Translate

sabato 21 febbraio 2009

La via


Qualche sera fa Maria Luisa mi ha fatto leggere questa lettera. Insieme abbiamo convenuto che ci ritroviamo pienamente in tutte queste parole scritte con straordinaria semplicità e chiarezza di visione. Concordiamo e troviamo confortante il contenuto di tutte queste riflessioni che possono essere, a nostro giudizio, ampiamente condivise anche da chi non crede.

Cari genitori,
la prima vocazione di cui voglio parlarvi è la vostra, quella di essere marito e moglie, papà e mamma. Perciò la mia prima parola è proprio per invitarvi a prendervi cura del vostro volervi bene come marito e moglie: tra le tante cose urgenti, tra le tante sollecitazioni che vi assediano, mi sembra che sia necessario custodire qualche tempo, difendere qualche spazio, programmare qualche momento che sia come un rito per celebrare l'amore che vi unisce. L'amore che vi ha persuasi al matrimonio non si riduce all'emozione di una stagione un po' euforica, non è solo un'attrazione che il tempo consuma.
L'amore sponsale è la vostra vocazione: nel vostro volervi bene potete riconoscere la chiamata del Signore.
Il matrimonio non è solo la decisione di un uomo e di una donna: è la grazia che attrae due persone mature, consapevoli, contente, a dare un volto definitivo alla propria libertà.
Il volto di due persone che si amano rivela qualcosa del mistero di Dio. Vorrei pertanto invitarvi a custodire la bellezza del vostro amore e a perseverare nella vostra vocazione: ne deriva tutta una concezione della vita che incoraggia la fedeltà, consente di sostenere le prove e le delusioni, aiuta ad attraversare le eventuali crisi senza ritenerle irrimediabili.
Vi invito a pregare insieme, già questa sera, e poi domani e poi sempre: una preghiera semplice per ringraziare il Signore, per chiedere la sua benedizione per voi, i vostri figli, i vostri amici, la vostra comunità; per tutte quelle attese e quelle pene che forse non si riescono neppure a dire tra di voi.
Vi invito a trovare il tempo per parlare tra voi con semplicità, senza trasformare ogni punto di vista in un puntiglio, ogni divergenza in un litigio: un tempo per parlare, scambiare delle idee, riconoscere gli errori e chiedervi scusa, rallegrarvi del bene compiuto, un tempo per parlare passeggiando tranquillamente la domenica pomeriggio, senza fretta.
Vi invito ad avere fiducia nell'incidenza della vostra opera educativa: troppi genitori sono scoraggiati dall'impressione di una certa impermeabilità dei loro figli, che sono capaci di pretendere molto, ma risultano refrattari ad ogni interferenza nelle loro amicizie, nei loro orari, nel loro mondo. La vostra vocazione ad educare è benedetta da Dio: perciò trasformate le vostre apprensioni in preghiera, meditazione, confronto pacato.
Educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto.
Educare è una grazia che il Signore vi fa: accoglietela con gratitudine e senso di responsabilità. Talora richiederà pazienza e amabile condiscendenza, talora fermezza e determinazione, talora, in una famiglia, capita anche di litigare e di andare a letto senza salutarsi: ma non perdetevi d'animo, non c'è niente di irrimediabile per chi si lascia condurre dallo Spirito di Dio: abbiate fiducia e non perdete la stima né di voi stessi né dei vostri figli.
Educare è diventare collaboratori di Dio perché ciascuno realizzi la sua vocazione.


Tratto da una lettera del Card. Carlo Maria Martini a tutti i genitori.

sabato 7 febbraio 2009

Morto che parla


Oggi è il mio ultimo giorno da quarantaseienne: domani avrò 47 anni.

Anche se questa mattina era forte la tentazione di raccogliere l'invito di Maria Luisa e restarmene a letto a riposare, sono uscito di casa assieme a lei per accompagnare a scuola Alessandra.

