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sabato 22 ottobre 2016

Fuochi d'artificio

Ci sono ragionamenti che si aprono e chiudono nello spazio di un breve tempo. Ve ne sono altri che restano aperti e non possono di certo considerarsi compiuti anche dopo numerosi contributi che li rinfrescano a più riprese.

Quest'estate m'è capitato di fare un commento su Facebook per una chiosa di un amico relativamente ad un video interessante su pianeti, stelle e galassie. L'amico concludeva un po' scettico riguardo alle vertiginose dimensioni dello spazio a cui si faceva accenno in questo filmato portando come argomento l'età dell'universo stimata in circa 13 miliardi di anni.

Possibilista e garantista come sono, senza per questo contraddire le conclusioni del commentatore, fra me e me andavo alimentando questa congettura condividendola contemporaneamente in un post sempre sul noto social.

Pensiamo allo spazio come ad un cerchio, se non proprio come ad una sfera. Immaginiamo di trovarci ipoteticamente al centro di questa semplice figura geometrica. Se un fotone impiega poco più di una decina di miliardi di anni per arrivare a noi, come minimo la dimensione dello spazio siderale potrebbe essere il doppio pensando al diametro e non al raggio della circonferenza di cui siamo il fulcro.

Dopo questo mio commento, si è scatenato un interessante ping-pong da parte di un altro amico dell'amico che, a suon di argomentazioni che tiravano in ballo la teoria della relatività, andava di volta in volta puntualizzando e correggendo le mie congetture.

Ad un certo punto, quando pensavo di non essere riuscito a far comprendere fino in fondo il mio punto di vista, ho tagliato corto rispondendo che lui ragionava da fisico, mentre io da libero pensatore. E ci siamo così congedati postando reciprocamente un paio di vedute panoramiche, io dei monti al tramonto che in quel preciso momento stavo osservando e quell'altro di Parigi, città a me tanto cara.

Nei giorni appresso ho copiato ed incollato questo mio scambio con il gruppo WhatsApp dei colleghi di lavoro. Giusto per far circolare qualche pensiero più serio rispetto alle usuali cavolate che ci strappano un sorriso da casa, quando non possiamo condividerle a voce in azienda.

A distanza di un paio di mesi ormai, uno dei colleghi mi fa avere il link di un video che ha trovato interessante e mi dice che in qualche modo riprende le argomentazioni di quest'estate. Ieri sera riesco a ritagliarmi un attimo di tempo per visionarlo. E' su YouTube e quindi vi riporto il link per chi fosse interessato a spendere venti minuti della propria vita con un interlocutore divertente, ma a dir poco approssimativo: https://www.youtube.com/watch?v=Eaj6dYTb_mQ. Pur se il racconto m'era parso alquanto sgangherato, stamane m'è venuta voglia di condividere pubblicamente come l'ho capita io.

L'Universo visibile, più che essere come una enorme sfera di luce, come la palla di un giganteso fuoco d'artificio che ammiriamo estatici nelle sagre di paese, può essere considerato come uno soltanto di quei focherelli che, dopo aver brillato per un po', svanisce come tutti gli altri che hanno concorso a formare quell'enorme sfera luminosa.

Le osservazioni del nostro universo visibile ed i riscontri alle teorie che stiamo avendo con l'ausilio di enormi telescopi mandati in orbita, paiono confermare l'idea che ciò che vediamo, ma anche un po' più in là di questo perché la luce ha una velocità limitata e nel contempo ci stiamo espandendo, è sostanzialmente piatto ed ha una leggera curvatura.

Ed è proprio questa leggera curvatura a farci fare un grande balzo nelle stime fino ad esprimere in trilioni di anni luce la dimensione della scatola che potrebbe contenere tutto ciò che è palpabile ed ha una sostanza.

Finito o infinito? Universi paralleli... Cose da brividi!

Per parte mia guarderò le stelle con spirito diverso la prossima estate, anche quelle che non vedo. E pure i fuochi d'artificio.


sabato 15 ottobre 2016

La bella stagione

Ci si rende conto che è finita la bella stagione quando è ora di mettere via l'attrezzatura da giardino. Una tavola fatta di listelli di legno ed una panca entrambi con gambe pieghevoli acquistati anni fa al supermercato e che durante i mesi estivi spostiamo sul balcone per poterci sedere di tanto in tanto all'aria aperta.

l'intensa burrasca di ieri ha posto definitivamente fine ai miei indugi. Lo stravento ha lasciato una patina verdastra assieme a vistose pozzanghere d'acqua sul terrazzo di casa e così per ripulire per bene mi son deciso a traslocare il tutto in altra sede, là dove, insomma, questi pratici arredi trascorrono indisturbati i mesi invernali.

Non è ancora inverno, ma il repentino precipitare delle temperature in quest'ultima settimana ci ha fatto passare rapidamente dalle maniche corte ai maglioni senza transitare troppo per i gilet che solitamente indosso al primo accenno di frescura autunnale.

E con i primi freddi accompagnati da giornate sempre più corte viene pure la voglia di restarsene a letto fino a mattina tarda quando non si deve lavorare o non si hanno altre incombenze urgenti da portare avanti. Ed è così che stamane sono rimasto sotto le coltri ben oltre l'orario che avrei sperato per recuperare qualche ora di sonno perduto dei giorni scorsi.

Al risveglio, non certo mattiniero, avevo ancora in testa uno degli ultimi passaggi onirici e così ho deciso di raccontarlo agli amici sui social network sottacendo un po' il momento preciso dell'avvenimento. Anzi, dando a credere che fosse avvenuto quando anche altri erano alle prese coi propri e non quando ormai restavo in compagnia di chi s'era appena coricato per un turno di lavoro notturno. Così esordivo in un post disseminato un po' qua e là.

Vi racconto il sogno di questa notte.
In questa visione notturna parlavo della montagna, uno dei miei paragoni spirituali preferiti. Una conquista da fare in solitudine o meglio ancora in gruppo numeroso di persone. E poi, chissà perché, dicevo a quelli che stavano lì attorno a me, tutti intenti ad ammirare una cima erta e maestosa, che andare a messa era un po' come salire la montagna. All'inizio, liturgia della parola, si parla molto e si scambiano pensieri, ma poi l'ascesa si fa intima e silenziosa man mano che il mistero si compie ed il sacrificio porta il suo frutto. Finché si giunge ad ammirare tutto dall'alto come su ali d'aquila. La discesa riporta nel mondo, ma noi ci sentiamo ancora lassù: accalorati e trasformati e la gioia sul nostro volto contagia chi ci vede.