Con l'avvento della Quaresima, mia moglie ed io avevamo espresso il desiderio di accostarci al Sacramento della confessione per tempo, ben prima della Settimana Santa. Ed invece, nonostante tutte le nostre buone intenzioni, non siamo riusciti a dare concretezza a questo proposito se non oggi pomeriggio soltanto, giusto alla vigilia della domenica delle Palme.
Dopo l'immancabile riposino pomeridiano, fonte di riconciliazione con le energie fisiche disperse durante la settimana lavorativa, abbiamo preso la macchina e ci siamo diretti verso il centro cittadino. Lasciata l'auto in un affollato parcheggio ad accesso libero, ci siamo incamminati verso la chiesa di S. Francesco dove numerosi frati sono disponibili ad accogliere i penitenti di ogni età.
Giunti là, vorrei trattenere Maria Luisa presso il confessionale che è collocato in fondo alla navata laterale, proprio lì a fianco del portale d'ingresso. Ma lei, nonostante non ci sia nessuno e si debba presumibilmente aspettare soltanto che esca chi ci ha preceduto, ne scorge un altro che si sta liberando più avanti e m'invita a seguirla. Con passo affrettato lo raggiungiamo e lascio che sia lei ad entrarvi per prima. Mentre mi guardo intorno per trovare un posto dove sostare, mi accorgo che è appena uscito un signore anche dal confessionale che avevamo abbandonato. Ritorno allora sui miei passi e con circospezione entro anch'io a chiedere perdono.
C'è decisamente meno ressa delle altre volte, nonostante ormai la Pasqua non sia più tanto lontana e così, a conti fatti, ci avanza più tempo del previsto. Propongo allora a mia moglie di arrivare fino in piazza Vittoria per visitare una stazione del nuovo metrobus. Nei giorni scorsi c'è stata l'inaugurazione. Saremmo voluti accorrere anche noi per dare un'occhiata a questa nuova grande opera della nostra piccola cittadina, ma dopo aver letto su facebook delle lunghe attese patite da alcuni amici per la gran folla di metroentusiasti, abbiamo deciso di rimandare la visita ad un momento più favorevole.
Mentre ci avviciniamo al centro della città, ci viene incontro una ragazza che ci domanda a bruciapelo qual è stato l'ultimo libro da noi letto. Quasi fosse passato ormai un decennio, non riesco a dirle nulla e la mia espressione smarrita la disarma totalmente e, non riuscendo più a chiederci nulla, ci lascia proseguire per la nostra strada. Mentalmente ripenso al libro di Gramellini che sono riuscito letteralmente a divorare nel ristretto spazio di un fine settimana. Possibile che non sia stato in grado di ricordarmi tempestivamente di quel romanzo? Fai bei sogni. Ecco, ora mi rammento il titolo e cerco subito di fissarmelo bene in testa per poter fornire una pronta risposta, casomai dovessimo essere bloccati nuovamente al nostro ritorno.
In direzione della chiesa di S. Agata noto un moderno ascensore che riporta in superficie alcuni viaggiatori. Noi decidiamo di girare l'angolo e di scendere a piedi giù per le scale che trovano sbocco su via Verdi. Una volta scesi di sotto, ci guardiamo un attimo in giro, ma in realtà non c'è granché da vedere. Non ho voglia di fare come quello che schiaccia il naso sulla vetrina della pasticceria e poi non entra a prendersi neppure una fetta di torta. Ed allora propongo a Maria Luisa di acquistarci un paio di biglietti e fare il nostro primo giro esplorativo in metropolitana.
Mentre armeggio un attimo impacciato di fronte al distributore automatico, mia moglie mi viene provvidenzialmente in soccorso e mi consiglia di selezionare sul touch screen il tipo di biglietto da acquistare senza che io continui ad insistere nel voler infilare le monete in quella che evidentemente non è la fessura adatta. Mi viene in mente lo stesso tipo d'impasse da me patito nella metropolitana di Parigi, quando vi portai i ragazzi nel 2002. Anche allora, dopo alcuni istanti di sconcerto, fui provvidenzialmente assistito da Alessandra che dall'alto dei suoi nove anni dimostrava di sapersi districare meglio di me davanti ad un dispositivo elettronico.
