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giovedì 17 marzo 2011

Passato che non torna


Ronchi e "Licenzini"

Estesi fino all'ex monastero di San Gottardo, i Ronchi costituiscono l'area pedemontana del Monte Maddalena. L'etimologia della parola, apparsa per la prima volta nelle cronache cittadine del Quattrocento, deriva dal latino "uncare" indicando, con ciò, il dissodamento d'un terreno sterile per porvi colture, soprattutto vigneti.

Il vocabolo, spesso associato al nome della famiglia "roncara", che vi risiedeva e lavorava, fu poi esteso all'annessa casa colonica. Quest'ultima, in origine, presentava un porticato a tre arcate sormontato da una loggetta. Successivamente il portico fu trasformato in veranda, chiudendo gli archi con delle vetrate, per riporre le piante di limone e glicine al riparo dal rigido clima invernale. Al piano terra v'erano la cucina, il deposito dei prodotti orticoli, le stalle ed uno spazio per lo strame. In quello superiore si trovavano le camere da letto ed il fienile.

Oggi i ronchi originari non esistono più, sostituiti da belle ville con giardini. Solo qualche coltivo terrazzato ed alcuni piccoli vigneti sono ciò che rimane di un passato ormai lontano.

Oltre a case coloniche, terreni coltivati, chiesette e piccoli cenobi, nella zona dei Ronchi esistevano anche numerosi "licenzini". Se il roncaro produceva vino in misura superiore al consumo famigliare, tramite una particolare licenza di vendita commercializzava il sovrappiù direttamente al consumatore, adattando parte della propria abitazione ad osteria. Per i bresciani dell'epoca era quasi obbligo frequentare questi ritrovi conviviali ove gustare un buon bicchiere di vino, accompagnato da saporite salamelle ai ferri, formaggi nostrani e fresche insalate. La recente chiusura dell'ultimo "licenzino" ha posto fine anche a questa tradizionale consuetudine.

Paolo Maroli
Il Sentiero 3V
- Nelle Prealpi Bresciane lungo l'Alta Via della Val Trompia -
NORDPRESS


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