abito. Propongo di fare l'amore alla polacca, stringendoci semplicemente la mano, come simpaticamente fanno i due attori di "Zelig" Petrektek e Kripstak.

Maria Luisa, molto divertita, ride ed anch'io mi sento inaspettatamente pago.

Poi, dopo aver aggiunto un'altra coperta, spegniamo la luce ed iniziamo a dormire.