Questo pomeriggio, mentre concludevo con Maria Luisa una breve passeggiata, mi rammaricavo con lei per non essere riuscito a scrivere nulla sul blog da oltre un mese. Mia moglie cercava di consolarmi dicendo che sicuramente in luglio sarei stato più creativo. Ma subito d'impulso l'ho frenata e le ho detto che così facendo avrei saltato un mese, senza neppure scrivere una virgola.
Ed è bastata questa frase per stimolare la fantasia. Già vedevo la sagoma di un grosso segno d'interpuzione emergere da un prato, come un mastodontico reperto archeologico. Però poi, quando poco fa ho iniziato a tracciare le linee dell'immagine d'esordio che accompagna questo post, ho preferito fare della virgola una sorta di monumento rallegrando la scena e disegnando nei pressi anche una giovinetta che corre felice facendo svolazzare un'altra virgola a mo' di aquilone.
Insignificante virgola, fondamentale in verità per rendere meglio il senso di un capoverso, separando le parole quel tanto che basti per farne comprendere il vero significato. Necessaria per riprendere respiro, là dove il pensiero si dilunga un poco oltre, più del dovuto, mentre un punto fermo sembra ancora lontano nelle intenzioni di chi scrive.
Un simpatico segnetto che, per facile associazione d'idee, richiama alla mente il passo della Sacra Scrittura in cui si dice che neppure uno iota andrà perso. Quella virgoletta al contrario che compare sotto certe lettere dell'alfabeto greco e che rischia di sbiadirsi col tempo, spazzata via dalle dita di un lettore insicuro che le scorre sotto la riga che sta leggendo in quel momento.
Grazie piccolo ciuffetto ribelle, ciocca mossa dal vento sulla fronte di un giovinetto in questa lunga notte africana dove non sarà una virgola a ridonare il respiro, ma una goccia venuta dal nord in compagnia di numerose sorelle.
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