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giovedì 28 aprile 2011

Buon compleanno Ale



Poco fa, mentre ancora eravamo a cena, ti ho confidato il proposito di scrivere qualcosa sul mio blog per celebrare il tuo compleanno. Mi hai detto che  non lo leggerai perché altrimenti ti saresti commossa. Ho aggiunto allora che non avrei scritto nulla di commovente, ma tu hai insistito nel dire che ti saresti commossa ugualmente.

Vorrei scrivere di come diciotto anni fa (ed un paio di giorni), io e tua madre siamo corsi in ospedale che ancora era buio, quel lunedì mattina. Credevamo che fosse ormai giunto il momento di darti alla luce, visto che le contrazioni erano diventate regolari e ad intervalli di cinque minuti. Ma poi tutto si è fermato e ti sei fatta attendere.

Vorrei scrivere di come sei venuta al mondo la sera di quel mercoledì, intorno alle ventidue. La luna aveva favorito la nascita di tanti bambini ed ora toccava anche a te. Il personale del reparto di ostetricia era deciso a farti uscire dalla pancia della mamma perché il tempo era ormai scaduto.

Vorrei scrivere di come l'ostetrica ha esclamato come eri bella appena portata alla luce. Ed era vero. Avevi un visino così soave che non ci si poteva trattenere dal farti un complimento. Una delle infermiere m'invitò a prenderti in braccio, ma io desistetti. Avevo quasi paura di romperti, così fragile e delicata. Avrei avuto tante occasioni di stringerti fra le mie braccia quando saremmo stati a casa e, con questa scusa, lasciai che fosse la mamma a stringerti stretta a sé.

Vorrei scrivere di come ti cullavo sorreggendoti su un braccio solo, quelle notti lassù in montagna nella casa dei nonni, quando tu non ne avevi voglia di prender sonno. Ora non avevo più timore di stringerti a me e cercavo, con il mio andirivieni lungo la camera da letto, di cullarti quel tanto che bastava per farti assopire.

Vorrei scrivere di come mi sono sentito impotente quando la mamma è morta. Tu piangevi piano e sconsolata dicevi che se ci fossimo accorti prima della sua malattia, lei ci sarebbe ancora. Cosa potevo risponderti? Le mie parole devono esserti parse quasi un rimprovero per il tuo lamento.

Vorrei scrivere di come sei diventata grande senza aver modo di pronunciare la parola più bella del mondo. Mi sentivo in colpa, perché io invece la madre ancora l'avevo.

Vorrei scrivere di come sei cresciuta brava e responsabile tanto da farmi pensare che tu non sia diventata maggiorenne oggi ma diversi mesi fa.

Vorrei scrivere tutte queste ed altre cose ancora, ma preferisco fermarmi qui e guardare avanti per cercare d'immaginare i buoni frutti che nasceranno da questo bellissimo fiore che sei tu.

Buon compleanno Ale.

sabato 16 aprile 2011

La vita vera


L'espressione «vita eterna» non significa - come pensa forse immediatamente il lettore moderno - la vita che viene dopo la morte, mentre la vita attuale è appunto passeggera e non una vita eterna. «Vita eterna» significa la vita stessa, la vita vera, che può essere vissuta anche nel tempo e che poi non viene più contestata dalla morte fisica. E' ciò che interessa: abbracciare già fin d'ora «la vita», la vita vera, che non può più essere distrutta da niente e da nessuno.

Questo significato di «vita eterna» appare in modo molto chiaro nel capitolo sulla risurrezione di Lazzaro: «Chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno» (Gv 11,25s).

Joseph Ratzinger
BENEDETTO XVI

GESÙ DI NAZARET
Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione

LIBRERIA EDITRICE VATICANA

sabato 9 aprile 2011

Passato che ritorna





Ci sono cose che attraversano la nostra esistenza e se ne vanno per sempre e noi non facciamo altro che rimpiangerle per tutto il tempo. Ve ne sono altre, a cui non diamo molta importanza, ma che ci accompagnano per tutto il fluire dei nostri giorni. Talvolta capita che la ciclicità della vita ci offra modo di ripercorrere alcune strade che avevamo solcato in gioventù e le cui coordinate ritenevamo ormai smarrite per sempre.

Che io lavori al computer da parecchi anni ormai è cosa risaputa, dato che ne ho parlato anche su queste pagine. Qualche volta sono assalito da crisi salutari e vorrei rigettare questo mio bagaglio di esperienze per dedicarmi ad altro. A qualcosa, insomma, che mi faccia sentire più felice come - credo io - aver a che fare più direttamente con le persone invece di perdere tempo a tamburellare le dita su una macchina. Poi penso che è forse l'unica cosa che in tutti questi anni ho imparato a fare abbastanza decentemente e, nonostante lo stress per periodi di eccessivo affaticamento, mi faccio vincere dalla pigrizia, o dal buon senso, e mi mantengo nel proposito di non lasciare il certo per l'incerto. E poi chi l'ha detto che fare bene e con qualità il proprio lavoro non sia in qualche modo una forma di attenzione all'altro? E con questo argomentare mi auto-assolvo.

