Translate

mercoledì 30 dicembre 2009

Senza via d'uscita


Non faccio altro che mangiare e dormire. Quando non sono seduto a tavola passo a letto la maggior parte del mio tempo. Se per la prima di queste occupazioni attribuisco responsabilità le numerose feste del periodo, per la seconda credo che sia in parte diretta conseguenza dell'altra, ma probabilmente anche dell'attività di lavoro di tutto un anno, nonostante quest'estate ci siamo concessi una lunga vacanza lontani dalle solite occupazioni di ogni giorno.

Ebbene sì, lo devo ammettere: sto invecchiando e forse più rapidamente di quanto immagini e di quanto lo vorrebbero le persone amate che mi circondano. Diventare vecchi non è forse questo: fare più fatica nelle cose di tutti i giorni, più di quanto abbiamo tribolato anni addietro per gli stessi medesimi compiti del vivere quotidiano?

Eppoi basta specchiarsi un po' meglio. Finiamo con l'abituarci ai progressivi cambiamenti della nostra immagine. Non ce ne rendiamo bene conto, ma dai venticinque anni in poi il nostro corpo inesorabilmente comincia ad invecchiare. Capita così che per raderci meglio alcuni peli di barba sul collo ci mettiamo sotto una luce migliore, avviciniamo di più il viso allo specchio e finiamo per notare ciò che è la realtà dei fatti. Ci sono più rughe sulla nostra pelle. Mancano capelli sulle nostre tempie; quelli sopra le orecchie ci appaiono ora in tutto il loro candore. E meno male che ce ne sono ancora: meglio grigi che pelati.

Se poi muoviamo lo sguardo verso il basso troviamo altri segni di cambiamento. Il profilo del nostro ventre si è accentuato ulteriormente verso l'esterno: presto non vedremo più i piedi e non solo per problemi di vista. Dov'è la mia tartaruga? Forse sepolta sotto un cospicuo strato di adipe. Forse ha fatto come lo struzzo: s'è immersa nel sottosuolo e da lì non è mai più riemersa. Poi qualcuno, indelicatamente, ci fa sapere che una vera e propria tartaruga noi non l'abbiamo mai avuta.

Ci sono due velocità diverse nel nostro invecchiamento: una mentale e l'altra fisica. Non vanno mai di pari passo. Anzi, la prima sembra non procedere per nulla affatto. Continuiamo a sentirci sempre un po' bambini dentro, ma il nostro involucro si è deteriorato, nostro malgrado, come la copertina di un libro lasciato a stagionare sul ripiano della libreria. Un giorno questo tomo abbandonato richiama la nostra attenzione e torniamo a sfogliarlo per un attimo. Ritroviamo i pensieri che avevamo sottolineato a matita. Le idee espresse ci appaiono ancora attuali, ma quella carta è ormai ingiallita dal tempo. Se lo apriamo troppo rischiamo pure di romperlo a metà, come è successo al mio "Lessico famigliare" di Natalia Ginzburg.

Così il libro finisce per darci non una, ma ben due lezioni. La prima è quella del suo pensiero, l'altra è quella della sua struttura indebolita che richiede ora un'apertura più attenta e delicata di un tempo, di quando lo sfogliavamo in gioventù. Così è per il nostro corpo. Sappiamo che l'esercizio fisico lo tiene ben efficiente ed allora decidiamo di tornare a praticarlo dopo un lunghissimo periodo d'inattività. Con entusiasmo frequentiamo palestre e centri sportivi e ci diamo pure dentro con vigore per arrivare prima al nostro traguardo. Ed è così che il libro si rompe in due.

Sembriamo senza via d'uscita. Inseguiamo il mito dell'eterna giovinezza e, dove non saprà arrivare il nostro personal trainer, senz'altro sarà in grado d'intervenire il chirurgo estetico rassodando un po' qua, stirando un po' là; e, nell'illusione di piacere ancora e forse più di un tempo, finiamo con l'essere un po' tutti omologati e copie uguali a se stesse di un individuo che in realtà non esiste veramente. Stesso sorriso, stesse labbra turgide, stesse curve: meglio abbondanti che sobrie. E così in breve si passa dal naturale al volgare.

La bellezza, la nostra naturale bellezza, non è sempre uguale a se stessa: cambia nel tempo e si evolve. Dobbiamo però abituare i nostri occhi a cogliere quest'armonia d'insieme. Quelle che noi vediamo non sono rughe: sono le tracce di ogni sorriso che abbiamo dispensato. Quelle che noi vediamo sotto gli occhi non sono borse: sono le tracce delle notti insonni pensando con ansia a chi era lontano. Quelle macchie che noi vediamo sulla pelle non sono le cicatrici del sole, ma sono la testimonianza di quanto abbiamo lavorato sodo tracciando il solco per chi verrà dopo di noi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

venerdi 01 gennaio, 12:44 ho gia mangiato di pranzo! Seguo il concerto di capodanno della filarmonica di Viena. Un piacere, una gioia che aspetto ogni anno. Ma, come sono agitata, sto navigando ... ho letto gia le notizie di Italia, di Romania e ... ho cercato sul blog di Romano Scuri per vedere se ha scritto qualcosa. Si, ha scritto e, come sempre, mi piace leggerlo. Anche oggi scrive come se ... mi piacerebbe d'aver scritto io queste parole. Le ho copiato nel mio diario per ... perche mi piace. Le apprezzo? Lo apprezzo!

Anonimo ha detto...

Ho dimenticatoooooooooooo !!!!!!! Non ho mai fatto un commento e non ho mai scritto su questo tipo di ... Ho dimenticato di ringraziarti! Grazie Romano! Per le tue parole dalla tua grande anima! Buon anno 2010!