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sabato 27 maggio 2006

Perché sei mio fratello

Quando mi sento vessato e provato da circostanze sfavorevoli ho un pensiero ricorrente. Mi domando come mai gli altri non si ricordano di me e non si fanno avanti con un sorriso, un gesto d'amicizia, ad alleviare la mia pena. Queste aspettative sono abbastanza comprensibili, ma non tengono conto di una cosa fondamentale: siamo tutti sulla stessa barca. Quello che desidero dagli altri verosimilmente anch'essi se lo aspettano da me. E ancora, quell'atteggiamento di "sufficienza" o "malmostosità" che innegabilmente sembra trapelare dal mio sguardo scoraggia i più a farsi avanti. In fin dei conti si raccoglie ciò che in passato si è seminato.

Il nostro volto ed i nostri occhi sono lo specchio di tutte le nostre vicende passate. Nella storia di ognuno ci possono essere traumi pregressi che ci rendono difficoltoso sorridere spontaneamente a chi incontriamo e così non facciamo che peggiorare la situazione perché induciamo l'altro a mantenere le distanze nel timore di qualche reazione aggressiva.

Il forte deve avere cura del debole senza aspettarsi nulla in cambio. Purtroppo il do ut des è troppo radicato nella natura umana per non tenerne conto, per non dare ascolto a quella voce che costantemente ci dice: <<ma chi te lo fa fare>>.

Sempre più spesso educhiamo i nostri figli a non farsi "pestare i piedi", a farsi rispettare, a reagire con decisione alle piccole prepotenze del vivere quotidiano. L'arroganza e la maleducazione sono il biglietto da visita che più facilmente esponiamo.

La vera forza non sta nella grandezza della reazione al torto subito. Non è alzando il tono della voce che le nostre argomentazioni acquistano quella ragione così evidentemente negata dai fatti.

Il mondo è dei furbi solo per poco. Chi più sgomita meno trova spazio e se lo trova generalmente lo usa male e lo spreca.

Impariamo a farci posto l'un l'altro, a voler stare un po' meno bene noi affinché lo siano un po' di più gli altri. Riempiamo con generosità quella mano che ci viene tesa implorando le briciole del nostro superfluo. Non abbiamo timore che il nostro gesto vada sprecato. Se rinunciamo a dare perdiamo buone occasioni per mantenere il nostro cuore aperto e disponibile. Amministriamo con saggezza i beni che ci sono stati affidati e che per ingiusta sorte sono toccati a noi con maggiore abbondanza.

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