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mercoledì 8 settembre 2010

Per tutta la vita


Nel tardo pomeriggio di ieri ho mandato una e-mail al mio capo dicendogli che oggi avrei preso una giornata di permesso per festeggiare il nostro terzo anniversario di matrimonio. Mi ha risposto facendomi gli auguri e dicendo che me lo meritavo e che il giorno di ferie non mi sarebbe stato addebitato. Mi ha piacevolmente stupito.

In serata sono sceso a Cremona da Maria Luisa. Sarebbe venuta su lei a Brescia perché in questi giorni ho sofferto un po' a causa di un attacco di labirintite. Ma visto che avevo guidato senza problemi andando e tornando dall'ufficio, ho preferito muovermi io per lasciare la consorte tranquilla e poter seguire il progetto originale che ci voleva oggi in visita a Piacenza.

Ieri sera ce ne saremmo andati anche al cinema, ma dato che nella sala a noi vicina non proiettavano nulla che ci piacesse particolarmente, siamo rimasti in casa a perdere tempo al computer. Come prima cosa ho effettuato una stampa on-line delle fotografie che avevo fatto a mio padre ed al grosso porcino che aveva trovato in montagna nei giorni scorsi. Poi non ho resistito alla tentazione di far stampare sopra una tazza una foto anche per l'amico Lorenzo. Entrambi si vedranno recapitare a casa nei prossimi giorni questo piccolo pensiero e spero che la sorpresa sia una cosa loro gradita.

Girovagando ancora un poco su internet, più che altro per vedere su facebook cosa hanno pubblicato i miei figli - non per controllarli, ma per pura curiosità - l'ora s'è fatta veramente tarda, al punto da rimpiangere le ridotte ore di sonno a disposizione.

Era nostro desiderio, infatti, di alzarci oggi con una certa solerzia per partecipare alla Messa nella chiesa di S. Agostino dove tre anni fa ci siamo uniti in matrimonio. La giornata, meteorologicamente parlando, non era delle migliori, ma rispondendo ai vari SMS di auguri che nel frattempo arrivavano, dicevamo che era stato decisamente meglio che lo fosse stato l' 8 settembre 2007.

Dopo esserci attardati ancora qualche momento gironzolando per le bancarelle del mercato che si tiene ogni mercoledì mattina in centro a Cremona, finalmente siamo saliti in auto in direzione di Piacenza. Sinceramente affrontavo questo viaggio di pochi chilometri con ridotto entusiasmo al pensiero di dovermi muovere per le vie di una città, per me sconosciuta, con un ombrello in mano per non bagnarmi troppo.

Ed invece, lasciata da poco la città natale di Maria Luisa, scorgiamo qualche sprazzo d'azzurro proprio nella direzione in cui ci stiamo muovendo. La strada da percorrere era veramente poca e non mi andava d'infilarmi in autostrada. Procedevo a velocità sicuramente riguardosa di ogni limite comunale imposto alla circolazione. Nel contempo tenevo d'occhio lo specchietto retrovisore per non causare code e rischiare d'irritare chi non era in giro come noi per buontempo ed aveva più fretta di arrivare a destinazione.

Giunti nei pressi del centro, abbiamo lasciato l'auto parcheggiata in una delle prime piazzole a pagamento da noi scorte. Non ci dispiace di fare lunghe camminate a piedi e di soddisfare così in parte i consigli di maggior movimento che i nostri medici fanno ad entrambi. Con una certa curiosità abbiamo adocchiato dall'esterno il macello bovino, ora rimodernato e restituito alla città, che ne ha fatto sede di un museo e di una facoltà universitaria. Pensando agli studenti che la frequentano la cosa mi ha fatto un tantino sorridere. In un certo qual modo l'originaria attività rischia di proseguire, anche se ora solo in maniera figurata.

Convergendo verso il duomo, ci siamo imbattuti in alcuni edifici fatiscenti resi ancor più decadenti per la sporcizia e l'abbandono di scatole e scatoloni che il mercato in disarmo aveva lasciato sulle strade. Con questo tempo non devono aver combinato grandi affari. Meglio quindi rimettere tutta la merce nel furgone e tornarsene a casa: sarà per un'altra volta.

Visitare la città in realtà era per noi soltanto una scusa per star fuori a pranzo e festeggiare possibilmente con un buon pasto. Ammetto che c'è voluta un po' di fatica per individuare un ristorantino che facesse al caso nostro, ma ne è valsa la pena. Ci siamo saziati in abbondanza e con piacere. Quando siamo usciti per sgranchire nuovamente le gambe ed aiutare la digestione, abbiamo avuto modo di constatare che il tempo incerto stava volgendo decisamente al meglio, permettendoci di completare il giro del centro senza dover tenere aperto l'ombrello e di sentirlo quasi d'impiccio fra uno scatto fotografico e l'altro.

Ed ora eccoci qua di nuovo a casa. "Dove andare a star più male di casa propria?" Così sentenziava spesso mia madre. Tre anni fa, dopo il pranzo nuziale, siamo andati a farle visita al ricovero dove era ospite. Non credo che abbia capito molto bene chi erano quei due in abito elegante che venivano a trovarla. Il nostro applauso però lo abbiamo ricevuto lo stesso da tutti gli altri anziani che sedevano a tavola e coralmente, battendo le mani, dicevano: "Viva gli sposi".

Cara mamma Celina, caro papà Dario. Noi siamo qua e ce la stiamo mettendo tutta, ma possiamo dire che non è difficile volerci bene. Anzi, con il vostro aiuto di lassù, è facile.