Ci sono giornate che lasciano un sapore diverso dalle altre. Quella di oggi è stata una di quelle e merita di essere ricordata. Oggi pomeriggio dovevo accompagnare i figli alla visita ortodontistica. Avevo anche alcune cose da sbrigare e quindi mi sono preso una pausa rinunciando anche al lavoro a casa come sono solito fare in questa circostanza.
Dopo aver accompagnato Alessandra a scuola mi sono diretto all’agenzia della mia assicurazione. Ero risoluto a chiudere il contratto avvalendomi della possibilità di disdetta senza preavviso a causa dell’aumento superiore al 1,7 percento. Avevo diverse polizze in passato. Una moto, due automobili. Questa era l’ultima e stavo per chiuderla. Non mi andava di protestare come invece feci le altre volte. Se la compagnia aveva deciso di rincarare oltre il dieci percento senz’altro aveva le sue ragioni ed io le mie per cambiare.
Entro nell’ufficio e noto un clima piuttosto silenzioso. Dietro le scrivanie ben tre impiegate che avevo già visto in precedenza, ma mai tutte assieme. Non deve poi andare tanto male, ho pensato fra me. Ho colto qualche elemento di disarmonia. Nell’accedere alle pratiche riposte nell’enorme schedario mobile, le impiegate si ostacolavano a vicenda. Quella che stava servendo me forse non si è accorta di aver impedito l’accesso a quell’altra che per altro mi pareva la più anziana dell’ufficio. Non protesta minimamente, solo un compito gesto di disappunto. Non posso fare a meno di notare che non porta più la fede al dito.
Anni addietro l’avevo vista incinta. Forse il suo matrimonio sta attraversando qualche momento di crisi oppure è già finito. Non sono affari miei, però forse mi aiutano a capire l’umore di questo lunedì mattina. In fin dei conti solo io non sto andando al lavoro. Mentre l’impiegata mi prepara l’attestato di rischio mi guardo in giro e non posso fare a meno di notare una frase appesa alla parete che recita più o meno così. Le donne devono lavorare almeno il doppio per dimostrare di essere brave almeno la metà degli uomini. Per fortuna non è difficile… Ottenuto quanto richiesto sto per andarmene, ma non riesco a resistere ed aggiungo. Bella quella frase appesa alla parete. La condivido. Quale frase chiedono loro. Quella lì. E si lasciano andare tutte ad una risatina di consenso. Arrivederci e buona giornata aggiungo uscendo.
Mentre mi allontano in auto facilmente convengo che tra uomini e donne la parità, soprattutto nell’ambiente di lavoro, non è una conquista definitiva. Ritorno a casa e via internet stipulo una di quelle vantaggiosissime polizze on-line. Casomai dovessi incappare in qualche sinistro non mancherò di presentarvi il retro della medaglia, ammesso che ci sia. Già che ci sono ne approfitto anche per prenotare la visione del film appena uscito su Asterix e Cleopatra. Andare al cinema di lunedì pomeriggio non è il massimo ma dato che nel fine settimana avevo altro da fare la scelta può essere accettabile. E poi approfittando del fatto che sono a casa, possiamo evitare di andarci la sera dopo cena.
Durante il periodo scolastico è buona cosa che i figli vadano a letto presto anche se per una volta sarei stato disposto a fare un’eccezione. Più tardi mi metto riordinare la scrivania di Andrea e mi accordo che ha dimenticato a casa l’astuccio. Non è una cosa particolarmente grave eppure la cosa riesce ad irritarmi perché queste frequenti disattenzioni mi paiono piuttosto negligenza e malavoglia. Mi balena l’idea di appendergli alla mensola sopra il suo letto un foglio con uno scritto. Non vado a dormire se: non ho preparato la cartella; non ho fatto tutti i compiti; non mi sono lavato i denti; dimentico qualcosa.
Anche il vicino di casa ha un simile promemoria appeso in camera. Me l’hanno raccontato i ragazzi. Dovrei un pochettino allentare la presa. Rischio così di esasperarlo e sortire l’esatto effetto contrario. Nel pomeriggio sbrigato l’impegno principe ovvero la visita ortodontistica e poche altre incombenze, i compiti per i ragazzi, stirare le lenzuola per me, ci avviamo alla multisala. Bisogna presentarsi a ritirare i biglietti con sufficiente anticipo pena la riassegnazione dei posti. Mancano poco più di dieci minuti all’inizio della proiezione e quindi mi avvio correndo alla cassa.
C’è poca gente e fornisco velocemente i dati della mia prenotazione via internet. Dico che pago con carta di credito e mentre mi stampa i biglietti metto mano al portafogli. Incredulo mi tocco le tasche invano, quasi simulando il ballo della macarena come mostra una nota pubblicità di benzine. Non oso crederci l’ho proprio dimenticato. Un guizzo nella mente e non posso non ricordare la predica mattutina fatta ad Andrea. Cerco d’impietosire il cassiere. Fa un tentativo e contatta telefonicamente la direzione. Desolato mi comunica che non può. E’ pronto a stracciare i biglietti già emessi, ma lo imploro di aspettare che magari al bar qualcuno mi presta denaro di tasca sua.
Un signore gentilissimo mi avvicina venti euro. Sono restio ad accettarli. Penso di avere problemi per la restituzione. Avevo sentito che lui voleva visionare con la famiglia una pellicola in programmazione più tardi. Quando io uscirò, lui dovrebbe essere ancora in sala. Sarebbe per me più comodo tornare più tardi qui alla multisala a saldare il debito. Insiste dicendo che lui abita a Moniga sul lago di Garda. Che fortuna, io lavoro a Padenghe e quindi non sarebbe troppo scomodo.
A quel punto il cassiere, convinto della mia buona fede mi allunga i biglietti e m’intima di ritornare più tardi con la carta di credito. Capisco che aveva già confermato l’incasso e che sarebbe più comodo così. Salgo coi ragazzi e cerco di rilassarmi evitando di pensare a quell’impegno per tutto il tempo della proiezione. Non abitiamo lontano. Giusto dieci quindici minuti di macchina. Accendo l’acqua per la pastasciutta e dico ai ragazzi di preparare la tavola. Sono di nuovo in strada alla volta della multisala. Meglio non correre. Piove. Chi va piano va sano e lontano, recita il noto adagio. Sono quasi le venti e le strade sono ormai favorevolmente sgombre.
Arrivo alle casse e vedo chiusa quella presso cui mi ero rivolto. Chiedo a fianco dove possa essere il collega. Probabilmente la voce si era sparsa e forse si erano fatte scommesse e pronostici riguardo alla mia onestà. Così ho pensato. Il giovane che cercavo, mi sente da dietro la parete e si precipita verso di me. Entra nella sua cassa ormai con le tendine abbassate e avvia la transazione liberatoria. Firmo la ricevuta e dopo avergliela restituita sento irrefrenabile l’impulso di estrarre dieci euro dal portafogli. Li lascio sul banco ed aggiungendo: <> mi allontano in tutta fretta. Riesco a sentire che non devo, ed infine un rassegnato grazie.
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