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sabato 24 marzo 2012

Volere volare

Questa settimana mia figlia Alessandra è andata in gita scolastica a Budapest. Prendeva per la prima volta l'aereo e così, il giorno della partenza, sono stato parecchio agitato. Solo dopo aver ricevuto il suo primo SMS dall'Ungheria ho sentito che la tensione si allentava. La sua partenza è stata per me una buona occasione per riflettere su come i figli crescono in fretta e noi, tutto sommato, fatichiamo a recidere quel cordone ombelicale che ci lega stretti a loro.

Due sere fa, forse anche per colpa della stanchezza, mentre rincasavo in auto dal lavoro, mi sono lasciato prendere dallo sconforto ed ho dato spazio a qualche lacrima. No, non me ne vergogno, anche se avrei fatto meglio a tenere questo momento tutto per me. Sapevo che era una cosa passeggera e di lì a poco mi sarei sicuramente sentito meglio. Ed infatti così è stato: non ero ancora giunto a casa che già l'umore volgeva al meglio, grazie anche ad un provvidenziale SMS di Ale che mi offriva un ennesimo sintetico ragguaglio circa le vicende della sua giornata.

Questa mattina sono andato a prenderla all'aeroporto di Orio al Serio, vicino a Bergamo. Mi aveva dato indicazioni abbastanza precise circa la sua compagnia di volo e l'orario della partenza. Non è stato difficile trovare in internet l'ora di arrivo. Chi mi conosce sa che non amo arrivare in ritardo e che preferisco portarmi avanti onde evitare possibili disguidi per eventuali imprevisti che potrebbero capitarmi lungo il tragitto. Giusto all'ora in cui lei avrebbe preso il volo per il viaggio di ritorno, mi sono messo tranquillamente in auto verso la stazione aeromobile che avevo finora visto solo transitando in autostrada. Ieri sera avevo pure dato una fugace occhiata sulle mappe di Google per farmi un'idea riguardo alle vie d'accesso.

Nonostante questo e nonostante le indicazioni stradali fossero abbastanza chiare, una volta giunto a destinazione, sono riuscito a sbagliare l'ingresso del parcheggio riservato alle soste brevi. Nessuna paura, non avevo i minuti contati e così senza agitazione son ritornato sui miei passi. Ma non era finita lì. Imboccata questa volta la corsia giusta del parcheggio, non sono riuscito a far emettere alla colonnina il biglietto per entrarvi. Pensando che fosse guasta oppure che fosse adibita all'accesso con qualche altro tipo di carta, ho fatto retromarcia per un piccolo tratto e, dopo aver visto che un'auto straniera si era infilata nella corsia accanto alla mia, con maggior decisione mi ci sono diretto anch'io. Stessa storia. Nonostante premessi uno dei tre pulsanti in riga proprio sotto al display, la colonnina non ne voleva sapere di sputare il biglietto. Poi mi scappa l'occhio un po' più in basso e vedo un altro pulsante con tanto di manina che ritira un ticket. Si può essere così imbranati? E pensare che per lavoro mi occupo proprio di queste cose: sistemi per parcheggi e controllo degli accessi. Mi consola il fatto che questi dispositivi non sono prodotti dalla nostra ditta.

Gironzolo un po' per le corsie e finalmente, molto distante dal terminal di arrivo, trovo un posto dove lasciare l'auto. Mi spiace solo per le ragazze che dopo dovranno farsela tutta a piedi con i bagagli. Oltre a mia figlia ci sono due sue compagne da riaccompagnare a casa. E' giusto. All'andata era stato il padre di una di loro a portarle in aeroporto ed ora mi fa veramente piacere poter essere d'aiuto io.

Entro nella sala degli arrivi che manca ancora una buona mezz'ora all'atterraggio. Non importa. Quale occasione migliore per prendere familiarità con l'ambiente e guardarmi un po' attorno? Stanno uscendo alcuni passeggeri che giungono da qualche località del nord Europa. Lo arguisco dall'abbigliamento pesante e dagli sci ben avvolti nel cellophane. Ma fa così caldo che le loro calzature di pelo mi sembrano fuori luogo, come i colbacchi di Totò e Peppino nel film in cui approdano a Milano.

