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sabato 25 marzo 2017

Specchio delle mie brame

Non sono un tipo che cambia spesso l'immagine del proprio avatar. Lo faccio solo di tanto in tanto per adeguarla meglio all'età che avanza e che non può restare sempre ferma ed immutabile. Non sono, insomma, come quelli che modificano sovente il proprio profilo per farlo corrispondere allo stato d'animo del momento.

Qualche giorno fa sono rimasto colpito dall'immagine del profilo WhatsApp di mia nipote. L'ho ingradita ed ho visto, come in un gioco di specchi, il lungo corridoio di un palazzo, o di un museo, dove la ragazza era stata fotografata appoggiata allo stipite di un portale lasciando intravedere in distanza tanti altri passaggi così da sembrare un effetto di rimbalzi di luce piuttosto che un'inquadratura verso uno spazio più profondo.

Quella posa mi ha richiamato alla mente la foto che ho scattato sul finire dello scorso anno nella toilette del museo Centrale Montemartini di Roma. L'ho subito recuperata e l'ho inviata alla nipote per augurarle una buona domenica confidandole al contempo quale sarebbe stato il titolo del mio prossimo post su questo blog.

Non passo molti istanti davanti ad una lastra di vetro ricoperta sul retro da uno strato di argento o di alluminio. Indugio quel tanto che basti per darmi una pettinatina prima di uscire di casa oppure quando alzo lo sguardo dal lavabo mentre mi lavo i denti. Né più né meno del tempo medio che potrebbe impiegare ciascuno di voi; signore escluse, che han sempre qualcosa in più da osservare o da rimettere a posto con un po' di trucco o di belletto.

Qualche capillare rotto sotto la superficie della pelle oppure qualche macchia di pigmentazione più scura se ne stanno lì a documentare le primavere ormai sempre più numerose. Non m'importa nascondere una nuova ruga e neppure mi curo troppo del diradamento dei capelli sempre più brizzolati come è indicato sul mio ultimo documento d'identità.

Ho cominciato ad accettare i primi segni d'invecchiamento del corpo ben prima del compimento del trentesimo anno d'età. Avevo letto infatti da qualche parte che dopo i 25 anni si smette di crescere e si comincia inesorabilmente un lento, ma progressivamente sempre più veloce, declino.

Come siamo, e come saremo, sono stati fissati per sempre quel giorno in cui l'amore di nostro padre e di nostra madre ci hanno chiamato alla vita trasfondendo in noi metà delle loro qualità. Senza possibilità di scelta, ma nella più completa casualità, abbiamo ereditato il meglio o il peggio di loro sperando che la parte avversa sia stata ben controbilanciata dalla corrispondente metà messa a disposizione dall'altro partner.

Poi il resto lo facciamo noi, con la nostra cura per la salute, con la nostra attenzione per quel che mangiamo, con il nostro riguardo per una moderata e continua attività fisica. Cose tutte da seguire con naturalezza, senza farsi prendere da manie o mode del momento che a lungo andare possono causare più danni che benefici.

E questo vale per l'involucro che è il nostro corpo. Ma per la mente, per il nostro spirito, cosa facciamo? Mens sana in corpore sano, dicevano i latini. Ma la cura, l'attenzione, il riguardo per l'esteriorità possono da soli bastare per garantirci uno stato interiore elevato così da poter parlare di benessere generale della nostra persona?

sabato 4 marzo 2017

Meglio girarci intorno

Che tempaccio! Sarebbe l'ideale per fare il giro di qualche centro commerciale, ma non ne ho voglia e pertanto me ne starò in casa a rilassarmi un poco e a farmi avvolgere, quasi coccolare, da qualche piacevole ricordo.

Un paio di sabato fa era invece una giornata decisamente più gradevole. Sono uscito con Maria Luisa per fare due passi lungo la pista ciclabile che fiancheggia il fiume Mella. Nei pressi del parco Polivalente ho avuto modo di osservare una recente opera che ha tutta l'aria di una piccola centrale per il recupero di energia rinnovabile dalle acque del fiume.

In quel tratto è stato costruito uno sbarramento artificiale che ha imbrigliato alle sue spalle un modesto bacino di acqua che idealmente dovrebbe alimentare qualche piccola turbina per la generazione di energia elettrica. Almeno credo che sia questa l'intenzione, ma non ho in proposito informazioni più dettagliate, né ho voluto fare approfondimenti con una fin troppo facile ricerca via internet.

Ebbene, sul fianco di questa specie di diga, è stato costruito un corridoio digradante, largo un metro o poco più, costituito da varie vasche disposte ad un livello progressivamente digradante per scendere di circa due metri dal pelo dell'acqua soprastante fino al letto del fiume più avanti.

Mi è sembrato un deliberato riguardo per consentire la risalita, o la discesa, della fauna ittica di questo fiume che insolitamente nell'ultimo periodo è tornata ad essere presente. Pertanto è facile imbattersi nel fine settimana in occasionali pescatori che si trastullano pazientemente lungo le sue sponde.

Il che vorrebbe dire che le acque sono meno inquinate di un tempo quando c'era uno sciagurato sversamento da parte di vari opifici e industrie dedite alla lavorazione dei metalli su in valle. Ed è forse per questo passato ecologicamente poco attento e selvaggio che un amico - da cui ho avuto conferma del ritorno di pescatori sulle rive del Mella - non si fiderebbe proprio per niente a cibarsi di questi pesci.

