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domenica 9 settembre 2012

Primo lustro (ovvero la lunga camminata)

E così ci siamo arrivati. Cinque anni non devono essere un periodo del tutto irrilevante se anche in campo medico assumono questo intervallo di tempo come valore minimo per considerare raggiunto uno stato di guarigione dopo una grave malattia. Il paragone non mi pare del tutto fuori luogo visto che sovente si usa riferirsi all'amore come a un malanno, ma certamente non è questo il nostro caso perché altrimenti non starei qui a parlarne con quello spirito gioioso che vorrei trasparisse ben evidente.

Per oggi nessun ragionamento troppo cervellotico. Molto semplicemente mi piacerebbe stendere una breve relazione riguardo alla nostra giornata di ieri in cui, appunto, abbiamo festeggiato il nostro primo lustro di matrimonio. Mi sarebbe piaciuto dare l'avvio al post con una bella foto scattata ieri mentre eravamo in giro, ma questo non è stato possibile per il motivo che avrò modo di raccontarvi con ordine in seguito.

Ci sono tre bellissime città italiane che Maria Luisa ed io non abbiamo ancora avuto modo di visitare insieme. Oltre che nostro privato, sono certamente considerate patrimonio dell'umanità e, quindi, è da tempo che abbiamo messo in cantiere una visita a Firenze, Roma e Venezia. Per il nostro anniversario avevamo praticamente già deciso di recarci a Venezia e di non fare come tutte le altre volte, andando e tornando in giornata, ma soggiornare almeno una notte per rendere il piacere della visita ancora più prolungato ed intenso. Poi, pensando che quest'anno ci siamo concesse già molte vacanze ed avendo inoltre appreso dalla TV che nel periodo in cui avremmo voluto esserci, Venezia era già fin troppo frequentata a causa della 69^ mostra internazionale d'arte cinematografica, abbiamo deciso di differire la nostra visita ad un'altra data.

Alessandra, durante uno dei suoi ultimi acquisti in un centro commerciale, aveva ricevuto in omaggio due biglietti d'ingresso per Parco Sigurtà e ce ne aveva fatto gentile dono. Dato che mia moglie non aveva ancora avuto occasione di vedere questo vastissimo giardino ubicato a Valeggio sul Mincio, le ho proposto il seguente programma alternativo per commemorare la nostra ricorrenza. La mattina del sabato avremmo effettuato una breve visita a Sirmione con sosta pranzo e poi nel primo pomeriggio ci saremmo spostati nel basso Garda per un po' di relax nel verde. Maria Luisa non è di gusti difficili e mi ha assecondato subito con grande entusiasmo.

Nessuna partenza di buon'ora, com'è nelle nostre solite abitudini. Quando abbiamo salutato i ragazzi uscendo di casa, eran già passate le ore dieci da un pezzo. Abbiamo percorso per un buon tratto la stessa strada che faccio abitualmente assieme ad Andrea per andare al lavoro, ma poi, passata la galleria di Lonato, abbiam proseguito diritto fino allo svincolo per Sirmione, uscendo dalla tangenziale proprio là dove c'è l'imboccatura sterrata che porta alla cascina della mia infanzia, esattamente dirimpetto alla fattoria America. Chi vive da quelle parti sicuramente ritrova nelle mie parole dei riferimenti precisi.

Mentre stiamo attraversando Colombare e mi appresto a svoltare per addentrarci nella penisola gardesana, vengo raggiunto telefonicamente dal collega Loris che abita da quelle parti e con cui non ero riuscito a mettermi in contatto telefonico la sera precedente per ottenere da lui un consiglio riguardo ad un buon locale in cui pranzare. Con mia sorpresa l'amico non sembra così pronto a suggerirmi nessuna indicazione particolare, pur essendo familiare con quei luoghi e notoriamente un buongustaio. Riesce però a dirmi che ha sentito parlare molto bene da altri di un ristorante vicino alle vecchie terme. Non lo voglio tenere troppo al telefono e lo ringrazio velocemente per la dritta che mi ha fornito e che può consentirci una buona sistemazione.

