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domenica 29 agosto 2021

Lettera ad un bambino non ancora nato

 

Questo scritto parte da lontano. Inizialmente l'avrei voluto stendere con carta e penna per lasciarlo poi fra le carte che si sarebbero dovute trovare una volta effettuato il passaggio fatale. Il titolo sembra fare un po' il verso ad un noto libro della Fallaci. Il mio intendimento è diverso e vorrebbe, per così dire, sortire l'effetto di aprire un canale comunicativo fra un ipotetico nipote ed un nonno che ormai non c'è più.

Intendiamoci bene, per quel che attiene alle mie attuali conoscenze, non dovrei avere i giorni contati, almeno non in misura così scarsa da temere di non vedere un domani il frutto del grembo dei miei figli. Ma non siamo noi a tirare il filo della nostra esistenza e così, ciò che non si desidera, potrebbe accadere. Sono grandi le schiere dei nati che non hanno avuto il piacere di conoscere tutti i propri nonni.

Eppoi il dono della genitorialità non è riservato a tutti. Non ho la presunzione di ritenere che dare alla luce un nuovo essere sia una cosa scontata e certa in maniera assoluta. Ci sono mille fattori che possono influire sulla possibilità di diventare o meno madre e di conseguenza padre. Beati quelli a cui non è precluso questo grande dono, ma beati anche quelli che hanno reso altrettanto feconda la propria vita pur non avendo messo fisicamente al mondo nessuno.

Se poi le cose andranno come spero, questa lettera avrà poco senso di essere stata scritta perché dovrebbe risultare del tutto superflua avendo la possibilità di comunicare col destinatario. Ma in cuor mio vorrei che ce ne fosse più di uno, senza volermi ora allargare un po' troppo in quelle che possono apparire le mie aspettative di discendenza.

Non ho preferenze. Anche se mi esprimo al maschile, non faccio distinzione di genere, né di preferenza ad esso legata. E' forse retorico dire che se nel mondo avesse prevalso di più l'essere femminile, ora potremmo godere di una situazione migliore su tutti i fronti. Ma chissà, potremmo pure lamentarci di cose che ora neppure sappiamo. Talvolta al peggio non c'è limite, detto tutto questo giusto per non escludere alcuna possibilità perché il fattore umano riserva innegabilmente sorprese in ogni direzione.

Sto menando un po' troppo il cane per l'aia e mi sembra che a fatica arrivo al sodo della questione, al punto cioè in cui si da compimento a ciò che si è voluto sinteticamente esprimere nel titolo. Anche questo palesa un aspetto, una forma caratteriale e quindi può andare ugualmente bene, se l'intendimento è quello di farsi conoscere lasciando in eredità uno scritto che può sopravvivere al disfacimento del nostro corpo. Così che un giorno quel piccolo lo possa tenere fra le proprie mani e scoprire che c'è stato un nonno che ha voluto bene al punto da pensare ad un ponte ideale per instaurare e rafforzare una comunicazione che diversamente poteva essere fatta soltanto dai genitori.

Mi rendo conto che nel paragrafo precedente c'è già tutta l'essenza di quel che si vorrebbe dire a un proprio nipote. "Ti voglio bene" mi pare che sia l'unica cosa da dire, anche a chi ancora non c'è. Poi i nonni, si sa, coniugano questa cosa in molteplici altri gesti che son per lo più bollati dai figli come vizi. Sì, è così e a mio modo di vedere è anche giusto. Come genitore qualche "vizio" ai miei figli penso di averlo dato, ma forse ho imposto loro più obblighi e fardelli, cosa che - son sicuro - non hanno patito dai loro nonni.

E allora, se è questa una ruota che gira, non è forse prossimo il mio turno di combinare qualche "guaio" viziando oltre misura un frugoletto che a suo modo cresce e si fa strada nella vita? Ci saranno poi mamma e papà a compensare le azioni scriteriate dell'anziano genitore che in qualche modo sta attentando alla salute fisica dell'ignaro nipote. No, non sto parlando seriamente. Vorrei solo affermare tra il serio ed il faceto che ci sono ruoli e giochi delle parti differenti ed a ciascuno toccano i propri.

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