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giovedì 24 novembre 2011

La Serva di tutti

Sono appena tornato dall'incontro di Magistero per i Catechisti e, nonostante dovrei, non voglio andarmene a letto senza soffermarmi brevemente con te, mamma, in questo quarto anniversario della tua morte.

Papà, quando l'ho sentito al telefono mentre rientravo dal lavoro, mi ha detto che ha nuovamente mal di schiena. Mi sembrava un poco rattristato per non essere potuto andare al cimitero in occasione di questa ricorrenza. Ho cercato di confortarlo dicendogli che non è di certo un delitto il non aver avuto modo di realizzare questo proposito che aveva confidato anche a Maria Luisa. Sono sicuro che non ne hai a male perché erano ben altre le cose a cui tenevi. Più di una volta ti ho sentito dire che per te era stato più importante aver voluto bene ai tuoi genitori mentre ancora erano in vita e non ti davi pena se non potevi andare tanto spesso al cimitero a pregare sulle loro tombe.

Come te, così anch'io. Ma non so se sono riuscito ad amarti a sufficienza come tu avresti desiderato. Un giorno - sì, proprio quel giorno in cui mi comportai così male con Santina - tu mi dicesti che non pensavi che io fossi così cattivo. Cosa potevo controbattere? Avevi ragione. Però la cosa non mi stava bene e negli anni a seguire ho cercato di rimediare sperando che prima o poi tu potessi cambiare quel giudizio e dirmi invece che ero buono, come avrei sempre voluto essere.

Non sei mai riuscita a dirmelo. Però mi piace pensare che in fondo in fondo tu lo pensassi e solo la tua malattia ti ha impedito di pronunciare quelle parole. Se ho fatto e sto facendo qualcosa di buono, sappi, mamma, che questo è anche merito tuo e dei tuoi insegnamenti. Quando agisco, il Vangelo mi è dinanzi ed in te ne rivedo l'interprete fedele ed instancabile.

Come non essere orgogliosi di te, o madre? Se non ho pianto troppo dopo la tua morte è anche per questo. Non ti sei mai risparmiata per nessuno e nei tuoi momenti liberi non facevi altro che spronare papà affinché ci portasse a far visita a conoscenti vari oppure a questo o quel parente. A te non importava che loro ricambiassero. Anche se gli altri non venivano da noi, tu ugualmente desideravi andare incontro a loro per tenere ben saldi i legami di affetto e di amicizia.

Ricordo che, quando sei stata ricoverata in ospedale all'inizio del tuo progressivo degrado, il medico ti chiese che lavoro tu avessi fatto nella vita. Nonostante la tua dubbia lucidità rispondesti che avevi fatto la Serva di tutti.


sabato 12 novembre 2011

Il problema della sofferenza

La cosa che può mandarci più in crisi quando pensiamo all'Assoluto, al Dio buono e misericordioso, è il problema della sofferenza ed il mistero del dolore.

Di fronte alle meraviglie del Creato non possiamo fare a meno di pensare che esista Qualcuno al di sopra di noi che sia la fonte e l'origine di tutto ciò che vediamo. E probabilmente ci sfugge il fatto di essere ancor più meravigliosi di tutte le cose che ci circondano proprio perché di Lui noi siamo impronta ed immagine.

Però questa estasi e beatitudine quasi cessa per incanto quando facciamo esperienza diretta della sofferenza. Non tanto quando ne siamo colpiti noi direttamente, ma nel momento in cui a patirne è un nostro genitore, il coniuge, il fratello, il figlio oppure un amico caro.

Non è infrequente vedere che la Fede non è salda tanto quanto noi credevamo ed il dubbio ci porta ad avere una certezza: Dio non esiste! Se Dio esistesse, non avrebbe permesso che noi fossimo separati da quell'affetto così vitale per noi.

Ed è in quel momento che ci domandiamo che senso può avere la sofferenza ed il dolore, soprattutto quello innocente di chi si è appena affacciato alla vita e subito, senza ragione, ha dovuto lasciarla.

Io credo che questa non è una delle possibili vie, ma la sola via affinché le cose siano. Se lo guardiamo in questa prospettiva, non possiamo fare a meno di pensare che il mondo sia davvero perfetto così e non c'era davvero nessun modo migliore di concepirlo.

martedì 1 novembre 2011

Credibilità della rivelazione cristiana


In fatto di fede c'è chi si contenta di un sottile pragmatismo: afferma di credere semplicemente perché lo trova bello, significativo, gratificante. Non basta però che un messaggio sia funzionale ai nostri bisogni, perché sia vero. La fede cristiana è risposta motivata e ragionevole a Dio che ci viene incontro e in qualche modo lascia trasparire la sua presenza nella storia. Ma cosa ha di così rilevante la vicenda di Israele e della Chiesa, perché si possa vedere in essa una speciale manifestazione di Dio? Non presenta forse luci e ombre come ogni altra vicenda umana?
E' vero: in questa storia,  per chi non vuol vedere, c'è abbastanza oscurità; ma c'è anche abbastanza luce per chi vuol vedere.

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
LA VERITA' VI FARA' LIBERI
CATECHISMO DEGLI ADULTI