Naturalmente, visto che era ancora troppo presto per recarci al supermercato, ne abbiamo approfittato per far colazione in pasticceria. Il solito via vai lento ed assonnato del sabato mattina. Fra un mio sbadiglio e l'altro adocchio chi entra: qualche volto già visto e qualche sconosciuto. Sono come al solito colpito da una coppia: lei bionda e lui calvo. Di li a poco li raggiunge un'altra donna mora ed il terzetto fa colazione insieme. Entra anche un'altra persona che conosco e che gestisce un'agenzia di onoranze funebri. Questo giovane signore è preceduto dalla moglie, che non posso far a meno di notare per la discreta bellezza. Poi mentre distolgo lo sguardo distratto, lui mi vede e mi saluta gentile, come quando c'incrociamo a messa.

All'uscita, mentre già in macchina stiamo per andarcene, scorgo la signora bionda che si allontana sola: come la volta precedente. Sinceramente avrei voluto sapere qualcosa di più riguardo a quelle persone. Lui e lei che arrivano assieme, ma poi lui si ferma con quella arrivata più tardi, mentre la prima se ne va quasi con aria scocciata o almeno così a me sembra. Quasi senza rispetto, lontano da orecchi indiscreti, dico a mia moglie che forse una è per la notte e l'altra per il giorno. E poi dicono che gli uomini non sono pettegoli...

Immancabilmente bisticcio con Maria Luisa per chi debba pagare la spesa. Di solito si fa al contrario, cioè per non pagarla; invece noi amabilmente litighiamo per poterlo fare. Come per lavare i piatti. A me piace e quindi sgomito per avere il dominio del lavello. Cerco di farle capire che lei si occupa di altre cose, ma ne ho un bel donde. Dovreste assistere a questi siparietti di vita domestica. Magari lei sta stirando ed io cucinando. Immancabilmente mi chiede se ho bisogno di una mano. Una donna così, senza l'aiuto dall'alto, non sarei mai riuscito ad incontrarla.

Mentre sto finendo di pulire il bagno, colto da non so quale ispirazione, alzo gli occhi al cielo e vedo alcune macchie di bagnato sul soffitto. Accidenti! Lo sapevo. Con le nevicate dei giorni scorsi s'è mossa qualche tegola sul tetto ed ora, con le piogge abbondanti che continuano a tormentarci, qualche rivolo d'acqua filtra attraverso le intercapedini. Me lo sentivo. Credo di avere le premonizioni per queste cose. Appena finito di passare lo straccio per terra dovrò salire a dare un'occhiata. Mi vien male. Il nostro tetto è molto spiovente e non mi ci arrampico mai volentieri.

Saranno almeno dieci anni che non salgo a sistemare qualche tegola che il tempo o le precipitazioni nevose hanno fatto scivolare un poco in basso creando zone scoperte dove poi l'acqua s'infila. Grazie al cielo Maria Luisa non mi ostacola più di tanto, anche se chiaramente non è tranquilla, come non lo sono io del resto. Per muovermi in sicurezza sulle tegole, infilo un grosso paio di calzettoni che usavo anni fa durante il corso di yoga.

L'ascesa attraverso l'apertura del pianerottolo è leggermente difficoltosa perché la scala più lunga che posseggo mi costringe comunque a qualche allungamento. Penso che non ho più trent'anni, che il secondo matrimonio mi ha messo attorno alla vita altri chili di troppo, ma procedo con meraviglia ed agilità che non sono naturali per un fisico poco allenato e molto poco sportivo come il mio. In soffitta sistemo alcune assi di legno di traverso sull'apertura, per evitare di ricadere da basso, ma anche per avere un appoggio quando di li a poco aprirò l'abbaino. Per fortuna non c'è vento e così posso tenerlo aperto in verticale mentre fuoriesco all'aria aperta.