Mollemente mi dirigo verso il terminal delle partenze, percorrendo questo lungo e ampio corridoio disposto parallelamente rispetto alla pista di atterraggio. Nel mio lento fluire a zig zag vengo a più riprese affiancato da altre persone in transito che mi colpiscono per il loro vestire strano. Soprattutto le donne dell'Est. Indossano abiti così vistosi che non si può proprio fare a meno di notarle. Mentre tengo informata mia moglie inviandole di tanto in tanto un SMS, non posso mancare di scherzare con lei su questo. E' come un porto di mare: si vede gente di ogni tipo, ma è quella in procinto di partire che attira maggiormente la mia attenzione.

In un attimo, tutte quelle valigie in fila al check-in mi fan venir voglia di partire. Vorrei quasi comperare un biglietto e spiccare il volo verso una destinazione a caso. Ma sono proprio io a pensare queste cose? Dov'è finita tutta la mia paura di volare? Più avanti m'intenerisco all'abbraccio di una giovane signora che si ricongiunge con il suo uomo e si attarda per un po' stringendolo fra le sue braccia e baciandolo discretamente sulla bocca. Ma ancora di più guardo con tenerezza quella signora con passeggino che, sbarcata da poco, va incontro al padre del piccolo. Il bimbo dice qualcosa all'uomo e mi sembra un po' meravigliato di rivedere un padre rimasto distante a lungo. Il mondo è piccolo e bastano poche ore d'aereo per riavvicinare un affetto rimasto lontano.

Ancora qualche distrazione ed è subito il tempo di vedere la dicitura "atterrato" accanto al volo proveniente da Budapest. Provo a chiamare Alessandra, ma ha ancora il cellulare spento. Poco dopo è lei a chiamarmi dicendomi che devono aspettare l'arrivo della valigia grossa che lei e le sue amiche hanno condiviso per stipare tutto il loro corredo. La tranquillizzo dicendole che non ho fretta. Mentre ho gia visto uscire dal varco alcuni dei suoi compagni di classe, finalmente individuo anche lei. Ha un bel viso sereno e soddisfatto e si lascia schioccare un bel bacio sulla guancia.

sabato 17 marzo 2012

Le ossa dei morti sorreggono la chiesa

 Domenica scorsa siamo partiti alla volta di Chiesuola di Pontevico per partecipare al ritiro quaresimale organizzato per le famiglie delle quattro parrocchie che compongono la nostra Unità pastorale. Per la partenza si era stabilito di ritrovarci nella parrocchia situata più a nord della nostra, ma Maria Luisa ed io abbiamo deciso di metterci in viaggio autonomamente con qualche minuto d'anticipo per procedere ad una velocità più blanda, come sono solito fare in autostrada. La percorro tutte le settimane per scendere a Cremona da mia moglie e quindi conosco bene i miei tempi di percorrenza ed anche l'orario in cui è giusto muoversi, se si vuole giungere puntuali.

La sera prima avevo dato un'occhiata su Google maps per avere informazioni sull'esatta ubicazione del posto. Immaginavo che non fosse troppo distante dall'uscita del casello autostradale che tante volte avevo attraversato per recarmi in visita a mamma, quando si trovava ospite nella casa di riposo di Seniga. Ed infatti il paesino è proprio lì dove mi sarei aspettato di trovarlo. Immediatamente si profilava ai nostri occhi come un tranquillo borgo di campagna. Tranquillamente ci dirigiamo in direzione della chiesa e parcheggiamo l'auto in una delle prime piazzole vuote che adocchiamo. Nonostante il nostro procedere lento, siamo giunti a destinazione con qualche minuto d'anticipo. Poco male; a me non dispiace per niente aspettare e così comincio a guardarmi intorno lasciando Maria Luisa ancora comodamente seduta in auto.

