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sabato 21 gennaio 2006

Il libro incompiuto

Alla ricerca del titolo - 11/09/2002

Alcuni mesi fa ho progettato di scrivere un libro che raccogliesse tutte quelle riflessioni che da un po’ di tempo vado facendo. Scrivere è un’arte ed io non sono sicuro di saperla esercitare con maestria. Mi approccio più come un dilettante spinto dal desiderio di arrivare al cuore ed alla mente di chi mi leggerà. Spesso entrando in una libreria, osservando la massa di volumi che la animano, mi sono soffermato a pensare che con la poca voglia di leggere che anch’io stesso ho, come tanti altri, il destino di quell’ammasso di carta certamente non sarà quello pensato dai propri realizzatori.

Quindi perché darsi tanta pena per qualcosa che molto probabilmente passerà inosservato? Se tutti gli scrittori od aspiranti tali la pensassero così, l’offerta certamente sarebbe alquanto più ridotta, la scelta decisamente meno varia. A chi vorrei rivolgermi? Sicuramente quando l’opera sarà compiuta non avrà il carattere di romanzo. Sì, ne sono convito. Non dovrebbe trattarsi neppure di un saggio. Che genere di letteratura ci possiamo aspettare allora?

Credo che per forza di cose l’unica cosa che abbia un minimo di successo, sarà quella di raccontare e lasciarmi raccontare quanto di volta in volta la mia mente richiamerà dagli angoli più reconditi della mia memoria. La mia storia in sé è poca cosa se non fosse per quella dolorosa esperienza che a taluni capita, ma non a tutti. Ritrovarsi vedovi nell’età di mezzo è un’ottima scusa per intensificare le riflessioni, aumentare le retrospettive, guardarsi dentro, cercare nuovi punti di vista. Tentare, insomma, di restare ancorati alla vita. Darsi uno scopo, magari migliore di quello che ci ha guidato fino a ieri e che ora non ci basta più, non è più sufficiente per mantenere alta la qualità della vita.

Le riflessioni che riverserò in queste pagine hanno avuto origine in diversi momenti della mia esistenza. Sono capitoli abbozzati, argomenti sorvolati, pensieri dimezzati che non completamente compiuti escono dalla mia testa e tentano di farsi comprensibili a chi avrà la pazienza di seguirmi fino in fondo. Più d’una volta ho pensato a quale dovesse essere poi il titolo adatto da dare a questo mio sforzo letterario. Si sa, un titolo d’effetto richiama l’attenzione non meno di una copertina azzeccata. Forse non serve darsi tanta pena. L’editore ne troverà uno adatto al posto mio. Magari ne sceglierà uno fra quelli che aprono un capitolo e gli darà l’onore della bandiera.

Fin da bambino ho desiderato di raccontare il mio passato, ma sempre me n’è mancata l’occasione oppure non reputavo l’occupazione adatta all’età o alle mie capacità. Avrei voluto immortalare la mia infanzia, quel periodo della fanciullezza che va dai primi ricordi fino all’età della scuola. Immagini, colori, situazioni che allora erano molto fresche nella mia mente e che volevo fissare a beneficio di chi non le aveva vissute in prima persona come me.

A quarant’anni questa fissazione mi ha nuovamente preso. Un giorno m’è capitato di sentir dire da una persona che aveva scritto alcuni libri che il rammarico più grande era sapere che gli sarebbero sopravvissuti. A pensarci bene è vero. Un libro può sopravvivere al suo scrittore. Un modo come un altro per cercare immortalità. C’è chi si accontenta della prole e chi invece vuole realizzare qualcosa di materiale da tramandare ai posteri. Qualcosa che dica: “io c’ero, io ci sono, io ci sarò sempre”.

Non tutti scelgono carta e penna per questo scopo. Alcuni realizzano opere grandiose. Tanto più grande è il loro potere, tanto più maestoso è il faro che erigono nella notte nella vana speranza di essere ricordati. Sicuramente l’opera resta. E l’operatore? A ben pensarci solo un pensiero nella nostra mente. E’ quello che voglio anch’io?

Non credo di essere alla ricerca di fama che vada oltre la mia esistenza. Ho forse la pretesa di voler insegnare qualcosa agli altri? Cose che anch’io non ho compreso fino in fondo ed in maniera definitiva. Vivendo si commettono alcuni errori. So benissimo che il più delle volte mettere in guardia qualcuno dal commettere gli stessi sbagli non sortisce quanto desiderato. Le cose non si capiscono mai a fondo se non si sperimentano sulla propria pelle.

Voglio tentare ugualmente. Voglio correre il rischio di passare inosservato, di essere tralasciato, inascoltato. Non mi si potrà rimproverare di non aver tentato. Vivere è osare, ma se lo si fa, meglio che sia per qualcosa di utile piuttosto che per qualcosa di stupido o banale. Senza pretese. Non mi pongo al di sopra del coro.

Immagino di essere uno dei tanti che ha preso il coraggio di alzare la voce, di dire la sua. Uno che sente dentro di poter dire ancora qualcosa di nuovo, qualcosa che non è ancora stato scritto o almeno non a questo modo. Sarà il mio percorso di purificazione definitiva. Pareggerò i conti con l’esistenza che non tollera vite sprecate. Chi non vive per servire, non serve per vivere. Ma c’è sempre tempo. Non si è mai in ritardo per rendersi utili, per occupare questo suolo da protagonisti.

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