Con il nostro bel biglietto in mano, scendiamo altre due rampe di scale e subito approdiamo al punto d'imbarco. Questa stazione è situata esattamente a metà del tragitto. Noi ci muoveremo in direzione di S. Eufemia, lasciando l'esplorazione dell'altro tratto ad un'altra occasione. Il pannello a messaggio variabile ci avvisa che l'attesa si protrarrà per altri 6 minuti. Mi guardo intorno ed osservo le pareti ancora immacolate. Speriamo che non le insozzino troppo presto. La struttura è ancora nuova e temo che non resterà così a lungo.
Un rapido scambio di battute con Maria Luisa ed il convoglio è subito in arrivo. Salgo, quasi con lo spirito di chi non ha mai preso un mezzo pubblico di questo genere e, mentre mia moglie trova comodamente posto a sedere, nonostante vi sia ancora posto, preferisco restarmene in piedi. Intanto una gradevole voce registrata annuncia le varie fermate che man mano andiamo velocemente raggiungendo. Ben presto il metrò emerge dalle viscere della terra e dopo alcuni tratti in trincea eccoci ora a percorrere gli ultimi chilometri in viadotto sopraelevato.
Giunti alla stazione di fine corsa il piccolo treno di carrozze fa uno scatto di lato e si posiziona sul binario dell'opposto senso di marcia. Chiedo conferma ad un addetto dell'azienda di trasporto ed apprendo così che non siamo costretti a scendere per fare ritorno. Ha cominciato a piovere e non è il caso di sostare un attimo all'aperto. Invito Maria Luisa a portarci in testa al vagone da dove potremo meglio apprezzare la corsa del mezzo. La faccio sedere di lato mentre mi soffermo a guardare alcuni genitori che fanno accomodare i loro bambini proprio in prima fila. Mi viene spontaneo pensare che a loro tocca assecondare la curiosità dei propri piccoli mentre invece mia moglie deve dar retta al bambinone che s'è portata appresso.
E così in meno di 75 minuti ritorniamo al punto di partenza senza aver usufruito appieno del tempo concesso dal nostro biglietto. Questo breve viaggio esplorativo mi sembra quasi una metafora della vita. Talvolta si attraversano velocemente alcuni luoghi e non ci si ferma neppure un attimo per prendere visione con calma del posto, né per incontrare le persone che vi abitano.
Dopo l'immancabile riposino pomeridiano, fonte di riconciliazione con le energie fisiche disperse durante la settimana lavorativa, abbiamo preso la macchina e ci siamo diretti verso il centro cittadino. Lasciata l'auto in un affollato parcheggio ad accesso libero, ci siamo incamminati verso la chiesa di S. Francesco dove numerosi frati sono disponibili ad accogliere i penitenti di ogni età.
Giunti là, vorrei trattenere Maria Luisa presso il confessionale che è collocato in fondo alla navata laterale, proprio lì a fianco del portale d'ingresso. Ma lei, nonostante non ci sia nessuno e si debba presumibilmente aspettare soltanto che esca chi ci ha preceduto, ne scorge un altro che si sta liberando più avanti e m'invita a seguirla. Con passo affrettato lo raggiungiamo e lascio che sia lei ad entrarvi per prima. Mentre mi guardo intorno per trovare un posto dove sostare, mi accorgo che è appena uscito un signore anche dal confessionale che avevamo abbandonato. Ritorno allora sui miei passi e con circospezione entro anch'io a chiedere perdono.
C'è decisamente meno ressa delle altre volte, nonostante ormai la Pasqua non sia più tanto lontana e così, a conti fatti, ci avanza più tempo del previsto. Propongo allora a mia moglie di arrivare fino in piazza Vittoria per visitare una stazione del nuovo metrobus. Nei giorni scorsi c'è stata l'inaugurazione. Saremmo voluti accorrere anche noi per dare un'occhiata a questa nuova grande opera della nostra piccola cittadina, ma dopo aver letto su facebook delle lunghe attese patite da alcuni amici per la gran folla di metroentusiasti, abbiamo deciso di rimandare la visita ad un momento più favorevole.
