Sono appena tornato dall'incontro di Magistero per i Catechisti e, nonostante dovrei, non voglio andarmene a letto senza soffermarmi brevemente con te, mamma, in questo quarto anniversario della tua morte.
Papà, quando l'ho sentito al telefono mentre rientravo dal lavoro, mi ha detto che ha nuovamente mal di schiena. Mi sembrava un poco rattristato per non essere potuto andare al cimitero in occasione di questa ricorrenza. Ho cercato di confortarlo dicendogli che non è di certo un delitto il non aver avuto modo di realizzare questo proposito che aveva confidato anche a Maria Luisa. Sono sicuro che non ne hai a male perché erano ben altre le cose a cui tenevi. Più di una volta ti ho sentito dire che per te era stato più importante aver voluto bene ai tuoi genitori mentre ancora erano in vita e non ti davi pena se non potevi andare tanto spesso al cimitero a pregare sulle loro tombe.
Come te, così anch'io. Ma non so se sono riuscito ad amarti a sufficienza come tu avresti desiderato. Un giorno - sì, proprio quel giorno in cui mi comportai così male con Santina - tu mi dicesti che non pensavi che io fossi così cattivo. Cosa potevo controbattere? Avevi ragione. Però la cosa non mi stava bene e negli anni a seguire ho cercato di rimediare sperando che prima o poi tu potessi cambiare quel giudizio e dirmi invece che ero buono, come avrei sempre voluto essere.
Non sei mai riuscita a dirmelo. Però mi piace pensare che in fondo in fondo tu lo pensassi e solo la tua malattia ti ha impedito di pronunciare quelle parole. Se ho fatto e sto facendo qualcosa di buono, sappi, mamma, che questo è anche merito tuo e dei tuoi insegnamenti. Quando agisco, il Vangelo mi è dinanzi ed in te ne rivedo l'interprete fedele ed instancabile.
Come non essere orgogliosi di te, o madre? Se non ho pianto troppo dopo la tua morte è anche per questo. Non ti sei mai risparmiata per nessuno e nei tuoi momenti liberi non facevi altro che spronare papà affinché ci portasse a far visita a conoscenti vari oppure a questo o quel parente. A te non importava che loro ricambiassero. Anche se gli altri non venivano da noi, tu ugualmente desideravi andare incontro a loro per tenere ben saldi i legami di affetto e di amicizia.
Ricordo che, quando sei stata ricoverata in ospedale all'inizio del tuo progressivo degrado, il medico ti chiese che lavoro tu avessi fatto nella vita. Nonostante la tua dubbia lucidità rispondesti che avevi fatto la Serva di tutti.
Papà, quando l'ho sentito al telefono mentre rientravo dal lavoro, mi ha detto che ha nuovamente mal di schiena. Mi sembrava un poco rattristato per non essere potuto andare al cimitero in occasione di questa ricorrenza. Ho cercato di confortarlo dicendogli che non è di certo un delitto il non aver avuto modo di realizzare questo proposito che aveva confidato anche a Maria Luisa. Sono sicuro che non ne hai a male perché erano ben altre le cose a cui tenevi. Più di una volta ti ho sentito dire che per te era stato più importante aver voluto bene ai tuoi genitori mentre ancora erano in vita e non ti davi pena se non potevi andare tanto spesso al cimitero a pregare sulle loro tombe.
Come te, così anch'io. Ma non so se sono riuscito ad amarti a sufficienza come tu avresti desiderato. Un giorno - sì, proprio quel giorno in cui mi comportai così male con Santina - tu mi dicesti che non pensavi che io fossi così cattivo. Cosa potevo controbattere? Avevi ragione. Però la cosa non mi stava bene e negli anni a seguire ho cercato di rimediare sperando che prima o poi tu potessi cambiare quel giudizio e dirmi invece che ero buono, come avrei sempre voluto essere.
Non sei mai riuscita a dirmelo. Però mi piace pensare che in fondo in fondo tu lo pensassi e solo la tua malattia ti ha impedito di pronunciare quelle parole. Se ho fatto e sto facendo qualcosa di buono, sappi, mamma, che questo è anche merito tuo e dei tuoi insegnamenti. Quando agisco, il Vangelo mi è dinanzi ed in te ne rivedo l'interprete fedele ed instancabile.
Come non essere orgogliosi di te, o madre? Se non ho pianto troppo dopo la tua morte è anche per questo. Non ti sei mai risparmiata per nessuno e nei tuoi momenti liberi non facevi altro che spronare papà affinché ci portasse a far visita a conoscenti vari oppure a questo o quel parente. A te non importava che loro ricambiassero. Anche se gli altri non venivano da noi, tu ugualmente desideravi andare incontro a loro per tenere ben saldi i legami di affetto e di amicizia.
Ricordo che, quando sei stata ricoverata in ospedale all'inizio del tuo progressivo degrado, il medico ti chiese che lavoro tu avessi fatto nella vita. Nonostante la tua dubbia lucidità rispondesti che avevi fatto la Serva di tutti.
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