C'è un piccolo pensiero prigioniero dentro di me che bussa con insistenza per uscire. Prima però di lasciarlo libero debbo raccontarvi di poco fa, mentre ero all'esterno per pulire i balconi. Da lì posso vedere i piccioni oziosi che passano inutili giornate sui tetti delle palazzine vicine. Mentre risciacquavo lo straccio ho potuto scorgere la mossa di un grosso pennuto, evidentemente un maschio, che si faceva vicino ad altri due volatili più esili e roteando su se stesso si prodigava in quella che ho giudicato essere una spudorata corte. Quanta velleità, nonostante il rigore di queste giornate. Anche se, in verità, oggi un tiepido sole può essere la buona occasione per ridestare qualche pensiero primaverile.
Orbene, dopo alcune giravolte, la coppia di piccioncelle ha pensato bene di scansarsi e farsi più in là sull'ampio tetto. Ma il maschio non demorde e va loro appresso come una giostra disarcionata dal suo perno. Niente da fare: le due non si danno per vinte e si scansano ancora. In quel mentre ne arriva un'altra che, forse attirata dalle evoluzioni dell'ardito, piomba in rapito volo nel mezzo del terzetto e dà chiaro segnale di esser più ben disposta rispetto alle rivali. Le altre due si allontanano ancora un poco, ma poi, non più inseguite, si girano indietro e mi par quasi di cogliere in loro la delusione per non esser più al centro dell'attenzione.
La nuova arrivata forse è troppo intraprendente e quindi il gonfio maschio dopo un paio di giri fatti quasi in automatico, batte in ritirata e svolazza fin sul camino dove prontamente viene raggiunto da quell'altra che, non paga, sembra lo voglia stuzzicare ancora un pochino. Ecco però costui dispiegare ancora una volta le ali ed arretrare più là, sul secondo comignolo della casa. E così mi sembra di assistere ad alcuni fotogrammi di vita del genere umano piuttosto che a movenze d'uccelli in calore. Se ti fai avanti, attratto da qualcuno, subito l'oggetto delle tue mire batte in ritirata. Ma se qualcuno vede il tuo ardore e decide che forse sei una buona occasione da non lasciar cadere, chi aveva preso l'iniziativa resta un po' sconcertato e pensa subito a ristabilire le distanze.
Ma non di piccioni volevo parlare. Anche se, lo ammetto, il curioso siparietto estemporaneo dei pennuti mi ha divertito in maniera inaspettata. Sì, perché ultimamente non faccio altro che agitare la scopa per allontanarli dal tetto della mia casa dove in passato trovavano molto comodo sostare e così le loro fatte alimentavano rigogliosi giardini pensili intasando le grondaie della nostra palazzina. Sciò, andate più in là, sul tetto del palazzo di fronte che è completamente disabitato e quindi non date fastidio ad alcuno.
In settimana ho visto un altro film per me ricco di spunti interessanti anche se la critica si è divisa equamente fra sostenitori e detrattori. La pellicola s'intitola "Lezione ventuno" e parla di un professore universitario tutto dedito a smontare quelli che sono universalmente considerati capolavori in vari campi dell'arte. Bersaglio della sua arringa è in particolare la Nona sinfonia di Beethoven che, a quanto pare, non è stata ben accolta dai contemporanei del musicista a dispetto di una rivalutazione successiva.
La mia sensibilità e preparazione musicale non è sufficientemente completa per avvalorare la tesi narrata nel film, ma tutto sommato non ha importanza perché il punto su cui intendo focalizzare la mia attenzione è un altro. Il docente, completando quella che è appunto la sua ventunesima lezione, rivela alla sua studentessa che dopo la laurea è venuta a trovarlo nell'ambiente misero e disordinato in cui lui alloggia, che l'anziano e ormai completamente sordo Beethoven non è più riuscito nella sinfonia - che noi ricordiamo soprattutto per l'inno alla gioia finale - ad infondere altrettanta bellezza come nelle altre sue opere passate.
E così questa riflessione colpisce anche me. Quella cioè che i vecchi non sono più fautori o degni di bellezza. Anche se la meriterebbero ancora una volta in dono durante questo lungo declino che li porta inesorabilmente alla morte.
