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sabato 14 dicembre 2013

La bellezza

C'è un piccolo pensiero prigioniero dentro di me che bussa con insistenza per uscire. Prima però di lasciarlo libero debbo raccontarvi di poco fa, mentre ero all'esterno per pulire i balconi. Da lì posso vedere i piccioni oziosi che passano inutili giornate sui tetti delle palazzine vicine. Mentre risciacquavo lo straccio ho potuto scorgere la mossa di un grosso pennuto, evidentemente un maschio, che si faceva vicino ad altri due volatili più esili e roteando su se stesso si prodigava in quella che ho giudicato essere una spudorata corte. Quanta velleità, nonostante il rigore di queste giornate. Anche se, in verità, oggi un tiepido sole può essere la buona occasione per ridestare qualche pensiero primaverile.

Orbene, dopo alcune giravolte, la coppia di piccioncelle ha pensato bene di scansarsi e farsi più in là sull'ampio tetto. Ma il maschio non demorde e va loro appresso come una giostra disarcionata dal suo perno. Niente da fare: le due non si danno per vinte e si scansano ancora. In quel mentre ne arriva un'altra che, forse attirata dalle evoluzioni dell'ardito, piomba in rapito volo nel mezzo del terzetto e dà chiaro segnale di esser più ben disposta rispetto alle rivali. Le altre due si allontanano ancora un poco, ma poi, non più inseguite, si girano indietro e mi par quasi di cogliere in loro la delusione per non esser più al centro dell'attenzione.

La nuova arrivata forse è troppo intraprendente e quindi il gonfio maschio dopo un paio di giri fatti quasi in automatico, batte in ritirata e svolazza fin sul camino dove prontamente viene raggiunto da quell'altra che, non paga, sembra lo voglia stuzzicare ancora un pochino. Ecco però costui dispiegare ancora una volta le ali ed arretrare più là, sul secondo comignolo della casa. E così mi sembra di assistere ad alcuni fotogrammi di vita del genere umano piuttosto che a movenze d'uccelli in calore. Se ti fai avanti, attratto da qualcuno, subito l'oggetto delle tue mire batte in ritirata. Ma se qualcuno vede il tuo ardore e decide che forse sei una buona occasione da non lasciar cadere, chi aveva preso l'iniziativa resta un po' sconcertato e pensa subito a ristabilire le distanze.

Ma non di piccioni volevo parlare. Anche se, lo ammetto, il curioso siparietto estemporaneo dei pennuti mi ha divertito in maniera inaspettata. Sì, perché ultimamente non faccio altro che agitare la scopa per allontanarli dal tetto della mia casa dove in passato trovavano molto comodo sostare e così le loro fatte alimentavano rigogliosi giardini pensili intasando le grondaie della nostra palazzina. Sciò, andate più in là, sul tetto del palazzo di fronte che è completamente disabitato e quindi non date fastidio ad alcuno.

In settimana ho visto un altro film per me ricco di spunti interessanti anche se la critica si è divisa equamente fra sostenitori e detrattori. La pellicola s'intitola "Lezione ventuno" e parla di un professore universitario tutto dedito a smontare quelli che sono universalmente considerati capolavori in vari campi dell'arte. Bersaglio della sua arringa è in particolare la Nona sinfonia di Beethoven che, a quanto pare, non è stata ben accolta dai contemporanei del musicista a dispetto di una rivalutazione successiva.

La mia sensibilità e preparazione musicale non è sufficientemente completa per avvalorare la tesi narrata nel film, ma tutto sommato non ha importanza perché il punto su cui intendo focalizzare la mia attenzione è un altro. Il docente, completando quella che è appunto la sua ventunesima lezione, rivela alla sua studentessa che dopo la laurea è venuta a trovarlo nell'ambiente misero e disordinato in cui lui alloggia, che l'anziano e ormai completamente sordo Beethoven non è più  riuscito nella sinfonia - che noi ricordiamo soprattutto per l'inno alla gioia finale - ad infondere altrettanta bellezza come nelle altre sue opere passate.

E così questa riflessione colpisce anche me. Quella cioè che i vecchi non sono più fautori o degni di bellezza. Anche se la meriterebbero ancora una volta in dono durante questo lungo declino che li porta inesorabilmente alla morte.