Che qualcosa stia cambiano in meglio dovrebbe essere testimoniato pure dalla presenza di qualche grosso volatile che notoriamente non si potrebbe scorgere lungo il corso del fiume se davvero non ci fossero i pesci di cui si ciba. Proseguendo di questo passo forse un giorno potremo vedere qualcuno che si avventurerà di nuovo a farci il bagno, così come mi raccontava mia mamma che facevano, quando lei era ragazzina.

venerdì 3 marzo 2017

Fuga dall'isola che non c'è



Ai lettori più attenti non sarà sfuggito che da un po' di tempo a questa parte vado anteponendo ai post un disegno invece di una fotografia. La cosa sta diventando sistematica e m'impegna decisamente un tantino di più che fare mentalmente una cernita delle pose scattate in passato per trovare quella adatta all'argomento di cui ho in animo di scrivere in quel momento.

Ho avuto un certa passione per il disegno fin dall'infanzia. E' ancora nitido il ricordo della suora che alla scuola materna esprimeva tutto il suo entusiastico apprezzamento per i miei mulini a vento. Tracciavo la sagoma di una normale casetta e dal retro facevo emergere le pale incrociate ad ics dandovi un aspetto gradevole sì, ma alquanto distante dalle costruzioni reali che ho visto personalmente qualche anno fa durante il tour dei Paesi Bassi.

Anche alla scuola elementare ho avuto modo di farmi apprezzare per i vari elaborati grafici. In quinta elementare il maestro era arrivato a promettermi un voto in più in scienze affinché andassi alla lavagna a ricopiare durante tutto l'anno le schede del suo libretto. I compagni riportavano solertemente sui propri quadermi ciò che andavo tracciando col gessetto e a me non sembrava vero di potermi rendere utile e nella completa ingenuità non badavo per niente all'insegnante che nel frattempo leggeva il giornale.

Negli anni successivi ho imparato a dipingere un poco più seriamente, senza per altro ritener mai di aver la vocazione per fare l'artista. E questo nonostante avessi ricevuto qualche incoraggiante complimento da un mio cugino più grande che invece in quella direzione era instradato.

Negli anni fra la fine della maturità e l'inizio del servizio di leva ho attraversato il periodo più fecondo ed attivo. Gli studi di storia dell'arte dell'ultimo anno di liceo alimentavano e sostenevano il mio interesse nei confronti dei vari periodi e stili pittorici. Ma erano le tendenze dell'ultimo secolo a stimolare maggiormente la mia fantasia. La pittura metafisica, il surrealismo, il futurismo, l'astrattismo calamitavano la mia attenzione ed esercitavano su di me un fascino particolare, anche se, quando poi mi esprimevo concretamente su un foglio oppure mi cimentavo coi colori ad olio sopra una tela, prediligevo espressioni di tipo figurativo.

Ricordo inoltre che, poco prima di partire per il servizio militare, mi ero prodigato in Parrocchia per raffigurare su grandi cartelloni i vari temi delle domeniche di Quaresima. Li avevo preparati in anticipo perché la mia partenza era fissata per il primo di marzo e non avrei potuto realizzarli settimana per settimana immediatamente prima del giorno festivo.

Poi è arrivato presto il lavoro e con esso è praticamente svanita la passione per la pittura. Ho cercato di sforzarmi un poco durante il periodo estivo, ma da quel punto di vista mi sentivo come svuotato. Non avevo voglia di dipingere e non sentivo per niente l'ispirazione a farlo. Attribuivo questo nuovo corso alla mia attività lavorativa che solleticava la mia fantasia in una diversa modalità altrettanto accattivante.

Ho sempre pensato che più in là negli anni, magari durante il periodo del pensionamento, sarei potuto tornare a rispolverare quella passione giovanile. Recentemente ho iniziato quasi timidamente ad abbozzare qualche schizzo qua e là da anteporre ai miei trafiletti ed ora ci sto prendendo gusto, a tal punto da dare quasi prevalenza all'immagine più che al testo.

Sento la mano decisamente meno precisa di un tempo. Oltretutto non giova per niente lo strumento che testardamente utilizzo. Come per lo scrivere mi servo del rudimentale Notepad, per il disegno ricorro a Paint che mette a dura prova la mia pazienza, ma al contempo mi stimola perché è talmente essenziale da farmi provare una sorta di sottile piacere quando riesco a dirigere il mouse là dove volevo e come volevo.

Non mi faccio illusioni. Sto vivendo questa cosa come una sorta di allenamento. Un diversivo per scrollarmi di dosso la ruggine dopo decenni d'inoperosità. Viaggio con la fantasia e mi sembra d'indossare i panni di un improbabile Peter Pan in fuga dall'isola che non c'è.

Il recipiente

Ho la netta sensazione di avere in testa un sacco di cose superflue
di cui mi devo sbarazzare al più presto.
Libererò il capo dal gravame di questi inutili orpelli.
C'è bisogno di silenzio attorno a me per capire ciò che è importante.

Emergerà dal rumore di fondo quel che conta veramente
e per cui vale la pena di sbattersi da mane a sera.
Ho ancora tanto da dare e non è mai colma la misura per ricevere,
sol che lo si voglia almeno un poco.

Siamo fragili e la nostra forza sta nel riconoscerlo
al di là di ogni ragionevole reticenza.

Siediti qui accanto a me ed ascoltiamo insieme.
Non c'è necessità di grande frastuono.
L'essenziale è suggerito da un sussurro leggero.
Stringi la mia mano nella tua ed avvicinala al tuo petto
così che possa percepire il tuo palpito.

Ora dimmi cosa pensi.
Anzi no, resta muta.
Quello che hai da dire l'ha già intuito il mio cuore.