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lunedì 5 gennaio 2009

Per non dimenticare


Forse sto parlando troppo di cose che non vorreste sentire. Tuttavia devo farlo per dirvi come ha vissuto Elisabeth e come non ha mai rinunciato alla bontà e al coraggio. Vorrei che lo sapesse anche sua figlia.
Ora devo raccontarvi il motivo della sua morte. Spesso, dopo mesi di vita nel campo, alcune donne smettevano di avere le mestruazioni. Altre invece no. I medici non avevano provveduto a nessun tipo di misure per l'igiene delle prigioniere in quelle circostanze: niente stracci, niente assorbenti, niente sapone. Chi aveva le mestruazioni non poteva fare altro che lasciar scorrere il sangue lungo le gambe. Ai sorveglianti questa vista così sgradevole del sangue piaceva, perché forniva loro una scusa in più per gridare e picchiare. Una donna di nome Binta, la sorvegliante dell'appello serale, cominciò a inveire contro una ragazza sanguinante. S'infuriò con lei e la minacciò con il manganello. Poi prese a colpirla.
Elisabeth uscì dalla fila con uno scatto rapido, rapidissimo. Le strappò il manganello di mano e lo abbassò su di lei, dandole botte su botte. Arrivarono di corsa le guardie e due di loro immobilizzarono Elisabeth a terra con i fucili. La buttarono su un camion e la riportarono al bunker di punizione. Una delle guardie mi disse che il mattino dopo un picchetto di soldati prelevò Elisabeth dalla cella. Fuori dalle mura del campo c'era un boschetto di pioppi. I rami degli alberi formavano un viale lungo il quale Elisabeth arrancò sola, senza alcun aiuto. S'inginocchiò a terra e le spararono alla nuca.


MARY ANN SHAFFER

La Società Letteraria di Guernsey

SONZOGNO EDITORE

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