Mentre riprendo la strada dopo la breve sosta a bordo carreggiata, per poter telefonare in tutta sicurezza, mi rendo conto che un sacco di automobili mi sono sfilate a fianco. La giornata è bella e, come prevedibile, un gran numero di turisti è venuto a fare un giro sulle terre di Catullo. Non che pensassi qualcosa di diverso. Soltanto credevo che il movimento maggiore l'avrei potuto incontrare nel pomeriggio, confidando che tanta gente a quell'ora dovrebbe essere ancora impegnata con le spese del sabato mattina oppure alle prese con le proprie faccende domestiche. Però non tenevo conto dei vacanzieri settembrini provenienti da altre regioni d'Italia o, a giudicare dalle targhe prima e dalla parlata poi, da altri stati dell'Europa.

Dopo aver raggiunto l'ampio parcheggio a pagamento, con rammarico ho dovuto constatare che un addetto stava tirando una catena di sbarramento ed apponeva il cartello che annuncia il tutto esaurito per le autovetture. Beh, se fossimo venuti in pullman, poteva andarci meglio. Non ci resta allora che invertire il senso di marcia e provare più indietro in altri parcheggi più piccoli incontrati lungo il percorso. Dopo due tentativi andati a vuoto, in uno dei quali abbiamo anche faticato a riguadagnare l'uscita per lo stretto spazio di manovra e la continua affluenza anche se ormai tutte le piazzole erano occupate, riusciamo finalmente a trovare posto in una zona di parcheggio libero. Ma siamo ben lontani dal centro di Sirmione e ci attende una lunga camminata per raggiungerlo.

Non siamo proprio dei polentoni e, visto che manca ancora un bel po' di tempo all'ora di pranzo, ci avviamo senza indugio ripercorrendo a piedi lo stesso tratto di strada che poco prima avevamo fatto comodamente seduti in auto. L'occasione mi sembra buona per sfoderare la mia compatta e scattarci le prime foto commemorative. Pigio il pulsante d'accensione e mi predispongo ad effettuare la prima inquadratura. L'obiettivo non si apre. Cosa succede, s'è guastata proprio oggi? La apro per controllare meglio e mi rendo subito conto che nella concitazione della partenza non avevo inserito la batteria e neppure la schedina flash. Pazienza! Dico a Maria Luisa che le belle immagini di quel giorno resteranno solo nella nostra memoria.

In una mezz'oretta o poco più arriviamo al ponte levatoio del castello. Mentre ci apprestiamo ad attraversarlo racconto a mia moglie che in quel luogo ebbi modo di sfogliare il mio primo giornalino di Topolino. Alcune signore amiche erano venute a trovare i miei genitori alla cascina Rocchetta e papà le aveva condotte in visita a Sirmione. In regalo avevo ricevuto quel mio primo giornalino di fumetti e così, mentre le signore facevano una visita all'interno delle mura, io e mio padre sostavamo proprio sotto l'arco d'ingresso, lì dove a lato ci sono quelle due panchine in pietra e da una fessura nel muro c'è pure modo di sbirciare l'acqua del fossato che cinge il castello.

Districandoci fra la folla e le poche automobili che hanno l'autorizzazione di accedere alla parte più interna della penisola, arriviamo al punto in cui la strada si biforca. Decido di prendere quella a sinistra ed evidentemente oggi è il mio giorno fortunato, perché dopo un po', in fondo alla via, riusciamo a leggere con chiarezza l'insegna del ristorante suggerito dal collega. L'aspetto è buono e con circospezione accediamo al locale. Il personale di servizio ci propone un tavolo fra quelli lì in sala oppure, se lo desideriamo, possiamo uscire all'esterno più avanti verso la riva del lago dove c'è un loro collega pronto ad accoglierci e sistemarci. Senza troppa esitazione, decidiamo di pranzare all'aperto. Anche il tavolo scelto risulta uno dei migliori, sia per l'ottima vista e sia per l'ombra che promette di durare a lungo nel pomeriggio.

