Gratuitamente svolgo l'attività di amministratore nel condominio in cui abito. Nonostante abbia più volte rifiutato un compenso in denaro per questo lavoro, una mia vicina si sente in dovere di dimostrare la sua gratitudine portandomi in dono qualche cassetta di frutta in occasione delle festività natalizie e pasquali.
Per pigrizia finisco poi con l'ammassare le cassette vuote in terrazza invece di sbarazzarmene subito. Questa mattina però ero di buona lena e quindi mi sono deciso a fare un po' di pulizia liberandomi da quell'inutile ammasso. Per evitare di dover fare diversi viaggi ho provveduto con cura a smembrare le varie parti suddividendo il legno, la plastica ed il cartone in borsine differenti riducendone drasticamente il volume.
Visto poi che lunedì sarebbero stati prossimi alla scadenza due bollettini di conto corrente per il pagamento delle spese condominiali, mi sono messo in tasca anche quelli. Dopo la sosta ai cassonetti dell'immondizia mi sarei recato all'ufficio postale per effettuarne il pagamento, evitando così di doverci andare nella pausa pranzo di lavoro.
E' una bella giornata. Per terra ancora le tracce di alcune pozzanghere del temporale di ieri sera. L'aria non è per niente frizzante e prosegue l'insolito tepore più da fine estate che da inizio autunno.
Mi aspetto la solita ressa di ogni sabato mattino. Una volta l'ufficio vicino a casa era aperto anche nel pomeriggio e, vista la minor frequenza, preferivo recarmici in quell'orario per sbrigare le varie incombenze, non solo di amministratore occasionale.
Appena entrato nella sala vengo subito investito da uno sgradevole afflato di aria viziata. Quasi immediatamente ritorno sui miei passi e spalanco una delle porte d'accesso. Mi sembra strano che non sia venuto in mente a nessun altro prima di me. Dopo una rapida occhiata al tabellone luminoso ed al numero del mio biglietto di prenotazione, decido che è meglio attendere seduto anziché in piedi come ho fatto tante altre volte.
Sono da poco passate le undici. In quest'ufficio si viene anche per il ritiro delle inesitate. Lì non serve prelevare il biglietto dal distributore automatico: basta mettersi in coda ed aspettare il proprio turno. Senza soluzione di continuità la fila viene progressivamente alimentata da sempre nuovi avventori.
Per ingannare l'attesa, fra un'occhiata e l'altra al display, mi guardo intorno ed osservo le persone che arrivano. Alcuni si salutano, altri compilano distrattamente i moduli sugli appositi banchetti, altri adocchiano le locandine pubblicitarie per questo o quell'altro investimento. L'ammontare dei tassi d'interesse esposti mi fa pensare che forse sono manifesti datati. Ormai non danno più nulla neanche per i titoli di Stato: possibile che si possa lucrare ancora fino ad un improbabile 5%?
Un signore anziano appena entrato scherza un po' con un conoscente. Poi cambia il numero ad uno sportello e subito vi si precipita, seguito da un'altra signora che reclama con pacatezza il proprio diritto. Il vecchietto, chiarito che il numero in realtà non era preceduto dall'identica lettera di quello in suo possesso, se ne torna mestamente oltre le barriere poste a tutela della privacy. S'è spento il suo sorriso ed è ora l'amico a prendersi un po' gioco di lui.
L'età avanzata può scusare il momentaneo appannamento di questa persona. Però penso che anch'io stavo per commettere il suo identico errore un'altra volta e solo la prontezza di mia figlia mi ha frenato e tolto da ogni imbarazzo.
Nella fila di sedie dietro la mia ci sono due vecchie signore che fanno congetture su chi di loro verrà servita prima, dato che hanno lettere differenti e talvolta sembra che proceda più spedito un gruppo, talvolta l'altro. Ad uno degli sportelli vedo appoggiato goffamente un uomo di grossa corporatura. Con tanta gente in attesa si concede il lusso di qualche chiacchiera con l'impiegato. Credo che tutti stiano mentalmente pensando la stessa cosa: fai presto, non è questo il momento delle relazioni sociali e dei lunghi intrattenimenti.
Quando finisce e si volta per andarsene, mi rendo conto che quell'omone, dal probabile passato sportivo visto anche l'abbigliamento che indossa, è il genitore di un ex compagno di classe di mia figlia. Mi capita spesso d'incrociarlo qui in posta e, se non fosse per il fatto che tutte quelle volte ci sono anch'io, mi verrebbe da malignare che non ha nulla di meglio da fare il sabato.
Appena un posto a sedere si libera, non fa in tempo a raffreddarsi che subito viene tenuto in caldo da qualcun altro. Il portone d'acceso da me spalancato garantisce ora un maggior ricambio d'aria e l'umore generale ne ha un po' guadagnato.
Una signora di colore si avvicina per prendere posto a sedere accanto a me. Prima di accomodarsi fa spazio al figlioletto che la segue e sembra quasi volerlo spingere verso la sedia a me più vicina. Il bambino però si butta sulla prima poltroncina e quindi a lei non resta che questo contatto ravvicinato. Con la scusa del figlio mi da un poco le spalle e così non si sente troppo osservata.
Devo proprio avere uno sguardo indagatore. Mi piace indulgere sul volto di ognuno e provare ad immaginare l'umanità che vi sta dietro. Preso da questi pensieri, vedo presto comparire sul tabellone il numero che precede il mio. Decido di alzarmi in piedi e farmi più vicino al limite che ci separa dagli sportelli.
In un attimo è il mio turno. Mentre consegno i bollettini per il versamento, di fianco una donna dal chiarissimo accento straniero dice che è venuta a portare il numero della carta d'identità perché quanto aveva aperto in precedenza un rapporto di conto aveva lasciato soltanto il numero del permesso di soggiorno.
Ricevo i venti centesimi di resto per il pagamento effettuato in contanti. Mi coglie un attimo di perplessità per l'esiguità della cifra, ma poi, ripensando all'ammontare totale che avevo verificato con la calcolatrice prima di uscire di casa, convengo che non c'è errore e posso liberare in fretta il posto a beneficio di un'altra persona.
Torno fuori a rimirare il sole. Penso anche alle altre stelle, ma accostare l'ufficio postale all'inferno di Dante è sicuramente un tantino eccessivo e sopra le righe, anche se forse l'associazione d'idee nasce spontanea per l'assembramento forzato di tante persone nello stesso luogo.
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