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sabato 28 gennaio 2023

Cartolina postale

 

Cari genitori
Noi stiamo bene e giochiamo da mattino a sera con i nostri compagni. Io aspetto con ansia l'ultimo giorno per potervi rivedere.
Un caro saluto dal vostro Romano.
11/8/73

L'ansia spariva appena saliti sul pullman per fare ritorno dalla colonia marina. Rientrati in casa, venivamo colti da una strana sensazione di estraneità per quel luogo che poi man mano svaniva nelle ore successive, appena recuperavamo familiarità con le nostre cose.

Durante il soggiorno ricevavamo dai nostri genitori un po' di soldini nel caso ne avessimo avuto bisogno per spesine varie, come ad esempio le cartoline da spedire ai parenti oppure giocattolini o caramelle. Per l'acquisto davamo incombenza alle signorine - così venivano chiamate le nostre assistenti - quando esse si recavano in libera uscita.

Un giorno sentii dire dalla nostra signorina alla collega di un altro gruppo che stava per uscire per andare a divertirsi che, se aveva bisogno di soldi, li avrebbe trovati là nella loro stanza e che li poteva prendere. A me quella frase parve un po' sospetta dato che all'inizio della vacanza tutte le nostre paghette ci erano state ritirate dicendoci che avrebbero pensato loro a gestire i nostri soldi e a utilizzarli quando avremmo avuto necessità di comperare qualcosa.

Quell'anno mio padre mi diede 3.000 lire. Avevo fatto comperare e spedito qualche cartolina e quindi mentalmente pensavo di avere a disposizione ancora circa duemilasettecento lire, visto che non avevo effettuato altri acquisti. Gli altri compagni si facevano portare talvolta dei dolciumi. Un altro anno mi ero fatto comperare un piccolo missile di plastica con tanto di paracadute legato in coda. Lo si doveva scagliare in alto con una specie di fionda dotata di un elastico da agganciare ad un uncino posto sul fianco del vettore. Il paracadute, tenuto arrotolato durante il lancio, una volta raggiunta la quota massima si apriva e lo faceva planare dolcemente al suolo.

Quell'estate invece non ebbi voglia di comperare nulla durante il soggiorno alla colonia estiva, se non appunto il necessario per spedire qualche saluto ai parenti. Arrivato il giorno della partenza per fare ritorno, la signorina cominciò a distribuire ai miei compagni qualche spicciolo rimasto, ma per me nulla. Alla mia pronta lamentela disse che li avevo spesi tutti. Ci rimasi male, perché ero sicurissimo del fatto mio. In verità anche qualche compagno, che pur aveva ricevuto qualcosa di resto, rimase un poco perplesso pensando di veder restituita una quota maggiore, ma la frenesia per il ritorno a casa cancellava negli altri qualsiasi contrarietà.

Arrivati a destinazione, appena ebbi modo di vedere mio padre che era venuto a prendermi, non seppi far altro che piagnucolare dicendogli che la signorina non mi aveva restituito i soldi avanzati della paghetta che avevo ricevuto alla partenza. Tenendomi per mano si avvicinò con me alla direttrice della colonia e le raccontò l'accaduto. Venne convocata immediatamente anche la nostra signorina che negò ogni addebito. Era la sua parola contro la mia. Mio padre mi difese. Se il bambino dice così, non ho dubbi che le cose siano andate come dice lui.

La direttrice cavò di tasca sua tre banconote da mille e me le diede. Io replicai che erano più di quello che mi spettava perché qualcosa avevo speso. Non dovevo preoccuparmi, disse lei; andava bene così. Qualche tempo dopo, in fabbrica durate l'orario di lavoro, convocarono mio padre per fargli confermare l'accaduto o per una smentita casomai il figlio avesse poi raccontato una versione differente. Ma non ci fu alcuna ritrattazione e papà, pur in assenza di un commento esplicito da parte dell'impiegato che lo aveva convocato in ufficio, quando tornò a casa ci disse che forse volevano una conferma per far partire una denuncia verso la signorina disonesta.

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