Anche quest'anno abbiamo trascorso le nostre ferie in montagna per compiacere Alessandra che ama fare camminate impegnative alla conquista di qualche vetta. In verità il tempo non è stato molto favorevole e quindi l'unica escursione di rilievo è stata quella che ci ha portato sui Denti di Terra rossa. E' superfluo sottolineare che mia figlia è stata la prima a tagliare il traguardo a quota 2490 metri. Di poco distaccato è arrivato poi suo padre, soprattutto perché continuava ad attardarsi, prodigandosi in copiosi scatti fotografici con la fedele compatta che porta sempre al seguito.
Terminato il periodo di vacanza a Siusi, ci siamo mossi verso Canazei per trascorrere là, nel cuore delle Dolomiti, i restanti giorni di villeggiatura. E' stato bello scoprire che l'albergo prenotato da Maria Luisa era proprio nelle adiacenze di quello da me frequentato ormai diciotto anni prima in occasione della mia prima visita a questi luoghi. Alessandra era soltanto un desiderio, mentre invece Andrea già sgambettava vivacemente in quella gita di pochi giorni in cui ci eravamo portati appresso anche i nonni Luigi e Celina, che erano soliti frequentatori di quei posti assieme al fratello di mia madre.
In una di quelle serate avevamo fatto visita al palazzo del ghiaccio che non si trovava molto distante dal nostro alloggiamento. In tale occasione non avevo però voluto indossare i pattini e mi ero limitato ad osservare le altre persone più ardimentose che erano scese in pista a sfidare le proprie capacità.
Quest'anno invece, complice anche il desiderio di mia figlia, non mi sono trattenuto e nel dopocena ci siamo recati con malcelato entusiasmo all'impianto sportivo per scivolare in allegria. Da ragazzo avevo già usato i pattini a rotelle ed in virtù di quello, in ben due occasioni durante le gite invernali con la parrocchia, avevo avuto modo di esibirmi con discreta disinvoltura anche sul ghiaccio. Ora, prima di scendere in pista, fantasticavo tra me e me al ricordo di quelle esperienze giovanili ed immaginavo pure di compiere qualche evoluzione ardita degna di un pattinatore esperto.
Mirabile fantasia! Appena entrato in pista mi sono reso conto di restare in equilibrio a fatica. Avevo il desiderio di uscire mestamente con la coda fra le gambe. Alessandra, invece, mostrava una sicurezza ed una confidenza per me insolite, pur essendo anche lei, come me, alla sua terza esperienza in quest'attività ludico-sportiva. Eravamo stati i primi a scendere in pista. Dopo alcuni minuti si sono aggiunti anche un paio di ragazzini, a mio giudizio frequentanti la scuola elementare, che dimostravano di avere una confidenza ed un'abilità nel muoversi tale da farmi credere che stessero correndo avanti ed indietro su un verde prato anziché su uno specchio d'acqua ghiacciata.
Però non volevo demordere, nonostante le mie prime morbide cadute ed i primi involontari cambi di direzione dovuti al non pieno governamento delle lame sulla superficie ghiacciata. Insistendo un po', forse sarebbe arrivata anche l'eleganza nel movimento, almeno lo speravo. Intanto Maria Luisa dagli spalti provava ad immortalare con la macchina fotografica le nostre evoluzioni.
Ad un certo punto non ricordo più nulla. Ho soltanto una visione confusa di due enormi pozze di sangue mentre mi sto risollevando a fatica sul ghiaccio. Alessandra mi racconterà poi di aver sentito un tonfo sordo e di essersi girata verso di me e di avermi visto steso a terra. Dato che non mi rialzavo, si era prontamente avvicinata e mi aveva ripetutamente invitato a farlo, ma io non rispondevo e continuavo a restare con il capo rivolto alla superficie gelata e con le braccia completamente allungate lungo il fianco.
Dopo alcuni attimi di vero smarrimento, sia per lei che continuamente mi parlava senza ottenere risposta, sia per mia moglie che assisteva impotente dal bordo della pista, lentamente cominciavo a ritornare in me. Una delle prime frasi da me pronunciate, quasi ridendo, dev'essere stata quella relativa al fatto che non ci si poteva fare così male per una semplice pattinata. Intanto, mentre ancora ero in uno stato di confusione generale, sono arrivati i soccorsi chiamati prontamente dal personale dell'impianto sportivo.
Mentre salivo sull'ambulanza pensavo a rincuorare Alessandra che sarebbe dovuta restare in albergo da sola; invece Maria Luisa sarebbe venuta con me al posto di guardia medica per le prime cure. Velocemente siamo scesi a Pozza di Fassa dove sono stato accolto, in quel sabato sera, da vario personale medico. Un dottore di colore mi ha anestetizzato ed applicato alcuni punti di sutura per lo squarcio che mi ero fatto in fronte e vicino all'occhio, cadendo sopra gli occhiali. Questi ultimi si erano soltanto stortati un po': la montatura in titanio è stata veramente robusta, quanto ci si aspetterebbe da questo materiale. Come sarebbe stato il resto della vacanza senza le lenti di scorta al seguito?
Dopo la prima medicazione, sono stato trasferito all'ospedale di Cavalese perché dovevo essere sottoposto ad una TAC di controllo l'indomani mattina. Pensavo a mia figlia sola in albergo, lontana dal suo unico genitore. Dopo essere arrivato all'ospedale ed aver completato con il medico di turno i primi test sulla prontezza dei miei riflessi, mi son fatto passare il cellulare da mia moglie per confortare Alessandra. Era da poco passata la mezzanotte. Forse dormiva. Probabilmente no. Se mi avesse sentito al telefono, si sarebbe tranquillizzata ed avrebbe potuto riposare più serenamente, come infatti mi ha confidato in seguito.
Maria Luisa mi è stata sempre a fianco, cercando di dormire un po' su una poltrona che il reparto le ha messo a disposizione. Anch'io sono riuscito un po' ad assopirmi pensando di tanto in tanto all'altro figlio che stava rientrando in treno dal mare, dopo una breve vacanza trascorsa con la fidanzata ed alcuni amici.
Ero compagno di stanza di un giovane ventisettenne che si era fratturato una gamba finendo con la moto contro un paracarro. Sentendo che me ne volevo andare al più presto per riunirci alla figlia lasciata sola in albergo, m'invitava a non avere fretta per non dover magari rientrare poi per un nuovo guaio alla testa. Diceva: "La vita è lunga ed un giorno in più in ospedale non cambia niente". Io invece sto consolidando sempre più l'impressione che la vita sia breve e che il tempo fugga via inesorabile.
Per nostra fortuna, pur essendo domenica, in tarda mattinata mi hanno condotto a fare la TAC di controllo che è risultata completamente negativa. Si trattava di attendere ancora fino alle ore sedici del pomeriggio, quando finalmente mi avrebbero dimesso. Quando siamo rientrati nella stanza d'albergo da cui Alessandra si era mossa soltanto per la colazione del mattino, saltando il pranzo, m'è parso di vedere svanire in lei tutta la tensione accumulata.
Il resto della vacanza è trascorso in tono minore sia per la condizione di riposo a cui dovevo sottostare, sia, soprattutto, per le non troppo favorevoli condizioni meteorologiche che ci hanno riservato numerosi giorni di pioggia. Su http://picasaweb.google.it/romano.scuri ho pubblicato alcune fotografie fra le quasi mille prese a ricordo indelebile di quei giorni.
Nessun commento:
Posta un commento