Ci sto un po' girando intorno, come di solito mi piace fare, abbracciando così anche altri pensieri collaterali che scaturiscono spontanei ed ugualmente val la pena di esprimere come concetti a se stanti. Si parte in direzione di una meta prefissata, ma poi lungo il sentiero siamo distolti ed attirati lungo un diverso itinerario. A volte va bene e ci viene fornita l'occasione di vedere cose nuove che ci riempiono il cuore, altre volte le digressioni si rivelano un flop e ci dispiace per la scelta scadente che abbiamo effettuato.

Da quando c'è Google, nei ritagli di tempo, ne approfitto per cercare link a questa o quella cosa. Mentre si è intenti al proprio lavoro, se questo non assorbe completamente la nostra testa, ci può capitare di frugare fra le pieghe della nostra mente e riandare indietro nel tempo, rinfrescando un po' la nostra memoria a lungo termine. Orbene, mi è capitato di sfruttare i vari motori di ricerca web nel tentativo vano di trovare qualche riferimento agli amici con cui, poco più che ventenne, ho condiviso il servizio di leva. Periodicamente mi capitava d'inserire il loro nome nella ben nota casella d'input, ma non sono mai riuscito a trovare nulla di significativo. Mai, fino a dicembre dello scorso anno.

Quasi incredulo, per la prima volta, mi veniva dato responso per l'amico Giancarlo. Un numero di telefono associato ad un indirizzo di Torino. Poteva trattarsi di lui oppure di un omonimo. Sapevo che abitava in provincia di Asti perché assieme a Luca ero stato a trovarlo qualche mese dopo il nostro congedo. In quegli anni in cui diversi di noi si sentivano attratti verso la programmazione, lui si era iscritto alla facoltà di Informatica nel capoluogo piemontese. Forse, col passare del tempo o per ragioni di lavoro, poteva aver stabilito là il luogo della sua attuale residenza.

Impulsivamente, come spesso mi capita di fare, non ci ho pensato su due volte ed ho preso in mano il telefono per chiamare Giancarlo. Mi risponde un ragazzino che è rimasto a casa da solo mentre i genitori sono usciti per compere nel periodo ormai natalizio. Mi viene qualche scrupolo di non infastidire questo adolescente che sta sentendo dall'altro capo la voce di uno sconosciuto. Cerco di capire se il padre è proprio quel Giancarlo che nel lontano 1983 ha indossato la divisa assieme a me e con cui ho trascorso a Verona gli ultimi 8 mesi del periodo di ferma obbligatoria. Cerco di tirar fuori dal cassetto dei ricordi tutto quanto può essere utile ad identificarlo con precisione. Su alcune cose imprecise il figlio mi corregge prontamente, ma alla fine penso di aver fatto centro e lascio detto che avrei richiamato più tardi verso l'ora di cena.

Così è stato. Dopo l'iniziale imbarazzo per un contatto che mancava da quasi trent'anni, la comunicazione fra noi è divenuta via via più naturale e velocemente ci siamo fatti un riassunto delle precedenti puntate perse. Alla fine del colloquio, lo scambio di un indirizzo email sanciva la volontà di tenerci in contatto.

Con un po' d'insistenza e di spontanea passione per la ricerca, sono riuscito in seguito a reperire i numeri anche di Luca e Roberto. Con quest'ultimo sono stato addirittura colto in contropiede in quanto con lui, vuoi anche per la distanza geografica dei nostri luoghi d'origine, mi sembrava di avere meno sintonia rispetto agli altri. Quando c'è stato modo di scambiarci il nostro numero di telefono, lui per primo ha provato a chiamarmi, ma io stavo ancora tornando dal lavoro e la telefonata l'ha presa mia figlia. Appena a casa l'ho richiamato e con gioia ho appreso che per tutti questi anni aveva continuato a portare nel cuore il ricordo del nostro quartetto.

Ho risentito Roberto settimana scorsa. Tempo fa gli avevo mandato un SMS in cui dicevo che assieme a Maria Luisa avevamo prenotato un soggiorno ad Assisi. Ora voleva conoscere le date del nostro arrivo in Umbria perché lui, perugino DOC, ha in animo di mostrarci qualche luogo caratteristico della sua terra. In conclusione non vi nascondo che sono abbastanza ansioso di passare qualche ora in allegria assieme a lui e, se ci sarà concesso, di mettere le nostre gambe sotto ad una buona tavola.