Mentre mi muovo verso il sagrato delle chiesa parrocchiale, scorgo nella loro macchina una coppia di signori anziani, ma con mio stupore è la donna ad essere seduta al posto di guida. Ritenendo che siano persone del posto, trovo strano che stiano in attesa lì fuori e non siano invece dentro per la Messa, di cui nel frattempo ho avuto modo di sentire che la celebrazione è in corso udendo i suoni che dal di dentro promanano verso l'esterno.

Girato l'angolo della chiesa, scorgo l'adiacente oratorio facilmente individuabile anche per la chiara scritta che campeggia a caratteri cubitali sulle sue pareti. Torno allora verso Maria Luisa e l'invito a scendere: gli altri del gruppo saranno qui a momenti. Mentre gironzoliamo per la piazzetta, baciati in fronte da questo timido sole che instilla in noi una sempre una maggior voglia di primavera, ecco che scende dall'auto il signore anziano che avevo notato poco prima e giunto presso di noi ci chiede se veniamo da Brescia per il ritiro quaresimale. Annuisco nascondendo lo stupore per la loro partecipazione.

Di lì a poco arrivano anche tutti gli altri ed allora entriamo nel locale che era stato messo a nostra disposizione. Apprendo che don Mauro aveva svolto in precedenza il suo ministero da queste parti ed è questo il motivo che lo ha condotto a scegliere questi luoghi come meta del nostro stare insieme oggi. Dopo una breve preghiera iniziale, don Mauro svolge il suo pensiero di riflessione in prospettiva pasquale. Per illustrare meglio l'argomento che ruota attorno all'ultima cena di Gesù, ha stampato per noi una riproduzione del cenacolo vinciano e fa anche accenno ad alcune differenze salienti rispetto ad opere analoghe di altri pittori. Il perno del suo discorso ruota però attorno al tema del tradimento: quello di Pietro e quello di Giuda. Entrambi hanno abbandonato Gesù, ma mentre il primo capisce e si pente, l'altro affonda nella disperazione. Cade così in basso da non credere più che l'amore del Padre, dimenticando tutte le nostre colpe, possa ancora avere il potere di salvarlo.

Al termine della riflessione comunitaria veniamo invitati a trascorrere un'oretta di silenzio in meditazione individuale. Possiamo disperderci dove vogliamo, lì attorno. Inizialmente decido di entrare in chiesa, anche per darvi un'occhiata, ma dopo qualche istante ne fuoriesco perché è troppo freddina e mi sembra un peccato non godere del clima più gradevole che c'è all'esterno. Mentre seguo la traccia scritta che il don ci ha lasciato, gironzolo in tondo per le varie piattaforme sportive dell'oratorio. Visto che ne ho la possibilità, mi spingo anche a calpestare il bordo del campo da calcio e così la mente rimanda il pensiero agli anni trascorsi in Seminario, quando nell'approssimarsi della stagione estiva pregustavo il termine della scuola ed il ritorno in famiglia.

Dopo il pranzo al sacco e qualche momento di relax passato insieme a chiacchierare e prendere il sole all'aperto, nel primo pomeriggio ci siamo diretti a piedi verso una non lontana chiesina di campagna. La strada da noi percorsa, dopo aver costeggiato l'adiacente zona industriale, attraverso un sottopassaggio ci porta al di là dell'autostrada. E così ho modo di visitare quella chiesetta che tante volte vedo passando in auto e che attira spesso la mia attenzione.

Appena entrati, don Mauro ci fa notare che quella chiesetta dedicata a S. Anna sorge su una collinetta. Questo perché in quel luogo venivano bruciati i corpi dei morti di peste, la stessa di cui parla il Manzoni nei Promessi Sposi. In seguito le ossa dei morti sono state ricoperte con un cumulo di terra ed in quel luogo è stata eretta questa chiesina. Per gli abitanti del posto è ancora oggi oggetto di devozione vivissima. Durante la preghiera dei fedeli mi viene spontaneo proferire che, come quelle ossa sorreggono fisicamente la chiesa di S. Anna, così anche noi, in senso spirituale, possiamo sorreggere la Chiesa universale.