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sabato 16 giugno 2012

La settimana prima degli esami


Oramai ci siamo. Settimana prossima toccherà anche a mia figlia Alessandra sostenere l'esame di maturità. E così, tutto il suo gran daffare per rifinire la tesina e completare gli studi della scuola superiore, è per me un'ottima occasione per volgere lo sguardo indietro di oltre trent'anni e ripercorrere con la memoria alcuni di quei momenti in cui anch'io mi trovavo nella sua stessa situazione.

Ci sono cose che ci accomunano, ma tantissime che ci differenziano e non solo a motivo del lungo tempo trascorso. Il calendario scolastico era diverso e l'esame di stato veniva collocato qualche giorno più avanti lasciandoci un maggiore stacco fra la fine della scuola e la prima prova scritta. Con tutto questo avvicendarsi di riforme a cui abbiamo assistito in questi decenni, ci sarebbe da meravigliarsi se qualche cambiamento esteriore non fosse così tangibile. Non voglio entrare nel merito e formulare un giudizio riguardo a ciò che è stato fatto: se era meglio prima oppure adesso, e quindi mi asterrò.

A differenza di mia figlia che dovrebbe essere momentaneamente libera da impegni affettivi particolari, io invece avevo conosciuto da poco Santina. Mi sembra abbastanza ovvio che la mia concentrazione fosse totalmente rivolta a lei più che allo studio e quindi la mia preparazione mancava di quel "mordente" che avrebbe dovuto avere per ben impressionare la commissione d'esame.

Il tema d'italiano da me scelto riguardava i mezzi di comunicazione sociale. Stesi un componimento formalmente corretto, senza infamia ma anche senza lode. Il giudizio dato dal presidente sul mio elaborato fu lapidario: "troppo ingenuo". Non ebbi la forza di obiettare nulla. Forse anche perché reputai che quell'insegnante di filosofia avesse colto nel segno. Come dargli torto? Non molti giorni prima c'era stata la tragedia di Vermicino a cui tutti avevamo assistito attoniti in quella interminabile diretta televisiva. Tutto il palinsesto della RAI veniva sovvertito per dare modo all'Italia intera di essere compartecipe ai tentativi, risultati poi vani, di salvare il piccolo Alfredino Rampi.

Il tema d'italiano poteva essere un'ottima occasione per parlare anche di queste cose, di come il mezzo televisivo poteva essere alla base di un condizionamento globale come di fatto sarebbe poi avvenuto con la TV commerciale a partire dal successivo decennio. Più avanti negli anni, quando reggevo ancora il mio primogenito Andrea in braccio, mi resi conto del grande cambiamento di mentalità che la televisione privata stava apportando al mio stesso modo di pensare. Completamente imbottita di ammiccante pubblicità, lentamente mi trascinava verso una sorta di apatia e svuotamento morale. L'unica etica propugnata subdolamente era quella del consumismo più sfrenato per inseguire una felicità effimera.

Da parecchi mesi ormai siamo passati alla TV digitale. Innegabilmente, oltre alla migliore qualità dell'immagine, sono per me aumentate le possibilità di fruizione di trasmissioni culturali e non solo di svago. E così, quando raramente torno a quardare qualcosa su reti private, mi rendo conto di essermi "disintossicato" e di non riuscire più a sopportare benevolmente tutte quelle interruzioni pubblicitarie.

La generazione dopo la mia, quella dei miei figli, ha fatto il salto prima di me. Sono anni che Andrea ed Alessandra non si siedono più con noi sul divano per vedere la TV. Ora ci sono internet ed i nuovi media che li portano lontano. La mia speranza è che siano riusciti o che riescano a sviluppare ben prima di me quel senso critico di approccio alle cose. A volte affacciarsi alla vita con una grande dose d'ingenuità aiuta a vivere meglio. Altre volte ne favorisce l'annullamento.

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