Mentre ci avviciniamo al centro della città, ci viene incontro una ragazza che ci domanda a bruciapelo qual è stato l'ultimo libro da noi letto. Quasi fosse passato ormai un decennio, non riesco a dirle nulla e la mia espressione smarrita la disarma totalmente e, non riuscendo più a chiederci nulla, ci lascia proseguire per la nostra strada. Mentalmente ripenso al libro di Gramellini che sono riuscito letteralmente a divorare nel ristretto spazio di un fine settimana. Possibile che non sia stato in grado di ricordarmi tempestivamente di quel romanzo? Fai bei sogni. Ecco, ora mi rammento il titolo e cerco subito di fissarmelo bene in testa per poter fornire una pronta risposta, casomai dovessimo essere bloccati nuovamente al nostro ritorno.
In direzione della chiesa di S. Agata noto un moderno ascensore che riporta in superficie alcuni viaggiatori. Noi decidiamo di girare l'angolo e di scendere a piedi giù per le scale che trovano sbocco su via Verdi. Una volta scesi di sotto, ci guardiamo un attimo in giro, ma in realtà non c'è granché da vedere. Non ho voglia di fare come quello che schiaccia il naso sulla vetrina della pasticceria e poi non entra a prendersi neppure una fetta di torta. Ed allora propongo a Maria Luisa di acquistarci un paio di biglietti e fare il nostro primo giro esplorativo in metropolitana.
Mentre armeggio un attimo impacciato di fronte al distributore automatico, mia moglie mi viene provvidenzialmente in soccorso e mi consiglia di selezionare sul touch screen il tipo di biglietto da acquistare senza che io continui ad insistere nel voler infilare le monete in quella che evidentemente non è la fessura adatta. Mi viene in mente lo stesso tipo d'impasse da me patito nella metropolitana di Parigi, quando vi portai i ragazzi nel 2002. Anche allora, dopo alcuni istanti di sconcerto, fui provvidenzialmente assistito da Alessandra che dall'alto dei suoi nove anni dimostrava di sapersi districare meglio di me davanti ad un dispositivo elettronico.
Con il nostro bel biglietto in mano, scendiamo altre due rampe di scale e subito approdiamo al punto d'imbarco. Questa stazione è situata esattamente a metà del tragitto. Noi ci muoveremo in direzione di S. Eufemia, lasciando l'esplorazione dell'altro tratto ad un'altra occasione. Il pannello a messaggio variabile ci avvisa che l'attesa si protrarrà per altri 6 minuti. Mi guardo intorno ed osservo le pareti ancora immacolate. Speriamo che non le insozzino troppo presto. La struttura è ancora nuova e temo che non resterà così a lungo.
Un rapido scambio di battute con Maria Luisa ed il convoglio è subito in arrivo. Salgo, quasi con lo spirito di chi non ha mai preso un mezzo pubblico di questo genere e, mentre mia moglie trova comodamente posto a sedere, nonostante vi sia ancora posto, preferisco restarmene in piedi. Intanto una gradevole voce registrata annuncia le varie fermate che man mano andiamo velocemente raggiungendo. Ben presto il metrò emerge dalle viscere della terra e dopo alcuni tratti in trincea eccoci ora a percorrere gli ultimi chilometri in viadotto sopraelevato.
Giunti alla stazione di fine corsa il piccolo treno di carrozze fa uno scatto di lato e si posiziona sul binario dell'opposto senso di marcia. Chiedo conferma ad un addetto dell'azienda di trasporto ed apprendo così che non siamo costretti a scendere per fare ritorno. Ha cominciato a piovere e non è il caso di sostare un attimo all'aperto. Invito Maria Luisa a portarci in testa al vagone da dove potremo meglio apprezzare la corsa del mezzo. La faccio sedere di lato mentre mi soffermo a guardare alcuni genitori che fanno accomodare i loro bambini proprio in prima fila. Mi viene spontaneo pensare che a loro tocca assecondare la curiosità dei propri piccoli mentre invece mia moglie deve dar retta al bambinone che s'è portata appresso.
E così in meno di 75 minuti ritorniamo al punto di partenza senza aver usufruito appieno del tempo concesso dal nostro biglietto. Questo breve viaggio esplorativo mi sembra quasi una metafora della vita. Talvolta si attraversano velocemente alcuni luoghi e non ci si ferma neppure un attimo per prendere visione con calma del posto, né per incontrare le persone che vi abitano.
Nessun commento:
Posta un commento