Venerdì, poco prima di cena, sono passato un attimo a trovare mio padre. Dovevo portargli il modulo F24 per il pagamento dell'IMU da far avere a mio fratello, ma anche restituirgli l'ombrello che aveva "smarrito" nella mia auto qualche settimana fa, quando siamo scesi a Cremona per la festa della mamma. Il giorno successivo mi aveva chiesto che fine avesse fatto il suo ombrello, dato che non se lo ritrovava più per casa. Ho insistito perché guardasse meglio fra le sue cose, visto che mi pareva di ricordare che l'avesse preso con sé quando era sceso dall'auto. Però, siccome poteva anche essere rimasto nella mia macchina, avrei controllato meglio. Ma dell'ombrello nessuna traccia ed allora mio padre, per nulla sprovvisto di altri parapioggia, deve averlo dato per perso.
L'altra sera, mentre facevo manovra in retromarcia per mettere l'auto in garage, noto una cintura posteriore un po' fuori posto. Precisino come sono, fatico un po' ad accettare che le cose siano disposte come non dovrebbero e quindi apro la portiera posteriore per srotolare la cinghia. Così facendo mi scappa l'occhio e dietro il poggiatesta di uno dei sedili posteriori scorgo un manico d'ombrello. Di primo acchito credo che sia il mio. Ma poi, pensando che non poteva essere così ben visibile dal vano bagagli, allungo la mano e con grande sorpresa estraggo il redivivo parapioggia di papà.
Me n'ero andato in giro per tutto quel tempo senza accorgermene. Se c'è qualcuno che sta perdendo i colpi, di certo non è mio padre che, a onor del vero, a motivo della sua età avanzata, ne avrebbe tutte le ragioni. E così, quando sono andato da lui per portargli il suddetto modulo di versamento per Matteo, gli ho riportato anche il suo ombrello. Tutto intento a grattugiare un po' di formaggio per la sua minestra della sera, non ha inizialmente dato troppo peso al rinvenimento, ma poi con un sorriso eloquente mi ha fatto capire che non riteneva di essere ancora rimbambito del tutto.
E così ho avuto modo di scorgergli in bocca un altro dente rotto. Quest'autunno scorso gli si era spezzato un incisivo, ma lui non se ne dava troppa pena. Io invece ho insistito perché prendesse appuntamento con il dentista ed andasse a tappare quella finestrella aperta sulla sua bocca. Ho addirittura cercato di usare le parole di mia madre per convincerlo. Se ci fosse mamma, gli dissi, ti avrebbe detto di andare subito a farlo aggiustare perché così non le saresti piaciuto. Mio padre non aveva fretta e mi disse che verso la fine dell'inverno, a febbraio oppure a marzo, ci sarebbe andato. Ed è stato di parola.
Dopo 85 anni, i denti che s'è portato in bocca per tutto questo tempo, hanno tutte le ragioni di sfaldarsi, ma io fatico a vederlo in questo stato, nonostante non mi scomponga minimamente per magagne maggiori che possono colpire altre persone vicine. Questa volta il dente rotto è un po' di lato. Quando aveva sistemato l'incisivo l'aveva fatto notare alla dentista, ma lei aveva affermato che quel dente non sarebbe durato a lungo ed infatti così è stato.
Vorrei che la bocca di papà fosse a posto come sempre, ma in questo ha ragione lui: bisogna imparare ad accettare il proprio inesorabile disfacimento. Tutto sommato sono stato più tollerante nei miei confronti quando, non ancora ventenne, ho dovuto rinunciare al mio primo molare e dopo alcuni anni anche al secondo. C'è stata una leggera migrazione dei denti adiacenti così col tempo le fessurazioni nascoste si sono quasi completamente occluse.
Come al solito ho divagato molto su alcuni aspetti collaterali parlando poco di altre precarietà esteriori. Come ad esempio di alcune cerniere rotte del mobilio di casa che attendono ormai da anni di venir rimpiazzate. Basterebbe fare un salto in un magazzino di bricolage per acquistare quanto serve a rimettere in sesto alcuni antelli che non si chiudono più alla perfezione, ma che ogni giorno con pazienza ci ricordano il loro stato. Dovrei cambiare anche il tubo della doccia e potrebbe essere quella l'occasione buona per un rimpiazzo generale. E così passano i giorni, i mesi, gli anni.
Nel frattempo, mentre me ne vado al lavoro con l'auto a cui è stato riparato il motore dopo la rottura prematura della cinghia della distribuzione - sicuramente a causa dei postumi per l'allagamento del garage - penso che le cose perfette non durano tanto a lungo. Lo sono per un attimo, quando sono nuove e le abbiamo appena acquistate, ma poi si danneggiano e nonostante questo riusciamo a trarne beneficio per un lungo tempo.
Come la torre di Pisa che fa dell'imperfezione la sua essenza naturale e ci pare più bella di tante altre opere che non si sono guastate strada facendo. Ed è così che nasce spontanea dentro di me la teoria del mondo imperfetto. La vera perfezione è questa.
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