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domenica 27 luglio 2014

Luglio col bene che ti voglio

Eccomi qua ancora una volta a pasticciare il bianco di queste pagine, più per dovere che per la voglia di scrivere. E voi che leggete con intento insincero al solo scopo di dare referenza alle vostre azioni, ai vostri guadagni illeciti, per una volta soltanto date ascolto alla mia preghiera. Prendetevi una pausa. Non affannatevi ad apporre commenti inutili che miseramente verranno cestinati. Così in cambio potrò lasciarmi andare ancora una volta e far uscire da me qualcosa di veramente intimo, senza timore che la mia casella di posta s'intasi di spam che fa riferimento a questo o quello del mio povero pensiero.

Ma non m'illudo e sto a guardare dalla finestra con speranza rinnovata. Tutta la vita è una lotta e non sempre il caso concede il favore al più ardimentoso. Qualche volta anche il leone deve ritirarsi scornato e leccarsi le ferite perché uno zoccolo di zebra ha avuto la meglio su di lui.

Luglio, ormai te ne vai e con noi non sei stato prodigo e benigno assai. Hai concesso il riposo ancorché il tempo delle ferie fosse ancora lontano e così ora non le agogniamo tanto. Le mille incombenze hai reso leggere con i tuoi orizzonti aperti, le tue serate calde, le tue passeggiate dando il braccio alla consorte.

Non è mai sto così bello pensare soltanto a se stessi, quasi un peccato da commettere di nascosto. Ho visto passare volti stranieri che cercavano un po' di quiete in terra forestiera ed amica. Ho visto forme sinuose incrociare e calpestare al contrario le nostre orme. Ho visto promesse di future professioni camminare allegre e sorridenti. Altre ancora ormai stanche ritrovare il sorriso dopo una vita d'impegno mietendo successi, ma il più delle volte amare sconfitte.

Ora queste pigre onde smussano ancora un po' questi ciottoli, senza fretta, senza affanno. Una mano raccoglierà quella pietra bianca e la stringerà nel suo palmo per trattenerla un po'. Un'altra ancora scaglierà quell'altra nel tentativo di farla rimbalzare sul pelo dell'acqua. Un gabbiano spaventato s'alza in volo e vira maestoso e sovrano fra i navigli per poi perdersi lontano.

Metallico il lago nelle serate punteggiate di luci. Vorrei approdare fin alle sponde dell'opposta riva, ma i nostri piedi affondano e soltanto stesi a pancia all'aria possiamo ritrovare quella piacevole sensazione che ci pervadeva nelle nostre prime settimane di vita. Sgambettiamo felici, agitiamo le braccia con maggiore libertà perché qui i confini sono meno angusti e possiamo muoverci con maggiore agio che all'interno della nicchia materna.

Ma non c'è il battito di chi ci ha porto la vita, di chi ha convogliato per noi nutrimento e che, con fiduciosa attesa, guardava in avanti al giorno della nostra nascita.

Chi attese per noi l'arrivo, chi desiderò la nostra uscita oltre a quei due che accesero la scintilla vitale? Se non sei tu, o Dio, chi mai avrà premura per ogni nostro afflato, per ogni nostro pensiero che solitario a te ritorna e grato gioisce per queste tue premure preparate con sapiente equilibrio fin dalle ere più remote?


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