Non ho intenzione di confutare queste affermazioni, anche se le sento molto mie con tutto quello che vado scrivendo nell'ultimo periodo. Però, e c'è un però, la bellezza non è esclusivo appannaggio e sinonimo di gioventù. Forse bisognerebbe disquisire un po' più approfonditamente sul concetto di bellezza e così si potrebbe arrivare a sostenere che quella pura non svanisce col tempo e dunque la si può ritrovare ancora fresca anche in una persona dalle membra ormai rattrappite oppure nel suo pensiero che cristallino sgorga da alte vette e rinfranca e ridà gioia a chi sa ascoltare.
Orbene, dopo alcune giravolte, la coppia di piccioncelle ha pensato bene di scansarsi e farsi più in là sull'ampio tetto. Ma il maschio non demorde e va loro appresso come una giostra disarcionata dal suo perno. Niente da fare: le due non si danno per vinte e si scansano ancora. In quel mentre ne arriva un'altra che, forse attirata dalle evoluzioni dell'ardito, piomba in rapito volo nel mezzo del terzetto e dà chiaro segnale di esser più ben disposta rispetto alle rivali. Le altre due si allontanano ancora un poco, ma poi, non più inseguite, si girano indietro e mi par quasi di cogliere in loro la delusione per non esser più al centro dell'attenzione.
La nuova arrivata forse è troppo intraprendente e quindi il gonfio maschio dopo un paio di giri fatti quasi in automatico, batte in ritirata e svolazza fin sul camino dove prontamente viene raggiunto da quell'altra che, non paga, sembra lo voglia stuzzicare ancora un pochino. Ecco però costui dispiegare ancora una volta le ali ed arretrare più là, sul secondo comignolo della casa. E così mi sembra di assistere ad alcuni fotogrammi di vita del genere umano piuttosto che a movenze d'uccelli in calore. Se ti fai avanti, attratto da qualcuno, subito l'oggetto delle tue mire batte in ritirata. Ma se qualcuno vede il tuo ardore e decide che forse sei una buona occasione da non lasciar cadere, chi aveva preso l'iniziativa resta un po' sconcertato e pensa subito a ristabilire le distanze.
Ma non di piccioni volevo parlare. Anche se, lo ammetto, il curioso siparietto estemporaneo dei pennuti mi ha divertito in maniera inaspettata. Sì, perché ultimamente non faccio altro che agitare la scopa per allontanarli dal tetto della mia casa dove in passato trovavano molto comodo sostare e così le loro fatte alimentavano rigogliosi giardini pensili intasando le grondaie della nostra palazzina. Sciò, andate più in là, sul tetto del palazzo di fronte che è completamente disabitato e quindi non date fastidio ad alcuno.
In settimana ho visto un altro film per me ricco di spunti interessanti anche se la critica si è divisa equamente fra sostenitori e detrattori. La pellicola s'intitola "Lezione ventuno" e parla di un professore universitario tutto dedito a smontare quelli che sono universalmente considerati capolavori in vari campi dell'arte. Bersaglio della sua arringa è in particolare la Nona sinfonia di Beethoven che, a quanto pare, non è stata ben accolta dai contemporanei del musicista a dispetto di una rivalutazione successiva.
La mia sensibilità e preparazione musicale non è sufficientemente completa per avvalorare la tesi narrata nel film, ma tutto sommato non ha importanza perché il punto su cui intendo focalizzare la mia attenzione è un altro. Il docente, completando quella che è appunto la sua ventunesima lezione, rivela alla sua studentessa che dopo la laurea è venuta a trovarlo nell'ambiente misero e disordinato in cui lui alloggia, che l'anziano e ormai completamente sordo Beethoven non è più riuscito nella sinfonia - che noi ricordiamo soprattutto per l'inno alla gioia finale - ad infondere altrettanta bellezza come nelle altre sue opere passate.
E così questa riflessione colpisce anche me. Quella cioè che i vecchi non sono più fautori o degni di bellezza. Anche se la meriterebbero ancora una volta in dono durante questo lungo declino che li porta inesorabilmente alla morte.
Non ho intenzione di confutare queste affermazioni, anche se le sento molto mie con tutto quello che vado scrivendo nell'ultimo periodo. Però, e c'è un però, la bellezza non è esclusivo appannaggio e sinonimo di gioventù. Forse bisognerebbe disquisire un po' più approfonditamente sul concetto di bellezza e così si potrebbe arrivare a sostenere che quella pura non svanisce col tempo e dunque la si può ritrovare ancora fresca anche in una persona dalle membra ormai rattrappite oppure nel suo pensiero che cristallino sgorga da alte vette e rinfranca e ridà gioia a chi sa ascoltare.
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