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venerdì 22 luglio 2011

Cosa vorrei sentirmi dire dai medici

E' ovvio che cosa vorrei sentirmi dire dai medici, che tutto va bene, che tutto è a posto per sempre. Sappiamo che non è sempre così, ma almeno vorrei che mi dicessero sempre la verità. Sono brutte e inutili quelle mezze verità. Gli ammalati sono si ammalati, ma non sono stupidi, anzi, la malattia acquisisce i sensi e capiscono molto di più di quanto le parole non dicono. Tanto vale dire la verità, tale e quale com'è. Certo nel modo più dolce possibile, ma la verità.

Gli ammalati sono a letto, pensano, valutano, salutano... e non vogliono essere presi in giro. Almeno io. So che alcuni familiari preferiscono "proteggere" il congiunto, imbastendo una rete di pietose bugie che non convincono nessuno, che fanno più male che bene, che non permettono neppure di organizzare il nostro futuro, breve o lungo che sia.

Tratto da:

AVREMMO VOLUTO FOSSE ALTRO
Cinque donne raccontano il loro viaggio dentro il tumore
A cura di Carmine Lazzarini


Finora mi ero astenuto dall'aggiungere commenti in merito a questi ultimi brani pubblicati perché, come già espresso in un vecchio post, mi sembrava quasi di sminuirne l'originaria forza, nonostante alcune lievi imprecisioni delle scriventi. In questo caso voglio fare un'eccezione e ribadire, casomai ce ne fosse bisogno, che il concetto espresso sopra mi trova pienamente d'accordo e che anch'io, durante la malattia di Santina, ho sperimentato atteggiamenti poco schietti da parte dei medici. Tanté che anche mia moglie ebbe a dire in alcune circostanze che lei non era scema. Aggiunse anche che i medici le facevano tante "moine" di fronte, ma poi la "pugnalavano" nella schiena.

lunedì 18 luglio 2011

Lettera a una figlia

Cara Silvia,
hai appena compiuto i tuoi bellissimi 16 anni... Se tu fossi americana potresti già guidare e andare per il mondo: meno male che siamo in Italia!

Anche tu a suo tempo capirai che per i genitori i figli sono e restano sempre un po' bambini da proteggere, da consigliare, da guidare. Invece i figli crescono e sono fatti per andare nel mondo a trovare la propria strada, noi genitori vi dobbiamo lasciare andare sperando che il piccolo "bagaglio a mano" che vi abbiamo fornito possa bastare per ogni occasione.

Cara Silvia, alla tua età si desidera essere già indipendenti, liberi e non più sottoposti a controlli, si è insofferenti verso le regole di genitori e insegnanti. Ci sono passati tutti... tieni duro: è il difficile passaggio all'età adulta... sembra che non passi mai e ci si sente dei brutti anatroccoli, ma alla fine potrai ritrovarti trasformata in un bellissimo cigno capace di volare alto e di nuotare vicino a un meraviglioso compagno per la vita.

E' così che il cerchio della vita ricomincia.

Nel frattempo controlla cosa hai in questo tuo bagaglio a mano: deve sempre esserci un po' d'amore verso il prossimo, qualche sorriso da regalare e tutta la tolleranza che puoi verso le mancanze altrui, nella speranza che ti vengano perdonate le tue.

Ci deve essere l'orgoglio, ma senza arroganza, con la consapevolezza di essere unica ora e sempre. Ci deve essere l'onestà, da mettere in ogni tuo impegno per essere rispettata e d'esempio agli altri. Non tenere in troppo conto i beni materiali: noi sappiamo bene quanto sia più importante la salute. E quando ti capiterà, stai vicino con affetto a chi soffre. una parola di conforto è un balsamo per l'anima impaurita dal male.

Questi sono i pochi talenti che ti servono per camminare sicura lungo le strade della vita. E se queste strade diventassero buie, tieni con te la luce della Fede: con essa non potrai mai avere paura. Affidati alla luce di Cristo come il bambino si affida alle braccia di sua madre e non temere.

Con infinito amore, la tua mamma e il tuo papà.

Tratto da:

AVREMMO VOLUTO FOSSE ALTRO
Cinque donne raccontano il loro viaggio dentro il tumore
A cura di Carmine Lazzarini

sabato 16 luglio 2011

Ricordati di non perdere mai la speranza

La rabbia e la paura, la solitudine e la depressione sono sentimenti naturali ma bisogna imparare a conoscerli per saperli governare e dar loro un ruolo adeguato al nostro percorso di ricostruzione di sé. Ricordati di non perdere mai la speranza; se resta un istante da vivere, vivilo, se hai un sogno nel cuore, fallo volare.

Non dimenticarti della bellezza che porti dentro e di quella che ti circonda, non dimenticarti dell'amore e della speranza, anche una sola possibilità può bastare a ravvivare la fiducia in sé stessi. Non resta che aggrapparci al coraggio, potrà accadere di avere paura ma fa parte del cammino, la cosa importante è che il raggio di luce che ci illumina il cammino non abbia mai a spegnersi.

