Ogni tanto, quando siamo seduti uno di fianco all'altra, Maria Luisa fa con me un gesto che mi riempie di grande tenerezza. Allunga la sua mano sopra la mia e mi fa una delicata carezza, talvolta senza motivo apparente, spesso in segno di approvazione o attestazione di conferma in seguito a quel che poteva aver detto l'oratore del momento.
È capitato anche questa mattina e così non ho potuto fare a meno di pensare che forse un po' sto riuscendo a dimostrare di saper amare una donna.
Chi ha letto il libro, dovrebbe ricordare che durante la malattia di Santina desideravo che le fosse risparmiata la vita per poterle dimostrare di essere un marito migliore per altrettanti anni, tredici, quanti era durato fino ad allora il nostro matrimonio.
Durante la vedovanza chiesi a Dio, se io la felicità non l'avevo già goduta tutta, di poter incontrare un'altra donna e così dimostrare che, amando questa seconda moglie, sarei davvero stato in grado di fare lo stesso anche con la prima.
E ora che Maria Luisa e io ci apprestiamo a congedare quest'anno in cui gli anniversari del nostro matrimonio sono ormai diciassette, mi domando se l'obiettivo è stato raggiunto, senza per questo ritenere di dover tirare i remi in barca e crogiolarmi sugli allori.