Non ho intenzione di confutare queste affermazioni, anche se le sento molto mie con tutto quello che vado scrivendo nell'ultimo periodo. Però, e c'è un però, la bellezza non è esclusivo appannaggio e sinonimo di gioventù. Forse bisognerebbe disquisire un po' più approfonditamente sul concetto di bellezza e così si potrebbe arrivare a sostenere che quella pura non svanisce col tempo e dunque la si può ritrovare ancora fresca anche in una persona dalle membra ormai rattrappite oppure nel suo pensiero che cristallino sgorga da alte vette e rinfranca e ridà gioia a chi sa ascoltare.


domenica 8 dicembre 2013

Incomprensioni

Ieri mattina stavo tornando a Brescia dopo l'ennesima serata passata con Maria Luisa e i suoi compagni di classe. Eravamo a Cremona con due automobili e così, nonostante la cosa non stia in vetta alla classifica dei miei gradimenti, viaggiavamo da soli. In verità mi ero messo in strada qualche minuto prima della consorte perché avevo in animo di colmare la lacuna del mancato regalo per il suo recente compleanno. Nel frattempo lei si sarebbe attardata ancora un attimo in casa della madre per le ultime incombenze domestiche.

Mentre percorrevo la strada che dall'azienda municipalizzata cremonese porta verso l'imbocco autostradale, scorgo in lontananza un'auto della Polizia che procede lentamente. Davanti alle forze dell'ordine intravedo un'anziana signora che cammina ondeggiante lungo la carreggiata. Dall'auto uno degli agenti, quello sul lato del passeggero, mi fa cenno con la mano di rallentare. Quasi contemporaneamente, quello alla guida, sporge il braccio fuori dal finestrino ed indica con il dito verso sinistra.

Mi appresto allora a superare con cautela l'auto della Polizia, ma immediatamente a suon di clacson mi viene intimato di fermarmi. Subito dopo aver arrestato la macchina, abbasso il finestrino e cerco di giustificarmi dicendo che avevo capito di superare a sinistra. Invece loro avevano intenzione di far attraversare la signora anziana che manifestava evidenti problemi di orientamento nello spazio. A fianco della carreggiata vi è una pista ciclabile separata, se non ricordo male, da un piccolo fossato. Era loro intenzione permettere all'anziana di raggiungere uno degli attraversamenti per poi condurla in sicurezza sull'altro lato.

Gli agenti avevano tutte le ragioni di questo mondo per intimarmi l'alt così bruscamente come in effetti è stato, ma io non avevo assolutamente compreso che il gesto di uno dei due stava ad indicare la direzione verso cui avevano intenzione di mandare l'insicuro pedone piuttosto che essere un segno rivolto a me per indicarmi dove sarei dovuto passare. Piccola incomprensione di poco conto che non ha dato adito a nessuno strascico successivo. Probabilmente il poliziotto alla guida si deve essere reso conto del segnale ambiguo che mi aveva inviato e si era poi rivolto a me con toni decisamente pacati, ben diversi da quelli del collega che, mentre mi apostrofava con decisione, scendeva solertemente dall'autovettura per accompagnare la signora in zona sicura.

Più avanti, mentre ormai viaggiavo tranquillo in autostrada, m'è venuto quasi naturale pensare a mamma. Una mattina, mentre stavo per andarmene al lavoro, sento squillare il telefono. E' papà che, molto preoccupato, mi avvisa del mancato ritorno di nonna Celina uscita di buonora per andare alla messa. Subito ci mettiamo affannosamente alla ricerca di mia madre per le vie del quartiere. Dopo diversi minuti di infruttuoso girovagare, mi chiama al telefonino mio padre e mi dice che è riuscito a trovarla in una zona non molto lontana da casa, ma in vie diametralmente opposte a quelle che stavo battendo io in quel momento.

In un attimo è svanita tutta l'apprensione che noi familiari stavamo patendo, temendo che alla nonna potesse essere capitato qualcosa di grave. Non avevamo dubbi che potesse essersi smarrita perché in precedenza qualche episodio simile era già capitato, ma in qualche modo mia madre era sempre riuscita a guadagnare la via di casa. Quella volta invece non era stato così.

Cercando di dosare le parole e trovare il modo più adatto per non farla sentire umiliata, le dissi che sarebbe stato meglio per tutti se lei non fosse più uscita da sola per andare alla messa di buon mattino. Poteva andare a quella pomeridiana, accompagnata da papà. Come infatti avvenne e come talvolta mi è capitato di riscontrare rientrando in qualche occasione più presto del solito dal lavoro. Cominciava così l'inesorabile declino cognitivo di mia madre ed il percorso di amore e dedizione di mio padre che si prendeva cura della moglie come non aveva mai fatto in precedenza. Senza mai farne una colpa a lei per il suo stato di salute.

Tornando a quell'anziana signora di ieri mattina, che procedeva senza ombra di dubbio alquanto smarrita, voglio sperare che in qualche modo siano state avvisate le persone idonee per venirle immediatamente in soccorso. La pista ciclabile sarà stata certamente un posto più sicuro da percorrere a piedi rispetto alla strada, ma nessuna delle due mi sembravano un tragitto adatto per quella persona che si stava allontanando in maniera problematica dalla zona abitata.