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martedì 8 agosto 2023

Tracce

 


Mentre son qui steso sul lettino e la brezza di mare rimanda il profumo delle mie ascelle a solleticare le narici che tutto il giorno hanno respirato le goccioline di umidità sospinte dalle onde infrante nella risacca, inforco il cellulare e provo a vedere se riesco a vergare di nero con due righe sensate questo foglio virtuale dell'app degli appunti del mio telefonino.

Vorrei azzardare un collegamento logico fra le riflessioni nate a margine della visione del documentario sull'Homo naledi, un ominide estinto la cui datazione ci spinge a fare un grande balzo all'indietro sino a toccare quasi 300.000 anni fa. Pur appartenendo ad una razza totalmente differente dalla nostra, sembra che abbia lasciato tracce di analogo rapporto con la morte paragonabile a quello che si potrà vedere in tempi più recenti con l'Homo sapiens i cui rinvenimenti risalgono ad 80.000 anni fa. Segni di graffiti, sepolture di corpi che mettono in stretta relazione un antichissimo rito funebre con quanto di analogo siamo soliti fare anche noi ai giorni nostri per gestire il lutto quando perdiamo una persona cara, partecipando cioè coralmente a quell'azione sociale di suffragio che usualmente chiamiamo funerale.

Pie illusioni, per scomodare una definizione di foscoliana memoria, di cui condiamo la nostra esistenza per seguitare a vivere oppure un innato senso del divino e del soprannaturale ben cablato nel nostro DNA fin dal principio, fin da quando cioè ancora non eravamo ben formati come genere umano, né era ben definito con certezza il ceppo che avrebbe prevalso su tutti gli altri e lentamente si sarebbe elevato fino a dominare?

È una domanda aperta che per forza di cose non può avere una conclusione certa ed univoca se la Rivelazione e la fede non vengono in nostro soccorso per aprire uno spiraglio di luce là dove sembra tutto offuscato e buio. Quella Trasfigurazione che la liturgia odierna ci pone davanti come riflessione e che di fatto rappresenta un'anticipazione di un paradiso di cui dobbiamo imparare a godere ancora su questa terra e di cui l'amore, specialmente quello sponsale, sancito o meno da un atto pubblico di convalida, ne è mirabile prefigurazione.

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