Dall'alto del mio tetto la prospettiva è insolita e non mi soffermo più di tanto a guardare attorno. Si sa che la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare, come canta dolcemente Giovanotti. Adocchio le tegole smosse e come un gatto dal passo felpato mi sposto lungo le dorsali del tetto. Maria Luisa mi chiama affettuosamente "Micio". Oltre all'abitudine di girare per casa al buio di notte avrò pure qualche altra caratteristica per meritarmi questo appellativo...

Pochi minuti ed il lavoro è fatto, senza dover chiamare un professionista: chi fa da sé fa per tre. Ma non bisogna scherzare ed avventurarsi in imprese superiori alle proprie capacità o sottovalutare le condizioni esterne. Non sarei il primo che cade dal tetto. Una volta tornato da basso mia moglie mi confida di aver patito qualche momento di vera apprensione. Non le do torto, ma dovevo farlo perché nei prossimi giorni altra pioggia ci delizierà.

Quando Alessandra ritorna da scuola le mostro impaziente il profumo che le ho comprato mentre Maria Luisa attendeva in coda alla cassa del supermercato. Assieme a tante cose positive, purtroppo ho trasmesso a mia figlia anche questa frivolezza: la passione per una buona fragranza. Quindi, quando mi dice che la sua dotazione sta per finire, non mi faccio pregare troppo, anche se quella per i profumi è una passione abbastanza dispendiosa. Ma a scuola Alessandra è stata brava e se lo merita: il voto più basso che mi ha portato da firmare è stato un sette, che poi sulla pagella è risultato anche l'unico.

Nel primo pomeriggio faccio un salto all'ufficio postale. Devo pagare il bollo dell'auto, ma anche effettuare il versamento per le adozioni a distanza. In genere tendo a farlo appena iniziato l'anno, ma tra una cosa e l'altra, questa volta sono arrivato fino a febbraio.

Al mio rientro trovo Maria Luisa già a letto che dorme. Senza far troppo rumore mi ci infilo anch'io per una gradevole pennichella pomeridiana a cui sto facendo l'abitudine, pur se di notte dormo più che a sufficienza. Invecchiare è anche questo.

Poi all'imbrunire, quando finalmente decidiamo di uscire dal letto, non so resistere alla tentazione di raccontare tutto quanto con un nuovo post sul blog. Domani è un altro giorno e si vedrà.

domenica 1 febbraio 2009

Quanto dura l'amore


Anche oggi nevica un po', ma senza troppa convinzione. Che inverno lungo e umido. Abbiamo tutti una gran voglia di sole e temperature più miti. E' questione di giorni: in un attimo sarà nuovamente primavera e torneremo a rifiorire come la vita tutta.

Ieri sera ho ascoltato alla trasmissione televisiva "Che tempo che fa" la parte finale dell'intervista a Daria Bignardi. Era presente in studio come ospite in occasione dell'uscita del suo ultimo libro. L'autrice lo scorso anno ha perso improvvisamente la madre. Ne ha scritto sul proprio blog ed un commentatore anonimo l'ha invitata a raccontare quelle cose in un libro. Queste poche parole l'hanno colpita a tal punto che ha posto nel libro un ringraziamento al lettore ignoto.

Davanti a Fabio Fazio diceva che la morte della madre è stata per lei come perdere un braccio o una gamba. Questa frase non mi è scivolata via indifferente. Anch'io quando persi Santina mi sentii come mutilato, come se all'improvviso mi avessero tolto metà del mio corpo, come se di colpo avessi patito l'amputazione di un braccio e di una gamba. Il dolore, come l'amore, può suscitare in noi i medesimi sentimenti.

Domani nonna Celina avrebbe compiuto ottant'anni. Ho numerosi ricordi di quando ancora ero ragazzo e mamma parlava della sua vecchiaia. Chiedeva al buon Dio di concederle di vivere almeno fino ad ottant'anni. Poi con il passare del tempo questo limite s'innalzava un po' fino a toccare i novanta.

