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mercoledì 26 dicembre 2012

La difficoltà di essere se stessi

Siamo appena rientrati dal breve viaggio per andare a portare a Giulio il nostro estremo saluto. Era da più di vent'anni ormai che non salivo a Livemmo durante il periodo invernale. Il freddo, la neve, il ghiaccio sembrano disagi troppo grandi per poter colmare le distanze e riassaporare per un breve istante il calore degli affetti estivi. Ma oggi è stato diverso. Mi sono scrollato di dosso la pigrizia e, bucando le nuvole che riempivano come candida ovatta l'incavo delle valli paterne, sono andato lassù a prendermi due affettuosi buffetti.

Il primo l'ho avuto da Giuditta, la moglie del fornaio, a cui mi ero accostato per porgere le condoglianze. Non sapevo cosa altro dirle e così me ne stavo ammutolito di fronte a lei senza pronunciar parola. Quel dolce schiaffetto è stato un invito esplicito a scrollarmi di dosso quel torpore che spesso mi frena e m'impedisce di avere un contatto significativo che va al di là delle circostanze oppure delle formalità del momento. L'altro buffetto l'ho avuto in chiesa, sull'altra guancia, poco prima della celebrazione eucaristica, mentre assorto nei miei pensieri tenevo lo sguardo rivolto verso il basso. E' così non ho fatto in tempo a ricambiare il saluto, né ad essere sicuro che fosse proprio Roberto a sfilare dietro di me dopo quel breve contatto.

Sono giunti in tanti a testimoniare i loro sentimenti di amicizia ed affetto, dai paesi vicini, ma anche da quelli un po' più lontani. E così la via che porta al cimitero era gremita di persone come non l'ho vista mai. Così grande la folla che il piccolo camposanto tutta non la poteva contenere e quindi i più hanno assistito alla tumulazione standosene sulla strada antistante. E poi, visto che papà cominciava ad aver freddo ai piedi, velocemente abbiamo raggiunto l'auto lasciata parcheggiata all'imboccatura del paese e ci siamo messi in marcia per far ritorno a casa.

Lasciata la Valle Sabbia, poco dopo essere entrati in Val Trompia, il cielo si squarcia un po' e vediamo il sole che va a posarsi sull'ampia coltre nebbiosa e la indora addobbando per noi a festa lo spettacolare paesaggio montano. Sotto la neve il pane. E così ne avremo ancora in abbondanza dalle generose spighe che matureranno nei campi l'estate prossima. Non sentiremo più il profumo del pane provenire dal forno di Giulio ormai spento da diversi mesi. Ma ogni volta che torneremo a riassaporare la fragranza di quell'impasto, il suo saluto discreto ed il suo sorriso ci torneranno alla mente.


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