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domenica 28 dicembre 2014

L'unità di bocca

«Qual è l'unità di Bocca?» domandò a Tomàs, mentre lo aiutava a togliersi la cuffia.
«L'unità di Bocca? Una bocca!» rispose lui, stupito.
«E l'unità di Occhi?»
«Un occhio.»
Il Medico delle Acque disapprovò.
«Una bocca funziona da sola, ma un occhio da solo manca di profondità.»
«L'unità di Occhi è due occhi, allora.»
«E l'unità di Uomo?»
«Un uomo. Come la bocca, funziona da solo.»
«No. Da solo non crea nulla. L'unità di Uomo è la coppia», strillò Morena, scuotendosi dal torpore. «Sei stato proprio tu a suggerirmelo, Tomàs, mentre nuotavamo nella vasca.»
Noah sorrise compiaciuto.
«Chi si sposa solo con se stesso prima o poi divorzia.»
L'amore umano, aggiunse, non è la semplice somma di due Io. E' una creatura autonoma, il cui nome è Noi. Se la coppia costruisce progetti, non conoscerà le rughe del tempo perché il maschio e la femmina non saranno più due, ma una cosa unica.
«Ma come possiamo comprimere il desiderio di nuove emozioni?» domandò Tomàs, mentre uscivano dall'acqua e indossavano nuovi accappatoi ancora più leggeri.
«Il desiderio non si comprime. Si supera, in nome del progetto», rispose il Medico delle Acque.
«E' vero», aggiunse Morena con voce sognante. «L'amore dura finché si continua a sognare insieme. Anche in modo diverso, ma comune.»
Tomàs si accorse che l'odore di lei gli era rimasto addosso. Il suo progetto, al momento, era di non lasciarlo svanire troppo in fretta.

MASSIMO GRAMELLINI
L'ULTIMA RIGA DELLE FAVOLE
TEA


Il piacere delle piccole cose

Ho dovuto cedere ad Alessandra l'angolo comodo del divano dove mi piace rannicchiarmi e lasciarmi coccolare dai miei pensieri. Non importa, va ugualmente bene anche la sua scrivania lasciata libera. Il piacere di vivere più sovente deriva da uno stato mentale che da un luogo oppure da una posizione.

E' bello sentirsi riconciliati con Dio e con il mondo intero, nonostante i nostri limiti e le nostre asperità di carattere. Forse l'occasione può essere propizia per stilare una sorta di bilancio al termine di un altro faticoso anno. Se la difficoltà non è propriamente la nostra, ugualmente abbiamo patito ed ancora proviamo pena per la quotidiana fatica di altri che per un attimo incrociano la nostra esistenza.

Negli ultimi giorni sono rimasto un po' più silenzioso del mio solito. Non m'è venuta voglia di fuggire, di scappare lontano. Ho provato ad esserci, a stare con chi ne aveva bisogno. Non sono sicuro di essere riuscito a portare gioia dove c'era tristezza, allegria dove trovava spazio il pianto perché anch'io avevo bisogno di consolazione.

Ma se ho avuto il coraggio di lasciarmi andare ad un abbraccio più lungo del solito, ad una carezza più tenera di quanto la mia indole riesce solitamente a dare, allora quella stretta l'ho ricevuta anch'io perché è soltanto donando che si ha e davvero null'altro si ha se non ciò che si dona.

lunedì 8 dicembre 2014

Homo faber

La vita è un patrimonio che riceviamo senza poterlo meritare; ma, una volta ricevuta, diventa compito che ci dobbiamo assumere responsabilmente. Siamo persone intelligenti, consapevoli di noi stesse; abbiamo perciò la libertà di scegliere la nostra strada tra le tante possibili. Naturalmente, dobbiamo tenere conto della realtà in cui ci muoviamo. Il mondo esisteva prima di noi e ha una forma precisa nella quale alcune cose sono possibili, altre no.

Non possiamo partire da zero e non possiamo andare indifferentemente in qualsiasi direzione; alcune possibilità ci sono date e altre negate; alcune scelte ci sono possibili e altre no. E tuttavia, questo non toglie che abbiamo la libertà di fare una cosa od ometterla, di andare in una direzione o in un’altra. Il primo passo decisivo, perciò, è scegliere di ‘vivere’ e di non ‘lasciarsi vivere’.

L’uomo ha bisogno di imprimere il suo ‘logo’ personale su qualche realizzazione sua; la persona che si lascia condurre dalla corrente non ha un logo personale, è solo la risultante delle forze che si muovono attorno a lei.

Per dare un senso alla vita bisogna inevitabilmente porsi la domanda: “Che cosa voglio fare della mia vita? Quali obiettivi intendo raggiungere?”. La risposta a questa domanda è preziosa perché mette ordine nei valori che dirigono le scelte; se so verso dove voglio andare, avrò un criterio prezioso per distinguere quello che è utile (perché contribuisce ad avvicinarmi alla meta) da quello che è nocivo (perché finisce per allontanarmi dalla meta); quello che è più importante da quello che è meno importante. Potrò anche riconoscere la rilevanza di scelte che, sul momento, possono sembrare non necessarie, ma che aprono delle strade nuove per il futuro.

C’è una seconda domanda importante, che specifica la prima: “Che cosa posso fare di bene per gli altri? Per la società degli uomini?”. Debbo ricordarmi, infatti, che la mia esistenza è essenzialmente sociale; si sviluppa in rapporto con gli altri; ha bisogno degli altri e solo insieme con gli altri può cercare di diventare un’esistenza pienamente ‘umana’. Se mi rifiutassi di assumermi la responsabilità degli altri finirei per diventare un parassita, che si nutre della ricchezza di vita della società (cibo, casa, sicurezza, conoscenza, cultura...) ma non intende contribuire a produrre questa ricchezza. Ora, la vita di un parassita può anche sembrare desiderabile perché è una vita che succhia linfa da tutti e non dona nulla a nessuno; ma in realtà è una vita triste, che non riesce a sperimentare e nemmeno a immaginare la gioia di creare, di far vivere, di trasmettere gioia. La gioia umana, infatti, non consiste nell’accumulare molto, ma nel produrre qualcosa di degno con ciò che si possiede.

Carissimi giovani, ho scritto questa lettera con il desiderio – il sogno – di aiutarvi ad amare la vita, ad assumerla personalmente con la vostra intelligenza e col vostro cuore. In tutti questi anni ho camminato in alcuni momenti con lena, in altri con fatica, in altri mi sono trovato dolorosamente fuori strada.

Mi piacerebbe che diventaste migliori di noi, migliori della mia generazione. Sappiate scegliere correttamente i vostri modelli di vita; chiedetevi quanto di verità, di sincerità, di amore, ci sia nei singoli modelli che i mass media ci propongono come persone ‘riuscite’. E scegliete voi il cammino della vostra vita. Camminate insieme: molte cose si vedono solo attraverso gli occhi degli altri; aiutatevi a vicenda, senza gelosia e invidia, a crescere, ad amare, a lavorare per il bene di tutti.

TRATTO DALLA LETTERA AI GIOVANI DI LUCIANO MONARI VESCOVO DI BRESCIA - 8 DICEMBRE 2014