Papà invece si augurava di campare non molto di più di suo padre, che era vissuto fino a all'età di 67 anni: fu il mio primo nonno ad andarsene.

Quando i genitori invecchiano ed hanno problemi di salute, è naturale pensare che stia giungendo la fine dei loro giorni. Ma il filo non lo tagliamo noi, non sappiamo quale sia il momento e questo, tutto sommato, ci consente di vivere con serenità.

Fra i quattro nonni dei miei ragazzi, nonna Celina è stata la prima ad andarsene, un poco inaspettatamente. Santina pensava che il primo a lasciarci sarebbe stato suo padre a causa dei suoi problemi di salute. Grazie al cielo, nonostante tutto, nonno Berto, per la gioia dei suoi nipoti, è ancora qui tra noi. E spesso ci ritroviamo a pensare che sua figlia in qualche modo intercede per lui dall'alto.

Tra una settimana sarà il mio compleanno. Da un po' di tempo Maria Luisa chiede cosa mi può far piacere di ricevere in dono per questa circostanza. Non le basta sapere che il mio dono grande è lei. Ha tanto insistito per qualcosa di materiale e così ho acconsentito a farmi regalare un nuovo paio d'occhiali.

Con l'ultima visita oculistica effettuata in azienda diversi mesi fa, è emerso un lieve peggioramento della miopia. Avevo da poco subito un intervento chirurgico che poteva in qualche modo giustificare la nuova condizione visiva. Non volevo precipitarmi a cambiare le lenti per una cosa che di lì a qualche mese magari si sarebbe risolta da sola. Per dirla tutta, non volevo rendere obsoleti le due paia d'occhiali che possedevo. Fino a pochi anni fa me ne facevo bastare uno solo. Poi ultimamente, dopo il disagio patito a seguito dell'ennesima rottura, m'ero finalmente convinto a dotarmi di un altro paio.

Sabato mattina ci siamo recati insieme dall'ottico qui vicino. Ci conosciamo da anni e con lui mi sono sempre trovato bene. Eppoi chi mi conosce sa che sono abbastanza restio ai cambiamenti, anche se potrebbero arrecare qualche vantaggio economico.

Mentre c'illustra le varie novità del settore per meglio risolvere il mio piccolo problema, Maria Luisa riceve una telefonata dalla mamma e si discosta un poco per rispondere. Subito ne approfitto per far sapere all'ottico che me li vuole regalare mia moglie e quindi preferirei una cosa non troppo dispendiosa.

Prontamente mi rassicura e dice che non c'è molta differenza fra una soluzione tradizionale ed una più d'avanguardia. Subito però la conversazione si sposta su di noi e mi chiede a bassa voce se siamo sposati da molto tempo. Rispondo che siamo marito e moglie da circa un anno e mezzo. Con una certa sorpresa mi chiede se è una persona di fede. Rispondo affermativamente e faccio un accenno al nostro primo incontro avvenuto durante il pellegrinaggio a Lourdes.

Maria Luisa termina la telefonata e ritorna a sedersi vicino a noi. Renzo interrompe il discorso, quasi non voglia far sentire ciò di cui stavamo parlando in sua assenza. Non ci trovo nulla di male e dico a mia moglie che l'oculista conosceva bene anche Santina perché tanti anni fa avevano partecipato insieme al gruppo lavoratori che si riuniva lì in parrocchia.

Comodamente ci siamo dilungati in una piacevole conversazione che, partendo dall'esaltazione delle bellezze storiche bresciane, passava poi per l'enumerazione delle rinomate località culinarie cremonesi per approdare infine ad alcune nozioni di ottica che rappresentavano per me e Maria Luisa una novità assoluta, nonostante siamo inveterati portatori di lenti.

Avrò un paio d'occhiali nuovi, ma non sempre la vita si vede meglio attraverso le lenti.