Chiunque noi siamo, la vita è un dono e dobbiamo trovare insieme, malati, medici e le strutture di sostegno, il modo perché valga sempre la pena di essere vissuta, non è perciò detto che l'anima non possa mutare e ritrovare la sua via senza perdere la vita e un cambiamento corrisponderà certo a nuove prospettive.

Tratto da:

AVREMMO VOLUTO FOSSE ALTRO
Cinque donne raccontano il loro viaggio dentro il tumore
A cura di Carmine Lazzarini

domenica 3 luglio 2011

Avremmo voluto fosse altro

Nel cuore dell'inverno,
ho finalmente compreso
che c'era in me
un'invincibile estate.

A.Camus


Ogni viaggio comincia con una separazione, ogni cammino ha inizio da un lasciare.

Il tratto di strada, e di vita, che intercorre tra due spazi e due tempi diversi è possibile percorrerlo soltanto lasciandosi alle spalle il luogo di partenza, con tutto ciò che esso contiene, rappresenta e custodisce di sé. Occorre un distacco per intraprendere un cammino che ci porterà verso un 'altrove'.

Il viaggio di chi intraprende il lungo e misterioso processo di cura di una malattia tumorale è un percorso che nasce dalla rottura di un equilibrio a causa di un evento drammatico: il tumore rappresenta, nella vita di una persona, un trauma, un'esperienza che, per il suo carattere di gravità e cronicità, può avere un effetto sconvolgente sulla vita del paziente e dei suoi famigliari in quanto ad esserne pervaso è innanzitutto il corpo, ma con esso pure la mente, l'anima di chi ne è affetto. I vissuti di ansia e di depressione possono alternarsi ripetutamente durante le fasi della malattia.

Accostarsi ad un paziente da un punto di vista psicoterapeutico significa prima di tutto offrire la propria persona per fare un tratto di strada insieme, a partire proprio dalla sofferenza e dai sentimenti di paura e smarrimento scaturiti da quella 'rottura', stemperando quel sentimento così frequente di solitudine che vive chi è costretto a intraprendere sentieri non battuti, poco chiari e incerti. Questo tipo di viaggio poco ha a che vedere con il viaggio di Ulisse, diretto verso una meta nota, già conosciuta e abitata, verso quell'Itaca così rimpianta e amata. Pur attraversando luoghi minacciosi e creature pericolose Ulisse sa dove sta andando, conosce la meta del suo peregrinare e questa addolcisce tutto.

Credo che metaforicamente il viaggio delle autrici degli scritti che abbiamo letto assomigli maggiormente al viaggio di Abramo, che conosce quello che lascia ma non sa dove andrà, ossia a un viaggiare verso qualcosa di promesso ma non conosciuto, verso qualcosa per cui si nutre fede ma che ancora non si è sperimentato.

Non credo si realizzi mai un tornare 'come si era', un viaggio di andata e ritorno. Ed è quel tratto di strada che si percorre a partire da 'quel lasciare' verso una 'terra promessa' che renderà nuova la Persona, plasmandola e modellandola fin nelle fibre più profonde del suo essere.

Il modo più naturale ed accessibile per elaborare un proprio vissuto emotivo, consiste nel narrarlo a qualcuno e così facendo rinarrarlo a se stessi. Non è però sufficiente elencare una serie di fatti ed eventi perché si possa parlare di una "storia". Una storia, per essere tale, ha bisogno di vedere collegati, all'interno del processo di narrazione, i fatti fra loro attraverso una trama di significati e valori che la persona crede di scorgere nell'atto medesimo del raccontare. In questo modo nasce la narrazione della propria storia, che vede mescolarsi ciò di cui si è fatto esperienza con i vissuti emotivi, affettivi ed i processi di trasformazione interna che ne sono derivati.

Nessuna intenzione di far diventare la malattia un bene. La malattia, il dolore devono essere affrontati con l'intenzione di eliminarli. Tuttavia nonostante i suoi vissuti laceranti e razionalmente incomprensibili, la malattia può diventare un luogo ed un tempo di consapevolezza di sé e dei propri limiti, attraverso cui rileggere con occhi diversi, la propria vita per risignificarla, ossia per attribuirle un senso e un valore nuovi, rinnovati, dove la parola senso è da intendersi nella duplice accezione di significato e di direzione. Ma nulla si fa bene da soli. Il pensiero, anzi l'uomo stesso si crea nel processo di scambio e di relazione con l'altro, anche quando si interrompe il filo della vita sana ed efficiente.