Mando subito un sms di ringraziamento al collega per avermi permesso di non sfigurare con Maria Luisa e cominciamo a degustare le portate da noi ordinate e che indubbiamente confermano di essere state preparate con cura. L'extra che pagheremo per esserci seduti a pochi metri dall'acqua vale pienamente lo spettacolo esteriore ed interiore che stiamo godendo. Mia moglie ed io ci sorridiamo compiaciuti e ci stringiamo la mano in segno d'affetto e d'intesa.

Riusciamo ad alzarci da tavola che ormai son passate le due da un bel pezzo. Propongo una passeggiata fin verso le cosiddette grotte di Catullo per poi discendere verso la spiaggia e rientrare percorrendo l'ampio marciapiede a ridosso del lago e che guarda verso la sponda veronese. Non possiamo fare a meno di sentire qualche folata sulfurea che proprio in quel luogo fuoriesce dalle viscere della terra e viene incanalata e condotta altrove per cure termali che arrecano beneficio all'apparato respiratorio. Non ci sfugge neppure che questo lungo periodo di caldo e siccità ha fatto calare il livello del lago di circa un metro. Mentre passeggiamo all'ombra procedendo verso il castello, non posso fare a meno di raccontare a Maria Luisa di tutte le altre volte in cui ci sono venuto. La prima volta con Santina, ma poi con altre donne e non mi pare ancora vero che oggi Maria Luisa sia qui al mio fianco a riempire quel vuoto che quelle persone non han voluto colmare.

Nell'ultimo tratto c'imbattiamo in una serie di quadrettini in vetro malamente appesi al muricciolo di cinta che costeggia la nostra camminata. Uno è pure caduto e s'è rotto. Su ognuno di essi è riportato un sms e noi stiamo ripercorrendo all'indietro la storia che quei brevi scritti narrano e che, divenuti una forma d'arte, sono stati appesi per la visione del pubblico con tanto di locandina di presentazione. Mano nella mano continuiamo a procedere spediti, ma non troppo, in direzione della nostra auto. La visita al parco ci attende e dentro di me comincio a coltivare qualche timore di arrivare troppo tardi visto che ora, a stomaco pieno, mi sembra di metterci più tempo di quanto impiegato il mattino. Noto con piacere che le calzature da me indossate sono comode e non mi stanno per niente affaticando il piede pur con l'elevato numero di chilometri macinati. Solo un po' di preoccupazione per il ginocchio di Maria Luisa. Non vorrei che tornasse a farle male come lo scorso anno quando fummo costretti ad una corsa in ospedale.

L'ultimo tratto, prima di arrivare definitivamente all'auto, è molto assolato. Il caldo però non è così terribile e trovo che questo ritocco quasi fuori stagione alla nostra abbronzatura possa giovare al nostro aspetto che comunque diventerà più scialbo durante i lunghi mesi invernali. In auto c'è una bottiglietta d'acqua non del tutto vuota. Poi ci fermeremo a comperarne altra, ma adesso è questa che tampona momentaneamente la nostra sete.

Mi sto rendendo conto che questa volta mi sono lasciato prendere la mano e sto fissando nero su bianco fin troppi particolari. Ecco cosa vuol dire non aver portato al seguito la macchina fotografica funzionante. In verità Maria Luisa mi aveva proposto di comperarne una usa-e-getta, ma a me non andava di tornare a fare scatti con la tradizionale pellicola. Per frenare la sua insistenza e convincerla, arrivo addirittura a dirle che così almeno non dovrà continuamente pazientare in attesa che io abbia terminato questo o quello scatto. Ovviamente lei mi risponde che non è mai stato un peso. Questa santa donna, se non l'avessi sposata cinque anni fa, dovrei sicuramente farlo ora.

