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martedì 2 giugno 2015

Del più e del meno

Mentre Maria Luisa corregge le ultime prove di scuola, accendo svogliatamente il suo portatile e provo a scrivere qualcosa anch'io senza tema di giudizio, senza sentirmi costretto a farlo.

Spalanco i vetri e butto lo sguardo fuori dalla finestra. Promana dall'esterno un po' di calura in questo pigro pomeriggio di giugno. Alzo lo sguardo al di là dei palazzi e vedo un festoso azzurro che mi saluta ed invita ad uscire. Desisterò ancora un po'.

Nel frattempo la moglie si concede una pausa fra la noia delle correzioni e mi viene a portare un piccolo pezzo di cioccolata. Conosce le mie debolezze, ma non voglio cedere ancora. Sposto il ritaglio sull'angolo della risma di fogli della stampante e resto concentrato.

Potrei scendere anch'io al bar, uno dei tanti qui nel centro. Mettermi in mostra come blasonato scrittore che solo nella confusione e nel viavai di mille persone riesce a trovare lo spunto decisivo per un nuovo capitolo che poi darà in pasto all'editore.

Pensione, lavoro. Questo il dilemma. Che potrei fare se già fosse per me giunto il momento del congedo dalle attività produttive? Forse è meglio che cominci a pensarci un poco. Dopotutto non son più tanto giovane e potrei esser colto alla sprovvista e non saper bene come macinare le lunghe oziose giornate della quarta età.

Non la terza, di sicuro, perché dobbiamo mantenere impossibili equilibri economici. Precari a tal punto che, appena il nostro passo sarà levato per muoversi sull'ultimo gradino, un'altra rampa inaspettata, ma sicura ci attenderà oltre il ballatoio che pensavamo meta di riposo e ristoro.

Chissà se avrò voglia di riprendere ancora in mano colori e tele e rintanarmi lassù dove ora sonnecchiano oziosi i piccioni. La fervida immaginazione mi vede accatastare una dopo l'altra le tele dapprima maldestramente imbrattate; e poi, man mano che l'abitudine rende il tratto più fermo e deciso, un po' di gradevolezza nell'insieme si potrà intravvedere.

Amore, vuoi un caffè? Declino anche quello e proseguo per la mia strada. Che poi in realtà non mi muovo neppure di un centimetro. Solamente le dita si concedono una delicata e breve danza su questi tasti e, quando avrò finito, neppure di un lembo avrò bisogno per tergermi la fronte.

Non è fatica, non è affanno. Una manciata di lettere sparse qua e là tengono imbrigliati i pensieri ed impediscono loro di salire sul tetto ad inseguire festosi gorgheggi d'uccelli che volano via e ritornano, come le stagioni, i giorni, gli anni.

Suonava una campanella che non si era accorta del dì di festa. Oppure qualcuno ha lasciato che squillasse ancora per me. Poche ore ormai e poi di nuovo il tempo dell'ozio. Le passioni, gli amori fugaci di una fin troppo breve estate. Torneranno le nebbie ad inamidare d'impegno le nostre giornate invernali.