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lunedì 5 gennaio 2015

Destino

C'è nella notte come una tregua dal male. L'uomo traghetta la sua infelicità tra un giorno doloroso e un altro che lo sarà. Là, in fondo, prima della ragione, il destino solo questa intercessione concede, e gli uomini accendono fuochi come a imitare le stelle e ringraziarle.

Il destino è ben altra cosa dal caso. Il caso, la tyche, è qualcosa d'imponderabile, inaspettato. I greci, così sicuri che esistesse un'armonia nel mondo, dettata dai numeri, e un primato della ragione e del pensiero, dietro il caso ci persero la testa e il fegato, per venirne a capo. E fu sempre sconfitta. Il destino, la móira, non è casuale.

È lì, intrufolato nel nostro dna, ha tutte le sue premesse nel carattere (dáimon); se si compie è perché, sconosciuto o no, aveva già una ragione di compiersi.

Il destino è un fiume sotterraneo che scorre parallelo alla vita: ogni tanto emerge e allora ci sommerge e ci chiediamo «ma perché proprio a me?»: oh, sì, solo a te, perché quel fiume è il tuo, e c'era anche quando non lo vedevi.

- Cioè una combinazione ai dadi è un caso e, mettiamo, un incidente in moto è destino?
- Sì, anánche per i greci, cioè necessità, perché prima o poi si compie.
- Forse è per questo che ho così paura della notte, perché nasconde in sé tutti i destini. E il mio destino.

ROBERTO VECCHIONI
IL MERCANTE DI LUCE
EINAUDI


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