Credo sia stato anche questo ad alimentare il significato del laboratorio di scrittura creativa e la motivazione, da parte delle autrici, a lavorare ai propri scritti. Con mirabile forza d'animo, con coraggio e determinazione tutte sono scese nelle profondità del proprio animo umano per incontrare profondamente se stesse, e da lì risalire per andare poi oltre la propria Persona e così spingersi, con fiducia e speranza, nell'immensità del Tutto.

Per tutto questo io dico loro: Grazie.

Cecilia Sivelli

Postfazione a:

AVREMMO VOLUTO FOSSE ALTRO
Cinque donne raccontano il loro viaggio dentro il tumore
A cura di Carmine Lazzarini

I fondi raccolti con la vendita di questo volume saranno devoluti all'Associazione MedeA di Cremona.

sabato 2 luglio 2011

Summer time

Ieri sera Alessandra mi ha chiesto se oggi potevamo trovare un momento per fare un giro alla Decathlon. Magari ci potevamo alzare presto ed intorno alle dieci, dieci e trenta uscire di casa. Non ho capito bene se stesse parlando seriamente oppure con una certa ironia. L'orario stabilito trovava la mia completa approvazione e quindi circa a mezza mattina siamo usciti di casa, così come lei desiderava.

Maria Luisa in questi giorni è impegnata con gli esami di maturità. Oggi sono iniziati gli orali della sua classe. Prima di scendere a Cremona si è profusa con instancabili energie ed ha messo in ordine tutta la casa. In questo modo non è stato difficile assecondare la richiesta di mia figlia ed andarcene un po' a zonzo per fare shopping.

Non amo particolarmente girare per negozi e centri commerciali. Ci vado solo per necessità oppure per accompagnare altri. Se posso, lascio andare le mie donne per conto loro così possono agire in piena libertà. Per fortuna che anche Andrea si è reso ben presto autonomo e non ho più dovuto occuparmi delle sue piccole o grandi necessità oppure del vestiario. Anzi, da quando può godere di un lavoro sicuro, mi pare che stia dando un contributo non indifferente al movimento dell'economia del nostro paese.

Un giorno ho provato a dirgli di accantonare qualcosa in più pensando anche alle necessità della sua futura vita coniugale. Mi ha risposto che è meglio concedersi qualche capriccio ora perché il futuro non è sempre come ce lo immaginiamo e non vorrebbe rimpiangere di non averne approfittato quando poteva. Come dargli torto? Non me la solo sentita di replicare.

Pochi minuti in auto e siamo giunti nella zona di Roncadelle dov'è situato questo magazzino frequentato da tutti gli amanti dell'abbigliamento sportivo e non solo. Mia figlia mi ha ricordato che oggi iniziavano anche i saldi e quindi la cosa poteva risultare oltremodo vantaggiosa. Si, se non fosse per il fatto che poi ti lasci prendere dalla frenesia e spendi ben più di quanto avevi preventivato.

Alessandra aveva bisogno di un sacco a pelo più leggero da utilizzare a Madrid durante il raduno per la giornata mondiale della gioventù. Mentre ci aggiravamo per il reparto del materiale da campeggio, la mia attenzione si è soffermata per un attimo su quanto era in esposizione. Ho detto a mia figlia che quasi quasi ad una vacanza in camper preferirei quella in tenda. Ma quelle sono cose che si fanno a vent'anni e non alla mia età e con questa battuta ci siamo mossi verso un'altra corsia per la nostra prima prova costume.

Eh, sì. Settimana prossima inizia il Grest parrocchiale ed a mia figlia serviva un nuovo paio di bikini per le uscite in piscina o le gite ai parchi acquatici. Anch'io ne ho voluto approfittare e mi sono preso due paia di pantaloncini corti: uno per il mare ed uno per la montagna, così tanto per rinnovare il mio pluridecennale guardaroba.

Non vi dico le smorfie fatte dentro alla cabina di prova. Ho già meditato di passeggiare quest'anno lungo la spiaggia coperto da una confortante maglietta così da non dover esibire tutta la mia debordante ciccia. La scusa ufficiale potrebbe essere quella di nascondere ai passanti la mia vistosa cicatrice che m'è rimasta a ricordo per l'asportazione della colecisti... Non ho voglia di sottopormi a massacranti digiuni pre-vacanze oppure ad intensificare l'attività fisica nel vano tentativo di abbattere qualche chilo. A Maria Luisa piaccio così. Non ho velleità di conquista e quindi porterò a spasso con dignità le mie generose rotondità.

Tornati a casa, visto che il clima è ancora gradevole grazie alle recenti precipitazioni, abbiamo deciso di pranzare in terrazza. Spaghetti con le vongole, tonno alla mediterranea e per finire l'ottima crostata di mele che ha preparato ieri mia moglie. Peccato solo la sua assenza. Ma fra poco arriva. Intanto io finisco di stendere questi appunti di viaggio in questo sabato estivo dal sapore rilassato e scanzonato che rimanda la mente indietro nel tempo, quando si poteva udire una canzone che diceva: "Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro per me...".