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mercoledì 8 febbraio 2006

Il complemese

Il complemese - 17/11/2002

Il millenovecentottantuno fu un anno particolare. In quell’anno veniva ordinato sacerdote un nostro comparrocchiano. Partecipammo in gruppo alla celebrazione di consacrazione anche se per noi due fu più che altro occasione per stare insieme, sia pure in mezzo agli altri. La nostra testa era altrove e finimmo col chiacchierare un po’ più del dovuto. Ad un certo punto una suora, che evidentemente aveva sopportato fin troppo, non si trattenne dal farcelo notare e ci chiese maggior contegno.

Mentre tornavamo in auto, Santina disse che verso fine mese ci sarebbe stato un concerto di Ron proprio qui a Brescia. Se la cosa m’andava a genio potevamo andarci. Accolsi la proposta di buon grado. Non sono mai stato un patito per la musica né tanto meno per i concerti dal vivo, ma era un’ottima scusa per uscire insieme da soli. La nostra prima volta. Fino a quel momento c’eravamo sempre trovati in gruppo, con amici o coetanei. Era giunto il momento di ritagliarci uno spazio tutto per noi.

Quella mattina veniva a trovarci dalla California una zia di mio padre. Io e lui ci recammo di buon mattino all’aeroporto di Malpensa per accoglierla al suo arrivo. La zia si fermò poco da noi. Il pomeriggio stesso fu accompagnata dai miei su in montagna al paese d’origine. Io non volli andare. Preferii restarmene a casa a recuperare qualche ora di sonno.

E venne la sera. Avevo avuto da mio padre in prestito l’auto per uscire. Non era una bella giornata. Non lo era stata fin dal mattino, quando sotto la pioggia rientravamo da Milano. Mi fermai con la centoventisette davanti alla casa di Santina. Suonai il campanello. I suoi, visto il temporale in atto si dimostrarono un poco preoccupati, ma un concerto non si può far aspettare e saltammo in macchina di tutta fretta. Trovai posto nei pressi dello stadio. Parcheggiai e ci dirigemmo verso il teatro tenda allestito per l’evento musicale.

Senza nulla togliere al cantautore, certamente l’acquazzone di quel 28 giugno deve aver scoraggiato tutti i fan che non avevano già acquistato i biglietti in prevendita. Prendemmo posto su una panca laterale un poco a sinistra rispetto al palco. Credo di essere stato io per primo a chiederle se potevo tenerle la mano. Acconsentì. Ripeto che non ho mai avuto particolare inclinazione verso l’ascolto della musica e men che meno per quel genere. Comunque mi adattai. Era un po’ tutto una novità per me. Man mano che il tempo passava cominciai a provare dolore ai timpani per il fragore di quelle canzoni accompagnate a toni insostenibili per il mio udito. Continuarono a ronzarmi le orecchie per parecchie ore, come sarà capitato a tutti la prima volta in cui si è assistito ad un concerto ad alto volume.

Purtroppo, anche se a tratti mal sopportato, ad un certo punto il repertorio fini. Santina aveva gradito tantissimo ed aveva avuto modo di apprezzare il cantautore anche in precedenza, ma non dal vivo come in quella nostra prima serata insieme. Mentre spioveva ritornammo verso casa. Non ci eravamo detti granché. Avevo passato con lei i miei primi momenti di tenerezza, mano nella mano. Fermi in auto davanti a casa sua stavamo per salutarci ed io feci la fatidica domanda: "Posso darti un bacio?" Credo che se lo aspettasse. La sua risposta non fu per me scontata e quando acconsentì mi avvicinai a lei con trepidazione.

Non provai nessuna emozione particolare. Tutti si domandano com’è la prima volta. Fu quanto di più naturale mi potessi aspettare. Il giorno successivo volli sapere com’era andata. Noi uomini finiamo sempre col domandare com’è stato. Vogliamo sempre sapere se siamo stati all’altezza. Se abbiamo fatto faville. 

Quanto ero ingenuo. Sapete cosa mi rispose? Mi disse che quello era un bacio da fratelli. In tutto il mio ardore la sera prima le avevo scoccato un sonoro bacio sulla guancia. Per me era naturale esordire così. Lei si era preparata a qualcosa di più ardito, ma la mia inesperienza deve comunque averla confortata.

Ora non ricordo quando ci siamo baciati sulla bocca, anche se mi parve di lì a non molto. Quel che è certo è che da quel giorno cominciammo ufficialmente a contare i giorni del nostro stare insieme. Ogni ventotto del mese era il nostro complemese. Più le ricorrenze passavano e più sentivo il nostro rapporto consolidarsi. Ma non fu tutto idillio. Fin da subito ci furono scosse di assestamento che permisero però di poggiare bene le fondamenta del nostro rapporto. (...)

Nota del 04/02/2006 - Lo scritto originale prosegue con la narrazione di un altro fatto. Ho riflettuto sull'opportunità o meno di pubblicarlo e dato che non posso conoscere il desiderio di Santina in merito a questo, mi baserò su quanto espresso da mia figlia per una circostanza analoga ed in cui mi ha chiesto esplicitamente di mantenere la discrezione.

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