E così, tra una chiacchiera e l'altra, non senza qualche correzione di rotta per indicazioni viarie non troppo precise e puntuali, arriviamo in quel di Valeggio. I posti vicini per parcheggiare sono anche qui tutti occupati. Poco importa: oggi siamo allenati a camminare e vorrà dire che lasceremo l'auto più in là come ormai è abitudine fare. Il bello è che viene pure consigliato dai salutisti. Trovo una piazzola libera nella via a senso unico che porta verso la Rocca. Ricordo con piacere che avevo lasciato l'auto lì anche una precedente volta. Allora però ero riuscito a parcheggiarla meglio. Non riesco proprio a prendere bene le misure con quest'altra auto. Credevo di essere a ridosso del muretto ed invece, una volta sceso, constato che son fin troppo in fuori. Non ho voglia di rimediare e, confidando nella clemenza dei vigili urbani, ci dirigiamo verso l'ingresso di parco Sigurtà.

Dopo una piccola deviazione all'annesso bar per acquistare un paio di bottigliette di acqua minerale, di cui una è stata completamente prosciugata da me in pochi istanti, procediamo con lento incedere nel verde di quei prati. Maria Luisa esterna le sue sensazioni positive e la meraviglia da lei provata non è pari alla mia per il solo fatto che quella gradevole visione non rappresenta più una novità. Il parco è praticamente identico a come lo avevo visto negli anni addietro e comunque sempre bello. La calura estiva che ha portato all'essicazione di tante piante, in questo luogo non ha fatto sentire i suoi effetti nefasti perché il personale si è occupato con cura dell'irrigazione.

Non c'è l'affollamento delle altre volte e così riusciamo a godercelo in tutta tranquillità. Dico a Maria Luisa di togliersi i sandali e lei senza indugio segue il mio consiglio, che comunque aveva già in animo di fare e che aspettava soltanto un piccolo input per essere messo in pratica. Vorrei fare come lei, ma poi per la pigrizia di dovermi rimettere i calzini, lascio perdere e mi sento pago del sollievo che prova mia moglie a camminare a piede libero su quel bel tappeto erboso. Non riusciamo a vedere proprio tutto perché ormai siamo quasi prossimi all'orario di chiusura fissato per le 19. Vorremmo ristorarci un poco al bar prima di lasciare il parco. In alternativa propongo di pazientare ancora un po' e di scendere a Borghetto che merita senz'altro una visita e che non dista molto da dove abbiamo lasciato l'auto.

Avremmo voluto scendere a piedi, ma dato che un cartello stradale indicava una distanza di circa un chilometro e mezzo, concordiamo che per oggi di strada a piedi ne abbiamo già fatta fin troppa e quindi lo raggiungeremo in macchina. Un paio di tornanti e siamo subito giù ad occupare un altro parcheggio, questa volta a pagamento. La nostra fermata sarà di breve durata. Giusto un'occhiata in giro ed un aperitivo e poi si torna a casa. Per non essere presi in contropiede, decidiamo però d'infilare nel parcometro una moneta da mezzo euro in più per prolungare di mezz'ora la sosta prevista.

Percorriamo mollemente il breve tratto di strada che ci porta nel cuore di questo piccolo borgo, per lo più costituito da vecchi mulini che sfruttano l'acqua del Mincio per far girare le ruote. Alcune ormai arrugginite giaccioni immobili, ma altre seguitano a roteare vorticosamente e mi domando cosa mai potranno muovere all'interno di quelle piccole casette che mi paiono tutte riammodernate in foggia di piccoli ristoranti o gelaterie. Il luogo è sicuramente caratteristico ed è molto suggestiva anche la vista del diroccato ponte che fa da sfondo al piccolo abitato. Mentre ci attardiamo a guardare i vari scorci, veniamo a più riprese raggiunti da coppie di neo sposi che son qui giunti per le immancabili foto ricordo. Alla fine della serata arriveremo a contare ben quattro coppie.

Vedendo gli altri sposini non possiamo fare a meno di pensare a come ci sentivamo noi cinque anni fa e, complice anche il luogo, di quanta acqua sia passata sotto ai ponti. Di farina ne abbiamo macinata tanta, ma non è nulla se pensiamo a quella che ancora ci attende. L'età per noi non è più così tenera, ma in amore quella anagrafica non conta. Ci muoviamo con slancio in avanti dove ci attende il prossimo lustro con ancora un po' di quel miele che all'inizio del cammino ci auguravamo di conservare come tesoro prezioso.

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