E' successo nuovamente, ma ora ho modo di scriverne con tutta calma. Ho di nuovo provato quella strana sensazione da "Deserto dei Tartari", quella per cui mi sembra di vivere in lunga e perenne attesa di qualcosa alla Fortezza Bastiani ma dove tutto si compirà solo quando ormai me ne sarò andato via.
Sono le inquietudini che oserei dire salutari perché ci spingono all'azione, a scrollarci di dosso quel torpore che appiattisce il lento fluire dei nostri giorni. Più avanziamo negli anni, però, meno coraggio abbiamo di prendere decisioni per dare una svolta decisiva alla nostra vita. E non sono neppure sicuro che questo sia effettivamente il momento giusto per affrontare grandi cambiamenti. Fuori c'è burrasca e con un minimo di saggezza bisognerebbe convenire che è meglio restare fermi in luogo sicuro e ben riparato. E poi non ci sono solo io. Dalle mie scelte dipendono forse i destini di altre persone e quindi sento gravare la responsabilità e rifuggire l'azzardo.
Continuando nella riflessione, mi son reso conto che, in precedenti analoghe situazioni, a questo mio desiderio di cambiamento faceva poi seguito un dischiudersi di possibilità che m'incoraggiavano all'azione. Ora invece nulla. Niente che possa costituire appiglio o pretesto per spiccare il salto su un altro naviglio, lasciando quello vecchio in balia delle sue onde.
E allora farò così. Continuerò a starmene fermo sulla panchina alla fermata dell'autobus e lo guarderò passare. Non ho fretta di salirci anch'io e di stiparmi tra la folla che sa bene dove andare ed ha fretta di arrivarci. Nel frattempo tenderò l'orecchio per sentire bene se qualcuno chiama ed ha voglia d'indicarmi la via.
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